Nicola D’Adamo: ecco come canto l’amore

 18 Aprile 2017

Fonte: Youcanprint

 

 

 

 

 

 CANZONIERE D’AMORE

l’amore declinato secondo il sentimento di coloro

che credono nel valore della  LIBERTÀ

 

 

Il Canzoniere d’amore, è una raccolta di 80 sonetti in endecasillabi sciolti, in cui confluiscono tematiche diverse, ma riconducibili ad un’unica linea poetica: l’amore al quale viene affidato il compito salvifico di sottrarre l’umanità alla perdita di punti di riferimento indotti da una società liquida, in cui l’essere è condannato alla solitudine. Nella raccolta, divisa secondo le tematiche “Dedica-Di nuovo amore-Di amore al telefonino-Sotto il cielo di Circe-Caremar-Cantare d’amore per il mio Paese” aleggiano le figure di Circe e di Odisseo, il cui mito viene rivisitato in chiave di ricerca della Conoscenza e della Libertà assunti a valori irrinunciabili dell’uomo. Attraverso un’ approfondita ricerca lessicale, il registro resta perennemente alto e, sebbene nella raccolta convergano, attraverso la rielaborazione dei contenuti, tutte le forme poetiche sperimentate dalla nostra poesia d’amore e non, le liriche si connotano per la loro contemporaneità sia nel linguaggio che nei temi proposti.

  

Prefazione
Negli “Scritti di teoria letteraria”, delineando i rispettivi ambiti della storia e della poesia, Manzoni ci avverte che mentre la prima deve ricercare il vero, è invece compito della seconda ricreare i sentimenti dei protagonisti delle sue opere. Sicché deduciamo che non può esservi poesia, se essa non esprime lo spirito di un popolo. Così gli aedi cantavano l’ethos degli antichi greci ed i giovani ateniesi formavano il loro carattere sugli eroi omerici. Non dissimile sarà la recitazione della Divina Commedia da parte degli artigiani fiorentini. Né si capirebbe il nostro Risorgimento senza l’aristocratica austerità dell’Alfieri nemica di ogni tirannide o senza la sublime opera del Foscolo, che attraverso “Dei Sepolcri” compone un inno agli spiriti egregi elevandoli, tramite la poesia, alle soglie dell’eternità.
Pochi anni dopo Berchet nella “Lettera semiseria” esclude dal godimento della poesia due categorie di persone: “gli Ottentoti” ed “i Parigini”. Certo, anche se in un mondo interconnesso nessuno più vive ai margini della società, molti nello spirito partecipano della misera condizione dei primi: causa l’irrazionalità, il conformismo, la perdita dei valori, un onanismo diffuso. Ma non sono gli unici ad appagarsi di poco. Oggi, più di ieri, sopite le grandi ideologie, assistiamo all’avvilente asservimento degli intellettuali che, incuranti del loro compito, sono diventati “laudatores” dei potenti. Senza questo fenomeno non si capirebbe la loro separazione dal popolo, laddove essi hanno perfino ricusato la propria identità in nome del politicamente corretto. Che in arte si declina in artisticamente corretto e nell’ambito della letteratura in poeticamente corretto ed in lessicalmente corretto. Così si inventano nuovi lemmi, tutti rigorosamente cacofonici, che recano insulto alla stessa bellezza della lingua italiana, le cui primissime opere, nascendo essa adulta grazie al genio di Dante, sono ancora oggi perfettamente comprensibili. Cosa che non accade per i coevi idiomi nati nel corso del Medioevo. Non desidero parlare della miserrima condizione del teatro, laddove la supponenza di altri intellettuali arriva ai suoi vertici assoluti. Così si mette maldestramente mano allo stesso Shakespeare, o peggio, desiderando rendere attuale l’Adelchi, si fa morire Ermengarda in un letto d’ospedale anni 50!
Sicché, in controtendenza con le troppe “sperimentazioni”, il cui unico merito è quello di essere argomento salottiero dei soli “parigini”, ispirandomi alla morale della novella “I vestiti nuovi dell’Imperatore”, la ricerca di moduli stilistici in grado di trasmettere valori e sentimenti, mi ha fatto approdare alle origini della poesia d’amore. I miei mentori vanno da Catullo alla Scuola Siciliana, da Dante a Petrarca.
Oltre che dal momento storico la lirica trae la sua ispirazione da un ambiente geografico ben definito. Così le ottave dell’Ariosto, con una splendida intuizione del regista Luca Ronconi vengono messe in scena nel Palazzo Farnese di Caprarola; nella “Vita Nova” di Dante scorgiamo il paesaggio della Firenze medioevale ed il Canzoniere ha come palcoscenico la natura incontaminata delle sorgenti del fiume Sorga, che fanno da sfondo alla bellezza di Laura. Allo stesso modo la mia poesia si definisce nella mia terra d’origine, che spazia dalla mia città natale fino alla Torre
d’Astura posta ai confini della pianura pontina. E’ un territorio ricco di miti e di storia, teatro di avvenimenti, che vanno dall’Odissea all’Eneide, dal “tu osi uccidere Mario” pronunciato nell’antica Minturnae contro il sicario di Silla, al triste epilogo dell’avventura italiana di Corradino di Svevia.
Adottando i principi dell’imitatio, ho tratto da Petrarca i migliori insegnamenti: per la sua scelta di un determinato ambiente geografico, l’amore per Laura e per l’Italia, il lessico, il registro elevato, l’uso di immagini, di allegorie e metafore ed infine le incessanti limature tese a raggiungere quella perfezione stilistica, alla quale egli si dedicò fino alla morte. Nè si possono tacere gli influssi del Foscolo (spirito) , di Pascoli (onomatopee, tmesi, asindeti, ecc.), di D’Annunzio (ricerca della musicalità, anastrofi, iperbati), di Montale (taluni versi epigrammatici). Non cito il rifiuto di parole aspre e l’uso esclusivo di quelle dolci tanto care agli stilnovisti!
A mio parere un mostro incombe sulla nostra civiltà: l’oltraggio alla bellezza e, perché no, alla grandezza del nostro patrimonio artistico e culturale, che abbiamo ereditato dal mondo greco e romano e che nel corso dei secoli è stato arricchito dal Cristianesimo: lascito del quale, da legittimi eredi, dovremmo essere i principali difensori. Esso non viene solo umiliato nel campo del lessico e delle opere letterarie. L’inscatolamento delle statue dei Musei Capitolini è solo l’estremo atto di mortificazione di quei tesori, che l’intero mondo ci invidia: indice di una rinuncia totale ai nostri valori fondanti. Un Paese privo dei quali diviene facile preda di un’ideologia di asservimento ad un Nulla che, come nella Storia Infinita, è in grado di divorare un’intera civiltà.
Ma il destino dell’uomo non è quello di essere servo o padrone, con cui Hegel definisce la dialettica umana, ma protagonista della storia, mai dimenticando che la Libertà non è un dato acquisito per sempre: essa semmai va difesa e perfezionata ogni giorno della nostra vita. E la sua misura ci è stata consegnata sempre da Dante nei personaggi di Catone e di Beatrice. Il primo è infatti guardiano del Purgatorio per aver preferito morire, piuttosto che vivere da schiavo. La seconda, se si accettano come binomio indissolubile le categorie di Conoscenza/Libertà sarà la guida, che immetterà il Poeta nel Paradiso, regno di quella “canoscenza”, che già egli aveva messo nella bocca di Ulisse come missione dell’uomo.
Oggi declinare la donna dispensatrice della grazia di Dio è cosa anacronistica. Così pure considerarla angelo del focolare. E’ mutata la Storia e con essa il mondo dei valori. Amare la donna d’altri è un topos superato. Né la nobiltà di sangue o il possesso di adeguati strumenti filosofici sono indispensabili per accedere all’amore. Ma come si possono negare le parole di Jacopo da Lentini “quell’amor che stringe con furore/ de la vista de li occhi ha nascimento”? Nel contesto occidentale tutti vi sono ammessi ed a nessuno, grazie all’amore, è precluso quel processo di nobilitazione spirituale tanto caro agli stilnovisti. Neppure quello per la creatura può essere considerato peccato. Semmai lo è non amare. Ma anche “essere troppo luxurioso fa impedimento a l’amore”*. Pertanto quegli antichi valori vanno arricchiti, perfezionati ed adattati alle nuove sensibilità. Se la figura di Beatrice per l’uomo medioevale era
uno strumento di salvezza, oggi all’amore è affidato un rinnovato compito salvifico: sottrarre l’umanità alla perdita di punti di riferimento indotti da una società liquida, in preda a mutamenti epocali, in cui l’essere è condannato alla solitudine.
Ancora non siamo giunti al detto evangelico “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”. Ma i pari diritti tra i due sessi rappresentano senza dubbio il metro, con cui si può misurare il progresso civile e morale di un popolo. Perciò è mia opinione che la Beatrice degli anni 2000 sia colei che abbia la possibilità di realizzare la propria persona senza i superati retaggi della società patriarcale.
“Questo spezialmente si è da notare, che l’amore non può essere se non tra maschio e femina perciò quello che natura non vuole, l’amore se vergogna di farlo”*. Così recita il “De Amore” e la donna sarà la destinataria della mia poesia. Ma come denominarla? Gli appellativi di quelle cantate dai nostri maggiori autori sono rivelatori della loro poetica. Per citare un registro molto basso, la donna amata da Cecco Angiolieri, non poteva che essere una serva d’osteria: Becchina. Ma per Dante il nome più appropriato fu quello di Beatrice. Nella Laura del Petrarca rinveniamo molte elevate allegorie: l’aura, alloro, gloria poetica.
Nel solco della precettistica di Cappellano dovrebbe essere Maria, come la dedicataria del suo trattato. E ciò coincide con l’immensità di emozioni, che sia l’origine del nome che per paronomasia il mare riescono a suscitare. Ma la magia di un nome consiste nella sua sublimazione. Così D’Annunzio adotta Ermione. Perciò mi sono rivolto alla mia terra, attingendo da essa l’eponimo della mia donna: Circe. Attraverso il mito gli antichi greci tentavano di interpretare la psiche umana. Forse la dea riduce in porci i compagni di Ulisse, perché non possedevano i filtri della conoscenza: i soli in grado di immetterli nel mondo dello spirito. Che nell’ambito del loro approdo al promontorio del Circeo si sostanziava nel saper vedere la donna con occhi diversi da quelli della mera libidine: non oggetto, ma persona.
Nella nostra lingua l’etimo donna, ci riconduce al latino “domina”, signora, sovrana, sposa ed infine donna amata: che compendia il ruolo non solo affettivo ma anche sociale, che ella riveste nel profondo dello spirito italiano. Il corrispettivo latino “dominus”, al di là del don appellativo che oggi è riservato ai soli religiosi, non ha generato un omologo per definire il maschio. E ciò è indicativo circa il notevole ruolo assegnato alla donna dalla cultura occidentale. Tuttavia oggi, dopo tante conquiste, è nuovamente messo in discussione da un relativismo per molti versi idiota. Sarà il mito della maga, sovrana del cuore dell’uomo, che afferma se stessa nei suoi pari diritti, il significato dell’approdo dell’eroe omerico nelle terre pontine?
I due attori della copertina rappresentano l’iconografia delle liriche. Il giovane Odisseo ha una corona d’alloro, simbolo di una poesia incorrotta, che scioglie inni a colei, con cui intreccia le sue mani. La fanciulla Circe è coronata di rose rosse: come nella teoria dei colori, metafora della complementarietà dei due sessi. Nel mare della vita, il loro è un tuffo totale nell’amore condiviso in piena libertà: senza quelle limitazioni indotte dalle sovrastrutture mentali, le “superbe fole”, che non poco contribuiscono all’infelicità dell’uomo. Leopardi docet. Nicola D’Adamo

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CANZONIERE D’AMORE
“Lo stupido Ottentotto …. avvolto perpetuamente tra il fumo del suo tugurio e il fetore delle sue capre, non ha altri sentimenti da richiamare alla memoria. Perciò in lui la tendenza poetica è assente a causa dell’inerzia della fantasia e del cuore … Al contrario un Parigino agiato ed ingentilito … è passato attraverso una folla immensa di oggetti, attraverso mille e mille combinazioni di eventi. Quindi la sua fantasia è priva di vigore, il cuore allentato per troppo esercizio”.
Berchet: “Lettera semiseria…”
Sulle forme. Rispetto alla modernità, che pure ha fornito generosi frutti, le liriche del “Canzoniere d’amore” presentano alcune significative soluzioni formali. La lingua è comunicazione ed essa si avvale di tutti quegli strumenti retorici atti a rendere meglio concetti e sentimenti. Sicché costrutti, che a prima vista sembrano spontanei, non lo sono: ma frutto di una estenuante ricerca. Ciò avviene in tutte le forme artistiche. Si pensi all’urlo di Munch il quale, attraverso la dissoluzione della sintassi, riesce meglio di ogni altra forma a comunicarci l’infinitezza del dolore esistenziale.
Le Università lamentano gravi carenze sintattiche nelle tesi dei loro allievi. Non parliamo della decodifica del linguaggio poetico, che abbisogna di strumenti più complessi di quelli prosastici: segno che nel nostro Paese una parte della Scuola ha rinunciato ad assolvere ai propri compiti istituzionali. Perciò, a beneficio di coloro, che accostandosi al Canzoniere, desiderano altresì ripercorrere le nozioni della stilistica, subito dopo le citazioni, verranno evidenziate alcune figure retoriche presenti con i relativi esempi:
Citazioni: Manzoni:Del romanzo storico e, in genere, dei componimenti misti di storia e d’invenzione. Liber Liber. Biblioteca classici italiani. Giovanni Berchet: “Lettera semiseria di Grisostomo al suo figliuolo”.Ed. di rifer. Mursia 1977.Jacopo da Lentini: “Amore è uno desio”.Wikisource. *Andrea Cappellano: “De Amore”- Codice- Barberiniano Latino 4086.
Figure retoriche in sintesi:
SONETTO: 14 versi endecasillabi (accento sulla decima sillaba) sciolti (senza rima). L’endecasillabo si può ottenere tramite: Sinalefe: que-sto o-ra (fusione di una vocale finale di una parola con quella iniziale della successiva). Dialefe: opposto a sinalefe. Dieresi:non presente.
DI SUONO. Rima: amàre- màre a fine verso ( per la rima si considera l’ultima sillaba accentata); rima interna: idem nel medesimo verso/ rima al mezzo: rima tra la fine del verso e nel mezzo del verso successivo. Assonanza: Volte-sorte (identità di vocali)- Onomatopea: bip, tum (riproduzione di un suono di natura). Allitterazione: da intenso vento d’amore (ripetizione delle medesime lettere). Paronomasia:Proci-porci (parole con suono simile, con diverso significato).
DI ORDINE: Tmesi: tecno/logia (divisione di una parola in due parti, di cui una alla fine di un verso e l’altra all’inizio del successivo). Anastrofe: che il cammino ignorano della Libertà (inversione dell’ordine naturale di parole). Anafora: e,e,che,che (versi che iniziano con una medesima parola). Antitesi: Invano ti accendi ti spegni (accostare parole di senso opposto). Asindeto: ti accendi ti spegni (elencazione di parole senza l’uso di congiunzioni). Polisindeto: e reti…e pini…e fasciame (elencazione di parole o frasi tramite l’uso di congiunzioni).Climax (Scala): e meste trasparenze di mare/ e sordorombo di cavalli remoti/ e biondocoronata testa che rotola (parole o frasi in successione di ascendente o decrescente intensità).Chiasmo: che attende coloro che ancora/ la bellezza non occultano saggi (costruzione di due proposizioni secondo la lettera greca chi (X). Iterazione: bip bip (ripetizione delle medesime parole). Enjambement: amore/mio (separazione di un legame sintattico forte tra la fine di un verso e l’inizio del successivo). Iperbato: Tale è il filtro che a me porgi fatato Odisseo = Tale è il filtro fatato che porgi a me Odisseo (inversione dell’ordine sintattico). Anacoluto: E tu,/ che sei così lontana da queste onde,/ che mi seducono di Sabaudia /tra le quali un giorno sostammo/ cogliendo quel poco di ricchezza/ che talora ci assegna la vita! (Sintassi in sospeso, in questo caso il tu privo del predicato ).
DI SIGNIFICATO:Iperbole: eterna durata della notte (amplificazione). Ossimoro: freddo fuoco (accostamento di due parole di significato opposto – che si contraddicono). Antifrasi: due doni ospitali /Rumore: freddo fuoco del mitra… (quando una parola o una frase significano il contrario di ciò che viene enunciato). Sineddoche: vela (sostituzione di un termine con un altro con il quale sia in relazione:in luogo di imbarcazione). Similitudine: come Odisseo (stabilire un paragone di somiglianza tra due cose, persone ecc). Metafora: a me /occhi cerulei Odisseo venuto dal Kaos (similitudine abbreviata senza l’uso del come). Allegoria: sciogli tutte le scotte (quando attraverso un linguaggio concreto viene espressa un’astrazione: liberati da tutte le sovrastrutture mentali che ti tengono incatenata).Sinestesia: flutti amari (accostare due termini appartenenti a due diverse sfere sensoriali).

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All’autrice della copertina: Raffaella Papa
Sei tu la fanciulla Circe
Sei tu la fanciulla, che nelle vesti
di Circe ti tuffi nel mare insieme
al tuo Odisseo e con lui le mani
incroci e le gambe per meglio
compiacerti di carezze e di baci.
E non il tuo viso nascondi alla luce
ma come libera scelta il capo
ti adorni con una corona di rose
perché i petali rossi si sposino
con la verde ghirlanda d’alloro
con la quale il tuo compagno si cinge.
Tale il nostro comune destino:
mostrare al Sole la nostra Bellezza
e la Libertà cantare alla Terra.

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Nicola D’Adamo
Canzoniere D’Amore
Editore: youanprint
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