Italia – Europa: politica estera comune alla cieca? Cosa leggiamo su The Front Page

 12 Agosto 2014

Fonte: The Front Page

Massimo Micucci

 

 

 

Tempo di vacanze e politica estera

 

 

 

 

 

Tempo di vacanze e politica estera di admin in In evidenza, Prima pagina | 5 commenti 4 agosto 2014 Tempo di vacanze. Una parte del mondo brucia. Come la sabbia sotto i piedi degli strateghi che vanno al chiosco dello stabilimento: “Hai visto quello cò le testa mozzate”. “Ma sto califfato?”. “Poveri bambini di Gaza, Israele è nazista”. “Renzi va sotto al Senato e twitta da’ Libia”. “A Gaza si muore”, “eh ci vorrebbe una politica estera”. “Certo bisogna isolare Putin. Ma quello c’ha er gas”. Spiaggia di S. Foca dove ci si batte contro un gasdotto TAP di pochi metri di diametro sotto terra che dovrebbe portarci gas non russo . “Un chinotto in redazione!”. Già Mr. Renzi è entrato a gamba tesa in Europa “prima le politiche poi i nomi”. “No hanno risposto gli ex paesi dell’est, prima i paesi poi i nomi”. Lo dicono all’Italia perché Merkel intenda. Quanto al presidente valgono i voti e per Mrs Pesc i paesi? Renzi fregato? “Le Redazioni contavano i morti con le pinne in valigia”. No Renzi ha capito l’antifona e si prepara: cambiare o rottamare quel che non va in Europa. Cominciando dalla politica estera che non è un Risiko tra ambasciatori: la lezione di questi anni? Non si prescinde dalle forze e dalle risorse in campo. Gli USA di Obama si possono permettere di scegliere (anche di sbagliare) grazie alla indipendenza energetica fatta di idrocarburi, shale gas e energia nucleare. L’Europa s’è messa in un angolo. Su cosa basa la sua “forza”? Ogni tanto se lo chiede anche la Merkel. Renzi ha cominciato dall’Africa e dall”Eni in Angola, in Congo in Mozambico, poi facendo della cooperazione parte integrante della politica estera (legge appena votata). Senza un coordinamento tra politiche energetiche (idrocarburi e gas differenziati ed estratti anche in casa nostra), industriali e di difesa, la politica estera si riduce a chiacchiere e distintivo o hashtag e bandierine. I coraggiosi e “novios o las novias de la muerte” su Twitter fanno ridere. Coraggioso è stato il viaggio in Egitto paese chiave per l’area mediterranea, e per la Libia. Se avanzerà anche l’idea di un supporto internazionale alla stabilizzazione in Libia, come accennato dall’on.le La Torre, sarà una musica diversa da quella suonata a caso da Francia è Stati Uniti finora. I rischi ci sono, ma un’intesa col gigante egiziano dopo il tentato assalto integralista ed il contraccolpo militare, è un punto chiave inevitabile, per ridimensionare la sanguinosa truffa del network integralista. Una truffa globale sanguinosa da Gaza alla Siria e all’Iraq che sfrutta il malessere popolare e punta ai pozzi, per imporre il medioevo e la tortura anche usando le risorse della finanza islamica. Guerrieri tribali e governi antidemocratici si alimentano a vicenda e tutti (per usare una cruenta metafora delle loro) bevono il sangue dei Palestinesi e degli Israeliani. Una truffa che si fa scudo della tragedia palestinese, anche utilizza a fini predatorii le sfide interreligiose ed etniche per affamare i popoli, imporre l’ignoranza e segare la gola della libertà. Rispondere a chiacchiere non serve a niente. Le illusioni del soft power, dell’isolamento, la speranza di governare le crisi coi droni della democrazia, la primavera dei bit, (senza nulla togliere alle giovani élites che si sono riconosciute) debbono essere corroborate da un pragmatismo equilibrato, che abbia risorse, idee e accordi di collaborazione adeguati alle nuove configurazioni. Nei fatti ad esempio, Obama ha contato su Putin per imporre novità in Siria contro la dittatura. Ma nessuno dei due aveva chiaro come contrastare chi con le armi ha “approfittato” per sostituire il terrore alla dittatura. Con la faccia rivolta alle preghiere, il mitra contro i nemici, la spada contro le donne e i portafogli pieni di dollari Iraniani o del golfo. A favore delle telecamere di Al Jazeera o El Arabya che si accendono si spengono a seconda di chi sono i morti. Nessuna alternativa si farà strada senza una Europa più forte e aperta, capace di proteggere, anche militarmente, i suoi confini, la libertà di commercio e movimento nel Mediterraneo. Sostenendo forze autoctone, affidabili e rispettose. Dissuadendo i doppiogiochisti. Una Europa capace di attrarre e di favorire investimenti dei e nei paesi produttori per lo sviluppo di società pluraliste. Una cooperazione così deve avere anche tra le risorse anche giacimenti e infrastrutture energetiche di petrolio e gas. Sul continente e nel Mediterraneo. Di mezzi e forze di difesa comune occorre ragionare come si sarebbe dovuto fare da tempo. Chi lo nega o lo ostacola sta aiutando i “Boko Haram” e le “signorie canaglia” di tutte le latitudini, e sta allontanando anche la vicina Russia da una prospettiva europea e democratica. Senza Europa insomma non ci sarà pace, crescita nè stabilità, a questa prospettiva si è data più importanza in questi 150 giorni che negli ultimi anni.

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