Comunismo e PCI. Al cinquantesimo della morte di Togliatti, quale la sua eredità

 22 Agosto 2014

Fonte: Il Giornale

Marcello Veneziani

 

 

 

 

 

 

Il mistero di Togliatti resiste ancora

Palmiro Togliatti non aveva carisma e appeal popolare, ma è stato il comunista italiano più lucido e lungimirante (altro che Berlinguer)

 

 

 

 

 

I suoi armadi erano davvero pieni di scheletri: nella guerra di Spagna, nell’Urss – dove furono uccisi centinaia di italiani antifascisti rifugiati durante il fascismo – sul caso Gramsci, e poi in Italia e nelle foibe…
Nel dopoguerra fu un ministro della giustizia accorto, dispose l’amnistia ai fascisti e fu pronto a ogni compromesso, con la Chiesa, il capitale, la monarchia, gli ex fascisti. Resta un mistero: dal fascismo Togliatti contribuì a importare norme ritenute reazionarie come il Concordato e il Codice Rocco, ma affossò l’unico abbozzo di socialismo e di rivoluzione per superare il capitalismo: la socializzazione delle fabbriche, la partecipazione dei lavoratori agli utili e alla gestione delle aziende. Gli alibi per cancellarla furono due: era stata prodotta dal fascismo di Salò e si fondava sulla collaborazione e non sulla lotta di classe. Contro la socializzazione si era creato nel ’44 uno strano fronte: capitalisti (ed è comprensibile), comunisti e nazisti.
Vedi il caso della Fiat. Togliatti lasciò cadere l’unica traccia di socialismo da cui poteva partire la rivoluzione sociale. Un’eco blanda è nell’articolo 46 della Costituzione voluto dai cattolici. Togliatti restò sempre dentro la linea staliniana e gli accordi di Yalta che non prevedevano la rivoluzione comunista in Italia. E proprio a Yalta Togliatti morì come oggi, 50 anni fa.