Tra passato e futuro. Identità nazionale e identità europea. Stato e laicità. Libertà civili e libertà religiose.

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Il tema dell’identità è questione importante e centrale. Ma è al tempo stesso luogo in cui si esercitano funamboli, mestieranti e demagoghi della politica, basse e incolte proteste campanilistiche e interessenze di gruppi marginali tagliati già fuori dalla comprensione della odierna realtà nazionale, comunitari, internazionale. Ma, purtroppo, non soltanto. Ad essa hanno fatto e fanno eco non meno marginali organizzazioni che presuntuosamente si proclamano tradizionaliste ma che in realtà si muovono entro un contesto di “fissismo mentale” fondamentalista ed esclusivista con peculiarità di maniacalità religiosa oppure di rozza strumentalizzazione dei dati della fede e di quelli della storia.

Pertanto, sul tema dell’identità è possibile trovare tutto e il contrario di tutto. A noi preme rimarcare come questo concetto non solo sul piano politico ma anche e soprattutto su quello specialistico, su quello storico, sia termine non fisso, non da reperto paleontologico, ma del tutto dinamico. L’identità, perciò, le identità dei popoli e del nostro popolo sono termini “di prossimità” e parziali, assolutamente non fissi e non fissati per sempre, espressione di “pregnanza” ideale ed emotiva, di dinamicità e plasticità, di interazione di fattori che su scala temporale risultano essere spesso molto diversi. Essa non si risolve dunque con facili identità ed equazione di “valori” etnici, nazionali, morali e religiosi impermeabili e immobili.

In questa identità nazionale non possiamo non individuare le radici delle stirpi italiche, di cui la romanità costituisce apice e sintesi perenne, elleniche e celtiche, di quelle indigene antico-mediterranee e degli ulteriori influssi di altre civiltà antiche, come quella egizia, degli apporti ulteriori e successivi di altre etnie minori appartenenti anche a famiglie diverse, nessuna esclusa. Non possiamo non individuare i passaggi tipizzanti il panorama storico fra Medio Evo ed età moderna, ad iniziare dal superamento degli aspetti teocratici del potere temporale nello stesso contesto imperiale e dalla nascita delle libertà comunali. Non possiamo non individuare la peculiarità dell’Umanesimo e della Rinascenza, fonti del ritorno imperituro alla classicità antica e fonti della nascita e maturità dei secoli successivi in cui l’uomo europeo ed italiano si affranca lentamente dai dettami teocratici e dalle sanguinose guerre confessionali. L’Illuminismo in ciò ha dato i contributi più maturi, definitivi ed essenziali, ad iniziare dal concetto dall’autonomia morale e civile della persona e dalla sua libertà di pensiero e d’azione; e, sul terreno storico-istituzionale e politico e di essenza dell’anima di un popolo, il concetto di Patria. Gli eccessi di questo periodo vennero appena a bilanciare purtroppo quelli di segno opposto perpetrati per secoli nell’ambito esclusivo del potere esercitato dalle élite sacerdotali e temporali-teocratici nell’ambito della vita dei fedeli, delle confessioni, degli Stati. Il Romanticismo reagiva con altrettanti impeti e impulsi creativi a ciò, ma fondamentalmente conservava ed esaltava i concetti illuministici della Patria e del popolo e delle conquiste dell’uomo espresse nella sua singolarità di persona libera e soggetta alle leggi e alla norma morale.

 

Riteniamo opportuno e doveroso, con questa grande eredità intellettuale e spirituale, che ITALIA FUTURA – EUFRASIA sappia, possa e voglia ergersi a solerte interlocutrice fra uomini di diverse culture e di diversi orientamenti in materia di idee metafisiche e fedi religiose. Già oggi l’Unione Europea è espressione di popoli appartenenti alle famiglie indoeuropee, ugro-finniche, slave. In essa vivono anche minoranze etniche antiche e meno antiche. Le confessioni cristiane sono tante, le ulteriori fedi sono molteplici. Il processo di integrazione e unificazione politica ha superato ogni possibile ostacolo su questo piano grazie alle condizioni di maturità raggiunte dai cittadini e dalle loro classi politiche. Le fedi, le religioni hanno specifici luoghi propri in cui vivere e non sentirsi soffocate. Esse vivono liberamente nei modi più diversi nella società italiana e in quella degli altri Paesi europei.

Lo Stato deve continuare a garantire la libertà di culto, nella sua assoluta terzietà. Esso nella sua assoluta e quasi divina “superiorità” non può imporre né canalizzare scelte in modo alcuno in questo campo. Esso è il garante massimo di ogni uomo e di ogni comunità di fede e di idee; e tanto dell’uomo che ha un credo religioso quanto di chi non ce l’ha. Lo Stato, in questa assoluta e “trascendente” superiorità e sintesi ultima, è quindi il garante aureo della salvaguardia dell’uguaglianza degli uomini e del superamento storico nell’ambito politico delle diatribe, delle rivalse sulle persecuzioni e sui misfatti da chiunque commessi contro altri nelle età precedenti, nel nome o nel presunto nome di verità e di divinità infallibili.

Bisogna conclusivamente pervenire a un capovolgimento di visuale, maturo, assolutamente in grado di riportare in via definitiva le scelte di fede nel loro ambito. Bisogna fare proprio l’habitus secondo cui mai e poi mai io possa pensare di imporre la mia fede e il mio culto, o ciò che comunque considero fra le cose a me più sacre, ad altri. Sarebbe ed è patente contraddizione in termini, incredibile auto-sconfessione, tragico fallimento personale e collettivo, foriero solo di sciagure. Bisogna sottrarre definitivamente l’agone civile alle interferenze e alle interessenze più o meno scoperte dei più diversi cenacoli clericali, di qualsiasi natura, di qualsiasi confessione, e dei rappresentanti delle stesse religioni. Non imporre, non lasciare che altri impongano.

Non è solo la nostra storia europea che testimonia le irriducibili esclusività, i ciechi fanatismi, lo sradicamento delle minoranze, la soppressione e la distruzione di comunità e luoghi di cultura e fedi considerati diversi e abietti. Genocidi immarcescibili. La realtà presente ci mostra le assurdità sanguinose di questi accadimenti, sempre pari se non immensamente superiori alle “religioni secolarizzate”, cioè al frutto più estremo e degenerato delle ideologie. Guadiamo, in Europa, la realtà prossima della ex Jugoslavia non solo sotto la luce dei dati etnici, ma anche e non di meno della lettura dei dati religiosi. Guardiamo il Vicino Oriente, e ancora una volta ci accorgiamo come elementi di natura etnica siano mero strumento di fanatismi ed esclusivismi endemici di natura religiosa in Palestina e in quello che oggi è Israele. Guardiamo, in tal senso, ancora quanto è accaduto all’indomani dell’indipendenza dell’India, quando una parte del popolo soggiacque alla sirena dell’esclusività dell’identità religiosa islamica, con la nascita del Pakistan. Guardiamo ai Paesi autoritari, totalitari, esclusivisti dove le libertà religiose sono appena tollerate o apertamente perseguitate. Guardiamo anche ai Paesi del “socialismo reale” dove non è meno discrezionale e dura la persecuzione di gruppi, chiese, organizzazioni, confessioni religiose e parareligiose. Nel Mediterraneo e in Europa, d’altronde, sin dalla sua nascita, il movimento cristiano si appellava proprio alla libertà di coscienza, alla libera adesione alla fede, al battesimo di adulti quali convinti neofiti.

Per quanto attiene più direttamente all’Italia, è bene che si capisca che la fede non può che vivere e deve vivere del vivo credo dei singoli fedeli e di tutta la comunità dei suo credenti: essa non può essere surrogata in modo alcuno dallo Stato, e ogni processo di storicizzazione non può in esclusiva che riguardare la vita della comunità religiosa stessa, Chiesa cattolica compresa. La quale ultima, poi, ha una presenza storica e attuale che le dovrebbe consentire la sua sicura esistenza, nella persistenza della linfa vitale che si chiama fede, pur nel processo di ridimensionamento numerico a cui storicamente si assiste da decenni per i motivi più diversi. Sicura esistenza che ha grande assicurazione del Vaticano nella sagacia e nella lungimiranza che hanno dimostrato di avere da alcuni decenni in qua i suoi papi e le sue gerarchie. Il recente viaggio del papa in Turchia dimostra come la previdente azione della curia cattolica ha nulla da apprendere dalla più accorta e realistica diplomazia.

Identità, dunque, dinamica, aperta, non xenofoba e non xenofila, non antireligiosa, proprio per questo limpidamente laica, attenta al rispetto e al rafforzamento e alla crescita dei modelli civili che stanno alla base delle società europee odierne, che sa prendere il meglio (ma non sempre) e senza preclusioni, che è espressione di comunità con un patrimonio di valori condiviso, alla cui base vi è un grado di coscienza dei valori occidentali e del loro diffusione pressocché universale sempre più adeguato e radicato, pronto a mettersi in discussione anche con le schegge impazzite dei localismi intra-etnici e dei tribalismi delle società tecnologiche. Questa identità ha nel dato nazionale, nei dati nazionali ed etnici punti di riferimento importanti e basilari non disconoscibili, di “coscienza” del passato del passato della comunità a cui appartiene il mio io, a cui appartengono i nostri “io”, ma non esclusivi, non paradigmatici. Essi stessi, nel contesto storico, come abbiamo detto, non sono stati altro che il risultato di un insieme di fattori, variabili e accidenti concorrenti. Non sono soltanto, quindi, il risultato esclusivo di “volontà” sempre liberamente autodeterminatesi e autorealizzatesi.

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