Economia e politica: crisi, deflazione, tristezza, fiducia in tilt

25 Maggio 2009

Enea Franza

La dura strada della fiducia

 

L’emissione di moneta si basa su un principio fondamentale: se emetto un titolo di credito e so che il credito corrispondente sarà depositato presso la mia banca, posso espandere il credito molto al di la di quello che effettivamente ho. Mi spiego meglio, perché sono sicuro che quel che dico va contro il senso comune, che ritiene che siano le banche a creare moneta. E, allora, tentiamo di spiegare l’apparente controsenso! Creo moneta (cioè un normale titolo di credito) e garantisco questa moneta con beni, ad esempio con oro e argento, dove l’oro e l’argento hanno una funzione di copertura assicurativa. La garanzia vera e propria, tuttavia, non viene dal metallo ma dall’attività economica che con quel prestito metto in moto, ovvero dall’attivazione del ciclo  produzione-consumo. Ed, infatti, quello che normalmente mi aspetto dalla moneta prestata non è che mi ritorni l’equivalente in oro o argento, ma un plus (un interesse) che può venire solo dall’aver attivato il ciclo di produzione.  Mi spiego ancor meglio, anche se spero mi perdonerete la semplificazione!   
Presto il denaro ad un costruttore di automobili, e cosi facendo gli apro un credito. Con i soldi prestati egli assumerà gli operai, che pagherà; con i salari percepiti, gli operai acquisteranno le automobili da lui prodotte. Il denaro ritorna al costruttore, che, naturalmente, mi renderà il prestito concesso! Ecco un’operazione sana. Se il nostro costruttore avesse preferito, invece, spendere il denaro nei piaceri della vita, si sarebbe molto probabilmente trovato nella condizione di non restituire il denaro prestato ed il prestatore di denaro non avrebbe avuto rimborsato il proprio debito. 
Le cose sarebbero molto cambiate, se il nostro imprenditore invece di costruire automobili, avesse preferito  impiegarlo in operazioni meramente finanziarie, ovvero in acquisto di altra carta. In questo caso, taluni benefici apparenti ci sarebbero stati nel caso di una crescita del mercato finanziario, ovvero, in un aumento della quotazione di titoli. Ma tali benefici sono intimamente più deboli, più legati ad una “effimera condivisa percezione di ricchezza”.
Infatti, il denaro è capace di creare l’illusione di ricchezza in chi lo possiede, ed in tal modo stimolare la crescita economica: in che maniera ? …  Bene, se la carta che ho in mano aumenta di valore, questo stimola altra domanda di carta ed aumenta il consumo anche di beni reali (probabilmente spostando il consumo verso i c.d. beni di lusso), pagati generalmente con i realizzi o con un trasferimento di carta, ovvero, con una spirale di crescita della moneta in senso più ampio… Ma tutto questo dura fino a che qualcuno non arriva a guastare la festa, a svegliare tutti dal sonno ed a chiederne il conto.
 
                                                          
 
La storiella che vi ho raccontato, mi serve per parlare di quello che sta accadendo in questi giorni! Una enorme crisi finanziaria, che molti dicono oramai alla fine ma, secondo noi, ancora molto lontana da aver mostrato gli effetti dirompenti!  Due questioni mi piace sempre ricordare agli amici: i tanti assegni in bianco firmati dai responsabili del Tesoro alle banche a garanzia dei depositi bancari e che prima o poi dovranno essere pagati e la contrazione degli scambi internazionali, che mostrano come la crisi si oramai nell’economia c.d. reale, ovvero comprenda le transazioni di beni e consumo e gli investimenti. Come è potuto accadere ciò? Certamente il meccanismo premesso permette di spiegare il passaggio. Ma  complice è la crisi di fiducia ovvero, per dirle con le parole che il nostro  ministro dell’economia Tremonti ha usato nel suo applaudito intervento al convegno della Confindustria,  “è tutta colpa della  “tristezza” che,  aggiungo io, sta colpendo non solo l’Italia ma tutto l’Occidente.
 
                                                          
La fiducia è “il lubrificante del sistema sociale”, come sostiene il Nobel per l’economia Kenneth Arrow, e gran parte del ritardo nello sviluppo socio-economico, può, sempre secondo Arrow, essere spiegato dalla mancanza di fiducia. Viceversa, la fiducia costituisce un motore ed una delle ragioni economiche che spingono le imprese ad innovare ed a determinare il cambiamento tecnologico. La fiducia rappresenta secondo molta accreditata dottrina economica, pertanto, l’elemento cardine della capacità dei membri di una comunità di fare le cose insieme, di vedere negli altri non un rischio ma un’opportunità. Quindi, l’equazione sembra indicare: meno fiducia, meno cooperazione, più conflitto, meno sviluppo. Ed è questa la strada che dobbiamo evitare e verso cui,  invece, l’Occidente si è incamminato.
Un ulteriore elemento è importate considerare. In una fase di sfiducia del mercato vi è il fondato motivo di ritenere che essa sia persistente.  Valga per tutte le analisi condotte dal sociologo R.K. Merton. Vediamo l’aneddoto raccontato dal Merton e da tutti conosciuto come “teorema di Thomas”, che ho già raccontato in un precedente articolo ma che è bene ricordare per la plasticità immediata del suo significato: «Un mercoledì mattina del 1932, Cartwright Millingville va a lavorare. Il suo posto è alla Last National Bank ed il suo ufficio è quello del presidente. Egli osserva che gli sportelli delle casse sono particolarmente affollati per essere di mercoledì; tutte quelle persone che fanno dei depositi sono inconsuete in un giorno della settimana che è lontano da quello in cui si riceve lo stipendio.  Millingville spera in cuor suo che tutta quella gente non sia stata licenziata e incomincia il suo compito quotidiano di presidente. La Last National Bank è un istituto solido e garantito. Tutti lo sanno, dal presidente della banca agli azionisti a noi. Ma quelle persone che fanno la coda davanti agli sportelli delle casse non lo sanno; anzi, credono che la banca stia fallendo, e che se essi non ritirano al più presto i loro depositi, non rimarrà loro più nulla; e così fanno la fila, aspettando di ritirare i loro risparmi. Fintanto che l’hanno solo creduto e che hanno agito in conseguenza, hanno avuto torto, ma dal momento che vi hanno creduto e hanno agito in conseguenza, hanno conosciuto una verità ignota a Cartwright Millingville, agli azionisti, a noi. Essi conoscono quella realtà perché l’hanno provocata. La loro aspettativa, la loro profezia si è avverata; la banca è fallita».
 
Non mancano sul tema scritti contemporanei interessanti … segnalo agli amici quello di due psicologi francesi, Miguel Benasayag e Gérard Schmit “L’epoca delle passioni tristi”, (Feltrinelli). L’espressione non è nuova ma mutuata dal grande Spinoza, e si presta a riassumere la crisi attuale, di cui quella finanziaria è a parere di chi scrive solo una parte, anche se la più appariscente. I bambini, dicono i due psicologi, vengono rimproverati quando prendono brutti voti con la motivazione che senza studiare si condannano a una vita di mediocrità, soprattutto economica. Ma vedere manager laureati, con master in business administration e stipendi a sei zeri, svuotare da un giorno all’altro gli uffici con gli scatoloni in spalla come un impiegato cassintegrato qualsiasi, complica il ruolo di genitori e insegnanti, e cassa le motivazioni che stanno alla base della crescita nel modello occidentale. Peraltro, troppe persone in Occidente credono che le istituzioni in cui confidavano – le banche, Wall Street, Washington, la City, ecc… – li abbiano traditi ed “Il loro fallimento è la fonte della perdita di fiducia”, diceva in campagna elettorale Douglas Holtz-Eakin, principale consigliere economico di John McCain.
 
Quando le passioni tristi diventano dominanti anche in economia e ci si rassegna alla crisi permanente, il futuro cambia di segno, la deflazione spaventa più dell’inflazione, la spesa pubblica sembra uno spreco e il pareggio di bilancio l’unico obiettivo coerente con l’austerità dei tempi. Come dice Robert Shiller (il professore di Yale che, nel suo Irrational Exuberance , aveva previsto, all’inizio del 2000, l’esplosione della bolla internet e, nella seconda edizione del 2005, quella del mercato immobiliare americano) … “la finanza è  ora passata dall’esuberanza, sia pure irrazionale alla tristezza”.
L’esempio di R.K. Merton di cui sopra, chiarisce secondo me il comportamento umano di fronte alle crisi e spiega, meglio di mille formule matematiche, la difficoltà di uscire da una situazione del genere senza che prima non cambi un sentire generale nelle prospettive di crescita dell’economia.

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