Veneziani in tour: Canti Pro Patria, al Museo Crocetti

29 Febbraio 2016

Fonti: Mino Mini – MArte, Museo Crocetti

Nota di Domenico Cambareri

 

 

 

 

 

SERATA ITALIANA

COMIZI D’AMORE DI MARCELLO VENEZIANI

 

Serata di letture accompagnate da immagini e musica

alla ricerca della Patria smarrita attraverso una “Lettera agli italiani

 

 

 

M.ARTE Cultura per muovere l’Arte

 

Giovedì 3 marzo 2016 “Comizio d’ amore”

Spettacolo teatrale di Marcello Veneziani

 

Voglio bene all’Italia anche se mi fa male vederla così. Voglio bene all’Italia anche se è davvero malata, ma questo è un motivo per amarla di più. La vedo tutt’altro che eterna e possente, la vedo fragile e assente, molto invecchiata; la vedo stanca e spaventata, la maledico, ma è una ragione di più per darle il mio fiato. Perché l’Italia non è solo una Repubblica. L’Italia è mia madre. L’Italia è mio padre. L’Italia è il racconto in cui sono nato. L’Italia è la lingua che parlo, il paesaggio che mi nutre, dove sono i miei morti. L’Italia sono le sue piazze, le sue chiese, le sue opere d’arte, chi la onorò. L’Italia è la sua storia, fi glia di due civiltà, romana e cristiana. L’Italia è il mio popolo e non riesco a fare eccezioni, quelli del Nord, quelli del Sud, quelli di destra o di sinistra, i cattolici o i laici. Ho preferenze anch’io, ma non riesco a escludere per partito preso. Non escludo chi parte e nemmeno chi arriva. L’Italia è il ragazzo che va all’estero, l’Italia è l’immigrato che si sente italiano. Ho gerarchie d’amore; amo prima e di più chi mi è più caro e più vicino, come è naturale. Vorrei che l’Italia fossero pure i figli dei miei figli. Vorrei poi che l’Italia premiasse i migliori e punisse i peggiori, ma voglio che resti Italia. Con l’Europa o senza. Repubblica vuol dire che l’Italia è di tutti e lo spirito pubblico prevale sull’interesse privato. Ma dire Repubblica è troppo poco, c’è una parola più adatta: Patria. L’Italia è la mia casa, è il ritorno, è l’infanzia, il cielo e la terra che mi coprirà.
Marcello Veneziani - foto dagospia

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A Marcello voglio davvero bene e gli auguro un grande successo. Spero che il suo sforzo sia coronato da proficui e ampi riscontri, a pro della cara Patria … solo, solo e solo con e nell’Europa … per non valere meno di un pifferaio di qualche sperduta contrada,  per non cadere in allucinazioni suicide,  per non avviarci a un veloce e ineluttabile tramonto come mera sopravvivenza folklorica da fare almanaccare nei repertori antropologico-etnografici. A buon pro dell’impero dei finanzieri e dei petrolieri yankee, dei loro concorrenti cino”comunisti” o indiani. Usacinindia stanno già qui, presenze possenti e quasi incontenibili, determinanti e  ubique: in questa Europa derelitta per la sprovvedutezza, la miopia, l’incoscienza politica e culturale e gli incontenibili e autodistruttivi egoismi delle oligarchie dei partiti nazionali. Solo, solo e soltanto con e nell’Europa, senza avere la pur minima tentazione di cercare di arrestare la pur perigliosa via del Futuro, che già è palpitante storia e Fato in fieri.
Per vivere come intellettuale fecondo e attivo, Marcello non ha mica bisogno dei relitti della Fondazione di Alleanza Nazionale. Dire relitti è un eufemismo quasi eccelso. Parecchi di coloro che  stanno in mezzo a questa residua ombra della pseudo destra sociale e nazionale spersa e dispersa si sono rivelati già da tempo cinici e inconcludenti arrivisti quanto fraudolenti bancarottieri  e politicanti inconsistenti,  di bassissima lega,  deprivati del senso dell’amor proprio.  Individui che in tutto e per tutto  si sono rivelati essere il peggio del peggio della fauna di questa partitocrazia: cefali delle acque più torbide e sporche. O  adulatori e barattieri il cui spessore neppure sfiora la suola delle  scarpe delle persone per bene.

 

Quanti di questi sacripanti tristi e falliti e pur anche beoti hai dovuto rivedere durante le rappresentazioni del tuo spettacolo, dal palco, sprofondati nelle poltrone dei parterre? Con quanti ti sei dovuto intrattenere e ancora con quanti fra costoro ti dovrai intrattenere, nel tuo più completo malessere d’umori e d’animo? O per caso ti sei anzitempo provvisto di un provvidenziale vvaglio per ben setacciarli?
Non comprendo come, Marcello,  ti stia potendo così tanto  illudere nel  rivolgerti a co-mittenti politicamente squallidi  e indegni e dal ruolo (per fortuna oramai) pulviscolare;  e a parte di destinatari di siffatte estrazioni e condizioni.
Non riesci ancora a prendere atto che se qualcosa deve cominciare, se deve ri-cominciare, non può  avvenire che ripartendo da zero? Bisogna cercare esclusivamente fra la giovane generazione, fra i trentenni e i ventenni. I quarantenni di questo ex mondo sono già stati in gran parte rosolati e carbonizzati o appestati e resi partecipi degli scialacquii e delle sporche cuccagne.
Sfregati gli occhi e aguzza lo sguardo, Marcello, altrimenti altro che lai d’amore. Solo lagni di dolore. Mentre il tempo scorre, con indifferenza per noi implacabile, rischiamo di trovarci nel volgere di attimi già ben vecchi e con pugni di illusioni ancora non disilluse. A che pro? E poi ….?  E per la “parte”? E, soprattutto ma davvero soprattutto, …. per l’Italia e l’Europa? – Nico Cambareri 

 

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Intervista de Il Tempo a Marcello Veneziani per il lancio de I Comizi d’amore

 

Il tour di Veneziani per parlare di Patria: «Ricuciamo insieme la comunità Italia»:

Da settembre «cento comizi d’amore» nei teatri: «Un percorso per ritrovare identità e co-appartenenza»

Un tour nei teatri italiani per risvegliare il patriottismo sopito e per ritrovare gli elementi fondati di una comunità nazionale: Marcello Veneziani a settembre partirà per un vero giro dello Stivale con il format «Serata italiana – cento comizi d’amore». Oltre a presentare la sua nuova iniziativa artistico-culturale, lo scrittore pugliese ha offerto nel dialogo con Il Tempo un’ampia analisi sullo stato di salute della destra italiana.
Veneziani, il prossimo mese inizia un viaggio da Aosta a Palermo?
«Sì, l’idea nasce mettendo insieme la celebrazione del centenario della I Guerra mondiale e il mio nuovo libro, “Lettera agli italiani” (Marsilio), attraverso il quale cerco di ritrovare le possibili forme di integrazione, identità e co-appartenenza alla comunità che chiamiamo Italia».
Perché ha scelto il palcoscenico teatrale?
«Per toccare le corde del pubblico con filmati, voci, musiche. Ho scelto la formula pasoliniana dei comizi d’amore, in versione patriottica».
L’obiettivo è ricostruire un sentimento unificante nell’immaginario collettivo?
«La sfida è volta a padroneggiare le forme del nostro tempo. Oggi non ci definiamo nativi italiani, ma nativi digitali. Quando ci si sente più legati al web e alla contemporaneità, bisogna valutare se è possibile essere allo stesso modo collegati a una “origine”».
«Lettera agli italiani» si ricollega a un suo particolare itinerario di ricerca?
«All’identità nazionale mi sono riferito ne “La rivoluzione conservatrice in Italia” (Sugarco), come nel saggio “Dio, patria e famiglia” (Mondadori). Adesso però parlo non di principi ma di fatti nella dimensione del presente».
Ne «La rivoluzione conservatrice» postulava una declinazione politica attraverso il nascente Polo della libertà del 1994. Coltiva le stesse speranze nel 2015?
«Quel centrodestra è stato sconfitto e superato. Allo stato bisogna valutare che margini ci sono per la politica quando il palcoscenico è occupato da quattro istrioni – Renzi. Grillo, Salvini e Berlusconi – e una mummia al Quirinale che mantiene lo status quo».
Il governo Renzi intanto procede, incurante del crescente malessere popolare.
«Il punto forte del renzismo è la mancanza di una vera alternativa, perché l’attuale scenario offre o la rabbia di Grillo e Salvini o il nulla del berlusconismo declinante. Non bastano i disturbatori».
A chi si riferisce?
«Ai Cinque Stelle e alla Lega: possono far cadere il governo ma non possono incarnare una opzione governista. Nei paraggi del centrodestra non si vede ancora un orizzonte organizzato per prendere il posto dell’ex sindaco di Firenze».
Salvini per novembre ha annunciato un ritorno al movimentismo di piazza.
«Il leader leghista fa bene a fare il suo mestiere, buca il video ma non lascia intravedere né il progetto, né una classe dirigente che lo rappresenti, né un quadro chiaro di alleanze».
Tornando alla Fondazione An, dove dirige il comitato scientifico, ci sono novità in cantiere?
«Ho rilanciato una serie di progetti, dalla scuola di formazione al Rapporto Italia, sul modello Censis. La Fondazione, però, deve superare problemi di prospettiva chiarendo se vuole tornare un partito, come auspicato da alcuni promotori a ottobre, o rimanere un soggetto culturale. Le quattro componenti presenti nel sodalizio finora sono state inconciliabili».
Anche in Francia, a destra, si registrano divisioni, con la guerra nel Front National tra Marine e Jean-Marie Le Pen.
«Marine ha mantenuto un profilo incisivo. La rottura è solo col folclore che scaturiva dalle battute del padre. Jean-Marie ha mostrato una gloriosa rigidità nel non capitolare ma andava chiusa una parentesi dannosa sul piano dell’immagine. Marine, di fatto, ha preservato la coerenza di fondo del Fn».
La conquista dell’Eliseo da parte della Le Pen non è più una missione impossibile?
«Avrà maggiore agibilità politica. Il consenso intorno a Hollande è ai minimi, mentre Marine ha un primato indiscusso di popolarità nell’elettorato transalpino».
Il Tempo, 22 agosto 2105 — Michele De Feudis

 

 

 

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