Gli economisti, le loro colpe e il dogma dell’efficienza dei mercati

10 Settembre 2009

Enea Franza

 

Economia e sociologia: riconsiderare le metodologie di base e applicative  di queste “scienze umane” alla luce dell’attuale crisi 

Possono rivendicare sempre e comunque lo status di scienze razionali l’economia e la sociologia alla stregua delle “scienze pure”? Quali e quanti fattori relativizzano gli assunti di razionalità e di scientificità pura in particolare nell’ambito economico?

 

Idiografico e nomotetico, sono una coppia di termini di difficile comprensione, che i filosofi hanno utilizzato per indicare la distinzione di metodologia e di impostazione delle scienze storiche e sociali rispetto a quelle naturali. In particolare, Idiografico viene dal greco ídios e graphikós e significa ‘che descrive il particolare’; nomotetico, composto dal greco nómos e thetikós, significa ‘che stabilisce delle leggi’. Ma perché questi termini dovrebbero avere un qualche valore oggi? Utilizzati da Wilhelm Windelband per definire la diversità metodologica tra scienze della natura, che giungono alla formulazione di leggi generali in grado di descrivere i fenomeni osservati, quindi nomotetiche, e scienze storiche e sociali, che hanno per oggetto lo studio di eventi particolari e irripetibili, quindi idiografiche, la distinzione assume oggi nuova importanza alla luce del dibattito ideologico sul ruolo degli economisti nell’attuale crisi economica. A dare fuoco alle polveri è stata per prima la regina Elisabetta, che, intromettendosi nelle discussioni con i suoi governanti sul tema della crisi economica, chiese con poche ma definitive parole: “Ma dove sono andati a fini i famosi professori della London School of Economics ?”. E, per la verità, di economisti nella società contemporanea ne lavorano davvero tanti. Ce ne sono di buoni e di cattivi: lavorano nelle Accademie, nel business, nella consulenza, nella stampa, nella finanza e nelle Istituzioni Governative e non, ecc. Ma è rimasto sempre nell’ombra il dibattito sul metodo da applicare alle scienze sociali e se ha senso per l’economia il differente approccio adottato nello studio delle società e ai loro fenomeni come la politica e l’economia, ad esempio. Eppure abbiamo visto come sia cruciale affrontare la questione metodologica ! La teoria dei mercati efficienti, a sua volta derivante dalla teoria delle aspettative razionali, si presta bene a comprendere le problematiche metodologiche mai risolte. Sulla base di tale modello teorico, in effetti si è sostanziata a nostro parere l’ideologia imperante del mercato. Secondo gli economisti, le aspettative che si formano nei mercati sono le migliori possibili, date naturalmente tutte le informazioni disponibili. Secondo molti modelli macroeconomici che analizzano le decisioni in diversi momenti storici, le aspettative dei lavoratori, dei consumatori e delle imprese circa le future condizioni dell’economia sono parte essenziale dei modelli stessi. In altri termini, presupporre l’aspettativa razionale significa ritenere che le aspettative degli agenti economici siano mediamente corrette, anche se magari con un gap (un ritardo) tra decisioni di offerta e di domanda . Su tale aspetto convergono sia la macroeconomia neoclassica che quella neokeynesiana. Inoltre, essa è fondamentale per le ipotesi di movimenti di mercato nella finanza contemporanea. Ma che significa tutto ciò…? Tanto per fare un esempio, la negoziazione tra lavoratori e imprese sarà influenzata dal livello di inflazione attesa, come il valore di una quota di patrimonio sarà dipendente dal ricavo atteso derivante da quello stesso patrimonio. Come si vede, la teoria risulta capace di influenzare addirittura le dinamiche contrattuali! Ma l’affare si complica. L’applicazione della teoria suppone che i risultati che verranno predetti non differiranno sistematicamente dai risultati dell’equilibrio di mercato. Questo presuppone ancora che le persone non facciano errori sistematici quando predicono il futuro e che le deviazioni dalla previsione siano solo casuali .
Come si vede, l’applicazione sistemica della ipotesi economica di agenti (gli uomini) razionali porta a negare i comportamenti umani che si caratterizzano da sentimenti, interessi, passioni diversi. Si passa cioé dalla descrizione si un comportamento umano individuale (gli uomini si comportano in astratto ed individualmente in modo razionale) alla formulazione per cui i comportamenti futuri degli uomini coincidono con la migliore previsione per il futuro! Come si vede una questione metodologica di non poco conto, che vede l’economia come scienza naturale, ovvero, momotetica. Il dibattito non è nuovo, ed è stato affrontato nel passato. In effetti, sotto l’influsso del positivismo prese forma nella seconda metà del XIX secolo il tentativo di applicare i modelli di ricerca tipici delle scienze naturali alle nascenti scienze sociali . Per contro , attraverso altri studiosi venne proposto un approccio idiografico e quindi un’impostazione particolaristica degli studi antropologici. Clifford Geertz applicò le concezioni del pensiero ermeneutico all’indagine sulle culture e considerando i fenomeni culturali come sistemi di simboli e significati che sollevano delle questioni interpretative, propose differenti metodi di ricerca e di elaborazione concettuale e sottolineò le differenti finalità delle scienze sociali, orientate verso la particolarità e l’individualità, rispetto alle scienze naturali. Penso che occorrerebbe partire dal Geertz per riproporre un ordine nelle cose, che ci liberi dall’ossessione economica e restituisca rispettabilità agli economisti a cui spetta e spetterà sempre il ruolo di individuare le soluzioni migliori per assicurare la prosperità della società che è prima compagine politica!
 
 
 
[1] Come indirizzare queste aspettative è un dibattito controverso, ma è certo che le previsioni macroeconomiche del modello possono differire in relazione alle aspettative diverse – pensiamo al teorema della ragnatela formulato e proposto da John F. Muth (economista americano, collega dell’italiano Franco Modigliani alla GSIA di Pittsburgh), che divenne influente quando il teorema venne usato da Robert E. Lucas Jr (economista americano, premio Nobel nel 1995 e marito della collega Nancy Stokey) e altri.

 

[1] In un modello economico, queste – le deviazioni – vengono tipicamente inserite nel modello, assumendo che il valore aspettato di una variabile sia uguale al valore predetto dal modello, con una deviazione casuale che rappresenta il ruolo dell’ignoranza e degli errori.
[1] In quest’ottica agirono gli esponenti dell’evoluzionismo, come Lewis Henry Morgan e Edward Burnett Tylor, dell’organicismo come Emile Durkheim e Marcel Mauss, del funzionalismo come Alfred Reginald Radcliffe Brown. Lo sviluppo di un’antropologia nomotetica continuò, con l’obiettivo di individuare formulazioni di validità generale, con altri studiosi, tra cui Julian Haynes Steward e Marshall Sahlins
[1] vedi il lavoro di Franz Boas, Ruth Fulton Benedict, Edward Sapir

 

 

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