Indian foreign policy and italians “ maro’ ”: auto-goals of New Delhi

12 Aprile 2013

riproposto il 16 Aprile 2013

Domenico Cambareri

 

L’incontro per niente sportivo di India contro India. Quanti autogoals, anche se adesso c’è l’Italia coinvolta!

 

Quasi un anno dopo il Kerala Pirates and New Delhi Prowlers, torniamo sulla sempre più tragicomica vicenda dei due fucilieri di marina italiani e del “caso” in cui si è cacciato il governo indiano con estrema miopia. – Il perseverare nell’errore da parte di New Delhi ne compromette l’immagine di credibilità internazionale e incrina l’accrescimento del ruolo che essa rivendica nelle sedi internazionali. – Creato il precedente, le risibili rivendicazioni indiane in tema di unilaterali pretese e susseguenti limitazioni al consolidato diritto internazionale dei mari aperti e di libera navigazione costituiscono un grave precedente su cui in futuro la diplomazia e la marina indiana potranno prima o poi incappare con risultati non meno imprevedibili e sicuramente più gravidi nelle conseguenze. – Le inconsulte azioni e reazioni indiane non potranno non lasciare un segno negativo sulla gravissima scarsa solidità e credibilità delle supreme istituzioni giuridiche e politiche indiane a livello mondiale, le quali hanno dimostrato di cadere così facilmente in “tilt” davanti a un piccolo anche se doloroso incidente (assimilabile in parte a ciò che è definito come danno collaterale prodotto da fuoco amico).

 

 

 

 

 

 

La tragicomica vicenda che oppone da così lungo tempo oramai governi e diplomazie indiana e italiana ha imboccato una svolta cruciale. Se non fosse per le vittime indiane innocenti su cui parte della stampa e del mondo politico indiano speculano nei modi più vili e deplorevoli, e se non ci fosse di mezzo l’incubo senza fine che i due fucilieri di marina italiani stanno vivendo, ci sarebbe davvero da ridere a crepapelle.

Stabilito pure che i marines italiani non hanno detto la verità sin dall’inizio e che è stato il fuoco delle loro armi a colpire i due pescatori indiani, il profilo dell’incidente deplorevole e non voluto e il contesto giuridico in tema di diritto internazionale dei mari non cambiano per nulla.

A distanza di così lungo tempo, non si può non rilevare ancora e non rimarcare in via preliminare come le autorità di un governo non centrale abbiano agito con l’inganno nei confronti di una nave straniera che navigava in acque internazionali e, a bordo di essa, di uomini in divisa in rappresentanza di uno Stato straniero e su come a partire da ciò il governo centrale indiano abbia seguito una linea di voluta e insensata subordinazione, capovolgendo i ruoli e la gerarchia che sono quelli che contano nell’ambito dei trattati internazionali e del diritto internazionale.

Non possono più interessare le vicende interne indiane, i ricatti sotterranei di questa o di quella forza politica a New Delhi e, peggio, quelli di un governo locale. Lo sciovinismo nazionalistico di partiti comunisti regionali e di guerre intestine e terroristiche locali non potevano e non dovevano svolgere alcun ruolo nella vicenda, se il governo centrale dell’Unione Indiana avesse agito con un minimo di determinazione sin dal primo momento, avocando immediatamente a sé il caso in quanto afferente al diritto internazionale dei mari e ai rapporti con uno Stato straniero. D’altronde, la cosa rivela aspetti deprecabili accentuati anche per il fatto che in Italia vive la più numerosa comunità straniera indiana presente nell’UE e che il sentimento di simpatia e amicizia tra i due popoli che affonda nel ventennio fascista mai è stato scalfito da eventi posteriori e semmai si è rafforzato e cementato nel corso del tempo.

Va da sé che questi sporchi giochetti locali e della lotta politica nazionale hanno potuto giovarsi del fatto che l’Unione Indiana in precedenza – per abusati ed errati sentimenti di revanche postcoloniale e di erronea immagine di proiezione di potenza inconciliabili peraltro con il ruolo che essa aveva svolto nello schieramento dei non allineati i cui contenuti sono stati tenuti in vita anche dopo il crollo dell’Unione Sovietica – aveva espresso le intenzioni di “allargare” la fascia delle acque costiere esterne a quelle territoriali, volendole sottoporre alla sua diretta e integrale giurisdizione. Non risulta però che queste rivendicazioni abbiano avuto seguito e accreditamento presso le sedi internazionali competenti o che qualche potenza straniera le abbia mai avallate. E’ rimasta una rivendicazione peregrina e inconcludente, su cui torneremo più in avanti.

Il peggio del peggio si è venuto consumando in questi ultimi mesi da parte indiana. Infatti, le diverse dichiarazioni del capo del governo indiano e di altri esponenti di rango in merito alla gravità dell’incidente e del diritto dell’India di detenere e processare i militari italiani; e, ancora, che il fatto avrebbe avuto inoltre gravi conseguenze nei rapporti bilaterali, compresi quelli economici, la dicono lunga sul grado di fragilità in tema coerenza e di lucidità degli obiettivi di politica estera sia del governo centrale che delle forze politiche presenti nel parlamento nazionale. Infatti, il volere trascendere dai precisi contesti, non poteva non soddisfare a quel punto le speculazioni interne che davanti a simili dichiarazioni di capitolazione si sono trovate sempre più istigate ad alzare il prezzo dei ricatti. Inoltre, ciò significava mostrare non solo all’Italia ma alla diplomazia e all’opinione pubblica internazione l’elevato grado di non credibilità del governo di New Delhi e della sua politica internazionale davanti ad azioni di sciacallaggio interno così gravide di conseguenze sino al punto di ipotecare l’autonomia politica del governo in materie attinenti l’adempimento dei trattai internazionali e le relazioni bilaterali tra due Stati. La fuori luogo “suscettibilità” anticoloniale e terzomondista dell’India veniva infatti a collidere con le sue ambizioni e con l’immagine che essa voleva e vuole accreditare, visto che la sua crescita economica ne favorisce il ruolo di potenza continentale da un lato e di potenza navale in pectore dall’altro.

Non dimentichiamo, per inciso, le enormi contraddizioni in cui si muovono politica estera militare e industriale indiane. Da un lato, ancora legatissime alla Russia, da cui dipendono in larga misura anche per la costruzione del primo sottomarino nucleare, per la prima portaerei (ex sovietica) che mai entra in linea e per i tanti co-progetti e collaborazioni, si aprono all’UE e agli USA per ammodernare ed enormemente potenziare gli arsenali militari. Se dall’America acquistano gli indiani qualche vecchia grande nave da trasporto anfibio e aerei da trasporto, dall’UE acquistano tecnologia avanzata per nuove navi. Italia e Francia, ad esempio, stanno realizzando di fatto la costruzione della prima portaerei indiana in cantieri nazionali. E dall’Italia l’India ha fatto costruire due modernissimi rifornitori di squadra e una nave oceanografica molto avanzata (notizie già pubblica nel sito, riprese da Fincantieri). In tema di aerei dai combattimento, oltre a rifornirsi dalla Russia anche dei prodotti più avanzati, sta per acquistare i Rafale dalla Francia, dimostrando scelte “tecniche” da potenza non in ascesa, visto che le sue dimensioni geograifiche subcontinetali con l’enorme estensione dei confini e la pluralità dei possibili teatri d’impegno aeroterrestre e la sentita esigenza di proiezione aeronavale l’avrebbero dovuta fare volgere verso i più prestanti F18 americani o ancor più verso l’EFA europeo (coprodotto da Regno Unito, Germania, Italia e Spagna). Le sue forze armate risentono della eterogeneità dei rifornimenti, soprattutto di quelli quantitativamente più elevati provenienti dalla Russia che al tempo stesso sono anche i meno affidabili in termini di qualità e di un non adeguato grado di addestramento e di qualità delle dotazioni e degli equipaggiamenti individuali e di reparto secondo gli standard occidentali.

Ma torniamo all’argomento della diatriba indo-italiana. Gli ultimi fuochi fatui di questo crescendo assolutamente sbagliato di sciovinismo indiano si sono avuti con le “esplosioni” di collera e di completo ottenebramento della facoltà razionale di cui è stata protagonista niente meno che la suprema corte indiana. Dopo la volontà espressa dal ministro degli esteri italiano di non fare rientrare i due marò a Delhi alla fine del permesso speciale concesso dalla corte suprema indiana per consentite loro di espletare il diritto al voto in Italia … la corte suprema aveva emanato l’ordine di porre restrizioni alla libertà di movimento dell’ambasciatore italiano, proibendogli perfino di lasciare l’India. Una così plateale e incredibile violazione dei pilastri delle relazioni internazionali ha come precedente estremo e terribile quello del degenerato contesto iraniano-statunitense dopo l’avvento della rivoluzione komeinista in Iran.

Ciò non potrà che lasciare, purtroppo e motivatamente, un ulteriore segno sulla gravissima scarsa solidità e credibilità delle supreme istituzioni giuridiche e politiche indiane a livello mondiale, le quali hanno dimostrato di cadere così facilmente in “tilt” davanti a un piccolo caso di incidente (assimilabile in parte a ciò che è definito come danno collaterale prodotto da fuoco amico).

La suprema corte, senza tornare minimamente sui suoi passi per giorni e giorni, ha manifestato il più assoluto disprezzo delle convenzioni internazionali, di fronte alle quali le sue ragioni valevano zero … anche se il ministro italiano veniva improvvisamente meno alla parola data tramite il suo ambasciatore. D’altronde, la “minacciata” decisione del ministro italiano non era altro che la conseguenza estrema di una deriva indiana che perdurava da un anno, in dispregio al diritto internazionale e alla pazienza estrema manifestata dall’Italia, nazione sistematicamente denigrata e offesa. Deriva indiana iniziata proprio con l’inganno dei “pirati” del Kerala e con l’abdicazione, irricevibile in sede internazionale, operata con incomprensibile codardia dal governo centrale. Abdicazione del suo ruolo costituzionale, ovvero dell’esercizio di garanzia della sua sovranità interna e della sua garanzia esterna quale legittimo e valido rappresentante dell’Unione Indiana, potenza firmataria di convenzioni e trattati che la vincolavano e la vincolano al rispetto dei codici internazionali contemplati.

Adesso, gli ulteriori magheggi tra corte suprema e governo indiani per venire fuori da questo ridicolissimo cul de sac in cui si sono ripetutamente cacciati con estreme ed esemplari imprevidenza, superficialità e cecità, che offendono l’onorabilità dell’Italia e le feconde e ottime relazioni e l’amicizia tra i due popoli e i due Paesi, sono a un critico giro di boa che dietro l’ipocrita “non contemplata” condanna a morte dei due marò italiani cerca disperatamente di venire a capo di una tragicomica situazione creata dalla più stolida azione sciovinistica. E dalla più insipiente azione di passiva remissività di un governo centrale di una nuova potenza mondiale che traballa davanti al meschino e strumentale scandalismo di autorità locali.

Non possiamo che augurarci nell’interesse generale, e soprattutto dei due marines italiani, che questa triste vicenda giunga quanto prima alle naturali conclusioni e che i due militari italiani vengano appunto definitivamente inquisiti dall’autorità giudiziaria italiana.

In riferimento alle ambizioni indiane, infine, e alle mire di proiezione di potenza navale in tutta l’estensione dell’Oceano Indiano e in parte di quello australe, c’è da dire innanzitutto che le infondate pretese indiane circa la rivendicazione dell’esercizio di potestà sulle acque extraterritoriali ha messo sul chi va là ogni nazione dotata di una marina mercantile e tutte le potenze internazionali, maggiori e minori, sulle sottaciute intenzioni indiane in merito a ulteriori pretese in tema di zona economica esclusiva (ZEE), cosa che riguarda la fascia oceanica vicino alla terraferma e allo zoccolo continentale per molte decine di miglia (i casi dell’Argentina, del Brasile e di alte nazioni oceaniche parlano di rivendicazioni di centinaia di miglia: tesi assolutamente improponibile per l’India già da adesso). Inoltre, in riferimento allo “stallo” delle sconclusionate rivendicazioni, la miopia dei governanti e del parlamento indiano non antevede come tutto questo in futuro potrà ritorcersi proprio contro l’India, quando futuri incidenti e casi più o meno analoghi potrebbero vederla come protagonista. Cosa risponderà allora l’India futura “potenza navale” ai diversi Stati rivieraschi bagnati a oriente, sud e occidente dall’omonimo oceano che pretenderanno agire così come oggi il governo di New Delhi pretende agire al di fuori del riconoscimento dei consessi internazionali e di quanto si è convenuto con il Trattato di Montego Bay e con quanto si converrà nei prossimi anni?

 
 Da rileggere:

Kerala Pirates and New Delhi Prowlers | L’ Europa

Kerala Pirates and New Delhi Prowlers

  14 Maggio 2012
riproposto il 19 Maggio 2012
Comunicato Eulà
Immagini tratte dal sito dell’ANMI, bandiera del Kerala da freeware on line Wikipedia, e da Il Giornale.it
 
Eulà: Eufrasia – India. Per i marò italiani rinsaldare la profonda amicizia tra Roma e Delhi
 
La grande simbologia della bandiera del Kerala
è denigrata e vilipesa dai pirati che la vorrebbero
rappresentare. I marinai italiani dovevano prevenire l’assalto in  mare di pirati, sono rimasti vittime dei  pirati della peggiore risma che governano un popolo e ne amministrano la giustizia. Costoro hanno tratto esempio del
peggio che abbiamo in casa nostra?
 
Il lungo silenzio da noi tenuto nell’affaire scatenato dai pirati in toga e pompa magna dei tribunali del territorio