Quale identità storica tra il solco di tragedie nascoste e i fantocci issati come bandiere?

20 Maggio 2013

Fonte: Rinascita, quotidiano della sinistra nazionale on line

Raffaele Panico

 

 

 

 

 

Il sogno italiano dell’ora è per sempre

 

 

 

 

 

A ben vedere, la sola via percorribile per ri-fondare uno Stato italiano dopo la serie delle tragedie annunciate già dalle ignobili leggi razziali e dalla dichiarazione di guerra del 10 giugno 1940 e succedanei “affondi”, era elevare la vicenda eccidio di Cefalonia e insieme il sacrificio dei tanti Salvo D’Acquisto ad una religione della patria. Ritrovare durante i primi tre quattro lustri della neo Repubblica italiana (in fondo la prima venne coniata da Napoleone Bonaparte) l’agiografia di uomini, molti militari dei vari corpi, e il loro spirito di sacrificio.
Sarebbe stato tutto diverso, come per i 29 o forse più magistrati vittime delle mafie e del terrorismo. Per non parlare di militari come Dalla Chiesa, Falcone e Borsellino e tanti uomini di scorta e civili inermi.
Lo Stato non c’è mai stato, dato che al suo primo punto c’è la sua forza tesa a garantire la sicurezza e il benessere, anche psichico, formativo, dei suoi cittadini. E si parlava così di Doppio Stato, Anti Stato, Stato Ombra come di Governo Ombra o di Grandi Vecchi, come se non si sapesse fare altro che “plagiare”.
Affrontare a muso duro, alla francese, come corpo della Nazione quasi monolitico rispetto all’eternità della Francia, alla sua Unità, alla sua Rinascita dalla tragedia – che pur lì fu grande – della seconda guerra mondiale, persino da nazione “vincitrice”. Invece di un’agiografia. E avrebbero i cattolici tornati in politica e alla grande con la democrazia cristiana dopo i Popolari di Sturzo post primo conflitto, pane per i loro denti: solo che, l’esercizio dello studio si sarebbe focalizzato anziché sulla vita dei santi, su quella dei nuovi patrioti della libertà dal cosiddetto nazifascismo, mettendo al loro posto anche il silenzio complice del tradimento del Pci contro i sacri immutabili valori tanto della patria, l’Italia, quanto del cittadino e del suo essere italiano, tanto, troppo mortificato.
Si è preferito una sorta di plagio, e così ogni forma di privazione della libertà della persona, tale da determinare la sua odierna totale sottomissione alla volontà dell’arbitrio. Un primato, quello della Resistenza, che non ha retto all’urto dei decenni. E a ben vedere, la tragedia dei 5 anni di guerra e successive, ossia le foibe i triangoli rossi fino all’amnistia di Togliatti, una scia di sangue versato dal furore, senza sé e senza ma.
A Napoli e provincia abbiamo assistito in quegli anni 1940-45 alla borsa nera, e a guerra finita ad un costume, così inaugurato e inveterato, di zona grigia sempre più estesa dell’illegalità cronicizzata. In Sicilia, abbiamo assistito non solo al banditismo già sedato nel Regno d’Italia, persino al ritorno di esponenti della mafia dalle Americhe. Nelle aree dei confini alpini, e in Istria e nella Venezia Giulia perse come nella Dalmazia italiana sappiamo come è andata, mentre a Trieste sparirono circa 5 mila italiani con poche decine di giorni di occupazione jugoslava di Tito. Nelle aree delle Alpi occidentali vie di penetrazione di forme diverse, ma pur illegali, di traffici transfrontalieri.
E si potrebbe analizzare di più tali fenomeni. Si è puntato ad un popolo come oggetto passivo e ad annichilirlo con quel “è meglio tirare a campare” del grande statista Giulio Andreotti, uomo di acuta intelligenza.
Altrettanto nell’altra sua massima “ogni potere umano è fatto di tempo e pazienza”. La giustificazione di “tanta cura” della vita politica, e il consenso ottenuto da un uomo così intelligente da essere riuscito a superare mezzo secolo di permanenza al potere forse, presa coscienza collettiva di quel che siamo noi italiani, oggi ci aiuterebbe a risollevarci in pochi semestri di comune impegno verso ciò che più amiamo, da secoli e secoli: la libertà individuale.