Il paradigma dell’eremita

27 Ottobre 2008

Domenico Cambareri

(fonte: Parvapolis)


Il sentire dello spirito travalica fedi, ragioni, montagne e realizza affratellamenti imprevedibili


Ritorna alla attenzione “pubblica” un uomo a cui sono rimasto sempre particolarmente legato da quasi quarant’anni, da quando mi avviavo a frequentare il quarto liceo. Un uomo delle molteplici vicissitudini, delle molteplici sfaccettatura, della lieta ed inclusiva perseveranza. Un legame non interrotto ma silenziosamente rafforzatosi pur nel quasi cessare delle già rare frequentazioni, pur nel rendere più rari gli scambi epistolari, (cosa dovuta anche allo stato della mia salute negli ultimi anni), pur nel mio completo allontanamento dal cristianesimo come modo di sentire a me prossimo e meno prossimo. E, soprattutto, come modo di esprimere il mio pensiero, appoggiandomi poco ai linguaggi, alle parafrasi, alle parabole, alla tradizione della scrittura cristiana. Eppure, il sentire dello spirito travalica fedi, ragioni, montagne e cieli e realizza affratellamenti spirituali assolutamente imprevedibili, quasi a conferma che il suo soffio è condizione di vita anche nel più deserto dei deserti. E’ quindi per me felice motivo di scrivere, oggi 27 ottobre, queste poche righe in onore di un libriccino inviatomi, con una dedica del 27 luglio 2008, dall’eremita benedettino Dom Ugo Van Doorne dalle terre della Val di Noto. Un libriccino di 69 pagine scritto da Salvatore Adamo in intervista con il fiammingo fra Ugo compresa un’introduzione di Angelo Fortuna e una prefazione dell’intervistatore (Fra Ugo Van Doorne “L’eremita si racconta”, a cura di Salvatore Adamo, pp.71, Libreria Editrice Urso, Avola, €5,00). Alcune decine di domande inquadrate in quattro capitoletti (il ricordo, la solitudine, il tempo, la preghiera). Libriccino che nasce dalla ricorrenza del 50° anniversario dell’ordinazione sacerdotale dell’eremita. Non può che farmi immenso piacere la citazione ripresa dalla Chandoya-upanisad 6,2,1, – dove uno è solo dinanzi a Dio / dov’è solo con Dio /dov’è solo in Dio / dove solo è colui che è” – posta in apertura dell’intervista. Insuperabile, vera affermazione della molteplice, trascendente e al tempo stesso immanente manifestazione del Principio originario nell’ambito della natura umana e della sua storia e della vita eremitica in particolare. Nel serrato e disinvolto dialogo, uno dei temi affrontati e ricorrenti è quello del perché lui è e sacerdote e monaco. Dom Ugo Van Doorne dà una risposta che qualifica come “diaconia della solitudine”, risposta univoca e al tempo senso plurisenso, a dimostrazione della vasta e ricca complessità che è sottesa alla scelta del sacerdote che ha voluto essere pure monaco ed eremita. Essa vola alta sulle comuni distinzioni e sui diversi ruoli dei sacerdoti e dei monaci e individua e rende palpitante la figura del sacerdote eremita, figura davvero rara, che vive in solitudine, in perpetua ascesi e sta qui per dio, con dio, in dio. Per espandere misticamente la sua energia spirituale tra gli uomini e la natura tutta. I richiami ai mistici, ai pensatori, agli eremiti, al mondo della vita e della tradizione religiosa vissuta è fatto con “ricca” parsimonia e non incide in modo alcuno nella fluidità della conversazione; essi aiutano semmai ad impreziosire i perché delle domande in risposte che, se pure asciutte, si slargano e ci immettono in mondi radicalmente diversi da quelli del solito stereotipato “credo” del fedele. Mondi nei quali il significato della preghiera, della devozione, della meditazione e della contemplazione, termini tipici del “quietismo”, manifestano sorprendenti dimensioni e livelli nascosti incredibili, di “iper” attivismo, di “eroiche e sante passività” decifrabili solo attraverso il linguaggio spirituale della mistica e della teologia negativa. Sono belle pagine, esemplari nella nuda semplicità della parola, pagine in cui, pur muovendoci nell’ambito di un mondo al quale inerisce normalmente come tipico l’aspetto del sensazionale, del magico, del miracoloso e del taumaturgico, e con esso, in parallelo, quello della pneumologia estatica e, nondimeno, quello della psicopatologia, ci si ritrova immersi in un assolato prato in cui la dimensione della trasparenza razionale dello spirito aleggia felice. Anche accompagnandosi alla parola fede. Pagine che sprizzano felicità: la felicità di raggiungere e realizzare agognate méte escatologiche, perché il mistico Dom Ugo ricorda e non dimen tica, non dimentica e aiuta a non dimenticare che vero fine dell’uomo è diventare come Dio, proprio in quanto figlio di Dio.
   
(Vedi anche: Mistica cristiana. “Frammenti di pane”. Domenico Cambareri sull’ultimo lavoro di Ugo Van Doorne, un viaggio per le eterne sorgenti, 25 Dicembre 2002 in  Parvapolis, o in questo sito, in Cultura docmenti e articoli ante 2008)

 

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