Trattato di commercio con gli USA. No ai diktat. Trattiamo con decisione e diamo più poteri al Presidente Juncker

03 Giugno 2016

Comunicato Eulà

TTIP: Free Trade Area o vaso di ricatti e minacce?

Il confronto sul Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti ( Transatlantic Trade and Investment Partnership, TTIP), che mira a introdurre, come indica la sua prima denominazione, la Zona di libero scambio transatlantica (TransAtlantic Free Trade Area, TAFTA), è giunto alla sua acme.
Purtroppo, le potentissime lobby statunitensi e la Casa Bianca hanno trovato un buon gioco di sponda sia perché interessi imprenditoriali egoistici quanto settoriali e miopi niente affatto mossi da una visione d’insieme dell’interesse generale europeo sia perché governi deboli e facilmente condizionabili hanno accolto la logica speculativa delle più potenti multinazionali, logica che in futuro sarà in grado di spazzarli via.
Questa logica speculativa, attraverso l’allettante attrattiva del libero mercato che abbassa dazi e disbosca regolamenti, si esplica con un’estrema standardizzazione quali-quantitativa del prodotti, in particolare in settori cruciali quali quelli delle regole dei prodotti sanitari e fitosanitari e in generale alimentari, in cui è da accettare supinamente la commercializzazione e la consumazione obbligatoria di prodotti pesantemente trattati con ingredienti chimici dannosi e quelli geneticamente manipolati.
Ciò significa imporre il “libero mercato” speculativo nell’ambito della scelta delle modalità di coltivazione allevamento e alimentazione delle persone e abbattere ogni cultura alimentare naturale, naturista, naturopata, alternativa. Non una libertà di mercato e di scelta per il consumatore, dunque, ma la realizzazione di reti di vendita accomunate dalla massima omologazione dei prodotti in base a criteri di minima qualità produttiva e di massimo margine di profitto.
Essa inoltre cristallizza ogni dinamica interna socio-economica e retributiva, subordinando in maniera netta l’interesse di più o meno ampie categorie di lavoratori e l’interesse generale di tutti i lavoratori e di un popolo alla salvaguardia dei profitti delle multinazionali.
In tal modo, il profitto speculativo  antepone e impone alla salute e agli interessi dei popoli e degli Stati la salvaguardia assoluta del proprio brutale guadagno, che risulta essere fattore primario e esclusivo, assolutamente indipendente dall’interazione con altri fattori. Si invalida così l’esercizio del diritto comunitario europeo e di ogni protezione pubblica e si neutralizza la validazione dei processi economici e dei flussi quali-quantitativi dei prodotti distribuiti e venduti relati alle scelte del consumatore e al suo concreto soddisfacimento, per mezzo dell’analisi di dinamiche complesse e ricche di variabili ulteriori. Questo è un NON LIBERO MERCATO, ma la PIAZZA DELLE ASTE PER L’ACCESSO AL MONOPOLIO E AL MAGGIOR GUADAGNO SPECULATIVO.
Le singole Nazioni e l’Unione Europea tutta e l’EFTA (Norvegia, Svizzera, Islanda) e la Turchia e, di fatto, i Paesi minori del Mediterraneo diventano soggetto impotente davanti all’esercizio di una sfera privatistica di diritto speculativo così scopertamente imposto sulle proprie vigenti leggi. Non ci sarebbe scampo neppure nell’ambito degli appalti pubblici. I tirannosauri dei trust americani sarebbero in grado di divorare proprio tutto. Sarebbe l’avvento della terribile era dell’oligopolio planetario. Libero mercato si, ma solo per loro. I consumatori diventerebbero definitivamente degli acquirenti coatti. Coartati e coatti.
E’ perciò necessario recuperare in coesione comunitaria con assoluta urgenza e, stabilite in modo netto le salvaguardie degli ambiti per  noi europei ritenuti irrinunciabili all’esplicazione del diritto di libera scelta e del diritto alla salvaguardia della salute alimentare e delle coltivazioni e degli allevamenti secondo criteri naturali, attribuire un maggiore e più incisivo  ruolo nelle trattative al Presidente della commissione dell’Unione Europea, Jean-Claude Juncker al fine di contenere e respingere con maggiori e coese forza e determinazione le pressioni, se non gli espliciti ricatti, delle lobby americane.
E far valere in modo netto le nostre ragioni e i nostri interessi, imponendo un giro di boa storico alla Casa Bianca. Ne saremo capaci? Se si, i primi a essercene riconoscenti saranno i cittadini statunitensi. Se no, i primi a doversi dolere e a pagarne le conseguenze  saranno i nostri figli.

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