Sarkozy all’Eliseo. Cambareri: riorientare alcune sue scelte

7 Maggio 2007
Domenico Cambareri
(fonte: Parvapolis)

Sarkozy all’Eliseo. Domenico Cambareri: «La dimostrazione che la destra liberale è viva. Ma occorre ri-orientare alcune scelte»

L’elezione alla presidenza della Repubblica francese di Nicolas Sarkozy conferma la vitalità della destra liberale francese, ma indica anche i limiti delle scelte di programma su cui intende operare il vincitore. A meno che, nel corso della sua azione presidenziale, egli non vorrà ri-orientare e ri-definire gli aspetti più problematici di alcune delle sue scelte di fondo. Intendo riferirmi, innanzitutto, al fatto che Sarkozy già da mesi abbia iniziato a strizzare l’occhio alle forze clericali e abbia esplicitamente indicato la via del superamento della tradizionale formulazione e applicazione del concetto di laicità dello Stato e della società francese. L’influenza negativa giunta dalle involuzioni dell’oltralpe italiano ha infatti portato Sarkozy, a differenza del premier Villepene, ad abbozzare una strategia politica molto pericolosa, che con la scusa di difendere la tradizione religiosa francese finisce con l’aprire le porte alle forme più becere di confusione e di mistificazione della storia degli ultimi due secoli del Paese che svolse il ruolo di faro dei popoli europei. Non altrimenti infatti posso definire il tentativo di utilizzare per strumentalità politica il “fine” di “difendere” la “tradizionale” cattolicità del popolo francese. L’attuazione concreta di una tale linea politica costituirebbe sin d’ora una pericolosissima scelta involutiva che tradirebbe il ruolo politico svolto dalla Francia attraverso un grande, duraturo, condiviso principio di laicità, indiscusso patrimonio ideale e della quotidiana realtà civile della stragrande maggioranza della popolazione francese da tantissimi decenni. Essa avrebbe anche diretti risvolti a livello intra-europeo e porterebbe a condizionare le scelte della politica del futuro governo francese in materia di libertà religiose e di “insegnamento religioso” nelle scuole di Stato secondo i negativi modelli inglese o italiano. Il fatto che la candidata socialista Segolen Royale abbia dimostrato di saper catturare voti dell’elettorato “centrista”, e che lo stesso candidato centrista sconfitto ma (che ha incassato una percentuale di voti ben superiore al Font Nationale di Le Penne) ha dichiarato che non avrebbe votato per il candidato della destra, potrebbe portare Sarkozy a più riflessive considerazioni e a seguire sulla linea della rigorosa laicità. Semmai, egli dovrà affinare idee, criteri e metodi con cui attuare, con il nuovo governo, le vie dell’integrazione e dell’emancipazione economica, sociale e civile delle minoranze allogene, ad iniziare da quelle maghrebine. Riuscire ed avere successo in questo cruciale ambito della politica interna, porterebbe ad una effettiva “occidentalizzazione” di queste minoranze, ossia a fare proprio l’abitus mentale e spirituale della distinzione dei piani fra politico e religioso, cosa che sta a fondamento del modello delle società liberali e/o democratiche occidentali. Ulteriore aspetto di cruciale importanza per i francesi e per l’Europa è quale politica vorrà perseguire Sarkozy a proposito dell’ingresso della Turchia nell’Unione Europea. Premesso che anche qui Sarkozy da tempo dichiara di essere contrario all’ingresso di Ankara nell’Unione, e ricordato che la maggioranza dei francesi è con lui, e che, ancora, Parigi ha avviato una politica attendista da subito dopo la bocciatura della convenzione europea da parte dei cittadini francesi, e che qui la Francia si trova in ben strana compagnia con la Germania e l’Olanda, è bene sottolineare la posta in gioco complessiva. Sappiamo che l’allargamento comunitario è avvenuto in ultimo con tappe troppo repentine, dettate però da un quadro geo-politico in cui il fattore tempo non giocava in favore dell’Europa. Sappiamo che le grandi trasformazioni planetarie in materia energetica, tecnologica, militare e di nuovi interessi e di nuove spinte egemoniche coinvolgono l’Europa direttamente. Sappiamo anche che l’ingresso di un Paese nell’Unione non può essere dettato solo da calcoli di interessi economici, ma sappiamo anche che se la Turchia è Asia anteriore o minore, essa il Paese musulmano che prima di molte Nazioni occidentali, Italia compresa, si occidentalizzò nell’anima. La Turchia ha indubbiamente ancora molti dossier aperti, e molte querelle storiche e d’attualità su cui in tanti non concordano con i turchi. Ma è anche vero che questo popolo ha fatto passi da gigante e che ha già titolo a far parte della comunità culturale, civile, politica, industriale e strategica chiamata Unione Europea. La tradizionale avvedutezza che devono avere i capi di Stato e delle diplomazie Sarkozy e la Francia certo non la possono lasciare come appannaggio addirittura del Vaticano e del papa, che hanno capito e giocato d’anticipo. Fermare questo vento della storia sarebbe grande colpa per Parigi, e con essa per L’Aia e Berlino. Essa favorirebbe scenari e possibilità che contrastano con ogni tipo di interesse spirituale e materiale dei popoli europei e di quello turco e delle loro future generazioni. La Turchia certo deve dimostrare di saper fare tesoro della più alta coscienza storica europea, e la questione delle minoranze etniche, quella degli eccidi degli armeni e dell’attuale precarietà degli equilibri della regione subcaucasica e dei curdi, e, in ultimo, l’ancora irrisolta questione cipriota richiedono ai capi e al popolo turco grande senso di responsabilità, maturità davanti ai grandi eventi storici, massima saggezza. Bisogna dunque saper favorire questo processo di definitivo avvicinamento e non provocare cose e fatti che ormai potrebbero essere intesi come dolorosissime lacerazioni. Per il resto, il riavvicinamento tra Francia e USA e gli ottimi rapporti con Londra, Berlino e Roma dovrebbero essere buon pronostico per un futuro, concreto sviluppo delle intese interatlantiche e della non emarginazione europea da parte di Washington nei contesti che nascono e incessantemente si sviluppano dalle nuove dinamiche dell’Asia estremo-orientale. Come, in parallelo, il recupero di un fruttuoso dialogo con Mosca e il superamento della sua emarginazione, imposto di fatto dal grande imperialismo economico a suo danno, che ha portato Putin ad avvertire un fondato motivo di isolamento e di accerchiamento. L’occidente in quest’ultimo decennio ha spropositatamente favorito la Cina ed ha determinato gravi danni anche per le attività produttive occidentali minori, schiacciate dalla concorrenza sleale e illegale cinese. Ed ha determinato un processo di arricchimento enorme, tanto che Pechino ha varato piani di investimenti finanziari immensi nel campo degli armamenti, che sconvolgono tutta l’area del Pacifico che va dal Giappone alle Filippine e che includono Russia, Corea del nord e del sud, ovviamente in primis Taiwan, Vietnam, Indonesia. E inoltre, a Nuova Zelanda, Australia, Malesia, India, Tailandia, Birmania. Sarkozy ha promesso un radicale cambiamento. Saprà essere all’altezza più che delle promesse, del ruolo, del nuovo ruolo a cui è chiamata la Francia e con essa l’Unione Europea, o rimarrà un riformatore di destra che si chiuderà a riccio di fronte a i grandi temi, ai grandi cambiamenti in atto e riproporrà la grandezza della Francia in chiave esclusivamente sciovinistica risfoderando la “difesa a giro d’orizzonte”?

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