Le stroncature di Cardini su Spadaro, amene cantonate

29 Settembre 2010

Giuseppe Spadaro

 

Ancora su “L’albero del Bene”: le cantonate di Cardini

Il medievalista si scaglia sul giornale dei vescobi italiani a testa bassa contro il libro di Spadaro. Ecco la risposta dello studioso alle stroncature dell’esclusivista “ultracattolico”

 

Non eravamo più avvezzi alla stroncatura. Essa era un tempo un mezzo per stroncare sul nascere un autore o un libro privi di qualità, che per tal motivo non meritava attenzione. Non erano rari i casi di libri dapprima stroncati, che s’imponevano per il loro peso e per la personalità dell’autore. L’errore era sempre in agguato. Ciò nonostante la stroncatura assolveva un compito di selezione che oggi viene assolto, alla rovescia, dai mezzi d’informazione di massa. L’editoria, ridotta a solo business, mantiene lo statu quo dei “soliti noti”, e per il resto la presenza televisiva prevale sui contenuti.

Ben venga dunque la stroncatura. Ma perché essa non è più praticata? Quando lo era, vigevano bene o male delle regole di “bello scrivere”, esistevano dei canoni che l’autore doveva rispettare a salvaguardia della decenza. Oggi tutti i canoni sono caduti e a resistere sono solo i “luoghi comuni”. Consci di ciò i Sapienti hanno il pudore di esercitare l’epoché, la sospensione del giudizio. Ebbene, questo pudore il Cardini non lo ha avuto, e non poteva non cadere nei “luoghi comuni”.

Che il “Cantico delle creature” sia un “manifesto anticataro” è un ritornello abusato quanto inconsistente. Che la Materia “sia stata creata da un Demiurgo corrotto che si può identificare con il satana dei cristiani”, appartiene più allo gnosticismo che al catarismo, il quale invece si rifà ad Apocalisse 12,9: “Il gran dragone, il serpente antico, chiamato diavolo e Satana, il Seduttore, fu gettato sulla terra con tutti i suoi angeli”. Cardini ha mai sentito parlare di “prima creazione”, perfetta, e di “seconda creazione” corrotta dal Seduttore? Ne seguirà addirittura una “terza”, i “nuovi cieli e una nuova terra” paolini. E’ questa che, “suae salvationis securus factus”, loda san Francesco.

Ma dall’alto della sua supponenza Cardini trancia il giudizio: “L’autore ignora quasi tutti gli scritti di Francesco, alla luce d’una conoscenza erudita piuttosto generica del catarismo”. Quando però passa a sfoggiare la sua sapienza, ecco pigliare la prima cantonata: secondo lui i “Perfetti” catari andavano “austeramente vestiti di nero”. I “Perfetti” in realtà vestivano una tunica celeste, come testimonia tra l’altro il dipinto del Beato Angelico: “La disputa di san Domenico”. Il nero, negazione della luce, era da loro aborrito, e del resto lo stesso clero cattolico lo adotterà solo dopo la Controriforma.

“Si tratta di un lavoro senza fondamento scientifico e senza valore”, taglia corto il Cardini. Ma un giudizio, quanto più è netto tanto è più avventato. E’ della pubblicazione in Appendice delle XXVIII Admonitiones e del Testamento di Francesco, che si compiacque il Prof. Francesco Mercadante, Presidente del Sindacato Libero Scrittori, durante la presentazione de “L’albero del Bene” alla Biblioteca Vallicelliana di Roma, avvenuta il 17 giugno 2010. Terziario francescano, il Mercadante definì il libro “un monumento a san Francesco, dal quale il Santo esce ingigantito”.

Il giudizio di mancata “specializzazione scientifica” va dunque esteso al Mercadante, che per la pubblicazione del libro si è tanto adoperato ed ha accettato di presentarlo insieme al Prof. Alessandro Musco, Presidente della Officina di studi Medievali di Palermo? Era stato il suo giudizio lusinghiero sul manoscritto ad incoraggiare l’autore a pubblicarlo. Ecco infatti le conclusioni del Prof. Musco: “Spadaro ha svolto un lavoro stupendo, che rimette in gioco le parti, ponendo in discussione il problema dei filtri e dei setacci. Con una attentissima discussione sulle fonti e sulla storiografia, lancia una lettura con la quale noi dobbiamo confrontarci, un contributo fortemente innovativo e assai interessante.”

Di questo contributo l’Officina di Studi Medievali si occuperà sulla sua rivista on-line. Il Cardini avrebbe dunque fatto meglio ad essere più avveduto. L’accanimento del suo scritto mette in sospetto sia lo specialista che il lettore comune, evidenziando una deprecabile unilateralità: “Egli non era certo un Perfetto, in quanto sappiamo che mangiava tutto quel che gli veniva posto dinanzi, come recita anche la sua regola.” “Sappiamo”? E da chi? Forse dalla “Regula bullata”? Infatti la “sua regola” non fu “bullata”, e la seconda andò perduta in circostanze controverse. E’ solo leggendo tra le righe che si trovano particolari non convincenti, come ad esempio il miracolo (2 Celano, XLVIII) con cui Francesco muta in pesce un pezzo di pollo.

Cardini definisce “L’albero del Bene” un “escamotage”. Ma diretto a quale scopo? Sia chiaro, io non intendo pagare il Cardini con la stessa moneta, mi sarebbe impossibile scendere sul suo terreno. Egli dice tutto e il contrario di tutto. “Scelta di non farsi sacerdote? Un atto di umiltà”. C’è da domandarsi se chi sceglie di farsi sacerdote compie un atto di superbia. Della tonsura imposta a Francesco dal Papa, Cardini non solo afferma che non tutte le fonti ne parlano, ma ipotizza che “Francesco la abbia ricevuta assai più tardi, quando ormai la fraternitas era molto cresciuta”, e che “non ne fosse granché contento, e raccomandasse di praticargliene una più piccola”. Perché Cardini insiste tanto, forse per dimostrare l’avversione di Francesco al sacerdozio? No, solo per mostrare di saperne più degli altri.

Del catarismo Cardini dice: “ha rapporti strettissimi con il mazdaismo persiano e lo stesso buddismo, ma non ha nulla a che vedere con il cristianesimo (falso!)”, ma si smentisce appena gli fa comodo: “I punti di contatto, se ci sono, sono tra catarismo e cristianesimo”. Peccato che tali punti di contatto portano in altra direzione: “Anche per l’immagine serafica del Cristo delle stimmate […] il rapporto tra il Cristo e le forme angeliche ha una lunga tradizione nell’angelologia cristiana”. E’ qui che Cardini piglia la seconda cantonata. Nell’angelologia da lui citata “l’arcangelo Michele è il Figlio e Gabriele è lo Spirito Santo” (Cfr. Jean Daniélou in Histoire des Doctrines Chrétiennes avant Nicée). All’angelologia del primo cristianesimo, mutuata dall’angelologia ebraica, si rifaranno i Catari, desumendone che il Cristo fosse un angelo.

Ad apparizioni di angeli il cristiano è talmente avvezzo, che non fa caso alla ridda di angeli e demoni a cui si assiste nei “Fioretti”. Ma allorché fra’ Pacifico (2 Celano, LXXXVI) sente una voce: “Questo trono apparteneva ad un angelo caduto, ed ora è assegnato all’umile Francesco”, o da quel seggio vede “precipitare un angelo, e Francesco ascendere a occuparlo (Speculum perfectionis, 59-60)”, è impossibile non giudicare questi episodi come veri e propri documenti dell’eresia francescana.

Ma perché rompersi il capo: il libro Cardini non lo ha letto! Siamo seri, poteva il Prof. Cardini perdere il suo tempo a leggere un libro che già nel titolo esce dal seminato (dei luoghi comuni)? E’ per un residuo rispetto che escludo ch’egli lo abbia letto. Se lo avesse letto, non si sarebbe scagliato a testa bassa contro falsi obiettivi. Un esempio: il “Sacrum Commercium fratris Francisci cun Domina Paupertate”. Perché non ne parla, anche solo per contestarne la data di apparizione (1227) e di conseguenza l’attribuzione al Santo?

Il “Sacrum Commercium” sì che è un manifesto cataro! Come nella II Admonitio Eva non vi appare. Adamo è un Angelo: la scissione dei sessi avverrà dopo la caduta. Come per i Catari, Dio non è il creatore del Male. “Adamo coglie dall’albero della scienza del Bene, se ne appropria la volontà e si esalta dei beni che Dio dice e opera in lui, e così si trova in mano il pomo della scienza del male, onde ne deve scontare la pena”. Con esemplare coerenza i Catari interpretavano in questa chiave molte parabole: il Figliuol prodigo era Adamo che sperpera la sua eredità; il Fattore infedele era Lucifero, che fa rinchiudere Adamo nel carcere (del corpo), etc.

Ebbene, la maggiore conferma alla tesi dell’eresia di Francesco è l’interpretazione che nel “Sacrum Commercium” egli fornisce della parabola del Buon Samaritano: colui che “de Jerusalem in Jericho descendens incidit in latrones, qui expoliaverunt eum bonae naturae, amissa similitune Creatoris” è Adamo assalito da Lucifero e dai suoi angeli [latrones], che lo spogliano della sua simiglianza col Creatore. Questa interpretazione della parabola, assolutamente estranea alla tradizione canonica, presenta altresì Gesù come soccorritore di Adamo. Gesù è dunque quell’Angelo che, secondo i Catari, Dio ha mandato ad Adamo per svegliarlo dal sonno in cui lo ha immerso Lucifero.

Non è facile in poche righe raddrizzare la caterva di storture che Cardini ha rovesciato sul mio libro. Giudico tuttavia un errore per l’organo dei Vescovi aver contravvenuto alla consuetudine di opporre il muro di gomma alle voci dissenzienti. Oggi, grazie a Internet, nulla va perduto, come dimostra la solidarietà accordatami da Edoardo Capuano, e ciò permetterà alla mia voce di giungere a quanti hanno “orecchie per intendere”.