Salvini è un talebano nostrano o la copia di Avigdor Liebermann?

18 Marzo 2014

Domenico Cambareri

 

 

 

 

 

Salvini sotto mentite spoglie

 

 

 

 

 

No, non è proprio una cattiva duplicazione di un tribuno della plebe. Taroccato com’è, Salvini si rivela sempre più quello che è nella cruda realtà, sotto le mentite spoglie. Non ha nulla di carismatico né di affidabilità umana; men che mai lascia trasparire una seria preparazione politica e una razionale azione persuasiva. Nulla che sul piano culturale lasci trasparire un suo spessore. Cerca di cavalcare le più diverse spinte emotive di gente oramai arcistanca di subire vessazioni da governi inefficienti e iniqui, dal legiferare di parlamenti non meno corrivi in cui gli incapaci gli inetti i collusi fanno tutt’uno con la paralizzante melma burocratica che ne consegue in tutte le amministrazioni centrali e periferiche pubbliche e parapubbliche. Gente che però non ha gettato la spugna, non si è arresa e cerca disperatamente qualche punto fermo e qualche riferimento che possa apparire deciso e combattivo.
Salvini pensava , come ha anche esplicitamente affermato già mesi addietro, che bastava rivoltarsi la casacca e volgere il mantello all’indietro per ridarsi una verginità politica. Cosa affatto impossibile. Per il fatto che non fa altro che starnazzare e declamare a pro della giustizia sociale, della difesa degli incapienti e dei deboli, dei pensionati, dei disoccupati, dei giovani, degli imprenditori e degli artigiani e contro i dipendenti pubblici tout court, professori in testa, e contro l’immigrazione con dei distinguo da vaniloquio. Ma finora nulla ha fatto per denunciare e bloccare con apposite proposte di legge la miserrima politica clientelare e corruttiva messa in atto per tanti anni dalla lega con i compari del PD a pro della “dirigenza” pubblica, la più costosa inefficiente numerosa e super pagata al mondo, come tante volte in queste pagine abbiamo denunciato. Gli scellerati inquadramenti e aumenti retributivi della dirigenza pubblica hanno superato quelli dell’intero comparto pubblico già all’inizio del nuovo secolo, in cui da decenni sono stati declassati a semplici impiegati i professori delle secondarie (dapprima, da sempre, parificati agli altri funzionari e agli attuali dirigenti), i funzionari e ufficiali delle forze dell’ordine (si è cercato di correre ai ripari con la mera protezione degli scatti stipendiali di un tempo, completamente smantellati ai prof. già dal governo Amato nel 1993-94). Questi sono soldi sottratti ad altri lavoratori. Le clientele della ragnatela del sistema corruttivo pubblico a livello regionale e territoriale, lautamente pagate, hanno percepito e percepiscono denaro che è stato sottratto ai ceti deboli e alle classi sociali per cui Salvini oggi dice di combattere: piccoli e medi imprenditori, pensionati sinistrati dalla legge Fornero (questo ministro distruttivo, con estrema lucidità e in modo coinciso ha recentemente dichiarato che sino a che il parlamento non legifererà in maniera diversa, riducendo la sfera dei privilegi, chi continuerà a pagare il costo del sistema saranno i lavoratori attraverso la riduzione delle protezioni sociali di cui si è sinora fruito e la decurtazione pensionistica e stipendiale). E’ naturale che a pagare per primi siano stati gli ammalati, i poveri, i pensionandi.
Nulla di concreto e di preciso ci dice nelle aule parlamentari e in quelle dell’inarrestabile parassitismo regionale e in quelle consiliari Salvini con i suoi compari. Anzi, chiede che la Lombardia, con la stupida a parassitaria acquiescenza dei suoi alleati, propone che diventi una regione a statuto speciale. Non ha proprio fine la stupidità disgregatrice, scialacquatrice, partitocratica leghista … così come a proposito della polverizzazione del sistema scolastico proposto tempo addietro … e oggi non stranamente perseguito dal PD con l’apparente logica dell’autonomia scolastica legata al … territorio (siamo tornati agli anni ’60 e alle “isole” sanitarie, burocratiche e sindacali?) e … guarda proprio un po’ … alla burocrazia di capetti onnipotenti che non insegnano. I dirigenti scolastici, sigla onomastica del defunto DS. Ancora una volta il buon pretesto è quello di copiare il modello americano, come è stato nel caso dei “governatori” regionali e dello spoiling sistem dell’alta dirigenza, per poi fare rozzamente e arbitrariamente quello che si vuole, alla faccia dei contribuenti e dei lavoratori italiani. E alla faccia degli efficientissimi modelli scolastici e di quelli burocratici tra loro diversi che esistono in Europa, dalla Scozia alla Finlandia, sino a quelli storicamente più rodati, quali quelli francesi, quelli tedeschi, quelli spagnoli. Furberie da capobastone che possono soltanto arringare alla meritocrazia per farne in realtà carne da macello. Su tutto questo, in cosa si diversifica in modo sostanziale la posizione di Salvini da quella dei più radicati circoli di potere del PD?
Non basta. Salvini gira a ruota libera a tutto campo, come i beati beoni leghisti della prim’ora che lo circondano lo allettano lo aizzano. Anche in tema di politica estera. Qui la logica leghista è quella dell’utile idiota dei guerrafondai sionisti e neo-con. Il talebano nostrano, Salvini, è in realtà la perfetta copia di Avigdor Liebermann, il dobermann del fanatismo israeliano.
I leghisti, nella loro ottusa, arcinota cecità, non capiscono alcunché di queste cose, chiusi come sono dentro i limitati cortili di casa, e non capiscono proprio che l’aia della decantata libertà dei terun de l’osti li rimbecillisce sempre di più, e che l’Europa e il mondo sono al di là del corto circuito prealpino e delle nebbie della bassa. Ecco che allora osannano senza criterio Israele e gli USA e confermano nei modi più spregiudicati di essere al servizio delle guerre a giro d’orizzonte avviate dai Bush, da Donald Rumsfeld e dai neo-con. Uomini e establishment che controllano la macchina del potere USA, da cui non riesce ad affrancarsi Obama. Di essere al servizio di fanatici e guerrafondai razzisti alla Netanyahu. Di essere al servizio delle monarchie assolutiste sunnite del Golfo (Arabia Saudita, Qatar, Oman), che sono attori e registi comprimari con Washington e con Tel Aviv: attori primi dai cui obiettivi e dalle inerenti dinamiche discendono i disastri che si consumano in Vicino Oriente e in buona parte dell’Africa centro-settentrionale, con la Libia ormai in prima linea.
Contesti da cui direttamente discendono le catastrofi umanitarie e gli esodi dei profughi che ci coinvolgono nei modi che sappiamo, senza che però gli italiani e gli europei vengano messi la corrente dai loro governi e dagli utili idioti al servizio sionista -imperialista (il traballante e guerrafondaio impero dei ne-con statunitensi) delle reali cause di tutto ciò. Eppure, anche se il Qatar finanziatore dell’Isis investe in Italia, e a Milano spende cifre colossali nell’edilizia, Salvini e i bossiani bossoli fusi e dallo sguardo fisso e perso stanno zitti e su queste cose non fanno gli scalmanati.
Per caso, taleban Salvini, alias terun Avigdor Liebermann, ha aperto un’ambasciata nel museo di Ninive, distrutto dall’Isis, a insaputa di Netanyahu e di Bossi, per intavolare future strategie comuni con il miliziano tagliator di gole Abu Bakr al-Baghdadi,   con la benedizione dei regnanti del Qatar, Al Thani, e degli ideologi del grande Israele? Ha eredità genetiche nascoste che caratterialmente lo apparentano a questi soggetti?
Uniche note di rilievo e di colore in tutto questo contesto, relative al panorama interno ed europeo, riguardano i seguenti aspetti: – la rottura consumatasi già da tempo tra Silvano Moffa e altri interlocutori della destra sociale, i quali avevano dovuto prendere atto che gli accordi che Salvini intendeva sottoscrivere li avrebbe subito dopo stracciati, nella baldanzosa e balzana idea di rivestire il ruolo di leader maximo nella possibile e non nata coalizione che mirava a intercettare parte dei voti dei tantissimi elettori delusi, e che la navigazione a vista avrebbe dovuto riguardare punti e impegni concreti e non demagogici;
– l’avere sfilato a Roma con i giovani di casa Pound rappresenta un’inequivocabile e inappellabile nemesi rispetto alla rivoltante politica antinazionale perseguita dalla Lega in tanti anni di squallida e rovinosa speculazione politica: gli stracci” tricolori, simbolo nazionale, come ebbe a epitetare la bandiera italiana quel mentecatto di Bossi a Venezia, diventano espressione sia di un’alleanza tattica molto circoscritta – in funzione di quella già raggiunta con il movimento di destra francese della Le Pen quanto soprattutto l’estremo tentativo leghista – sia del tentativo estremo di rimanere all’interno della società nazionale e di non auto emarginarsi definitivamente, pena un veloce esaurimento motivazionale e “ideologico” della base;
– il viaggio di Salvini in Russia a difesa degli interessi dei produttori italiani duramente colpiti dalla rincorsa delle reciproche ritorsioni economiche USA-UE da un lato e di Mosca dall’altro per la crisi ucraina, dimostra l’assoluta impreparazione politica leghista e la sua imperizia, oltre alle patenti contraddizioni in cui cade nel contesto delle valutazioni internazionali qui prima rappresentante;
– il pensare di poter rivestire il ruolo di decisore e leader nel contesto delle alleanze in quella che impropriamente è chiamata destra in Italia, la dice lunga sulla spavalderia inconcludente e meramente scandalistica di un uomo e di un movimento che non sanno e non possono offrire alternative valide e concrete ai cittadini e che vogliono ancora sgrassare la mucca e vivere di mire megalomani e di miraggi. Tosi è il primo leghista “non secessionista” che comincia a dargli il benservito e filo da torcere. E siamo solo all’inizio. Per fortuna nostra e per il giusto fio di Bossi.