L’ultimatum di Gianfranco, ovvero il ruolo del capo fazione super riformatore

1° Novembre 2010

Domenico Cambareri

 

Fini, l’uomo dei silenzi e delle convergenze trasversali, muto  come un asino davanti a Trebrusac

 

Fini continua a svolgere il ruolo di capo fazione, non di capo partito, non di capo corrente. Non di presidente della Camera dei Deputati. Un giorno sì e l’altro pure. Non basta più imbeccare dietro le quinte Bocchino, Granata e Briguglio. Scende apertamente nell’agone della gogna mediatica. Dall’attacco alla riforma della magistratura sulla base del preteso futuro asservimento del “giudice” inquirente al ministro della giustizia “fascista”, dimenticando che in Francia vi è una legge di tale fatta. E dimenticando che in Italia questo non accadrà in quanto all’interno stesso della maggioranza non lo si vuole. All’ultimatum di speculatore da bisca sul caso di cronaca relativo a Ruby.
Dovrebbe dirci, il fine caro Fini, che cosa ha fatto ed ha fatto fare finora ai suoi parlamentari di propositivo nei lavori delle due camere, ad iniziare da uno dei suoi, per esempio, il tale senatore Valditara e la tale senatrice Germontani. Cosa hanno fatto costoro o gli altri, anche alla camera, per proporre validi disegni di legge propri o per fare migliorare le riforme del governo e della maggioranza sull’impiego giovanile, sulla scuola e sull’università, sulla salute, sul lavoro, sul bilancio e sulla manovra, sulla difesa, sulle pensioni. Per combattere a denti duri con il Trebrusac di Silvio: Brunetta, Sacconi, Tremonti e Maria Stella serafica voce bianca. Cosa ha fatto contro il Malfar, contro la Disfunzione Pubblica e i nuovi negrieri, contro soliti salvifici tagli lineari plurimi? Cosa ha fatto Fini per abbattere i “costi necessari” di questa democrazia rappresentativa di cui lui è degno campione? Noi ne siamo all’oscuro, forse perché pecchiamo di ignoranza. Così come riteniamo lo siano gran parte degli italiani.
Ci dica, Fini, uomo politico dal corpo nebuloso e dal cervello incline ad ogni imprevedibile trasformazione, quale e quanto è stato il contributo leale e migliorativo fornito o almeno proposto da lui e dai suoi a Berlusconi e al suo governo, ed esattamente su che cosa. Ci dica Fini perché ha rifiutato e rifiuta di partecipare direttamente al governo della cosa pubblica guidando in prima persona un ministero. Ci dica Fini quanto si sta bene nel vivere di politica. E ce lo faccia dire dal suo amico D’Alema. Fini e D’Alema? Sì, le due facce dei pinocchietti che ora coinvolgono anche la commissione parlamentare sui servizi di sicurezza per rotolarsi nei soliti vizietti di palazzo.