Giovanni Gentile fa ancora tremare i deboli di spirito e gli orbi bugiardi

10 Dicembre 2011

Fonte: Excalibur – Varese

Gianfredo Ruggero

Nota di Domenico Cambareri

 

Il rancido frappé di “antifascisti” di comodo e da strapazzo

Un ennesimo, perfido esempio dell’intossicazione antifascista e dei mali della nostra Italia

La stupida, triviale e graffiante demagogia non ha limiti e non muore mai. Anzi, non smette di ripetersi nell’infangare ingiustamente. Anni addietro, i responsabili della Normale di Pisa, se non ricordo male, fecero apporre una lapide in memoria del filosofo prendendone “furbescamente” e canagliescamente al tempo stesso le distanze perché Gentile era stato  pensatore e teorico del fascismo, ministro fascista e…. soprattutto … un “antisemita”. 

La balla delle balle di quelli che erano e sono esemplare espressione delle canaglie che hanno ricoperto e ricoprono gli scranni di buona parte della nomenklatura italiana dedidita per vocazione non tanto al prossenetismo stagionale e di giovani leve  quanto all’aperta prostituzione culturale e ideologica a vita, i marchiati  del successo nati con l’unzione dell’inganno – i chierici traditori – che entrano nella bare ancora sbavanti per brama di onori e onorari, cariche e prebende e … titoli accademici. E commende e rendite a vita, ancora oggi, in quest’Italia di miseri e famelici antifascisti della Repubblica fondata sul lavoro. Abietti nepotisti, veri nemici giurati della cultura e pugnalatori del libero pensiero e della verità dei fatti storici. La famiglia del filosofo Gentile ottenne la rimozione dell’infame, menzognera lapide.

Su questo antecedente, non c’era e non c’è ancora né poi alcuna possibilità di giocare sull’errore o sull’equivoco o di chiedere scusa. In altre occasioni, ho già scritto che  uno dei masimi studiosi americani e mondiali – un tedesco di origine israelita – dell’umanesimo e del  rinascimento italiani, P.O. Kristeller, era stato pochi anni prima del fattaccio ospite della Normale di Pisa. Kristeller aveva detto e scritto, già in America, che quando dovette abbandonare il nostro Paese – dove aveva trovato asilo e lavoro – per l’adozione stupidissima delle leggi razziali, fu aiutato ancora una volta da Giovanni Gentile, che gli fornì il denaro per acquistare il biglietto per la nave. – Domenico Cambareri

 

 

QUANDO LA STORIA FA PAURA

Varese, l’ignoranza e l’arroganza si fanno scudo di ideologie disfatte e  fallite 

 

In Italia c’è ancora chi ha paura del passato e il terrore che una parte della nostra storia contemporanea – mi riferisco agli anni trenta – possa essere rivisitata in senso critico e, soprattutto, senza il filtro ideologico.
A Varese è stata recentemente scoperta una targa in ricordo di Giovanni Gentile, uno dei più grandi filosofi italiani del ‘900 e artefice della attuale scuola pubblica italiana. Questo riconoscimento ha scatenato un vespaio di polemiche a causa del sostegno del grande pensatore italiano al regime fascista. Polemiche alimentate soprattutto da parte antifascista nonostante (o forse per questo) sia stato vigliaccamente assassinato nel ‘44 proprio dai partigiani.
Senza voler rinfocale polemiche, ma solo per amor di verità vorrei proporre un breve elenco (mi limito ai nomi più conosciuti) delle personalità che sostennero Mussolini negli anni del consenso. Molti di loro aderirono al Regime per sincera convinzione e per questo sul finire della guerra, ed anche dopo, pagarono la loro coerenza con l’ostracismo o con la vita, come appunto Giovanni Gentile o come Nicola Bombacci, il fondatore del Partito Comunista Italiano poi strenuo assertore della socializzazione fascista, assassinato a Dongo con Mussolini.
Alcuni aderirono al Fascismo per conformismo, ma tanti altri si accasarono per puro servilismo e opportunismo. Costoro, infatti, non esitarono un attimo a passare dall’altra parte quando il regime entrò in crisi, rinnegando il loro passato fascista e giustificando frettolosamente la loro entusiastica adesione al regime come un ingenuo errore giovanile (significativi, al riguardo, sono i casi del giornalista Giorgio Bocca che nel ‘42 scriveva articoli razzisti contro gli ebrei e del premio Nobel ex camicia nera Dario Fo).
Ho profondo rispetto per gli antifascisti che in pieno regime, quando Mussolini modernizzava il paese, edificava lo Stato sociale, dava impulso all’economia e alla piena occupazione e perfino la Chiesa considerava il Duce come uomo voluto dalla Provvidenza, ebbero il coraggio di opporsi a Mussolini come i fratelli Rosselli o di cambiare opinione come Indro Montanelli. Ho molta meno considerazione, anzi avversione e in alcuni casi disprezzo per chi, alla caduta del regime il 25 luglio del ’43, nel volgere di ventiquattro ore passò senza alcun pudore e ritegno dal fascio littorio alla falce e martello, distinguendosi poi per zelo antifascista.
Vestirono la camicia nera – alcuni fino alla morte, altri poi rinnegandola e altri ancora conservandola nel cuore – uomini di cultura, di scienza e di spettacolo quali: Guglielmo Marconi, Luigi Pirandello, Pietro Mascagni, Giuseppe Ungaretti, Salvatore Quasimodo, Leo Longanesi, Ugo Spirito, Renato Guttuso, Enrico Falqui, Giorgio Albertazzi, Ugo Tognazzi, Raimondo Vianello, Walter Chiari, Luciano Salce, Marcello Mastroianni, Wanda Osiris, Amedeo Nazzari, Boccasile, Concetto Marchesi, Trilussa, Mario Carotenuto, Carlo Dapporto, Paolo Emilio Taviani, Enrico Maria Salerno, Gorni Kramer, Alberto Lattuada, Michelangelo Antonioni, Angelo Del Boca, Alberto Mondadori, Norberto Bobbio, Dario Fo, Enzo Biagi, Giorgio Bocca, Curzio Malaparte, Elsa Morante, Enrico Prampolini, Dino Buzzati, Ezra Pound, Filippo Tommaso Marinetti, Giovanni Papini, Ugo spirito, Hugo Pratt, Indro Montanelli, Marcello Picentini, Ugo Oietti, Gino Bartali, Giovanni Agnelli.
Molti politici, oggi antifascisti, ieri elogiavano il Duce: GIULIO ANDREOTTI, democristiano, nel 1942/43 scrive articoli apologetici sui giornali del Regime “Rivista del Lavoro” e “Terra”. GIULIO CARLO ARGAN, ex sindaco comunista di Roma, in pieno regime è segretario di redazione della rivista fascista “Le Arti” e collaboratore del Ministro Bottai. AMINTORE FANFANI, democristiano nel 1941 scrive un libro, ”Il significato del Corporativismo”, in cui esalta fra l’altro la “sanità di razza”. ARRIGO BOLDRINI, Presidente dell’associazione dei partigiani ANPI, nel 1939 lo troviamo volontario nelle Camicie Nere e Capomanipolo della Milizia. NILDE IOTTI, comunista, ex Presidente della Camera, nel 1941 si iscrive al Partito Nazionale Fascista e nel 1942 aderisce alla G.I.L. (Gioventù Italiana del Littorio). LUIGI LONGO, comunista, negli anni ’30 dirigeva a Pisa il giornale degli universitari fascisti e nel 1936 è tra i firmatari con Togliatti e Leo Valiani del manifesto del Pci che dichiara “Noi comunisti facciamo nostro il programma fascista del 1919, che è un programma di pace, di libertà, di difesa degli interessi dei lavoratori”. EUGENIO SCALFARI, fondatore del quotidiano di sinistra LA REPUBBLICA, sostiene la politica razziale del Governo e scrive su “ROMA FASCISTA” del 24 settembre 1942 un articolo intitolato “volontà di potenza” in cui afferma che “non è più sufficiente limitarsi all’Impero, ma bisogna andare oltre facendo leva su due elementi ben distinti: il popolo e la razza”. ALDO MORO, nel 1943 raccoglie in un volume dal titolo “Lo Stato” le sue lezioni universitarie infarcite di nozioni sullo Stato etico, di elogio della guerra quale “tipica realizzazione di giustizia…” e di condivisione del concetto di razza. BENIGNO ZACCAGNINI, democristiano, nel 1939 pubblicava su Santa Milizia, periodico della federazione fascista ravennate, ben tre articoli di politica razziale e contro il meticciato. GIOVANNI SPADOLINI, collaboratore di Giovanni Gentile, scrive su “Italia e Civiltà” del 15 febbraio 1944 un lungo articolo di sprone al Governo Mussolini e di denuncia contro gli “…opportunisti, i rimasugli della massoneria e i detriti del judaismo”. ANTONELLO TROMBADORI, leader comunista, nel 1937 entrò nella redazione del quotidiano il “Tevere” diretto di Interlandi, noto per le sue campagne di stampa contro gli ebrei.
Un elenco più completo, corredato da significative note biografiche, si può facilmente reperire su internet: ricordare.wordpress.com/perche-ricordare/091-i-camaleonti/ e sul libro “Camerata dove sei?” edizioni controinformazioni, Roma 1976.
Contestare una targa ricordo a Giovanni Gentile per i suoi meriti in campo accademico solo perché nel momento della sconfitta non rinnegò i suoi principi è non solo ingiusto, ma soprattutto offensivo nei confronti di tutti coloro che, a prescindere dalle loro idee, hanno ancora oggi la forza ed il coraggio di rischiare per i loro ideali. Diceva Ezra Pound, il grande poeta amico e sostenitore di Mussolini internato dagli americani in un manicomio criminale alla fine della guerra, “chi non è disposto a rischiare per le sue idee, o le sue idee non valgono nulla o non vale nulla lui.