Le nostre idee. La nostra analisi. Le riforme da fare subito.

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A partire dal 1994, l’Italia ha intrapreso una congiuntura politica e istituzionale particolarissima. Di fronte al tramonto dei vecchi partiti e delle loro ideologie, la nuova realtà enucleatasi è rimasta impigliata nelle secche di diatribe e soprattutto di cointeressenze spesso se non sempre innominabili che hanno messo a dura prova la via prescelta di un modello bipartitico. La cosiddetta seconda Repubblica è rimasta un mero flatus vocis, e anzi spesso in questa nuova fase i peggiori vizi politici dei decenni precedenti sono transitati indenni.

Le riforme fatte sono rimaste spesso al palo perché varate in maniera non completa se non arbitrariamente parziale e amputata. Altre, attesissime, non sono state mai approvate perché la pavidità del governo di turno o il suo complice interesse con lobby dell’apparato pubblico o privato non lo ha consentito. Altre ancora non sono state neppure pensate, per la grave sottovalutazione e per la non sempre adeguata conoscenza dei problemi oggettivi espressa dalle oligarchie partitiche e parlamentari. Cose che dimostrano come purtroppo perdura l’inadeguatezza di parte degli uomini che vivono e rappresentano le strutture rappresentative sino ai massimi livelli istituzionali, e di come continua la frattura fra Paese reale e paese legale.

E’ essenziale perciò dare un contributo leale e il più possibile concreto e diretto per far sì che la ventata innovatrice promossa con passione e con grande impegnoda Silvio Berlusconi possa perdurare, rafforzarsi, ramificarsi con intelligenza e al tempo stesso bloccare stagnazioni e involuzioni ideali, politiche, istituzionali del rinnovamento della società italiana, delle sue istituzioni, della sua economia. Ma anche degli uomini, dei partiti, degli apparati dello Stato.

E’ per tutto questo che gli amici di DESTRA EUFRASIA – ITALIA FUTURA desiderano operare con alacre fattività all’interno della grande organizzazione politica promossa da Silvio Berlusconi, il POPOLO DELLA LIBERTA’. In esso, essi possono dare voce ad istanze profonde talora neglette e contribuire al dibattito politico e ai suoi approfondimenti e arricchimenti anche polemici ma sempre funzionali alla rispondenza ottimale mirante al raggiungimento degli obiettivi specifici e generali nell’interesse della nostra Nazione, del nostro popolo e dei Popoli europei e mediterranei, con una messa in opera di capacità critiche di affinamento ininterrotto e di interloquire con altri metodi e altre vie. Ma che non rinunciano, con l’esigenza del confronto, alla non meno necessaria logica della decisionalità e dell’azione, perseveranti e determinate, in grado di mettere in campo energie intellettuali e di volontarismo nuovi e della concretezza del “fare”. E di incidere in misura maggiore e al meglio delle proprie “performances” nel processo di trasformazione del “sistema Italia” e di quello dell’Unione.

DESTRA EUFRASIA – ITALIA FUTURA è la DESTRA italiana che vuole e sa conservare l’armonica coniugazione, la peculiarità del dato nazionale – e sovranazionale – e del dato sociale non come imbalsamato blasone e falso lascito. Questa peculiare coniugazione, a suo tempo energia incontenibilmente novatrice e rivoluzionaria, sopravvive alla morte o alla profonda crisi delle ideologie in quanto per sua natura interclassista riformatrice ed emancipatrice nel rispetto delle differenze, e dispone a recepire, comprendere e interpretare le poliedriche ed eterogenee istanze del presente e del futuro prossimo e non, in maniera più che adeguata ad affrontarne esigenze e ambizioni, promesse e sfide. Sensibilità politica e filosofica, sociale ed economica non venute meno, anche se costrette per lunghi anni a svolgere ruoli di obbligata marginalità in coatta penombra.

Non ci nascondiamo la difficoltà di realizzare questa scelta. D’altronde, essa è una scelta oggi ineludibile, obbligata, necessaria. Essa è innanzitutto determinata dal perseguire il compimento del modello bipolare. E’ non di meno imposta dal perseguire il compimento di riforme costituzionali e istituzionali di grande respiro. Risolto il superamento del modello presidenzialistico, il modello del premierato italiano è l’unica soluzione in grado di oltrepassare annose e finora insuperate questioni e improvvide e non di meno strumentali paure. Il ruolo centrale e di responsabilità primaria nel contesto dell’azione dell’Esecutivo è uno dei perni centrali su cui si devono basare concretamente il programma e il processo concreto di rinnovamento del Paese. Esso, d’altronde, senza alcuna contraddizione in termini, non può non vedere rafforzato nei contrappesi d’equilibrio e armonizzazione con il ruolo del potere legislativo su camere differenziate lo status del Presidente della Repubblica, sempre eletto dal Parlamento ma da esso a chiare lettere reso totalmente autonomo e non condizionabile. Presidente della Repubblica che rimane Capo del (futuro e profondamente) riformato CSM e soprattutto rimane capo del (futuro e sostanzialmente) riformato Consiglio Supremo di Difesa (in cui il Capo di S.M. della Difesa sarebbe di diritto sempre accompagnato dal Segretario Generale della Difesa e dai Capi di S.M. di Esercito, Marina, Aeronautica) e garante esclusivo della politica estera del premier e del governo davanti ad attacchi debordanti del Parlamento e della piazza per questioni attinenti le scelte nazionali e dell’Unione Europea in merito ai delicati contesti internazionali, planetari e delle alleanze, della sufficienza delle risorse energetiche e della sicurezza esterna. Attraverso questi due assi potestativi e autoritativi non concorrenti e veri architrave del futuro assetto del Paese, si mantiene il modello parlamentare democratico-liberale ma si supera definitivamente la realtà concreta della partitocrazia e del suo bicameralismo perfetto, divoratrice inesausta di ricchezze e di energie, terribile e implacabile nella sua azione di depauperamento e di occupazione ed espropriazione sessantennale delle rappresentanze del corpo elettorale.

E’ necessario arrivare alla riforma del Consiglio dei ministri, e per intanto arrivare alla realizzazione di una nuova prassi operativa, con cui vengano creati al suo interno due organi operativi più ristretti. Il primo dovrebbe essere in grado di garantire l’azione immediata ed adeguata del governo davanti a crisi internazionali e interne e supportare direttamente in sede di Consiglio dei Ministri il raggiungimento degli obiettivi strategici indicati dal Consiglio supremo di Difesa in armonia con Unione Europea, UEO, NATO, OSCE. Esso sarebbe costituito dal premier e dai ministri degli esteri, della difesa, dell’interno, dell’economia, dello sviluppo, delle infrastrutture e dei trasporti. Il ministro della giustizia e altri ministri, in base alla materia e all’o.d.g., sarebbero direttamente convocati a partecipare dal premier. Il secondo, con il compito di indicare e salvaguardare il rispetto degli assi portanti della società nazionale e la determinazione dei suoi obiettivi secondo il metodo della “strategia generazionale” della Nazione e l’efficienza della ricerca avanzata e della sicurezza esterna. Esso dovrebbe quindi delineare il quadro vincolante entro cui il ministro dell’economia dovrebbe realizzare l’impianto programmatico del bilancio pluriennale ed annuale dello Stato. Esso sarebbe costituito dal premier, dai ministri della cultura (scuola e università, ricerca, bene culturali e ambientali), della difesa, dell’economa, degli esteri, dello sviluppo, delle infrastrutture e dei trasporti, degli interni, del lavoro. Altri ministri, in base all’o.d.g. e alla materia in discussione, sarebbero direttamente convocati dal premier.

E’ necessario arrivare quanto prima alla riforma elettorale, con una riforma che abbia innanzitutto a cuore l’attuazione di un modello il quale possa contemperare due simultanee insopprimibili esigenze, che possono manifestarsi nella realtà della vita politica quotidiana secondo modalità non univoche: l’esigenza di assicurare governabilità secondo un sistema bipolare e con premio di maggioranza, l’esigenza di assicurare la più vasta rappresentatività elettorale senza venir meno ad una soglia di sbarramento minima non inferiore al 4%. Prima di queste, però, l’esigenza insopprimibile che deve essere messa in calce per prima è quella del ripristino della preferenza del candidato/dei candidati che è espressa dall’elettore. L’attuale sistema elettorale vulnera profondamente sul piano della legittimità costituzionale e sul piano del rispetto e dello scrupoloso adempimento dei principi fondamentali di natura liberale e democratica la vita dal nostro Paese. Esso, anche se è risultato materialmente utile all’affermazione del ruolo e della funzione del “leader” all’interno dei due maggiori gruppi politici e non di meno in quelli minori, va con urgente priorità cambiato.

Siamo assolutamente contrari a norme che rinviano incriminazione e processi per le alte cariche dello Stato e per qualsiasi rappresentante di potere elettivo ed esecutivo, fatto salvo che per il Capo dello Stato. Tuttavia, la presente involuzione della realtà politica interna intorno al tema in questione, ci porta ad accettare come male minore la legge approvata sul rinvio dei procedimenti a carico delle quattro massime cariche dello Stato. Condividiamo la scelte della maggioranza e del governo di approvare con legge ordinaria questa condizione di rinvio del procedimento giudiziario dopo lo scadere del mandato, rifiutiamo ogni possibile possibilità di futura intesa con l’opposizione per adottare una legge costituzionale il cui significato non sarebbe altro che quello di uno stravolgimento generale.

Questa involuzione non è che il risultato patente e ineluttabile dell’incancrenita politicizzazione dei settori rappresentativi della magistratura e della perpetua azione movimentista e guerreggiante di alcune aliquote di magistrati inquirenti e di magistrati giudicanti che godono di sistematiche coperture politiche ed ideologiche, e che snaturano e pervertono ab imis ruolo e funzioni. E’ bene chiarire che il Magistrato è un funzionario dello Stato e non costituisce l’espressione di un potere concorrente e conflittuale con quello legislativo ed esecutivo. Il potere giudiziario è espressione formale impersonale, esso si esplica nell’adempiere ogni magistrato – con responsabilità diretta – al proprio ruolo nell’attuazione delle norme costituzionali e delle leggi vigenti. E’ bene che i magistrati vengano definitivamente riportati a godere di stipendi ordinari, come ai tempi di Falcone e di Borsellino, e che, finita da tempo la stagione del terrorismo, si smetta di ricoprirli con emolumenti d’oro e a farne un a casta separata e intoccabile. Ciò non ha contraddistinto sinora la particolare e delicata specificità del loro lavoro, ma l’arroganza e la lontananza di un gruppo sovraodinatosi. Bisogna assolutamente riportarli entro il sentiero della ragione e assoggettarli al rispetto della norma, e non continuare a subire il ruolo inesistente di censori, cassatori e surrogatori ab libitum della sfera politica. E’ doverosa e funzionale all’esigenza stessa della giustizia la definitiva separazione delle carriere. Anche essa costituisce una priorità, così come quella del varo di norme giuste da parte del potere legislativo, atte definitivamente a sanare il “vuoto di giustizia” più che trentennale che avvertono i cittadini italiani. Bisogna rafforzare l’obbligatorietà dell’azione penale. Lasciamo ai demagoghi il “non toccare Caino”. L’arrecare danno e nocumento agli altri comporta, deve comportare sempre una pena, una privazione della propria libertà. La coscienza della propria colpa e la richiesta avanzata e l’eventuale ottenimento del perdono dato dalla parte offesa devono comportare l’accettazione morale della colpa da espiare e non favorire termini sempre più brevi per la durata della condanna. Basta con la legge della giungla, in cui sono i cittadini più deboli ed onesti a pagare in oneri materiali e umani visibili e invisibili. E’ doveroso accentuare la pena da comminare per molti reati. E’ doveroso non cianciare e investire risorse nella costruzione di nuove carceri.

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