Politica. Italia – Egitto. Quanto di molto importante vi è dietro la possibile vendita di due navi. Industria, lavoro, geopolitica

 

11 Febbraio 2020

Fonti: Starmagazine, RID, La Tribune, Agenzia Nova, Analisi Difesa, Radiocor, altri organi di stampa

Michele Arnese,Michelangelo Colombo, Aurelio Giansiracusa, Pietro Batacchi

Nota di Domenico Cambareri

 

 

 

Cosa mai potrà significare la vendita di due navi da guerra all’Egitto?

 

Gli articoli ripresi da Startmagazine  e qui pubblicati assieme alla nota informativa di RID, di cui il primo è lo scoop, presentano un’importante novità politica di politica estera e industriale, molto positiva qualora essa dovesse avere una positiva conclusione. Naturalmente, nel rispetto preliminare, puntuale  e totale delle esigenze primarie della Marina Militare e della sicurezza dei rifornimenti via mare vitali al Paese (anziché costruire due nuove unità per l’urgere della Marina egiziana, se  ad essa venissero cedute le due ultme Fremm ancora nei cantieri, il governo, ad esempio, dovrebbe dapprima finanziare, ufficializzare e avviare con la massima urgenza la costruzione di due nuovi DDG / C derivati dalla classe Orizzonte), giacché questa novità riguarda in modo molto qualificato pure quelle che da decenni correttamente definiamo impellenze della politica della difesa. E oggi come non mai.

 

 

Innanzitutto auspichiamo che il percorso politico (oltre quello finanziario e del soddisfacimento delle esigenze temporali dell’acquirente) di questa possibile acquisizione da parte egiziana di due navi della variante italiana classe Fremm abbia un esito positivo.

Negli ultimi anni, diversi episodi, comprese vicende spregiudicatamente messe in opera e/o sfruttate da solerti comuni amici e da ulteriori soggetti internazionali che non stavano a guardare alla finestra, hanno fatto di tutto per fare inciampare e arrestare il rafforzamento dei legami italo-egiziani in più settori. A iniziare da quelli più delicati, afferenti alla realizzazione di programmi nel settore energetico e in generale nell’offshore e al trasferimento di mezzi tecnologicamente avanzati nel settore della difesa.

Un episodio in parte dissimile in parte non al caso Regeni, questa volta è appena nato in Italia, all’università di Bologna. Esso ha iniziato a offuscare artificiosamente il panorama dei parzialmente recuperati rapporti in questi difficili mesi di ‘incomprensioni’.

Bisogna sapere tenere al riparo con decisione questi e ulteriori contenuti politici bilaterali di particolare rilevanza da vicende che talora non lambiscono ma afferiscono a circostanze delittuose dai contorni foschi e dal rispetto della sovranità e della sicurezza egiziane. Circostanze che sfruttano, anche a livello di spregiudicata e vile speculazione di cronaca politica interna improntata al più crudo autolesionismo nazionale, le susseguenti e comprensibili reazioni emotive e di richiesta di giustizia.

 

Italia e Egitto hanno una vicinanza geopolitica, storica e umana che affonda nei secoli. Vicinanza che ebbe un evento insottacibile e indistruttibile, evento di enorme portata, nel corso della prima età contemporanea e punto di riferimento costante nella rosa dei venti della politica: il rifiuto della neonata Italia di partecipare all’occupazione inglese dell’Egitto, da pochi decenni resosi libero dall’impero ottomano. La storia di un lucido e voluto rifiuto che cambiò in modo negativo, drastico le ulteriori scelte e azioni e, ancor prima, possibilità d’azione, dei governi italiani. Un lucido e voluto rifiuto che avrebbe reso per sempre soccombenti le linee della politica estera, economica e coloniale e della strategia globale italiana, fino alla dolorosa e disastrosa sconfitta della seconda guerra mondiale.

La partecipazione italiana all’occupazione dell’Egitto per porlo sotto tutela anglo-italiana, anche se la storia non si fa con i se, avrebbe portato a sviluppi e conseguenze del tutto differenti nell’Africa orientale e a un quadro degli equilibri mediterranei e del Vicino Oriente e dell’Oceano Indiano occidentale del tutto diversi. Anche con il ruolo italiano parzialmente subordinato, questa partecipazione avrebbe inciso pure nel quadro generale della strategia globale dell’impero inglese nel Vicino e Medio Oriente, entro cui la proposta di cui stiamo scrivendo si collocava, e degli equilibri europei, a scapito del nazionalismo e dell’imperialismo francese che ci stava con il fiato dietro la nuca, e dei confliggenti interessi dell’impero asburgico sia sui territori italiani ancora assoggettati a Vienna sia nella regione balcanico-danubiana e del Mar Nero.

Le vicende della seconda guerra mondiale, in questo contesto, vanno ricordate non di meno. Infatti, gli egiziani aspettavano l’arrivo degli italiani in primis e dei tedeschi come la loro liberazione dal giogo britannico .Gli allora giovani colonnelli dell’esercito egiziano, filoitaliani, Nasser e Sadat, erano stati isolati dall’esercito inglese in una guarnigione lontano dal teatro bellico. La lira girava ad Alessandria e al Cairo. L’errore di non liberare dapprima Malta e di inviare quel poco di ulteriori uomini e risorse ancora in Egitto sarebbe stato esiziale per tutta la campagna bellica, vista l’impossibilità dell’esile struttura logistica di operare su così lunghe distanze per assicurare i rifornimenti delle unità di prima linea, che, pur attaccando, soffrivano di una sproporzione numerica enorme.Fino all’eroico, tragico epilogo di El Alamein.

 

A nostro parere, l’accordo italo-egiziano rappresenterà un momento di qualificato riavvicinamento politico per tutte le implicazioni che esso comporta specie quelle più delicate e meno discettabili anche in diretto riferimento alle sconclusionate e pericolose effervescenze di questi ultimissimi mesi nel contesto intra-mediterraneo quanto in quelle delle recenti e delle attualissime e spinose vicende spesso interconnesse del Vicino Oriente, dell’Oceano Indiano occidentale e dell’Europa orientale. Vicende a cui rimandiamo i lettori e su cui preferiamo soffermarci non qui ma con interventi separati. Sottolineiamo solo che l’Italia mai ha avuto in precedenza una così importante possibilità di transizione di tecnologia e di materiale militare con l’Egitto.

 

 

Precisiamo pure che il subbuglio provocato dal terzetto infernale USA – Israele – Arabia Saudita e dall’ulteriore collante di protagonisti, a iniziare dal Regno Unito e dalla Francia, (subbuglio che ha ridotto l’Egitto piegato in posizione forzatamente subalterna) ha ingenerato un caos ancora più ampio in cui Erdogan ha trovato comode e eccellenti possibilità di ricicciarsi. Di ricicciarsi magicamente, piroiettando la crisi interna del suo regime fortemente autoritario e della repressiva unità ‘turca’ in un’Anatolia certo non ‘turca’ ma mosaico di popoli e non poco curda  nel contesto della politica estera dei dis-quilibri pan-mediterranei. Arrivando a rivendicare apertamente, grazie all’escamotage sulla garanzia da fornire alla ‘Cipro turca’ e agli errori commessi dalla miope intransigenza ellenica a concludere accordi su alcuni spinosi tratti del confine marittimo fra delle sue isole e la costa anatolica, un ruolo e un potere talassocratico mediterraneo estremamente pericoloso. Rivendicazioni apertamente lesive dei contenuti del Trattato ONU di Montego Bay forse influenzate del modello cinese nel Pacifico e dalle strampalate e infondate e inaspettate rivendicazioni algerine sulle acque dirimpettaie italiane dell’alto mare, ricadenti sotto la denominazione di Zona Economica Esclusiva, a ovest della Sicilia occidentale, lungo tutto lo sviluppo marittimo confinario fra Sardegna e Baleari (Spagna). Su ciò avremo da trattare in modo specifico in un prossimo articolo. Per di più, il governo d’Algeria che a buon contro abbiamo considerato e consideriamo partner amico e più che affidabile, oltre al dato energetico, su cui contare per gli ulteriori sviluppi di importanti passaggi panmediterranei. Cosa che ha dell’incredibile.

 

In tutto questo contesto di cose, paradossalmente, l’Egitto, a causa della sua fragilità economica, è stato ‘fagocitato’ dall’Arabia Saudita, sponsor primario e stratega delle attività delle organizzazioni terroristiche sunnite con USA e Israele e con il diretto e anche concorrenziale apporto dei regni minori del corno arabico-indiano. Certo per gli egiziani rimane in pectore la volontà di potersi riscattare da questa condizione di forzata e prolungata subalternità.

Sul piano strettamente industriale, finanziario e lavorativo, la transazione della tecnologia avanzata e della difesa è un importante passo avanti giacché l’Egitto entrerebbe nel club ancora molto ristretto delle Nazioni che adottano il cannone navale 127/64 di Leonardo (ex Finmeccanica), arma ai vertici mondiali e dalle prestazioni tecniche quasi rivoluzionarie, a cui la ferratissima azione della BAE, politicamene supportata, con il suo concorrente ha inibito quasi tutte le possibili vendite in tutto il mondo. Adotterebbe anche il missile italo-francese Aster 30 (antiaereo e antimissile a medio raggio), ulteriore gioiello della tecnologia MEAD ancora poco diffuso. Adotterebbe due navi di ottime qualità costruttive e nautiche (a differenza delle concorrenti tedesche) i cui equipaggiamenti elettronici e armamenti sono quasi tutti frutto della tecnologia italiana e europea. Aspetti fondamentali, giacché noi abbiamo estremo bisogno di esportare l’alta tecnologia della difesa per non rimanere schiacciati e emarginati dalle sempre più accentuate dinamiche di ‘mercato’ di USA e a distanze fra di loro sempre più ampie Russia, Cina, Francia, Regno Unito, Germania, Spagna etc. L’Italia esporta solo il 2% di quello che è il mercato mondiale degli armamenti, acquista poche armi nazionali di punta (molto al di sotto del fabbisogno atto a soddisfare i requisiti di una politica estera e di difesa dotata di una sufficiente autonomia e di un valido ruolo nel contesto dell’UE e della NATO), ha difficoltà sempre più rilevanti a potere finanziare, anche su progetti plurinazionali, lo sviluppo del settore e in diversi ambiti è pericolosamente assente e sguarnita.

 

La demagogia politica del regime e quella storica codificata del PCI e dei suoi eredi e derivati, dei cattocomunisti e dei tanti ‘pacifisti’ da strapazzo ci ha fatto pagare e ci sta facendo pagare perdite produttive e finanziarie, danni politici e sociali, ritardi nello sviluppo industriale spaventosi. Da qualche anno appena i ‘comunistazzi’ che mai hanno rinnegato la loro ideologia e sono passati indenni e da indegni al comando della Nazione, hanno ‘alzato il culo dalla sedia’ per correre alla dissennata a concludere qualche accordo di vendita di armi (il caccia ‘quadrinazionale’ Eurogìfighter e alcune corvette in particolare) prima di farselo fregare, come quasi sempre era accaduto in precedenza per loro colpa, dai francesi. O da altri.

Ciò perché questi disgraziatissimi portatori di sventure, al governo da anni, hanno capito davanti ai giganteschi e dissennati mali da loro  provocati per decenni – cose su cui gli italiani sono pur sul semplice sul piano della cognizione dei fatti assolutamente ignari, ‘inconsapevoli’, o anche ‘utili idioti’ -, che questi contratti sono diventati delle assolutamente indispensabili, vitali boccate d’ossigeno per la sopravvivenza finanziaria e produttiva dell’alta tecnologia e del comparto della difesa e del ‘duale’. L’ improrogabilità e drasticità delle necessità dell’accrescimento dell’investimento e del reinvestimento in r&s in questi e in altri settori e in tutti i settori del ‘duale’ avanzato sono diventate assolute, senza nessuna retorica di circostanza. – D.C.

 

 

Navi militari di Fincantieri all’Egitto. Rumors su 2 Fremm e commenti degli analisti

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Saranno due Fremm le navi militari che Fincantieri venderà all’Egitto? L’operazione col via libera del gruppo Cdp-Sace, il ruolo del Mef, il dibattito tra esperti del settore e gli sbuffi della Marina militare

Quali sono le navi militari che Fincantieri venderà all’Egitto?
E’ la domanda che assilla gli addetti ai lavori dopo le indiscrezioni dell’agenzia Radiocor-Il Sole 24 Ore e di Start Magazine (che ha parlato dell’ipotesi di 2 Fremm).
Di sicuro Fincantieri (controllata da Cdp Industria del gruppo Cdp) venderà all’Egitto due navi militari dopo l’operazione di finanziamento e garanzia assicurativa deliberata dal gruppo Cassa depositi e prestiti (controllato dal ministero dell’Economia) tramite anche la società controllata Sace del gruppo Cdp.
Al momento – secondo la ricostruzione di Start – la situazione è la seguente: Fincantieri vuole vendere le 2 Fremm “Spartaco Schergat” ed “Emilio Bianchi”, la Marina Militare no (senza contropartite) e il governo pur avendo dato di fatto tramite il Mef un via libera all’operazione discute ancora nel merito per la delicatezza della vicenda: da un lato c’è consapevolezza che per l’italiana Fincantieri sarebbe un colpo rilevante la vendita (che altrimenti sarebbe appannaggio di società francesi, con tutta probabilità); dall’altro l’operazione con l’Egitto pone qualche problema ai settori più critici verso il regime egiziano di A-Sisi che sono presenti sia nel Pd che nel Movimento 5 Stelle.
Sta di fatto che le indiscrezioni di Start non sono state smentite dalle società interessate e dal governo.

IL DIBATTITO TRA ANALISTI

La questione delle 2 Fremm ha innescato dibattito e polemiche tra analisti e addetti ai lavori, come si può evincere anche dai commenti sul profilo Facebook di Aurelio Giansiracusa, analista di questioni militari e animatore di Ares-Osservatorio Difesa. (QUI L’ANALISI DI GIANSIRACUSA PER START)

IL DOSSIER EGITTO

“Questa vicenda, peraltro ancora avvolta dal mistero, presenta qualche “punto debole” – ha scritto su Twitter l’esperto Giovanni Martinelli, collaboratore di Analisi Difesa – In primo luogo, l’anticipazione stampa sullo studio da parte di Fincantieri su vendita di 2 navi militari all’Egitto non fa riferimento alle FREMM; né tanto meno a quelle in fase di consegna alla @ItalianNavy. In secondo, è vero che la politica di “procurement” del Cairo non è sempre razionale; ma aggiungere 2 FREMM IT alla FREMM FR già in servizio sembrerebbe poco logico. Poi si ricorda che l’Egitto dovrebbe aver già acquistato diverse fregate Meko A-200 da TKMS”.

 

Fremm Fincantieri all’Egitto, come strepita la Francia di Macron

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Che cosa scrive il quotidiano francese La Tribune sull’acquisto in fieri da parte dell’Egitto di due navi militari del gruppo italiano Fincantieri. Fatti, indiscrezioni, commenti e analisi

Uno “schiaffo” di Egitto alla Francia. Così definisce il quotidiano francese La Tribune l’acquisto in fieri da parte dell’Egitto di due navi militari del gruppo italiano Fincantieri.

Tutto nasce dalle indiscrezioni di Start Magazine che giorni fa – sulla scia della decisione del gruppo Cdp-Sace controllato dal Mef di dare l’ok all’operazione di finanziamento e assicurazione a Fincantieri alla vendita di due navi militari all’Egitto; notizia svelata da Radiocor – ha scritto (senza ricevere smentite) che le navi in questioni erano 2 Fremm (ieri gli articoli di Start sono stati citati in un ampio approfondimento di un giornale francese specializzato nel settore difesa e sicurezza).

CHE COSA SCRIVE LA TRIBUNE SU FINCANTIERI

Fincantieri sta per ottenere una commessa dalla marina egiziana per la vendita di due fregate europee multimissione (Fremm). Lo ha scritto ieri il quotidiano francese La Tribune, spiegando che per Parigi si tratterebbe di “un nuovo schiaffo” ricevuto in Egitto. Il costo dell’operazione è stato stimato a 1,2 miliardi di euro.

LE IRE DI MACRON E IL RUOLO DELL’EGITTO

Il gruppo italiano partner di Naval Group – aggiunge La Tribune nella sintesi dell’agenzia Nova – per questa operazione gode del sostegno di Cassa Depositi e Prestiti, che è pronto a concedere un prestito per l’esportazione. Il giornale francese ricorda che in occasione di una conferenza stampa congiunta con il suo omologo egiziano Abdel Fatah al Sissi, il presidente Emmanuel Macron ha dato una “lezione di morale” sul rispetto dei diritti umani al suo interlocutore. Un “errore fatale” che adesso Parigi paga caro. Il Cairo ha messo fine alla relazione “privilegiata” che aveva aperto con la Francia nel 2015 attraverso l’allora ministro della Difesa, Jean-Yves Le Drian nel settore della vendita di armamenti. Gl egiziani potrebbero acquistare degli F-35 al posto dei 12 caccia Rafale, giudicati troppo cari.

 Via libera alla vendita di due navi militari Fremm di Fincantieri all’Egitto. Tutti i dettagli (e i borbottii della Marina militare) sull’operazione da export-banca di Sace-Cdp

Fincantieri studia la fornitura di due navi militari all’Egitto: sarebbero, secondo le indiscrezioni di Start Magazine, le Fremm “Spartaco Schergat” ed “Emilio Bianchi”.
L’operazione, soggetta ad un lungo iter autorizzativo, è pressoché definita per la parte finanziaria, come ha svelato ieri Il Sole 24 Ore Radiocor, con un finanziamento export banca del gruppo Cdp.
Il dossier è stato esaminato martedì scorso dal consiglio di amministrazione di Cassa depositi e prestiti (controllata dal ministero dell’Economia e partecipata dalle fondazioni bancarie) per la concessione di una garanzia fino a 500 milioni con il coinvolgimento della controllata Sace, specializzata nelle assicurazioni internazionali.
Nell’operazione sono coinvolte anche Intesa Sanpaolo, Bnp Paribas e Santander.
L’operazione di export banca per Cdp rientra nella missione istituzionale della holding presieduta da Giovanni Gorno Tempini ed è un punto del piano industriale firmato dall’amministratore delegato Fabrizio Palermo: sostenere settori strategici e campioni nazionali.
Un’operazione frutto anche del via libera del Cipe a operazioni finanziarie e assicurative del genere.
Le navi militari di Fincantieri che saranno vendute all’Egitto sarebbero, come detto, le Fremm “Spartaco Schergat” ed “Emilio Bianchi”, secondo le indiscrezioni non smentite dalle società coinvolte nell’operazione
Lo scorso 29 gennaio, nello stabilimento di Riva Trigoso del cantiere integrato navale militare si è tenuta la “cerimonia di varo della fregata “Spartaco Schergat”, nona di una serie di 10 unità Fremm–Fregate Europee Multi Missione, commissionate a Fincantieri dalla Marina Militare Italiana nell’ambito dell’accordo di cooperazione internazionale italo-francese, con il coordinamento di Occar, l’organizzazione congiunta per la cooperazione europea in materia di armamenti”, come si legge in un comunicato di Fincantieri (in fondo tutto il testo).
Non mancano i subbugli in ambienti della Marina militare per questa decisione che ha avuto il via libera politico della presidenza del Consiglio.
Ci sarà una contropartita per la Marina viste le Fremm che ora sfumano?
Fincantieri sabato scorso ha varato nei cantieri di Riva Riva Trigoso, a Genova, l’ultima fregata della classe Fremm prevista dalla commessa di dieci unita’ alla Marina militare italiana, la “Emilio Bianchi“, destinata all’Egitto.
Nel corso della cerimonia, il presidente dell’azienda italiana della cantieristica, controllata Cdp, Giampiero Massolo, ha dichiarato, in riferimento alla fregata Fremm che è il prodotto di un progetto italo-francese: “Consegniamo al Paese uno strumento innovativo, simbolo di sviluppo tecnologico, altissima competenza e versatilità operativa”.

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TUTTE LE ULTIME NOVITA’ SULLE NAVI MILITARI DI FINCANTIERI ALL’EGITTO. AGGIORNAMENTI, INDISCREZIONI E COMMENTI

Fremm Fincantieri all’Egitto? La situazione si sblocca solo e se verrano definite le contropartite per la Marina militare. L’intervento dell’analista esperto di questioni militari Aurelio Giansiracusa

Sulla scia degli articoli di Start Magazine con le indiscrezioni sulla vendita in cantiere di due navi militari (Fremm?) di Fincantieri all’Egitto dopo il via libera del gruppo Cdp-Sace con un’operazione di finanziamento e garanzia assicurativa, è nato un dibattito fra esperti e analisti del settore. Ecco l’analisi di Aurelio Giansiracusa, animatore di Ares-Osservatorio Difesa. (Redazione Start Magazine)
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La situazione è complessa sulla notizia che circola da tempo nel settore. Da una parte l’Egitto ha iniziato una corsa al riarmo navale che l’ha visto acquistare 1 Fremm Francese dalla Marine Nationale, almeno quattro corvette Gowind prodotte dopo la prima e le 2 LHD Mistral ex russe. Questo non ha impedito l’anno scorso di siglare con Berlino un accordo per 2,6 mld di euro per ben sei navi di cui tre fregate classe Meko A-200 e tre corvette Meko A-100 oltre ai quattro sottomarini già in fase di acquisizione a titolo di compensazione dei Dolphin israeliani.
Quindi, verrebbe da dire che l’Egitto in pochi anni avrebbe fatto il pieno di nuove navi. La risposta è nì perché nel frattempo a livello Mediterraneo e Mar Rosso è tornato a soffiare il vento dal Bosforo. Egiziani e Turchi sono diventati competitori in queste aree con le dovute differenze.
Il Cairo ha il controllo all’accesso del Mar Rosso da Suez e la potente base di Alessandria d’Egitto ex base della Royal Navy. I Turchi hanno stretto accordi con i Sudanesi per ottenere attracchi e perché no una base nel Mar Rosso.
L’Egitto ha risposto creando la base navale di Ras Banas che è diventata la principale base del Mar Rosso. Ma non finisce qui perché anche nel Mediterraneo gli Egiziani hanno iniziato la costruzione di un’altra base navale verso il confine con la Cirenaica.
In tutto questo va inserito il fattore G. G come Gas di cui l’Egitto è diventato leader insieme ad Israele nella produzione e dove Cipro ed Ankara vogliono la loro parte. Conosci meglio di me i rapporti che legano ENI al gas egiziano e cipriota.
Il Cairo ed Atene hanno stretto un’alleanza con esercitazioni congiunte dove partecipa anche Cipro, il cui tema principale è la difesa delle rotte di comunicazione, delle piattaforme off shore ed il contrasto antisommergibile. Roma non partecipa a queste esercitazioni – le Medusa – ma invia osservatori.
Per tornare al punto di partenza, c’è spazio per la vendita di navi fabbricate in Italia all’Egitto? SÌ ma bisogna tenere presente i costi, la tempistica, le garanzie prestate per un’operazione del genere.
Andando al sodo le Fremm Italiane sono molto diverse da quelle Francesi; tra le nostre e le loro ballano 100-120 mln di euro, e la MM non ha alternative sottomano già pronte per l’eventuale sostituzione di una o due delle sue Fremm, non di certo con i PPA che sono navi concettualmente ed operativamente diverse.
Come finirà? A mio parere la situazione si sblocca solo e se verrano definite le contropartite per la Marina nel caso sia richiesta la sua collaborazione nell’affare per mettere a disposizione unità già pronte o quasi. Nel caso di vendita di altra tipologia di unità avrà la precedenza il quadro finanziario che dovrà esser creativo.

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FREMM all’Egitto, il punto

RID  online data: 06-02-2020a cura di: Pietro Batacchi

Al momento, a quanto risulta a RID, la commessa per la fornitura di 2 fregate tipo FREMM all’Egitto sembra confermata, anche se non è ancora scontato che si finalizzi. Le navi in questione sarebbero la nona e la decima per la Marina Militare – SPARTACO SCHERGAT ed EMILIO BIANCHI, entrambe General Purpose – che verrebbero a questo punto trasferite alla Marina Egiziana. Fincantieri e la Marina Militare non hanno tuttavia confermato la notizia. Vedremo se e come la Marina Militare verrebbe compensata qualora la commessa dovesse effettivamente concretizzarsi. Un’ipotesi, che circola da tempo, potrebbe essere l’integrazione della flotta con l’acquisizione di 2 nuove FREMM in configurazione ASW (Anti Submarine Warfare) – visto anche l’esponenziale incremento della minaccia sottomarina nel Mediterraneo, e non solo – tenendo pure presente il fatto che la MM deve ancora esercitare l’opzione per gli ulteriori 3 PPA. Nessuna conferma ufficiale però a riguardo.