Su cosa si confronteranno a L’Aquila i rappresentanti delle maggiori potenze? Ecco il pensiero degli specialisti italiani

6 LUGLIO 2009

Fonti: IAI, CESPI, ISPI

G8 SOTTO CON PRESIDENZA ITALIANA                                                                                                     

TEMI E PROBLEMI IN AGENDA  – UN MONDO SCOSSO DA INQUIETUDINI, CONTRASTI, CRISI, DIFFICOLTA’ DI  RECIPROCA COMPRENSIONE E DI COESISTENZA – COSA RATIFICARE DELLA MONDIALIZZAZIONE, COSA MIGLIORARE, COSA DERUBRICARE

Pubblichiamo, assieme all’indice, le prime pagine del pregevole rapporto redatto dai maggiori esperti italiani di politica estera dell’Istituto di Affari Internazionale (IAI), del Centro Studi di Politica Internazionale (CESPI), Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) in occasione del vertice del G8 de L’Aquila. Il testo integrale, di pagg. 64,  è riprodotto presso i siti dei rispettivi Istituti. Un’ottima opportunità per ben informarsi, per ben valutare, per ben dibattere… 
RAPPORTI DI SCENARIO SUL G8
a cura di
Istituto Affari Internazionali
Centro Studi di Politica Internazionale
Istituto per gli Studi di Politica Internazionale
Giugno 2009
Il presente Rapporto è stato realizzato nell’ambito del progetto
Osservatorio di politica internazionale, promosso dalle Amministrazioni del
Senato della Repubblica, della Camera dei deputati e del Ministero degli
Affari esteri e realizzato in collaborazione con autorevoli Istituti di ricerca
2
Indice
1. Ruolo e riforma del G8, di Riccardo Alcaro, Stefano Silvestri,
Benedetta Voltolini, IAI pag. 3
1. Il G8 in questione ” 3
1.1. Legittimità insufficiente ” 3
1.2. Dubbia efficacia ” 6
2. Opzioni di riforma ” 7
2.1. Abolizione del G8 ” 7
2.2. Ritorno al G7 ” 8
2.3. Seggio unico dell’Ue ” 10
2.4. Nuovi formati alternativi al G8 ” 10
2.5. Adattamento del G8 ” 13
3. L’Italia e il G8 ” 16
3.1. La posizione dell’Italia ” 16
3.2 Gli interessi dell’Italia ” 18
2. L’Agenda G8 per l’Africa. Impegni, risultati e rilevanza
per lo sviluppo del continente, di Marco Zupi, CeSPI pag. 20
1. Introduzione ” 20
2. L’evoluzione degli impegni assunti dal G8 nei confronti dell’Africa ” 21
3. Una valutazione dei risultati conseguiti ” 32
3.1 Aiuti internazionali allo sviluppo ” 33
3.2 Riduzione del debito estero e finanza per lo sviluppo ” 37
3.3 Commercio, good governance, investimenti, pace e stabilità ” 43
4. L’adeguatezza degli impegni rispetto alle sfide dell’Africa ” 45
3. Disarmo e non proliferazione, di Paolo Cotta-Ramusino, ISPI pag. 53
1. Il controllo delle armi nucleari fino ad oggi ” 53
2. Il regime di non proliferazione ” 53
3. La gestione del disarmo e della non proliferazione nell’ultimo
Ventennio ” 54
4. Le prospettive attuali sulla gestione della non proliferazione
e del disarmo ” 58
5. Il dossier sul nucleare iraniano ” 62
6. Conclusioni ” 64
3
1. Ruolo e riforma del G8
di Riccardo Alcaro, Stefano Silvestri, Benedetta Voltolini, Istituto affari
internazionali (IAI)
1. Il G8 in questione
1.1. Legittimità insufficiente
Il vertice annuale del Gruppo degli Otto rappresenta uno degli appuntamenti più
importanti del calendario internazionale. Il gruppo riunisce alcuni dei più ricchi e
influenti stati del pianeta.
Originariamente limitata al coordinamento delle politiche macroeconomiche e valutarie,
l’agenda del G8 si è gradualmente allargata a tematiche come il commercio
internazionale, l’energia e il cambiamento climatico. Il gruppo dedica un’attenzione
speciale alle relazioni con i paesi in via di sviluppo, soprattutto quelli africani. Negli
ultimi anni inoltre questioni politiche e di sicurezza internazionale sono comparse con
sempre maggiore frequenza nelle dichiarazioni finali che seguono i vertici.
I lavori del G8 sono svolti dalle diplomazie nazionali degli stati che ne fanno parte. Non
esistono né un segretariato né organi istituzionali. La presidenza del gruppo, che ruota su
base annuale, ne influenza in misura notevole l’agenda.
Il gruppo si incontra a livello di vertice una volta l’anno e in diverse configurazioni
ministeriali più di frequente1. Gli incontri si svolgono a porte chiuse, anche se nel tempo
si è affermata la prassi di rilasciare dichiarazioni finali o comunicati, e la presidenza tiene
una conferenza stampa conclusiva. Le decisioni vengono prese per consenso.
In ultima analisi il G8 è un forum intergovernativo e informale – le sue decisioni non
hanno rilevanza giuridica – che ha teso sempre più a presentarsi come motore o centro di
un sistema globale di governance.
Oggi questo ruolo è però messo in questione in misura crescente.
La ragione principale è che gli otto membri – Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia,
Regno Unito, Italia, Canada e Russia – non vantano più come in passato una chiara
superiorità politica ed economica. Nuovi attori, alcuni dei quali più ricchi e in prospettiva
più influenti di alcuni dei membri del G8, sono emersi con prepotenza sulla scena
internazionale: in primo luogo la Cina, e poi l’India, il Brasile, e altri.
Un’altra ragione è che il G8 rappresenta gli interessi dell’area occidentale (in cui si fa
rientrare il Giappone per motivi di affinità politico-economica e orientamento
internazionale), con l’aggiunta della Russia. L’Asia è dunque rappresentata da un solo
1 La presidenza italiana del G8 ha organizzato i seguenti incontri ministeriali: agricoltura, ambiente,
energia, esteri, finanze, lavoro, giustizia e affari interni, scienza/tecnologia, sviluppo. Alle ministeriali
‘finanze’ partecipano in pianta stabile i governatori delle banche centrali, compresa la Banca centrale
europea.
Il G8 resta un
appuntamento
importante…
…il cui ruolo è
però messo in
questione
4
paese (due se si considera la Russia anche una potenza asiatica). Il Sud America, l’Africa,
il Medio Oriente e il Sudest asiatico/Pacifico da nessuno.
Un’ultima fondamentale ragione è che con l’avanzare della globalizzazione le capacità
del G8 di influenzare fenomeni di portata planetaria – come il commercio internazionale
o il clima – è diminuita. La cooperazione di altri attori, i quali chiedono di partecipare a
processi decisionali che influiscono sui loro affari, è spesso obbligata.
La popolazione dei membri del G8 è circa il 13% di quella mondiale. Rispetto al 1975,
quando l’allora G7 si riunì per la prima volta, la variazione non è significativa. Ma la
demografia gioca un ruolo secondario nel determinare le gerarchie mondiali. È soprattutto
la ricchezza delle nazioni, unita alla loro abilità di trasformarla in capacità politiche
diplomatiche e militari, che conferisce loro influenza internazionale.
Ancora nel 2004 le economie dei paesi del G8, messe insieme, ammontavano a oltre il
65% del Pil mondiale. Già nel 2008 la percentuale era scesa al 53,3%. Le previsioni di
crescita per il 2009 sono straordinariamente negative per tutti i paesi del G8 e la ripresa è
attesa non prima del 2010. Anche se le attuali condizioni dell’economia mondiale sono
talmente inusuali da rendere estremamente volatili le proiezioni, è questione di pochi anni
(forse uno-due soltanto) prima che la quota di Pil mondiale coperta dai paesi del G8
scenda sotto la soglia del 50%. In sostanza, il G8 rappresenterà presto una minoranza
anche in termini di risorse economiche.
È stata la più grave crisi finanziaria ed economica dagli anni Trenta a mettere
crudelmente a nudo i limiti del G8. Quando si è trattato di coordinare una risposta
internazionale all’emergenza, la sede più appropriata è stata subito individuata in un
forum di paesi simile al G8 per concezione e struttura ma molto più ampio in termini di
membership e più inclusivo in termini di rappresentanza geografica: il G20.
La crisi è stata la ragione contingente dell’ascesa del G20 e del parallelo declino del G8,
ma le cause, come si è visto, sono strutturali. Il G8 rappresenta equilibri di potere superati
dai tempi, garantisce agli europei un’influenza sproporzionata al loro peso specifico ed
esclude attori economici di primo piano. Questa situazione non è sostenibile nel lungo
periodo. Non a caso tra le decisioni più importanti prese dal G20 di Londra dell’aprile
scorso figura la promessa di ridurre l’influenza dominante degli Stati Uniti e dei paesi
europei in istituzioni chiave come la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale
(Fmi)2.
Se il G20 sia effettivamente destinato a soppiantare il G8 è però incerto. Sebbene ci siano
chiare indicazioni in questo senso, il passaggio di consegne non sembra né imminente né
scontato (vedi §§ 2.3 e 2.4).
I paesi del G8 non sono infatti indifferenti alle critiche di scarsa legittimità. Alcuni dei
suoi membri si sono espressi a favore di un allargamento del forum in modo da
rispecchiare più fedelmente le nuove gerarchie economiche internazionali e da garantire
una maggiore rappresentanza geografica.
2 Il G20 ha deciso di porre fine alla prassi in base alla quale Stati Uniti e paesi europei selezionano,
rispettivamente, il presidente della Banca mondiale e il direttore generale dell’Fmi. Il G20 ha anche
promesso di riformare il sistema di voto ponderato dell’Fmi, fortemente sbilanciato a favore degli
europei.
La crisi
economica ha
portato alla
ribalta il G20
Il G8 tenta di
recuperare
legittimità
attraverso il
dialogo con
gli ‘O5’…
5
Già da qualche anno i paesi del G8 invitano gruppi di paesi a partecipare ai lavori del
vertice su singoli dossier. Tra questi i più importanti sono i cosiddetti outreach five3, e
cioè Brasile, Cina, India, Messico e Sudafrica (gli O5 o G5, sia la stampa sia la
diplomazia usano entrambi gli acronimi). L’associazione in pianta stabile degli O5 al G8
è andata definendosi a partire dal 2000. Gli O5 hanno partecipato in modo costante per
quanto irregolare a quasi tutti gli incontri successivi. All’Aquila, una giornata intera del
vertice si terrà nel formato G8+O5+Egitto.
Alcuni, come per esempio il presidente francese Nicolas Sarkozy e il premier britannico
Gordon Brown, sostengono apertamente l’opportunità di creare un G13. Altri, come
l’Italia, vorrebbero aggiungere un paese arabo, l’Egitto, al gruppo allargato. Anche il
Canada in passato si è dimostrato sensibile alle richieste di espansione. Germania,
Giappone, Stati Uniti e Russia sono invece più cauti. Gli stessi O5 non hanno fatto
particolari pressioni per essere inclusi nel club, preferendo continuare a cooperare con il
G8 su singoli dossier4. Può anche essere che siano appagati dall’ascesa del G20.
Gli sforzi dei membri del G8 di dare maggiore inclusività al forum non rispondono
soltanto alla richiesta di altri paesi. I governi del G8, e in particolare quelli europei,
sperano che in questo modo il gruppo recuperi legittimità anche agli occhi delle opinioni
pubbliche interne.
Il G8, ben più di altri consessi internazionali (con l’eccezione forse dell’Organizzazione
mondiale del commercio, Omc), è il bersaglio di una moltitudine di attori della società
civile che ne criticano il carattere elitario. Sotto accusa non è soltanto la scarsa
rappresentatività del gruppo, ma anche la scarsa democraticità dei processi deliberativi.
Le decisioni del G8 vengono prese dai governi in consultazione tra loro, a porte chiuse,
senza partecipazione delle realtà parlamentari e della società civile.
Anche in questo caso, come si diceva, il G8 non è rimasto indifferente alle accuse. Alcuni
leader presentano l’associazione in pianta stabile degli O5 e di altri gruppi di paesi non
solo come una conseguenza delle mutate gerarchie economiche mondiali, ma come prova
della volontà del G8 di tenere conto di un ampio spettro di interessi, non solo quelli dei
paesi membri. Non a caso il gruppo dedica speciale attenzione all’Africa e invita con
regolarità le più importanti organizzazioni internazionali, Nazioni Unite in testa, come
osservatori.
Il G8 ha anche tentato di coinvolgere la società civile nei suoi lavori. Per alcuni gruppi
politici e civili il vertice è tradizionalmente un’occasione per manifestare il proprio
dissenso, ma in modo irregolare ha anche offerto l’opportunità ad una moltitudine di
organizzazioni non governative (Ong) di fornire un contributo critico sui temi in agenda
Al vertice di San Pietroburgo del 2006, che pure si caratterizzò per le restrizioni imposte
dal governo russo alla stampa e a gruppi che intendevano dimostrare il loro dissenso, si
3 Outreach countries è un’espressione da gergo diplomatico, impossibile da tradurre in italiano, che
indica i paesi coinvolti nei lavori del G8 in veste di interlocutori, partner e /o beneficiari delle sue
iniziative.
4 In particolare i quattro concordati al vertice di Heiligendamm (Germania) nel 2007: promozione
dell’innovazione; investimenti e corporate social responsibility (un concetto che indica la responsabilità
di soggetti privati di considerare l’impatto sociale delle proprie attività su consumatori, fornitori,
impiegati, azionisti, comunità nel loro insieme); responsabilità comuni rispetto allo sviluppo dell’Africa;
scambio di conoscenze sulle tecnologie per contrastare il riscaldamento globale.
… e una
maggiore
interazione
con la società
civile
6
sperimentò un progetto di confronto critico tra governi G8 e Ong detto Civil 85. Il vertice
di Heiligendamm dell’anno successivo ripropose con qualche difficoltà la formula,
abbandonata invece all’incontro di Hokkaido del 2008. L’interazione tra G8 e società
civile non si evoluta molto oltre il livello di sperimentazione.
1.2. Dubbia efficacia
La questione della legittimità del G8 è legata intrinsecamente a quella della sua efficacia.
Con l’espandersi dell’agenda del forum, l’emergere di tematiche a tutti gli effetti globali e
il relativo declino dei membri del G8 rispetto ad attori emergenti, si è acuito il problema
di come garantire un’efficace e piena attuazione delle decisioni prese dal gruppo.
Valutare l’impatto delle decisioni del G8 non è facile e un certo grado di arbitrarietà è
inevitabile anche perché nella fase attuativa il gruppo ha un ruolo d’importanza variabile
a seconda delle questioni che discute.
Nella sua configurazione G7, che si occupa di questioni economiche e valutarie, il forum
può avere un forte impatto. Grazie al meccanismo di voto ponderato che li favorisce oltre
misura, i membri del G7 hanno un’enorme influenza sulle istituzioni finanziarie
internazionali. Un accordo raggiunto in sede G7 ha pertanto ottime chance di essere
tradotto in una decisione della Banca mondiale e soprattutto del Fondo monetario
internazionale. Sotto questo profilo, pertanto, il G7 è un vero e proprio decision-maker.
Il G8 ha certamente un ruolo attivo quando assegna risorse al perseguimento di obiettivi
come l’aiuto allo sviluppo o la lotta alle pandemie. In genere il forum fissa le priorità e
definisce gli obiettivi di spesa. L’attuazione delle decisioni viene lasciata naturalmente ai
singoli membri. Solitamente non vengono decisi meccanismi di verifica molto stringenti.
In più gli stati tendono a presentare politiche esistenti come misure d’attuazione di
decisioni prese dal G8. Valutare la performance del G8 è pertanto un’operazione
complessa. Il punto qui è però che il grado di efficacia del G8 dipende dall’effettiva
capacità (o volontà) dei suoi membri di allocare le risorse promesse e di saperle spendere.
In altri ambiti il ruolo del G8 è più di guida, indirizzo, supporto e incoraggiamento che
esecutivo. Quando discute di clima, energia, commercio internazionale, o sicurezza, il
forum non può imporre le sue decisioni né tradurre in realtà le sue intenzioni
semplicemente allocando risorse. Si limita ad enunciare la sua posizione, a fissare
indicativamente degli obiettivi di massima, a portare l’attenzione su determinati problemi.
Poter influenzare l’agenda internazionale e i termini del dibattito su alcune questioni di
primo piano è comunque un enorme vantaggio, da cui i membri del gruppo – in
particolare i minori – traggono grande beneficio.
Mancando di burocrazia e istituzioni, il G8 non ha in realtà dei veri e propri strumenti di
azione. Il massimo che produce sono dichiarazioni. Il gruppo ha tentato di dare maggiore
sostanza ai suoi lavori inserendo una certa continuità tra un’agenda di lavori e l’altra, in
modo da facilitare processi di monitoraggio e verifica dei progressi compiuti sui vari
dossier. A questo scopo si è a volte rivolto ad organizzazioni internazionali specializzate –
come l’Agenzia internazionale per l’energia (Aie), l’Organizzazione per la cooperazione e
lo sviluppo economico (Ocse), o l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) –
perché offrissero consulenza e assistenza. Difficile che il gruppo voglia andare molto oltre,
se non altro per preservare il carattere informale e ‘leggero’ del forum, certamente una
5 Alla vigilia del vertice gli sherpa, i diplomatici incaricati di curare i lavori preparatori del G8, si
incontrarono con una delegazione di Ong che sottopose loro rilievi critici e raccomandazioni.
Il G7 ha
grande
influenza
sulle politiche
di Fmi e
Banca
mondiale
Sullo
sviluppo il G8
ha un grande
potenziale,
ma dipende
dalle azioni
nazionali
Su clima,
commercio,
sicurezza, il
G8 ha
un’influenza
indiretta
È improbabile
che il G8
proceda ad
un’ulteriore
istituzionalizzazione
7
delle caratteristiche del G8 più apprezzate dai suoi membri. Il G8 continuerà con ogni
probabilità ad esercitare funzioni più di indirizzo politico che deliberative ed operative.
Perché la sua guida sia effettivamente tale, tuttavia, il G8 dovrà per forza di cose operare
alcuni aggiustamenti.
2. Opzioni di riforma
Il G8 sta attraversando una fase critica della sua storia trentennale. I problemi che si trova
ad affrontare sono troppo grandi perché il gruppo possa fare finta di niente. Un
rinnovamento sembra inevitabile, per quanto non è chiaro se si configurerà come riforma,
parziale e incrementale, o come una trasformazione più radicale e immediata. Nei
paragrafi che seguono si tenta di far luce sulle diverse ipotesi.
2.1. Abolizione del G8
Il G8 affossatore delle istituzioni multilaterali?
Sebbene non molto diffusa, l’opinione che il G8 ‘usurpi’ le istituzioni multilaterali delle
loro prerogative non è assente dall’ampio e variegato spettro di analisi avanzate da esperti
di vario genere (accademici, analisti, funzionari, membri di ong) e diversa origine
(relazioni internazionali, sicurezza, sviluppo, economia). La conclusione è che il G8
andrebbe pertanto abolito.
I sostenitori di questa tesi condividono l’argomento principale che viene comunemente
addotto per giustificare l’esistenza del G8 e di altri raggruppamenti paragonabili, come il
G20, e cioè che le istituzioni multilaterali mancano degli strumenti e delle risorse per
eseguire in maniera adeguata il loro stesso mandato. In particolare, le istituzioni
multilaterali sarebbero costantemente ostacolate da farraginosi meccanismi decisionali
che tendono ad esaltare le capacità di blocco piuttosto che di iniziativa; dalle incertezze
relative all’estensione del loro mandato; dalla difficoltà di attuare le decisioni prese per
mancanza di strumenti normativi adeguati e risorse umane e finanziarie sufficienti.
Inoltre, le istituzioni multilaterali hanno storicamente mostrato una forte resistenza
all’autoriforma, al punto che gli stati si sono spesso decisi per la formazione di istituzioni
alternative piuttosto che spendere tempo ed energie per riformare quelle esistenti (il che
produce peraltro sovrapposizioni di competenze che complicano l’azione internazionale).
La creazione di forum informali, caratterizzati da membership ristrette e da un più alto
grado di flessibilità e rapidità decisionali, come il G8, viene presentata come necessaria
viste le insufficienze delle organizzazioni internazionali.
Alcuni fautori dell’abolizione del G8 sostengono che la creazione di forum informali
paralleli al sistema istituzionale internazionale contribuisce ad indebolire ulteriormente le
istituzioni multilaterali stesse, costringendole da una parte a competere con altri attori, più
ristretti e presumibilmente più reattivi, e dall’altra a scontare il deficit di credibilità –
soprattutto nei paesi esclusi dai gruppi ristretti – che ne consegue. Inoltre, la tendenza di
alcuni stati a privilegiare i forum informali come il G8 rispetto alle cornici istituzionali
diminuisce l’interesse di quegli stessi stati a promuovere la riforma delle organizzazioni
internazionali (le Nazioni Unite in primo luogo).
Infine, i sostenitori dell’abolizione del G8 fanno notare che la presunta maggiore efficacia
del G8 rispetto alle istituzioni multilaterali viene spesso confusa con la maggiore capacità
dei suoi membri di difendere i loro interessi nel contesto internazionale. Notano inoltre
l’azione del G8 non va molto al di là di dichiarazioni di principio e che i vertici
Chi vuole
abolire il G8
condivide le
critiche alle
istituzioni
multilaterali…
…ma ritiene
che il G8
peggiori le
cose
La maggiore
efficacia del
G8 rispetto
alle istituzioni
multilaterali è
in questione
8
rappresentano più una specie di ‘vetrina’ ad alta visibilità per i leader che vi prendono
parte che occasioni per prendere decisioni di impatto reale.
Il G8 riformatore delle istituzioni multilaterali?
Secondo un’altra tesi, i gruppi informali di paesi come il G8 nuocciono alle
organizzazioni internazionali nella misura in cui tendono ad invaderne il campo e ad
esercitarne di fatto le prerogative, sono però molto utili per la formazione del consenso
necessario a riformare le istituzioni multilaterali. In sostanza, potrebbero servire come
una sorta di gruppi di pressione nell’ambito di una campagna volta a rafforzare le
istituzioni internazionali. Anche nell’esercizio di questa più ristretta funzione di impulso
politico, comunque, la rilevanza del G8 è tutt’altro che evidente. La relativa omogeneità
(Russia esclusa) e soprattutto il ristretto numero dei suoi membri sembra renderlo
inadeguato a svolgere il compito di promotore del sistema di cooperazione internazionale.
Formazioni allargate e più rappresentative come il G20 sembrano decisamente più
appropriate. In un recente rapporto commissionato dalle Nazioni Unite, un panel di
esperti internazionali guidato dall’economista Usa Joseph Stiglitz ha suggerito che il G20
promuova la creazione un’autentica istituzione multilaterale, un organo dell’Onu di
autorità simile a quella del Consiglio di sicurezza, con competenze di natura economica.
L’abolizione del G8 resta comunque un’ipotesi di scuola più che un’opzione reale. Il
sistema di relazioni internazionali continua a fondarsi in massima parte sugli stati sovrani.
Anche un rafforzamento delle istituzioni internazionali non eliminerebbe l’interesse degli
stati a coordinarsi con paesi amici o affini in gruppi ristretti. Storicamente, la tendenza a
istituire forum informali è aumentata piuttosto che diminuita, sia su questioni contingenti
(si pensi ai vari gruppi di contatto o ai forum negoziali come quelli per i Balcani, l’Iran o
la Corea del Nord) sia su questioni strutturali e di lungo periodo (si pensi per l’appunto al
G20). Questa tendenza è attestata dalla stessa evoluzione del G8. Le brevi riunioni degli
anni Settanta in cui i leader dibattevano a microfoni spenti questioni economiche e
valutarie si sono trasformate in iper-mediatizzati vertici di tre giorni in cui i capi di stato e
governo degli otto discutono tra loro e con i loro omologhi dei paesi invitati questioni che
spaziano dall’economia all’energia allo sviluppo alla sicurezza.
2.2. Ritorno al G7
Un’altra tesi che, pur non incontrando generale consenso, viene riproposta con una certa
frequenza è che il G8 non goda della necessaria legittimità perché non sono chiari i criteri
di appartenenza. Il problema può facilmente essere ridotto alla partecipazione della
Russia. I fautori di questa tesi sottolineano come la membership del G8 risulti da una
combinazione artificiale tra un gruppo di stati affini in termini politici ed economici ed un
ottavo paese, appunto la Russia, distante dagli altri sette per cultura democratica, modello
economico e orientamento internazionale. La soluzione sarebbe quindi tornare al G7, cioè
a un gruppo più omogeneo senza la Russia.
Dietro alla decisione di allargare l’allora G7 alla Russia c’era indubbiamente la speranza
che il coinvolgimento di Mosca nella definizione dell’agenda politica internazionale
avrebbe costituito un incentivo per i russi ad allinearsi con gli standard politici ed
economi occidentali e a preferire una relazione cooperativa ad una concorrenziale. Negli
ultimi anni le tendenze che hanno caratterizzato la politica interna ed internazionale di
Mosca sembrano però andare nella direzione contraria. In ambito interno si è registrata un
stretta autoritaria che ha compresso le libertà politiche, limitato la libertà di stampa e
opinione, e fortemente ridotto l’accesso di compagnie straniere al mercato interno russo,
Il G8
potrebbe però
stimolare le
riforme delle
istituzioni
multilaterali
L’abolizione
del G8 resta
un’ipotesi di
scuola
Secondo
alcuni, il
gruppo
funzionerebbe
meglio senza
la Russia
Per la Russia
il G8 è in
primo luogo
un club di
potenti non di
democrazie
liberali
9
in particolare quello energetico. Sul piano internazionale la Russia ha assunto un
atteggiamento più assertivo, a volte aggressivo (come nel caso della guerra contro la
Georgia dell’agosto 2008), e si è ripetutamente opposta ad iniziative promosse dagli Stati
Uniti e dai loro alleati (dall’allargamento della Nato allo scudo antimissile
all’indipendenza del Kosovo). Mosca sembra guardare al G8 come a un forum di
‘potenti’ o ‘ricchi’ a cui appartiene di diritto in ragione della sua rilevanza geopolitica. Il
fatto che gli altri membri del G8 siano democrazie liberali passa in secondo piano.
Secondo la tesi qui in discussione, la partecipazione della Russia al G8 ha avuto l’effetto
contrario a quello sperato: invece di favorire le istanze riformatrici e democratiche a
Mosca, ha minato l’omogeneità del gruppo ed eroso le ragioni della sua autolegittimazione,
quella appunto di rappresentare governi democratici e liberali. La
necessità di trovare un compromesso con la Russia ha inoltre ridotto le capacità di
iniziativa del G8, che peraltro non può più essere percepito come la ‘voce’
dell’Occidente.
Mentre il G8 è costantemente messo sotto accusa per essere un club sbilanciato ‘a
Occidente’, i sostenitori del G7 ritengono invece che il principale problema non sia la sua
scarsa rappresentatività, ma la scarsa omogeneità. Da questo punto di vista il valore
aggiunto del forum informale non risiede nelle sue effettive capacità di governance, bensì
nel maggiore coordinamento dell’azione internazionale di paesi tra loro affini e con
interessi condivisi o comunque compatibili. Non a caso il G7 continua ad esistere come
forum per discutere questioni su cui la compatibilità e omogeneità di interessi sono più
marcate, come quelle economiche, finanziarie e valutarie.
La tesi a favore di un ritorno al G7 sostiene che questa omogeneità dovrebbe essere
recuperata anche a livello politico. Rispetto al G8, il G7 avrebbe meno imbarazzi a
giustificare la propria esistenza, perché non eserciterebbe funzioni di leadership (vere o
presunte) in base a superate e discutibili logiche di potenza, ma in virtù del carattere
democratico dei paesi che rappresenta e in ragione della maggiore omogeneità degli
interessi che esprime. Più che presentarsi come forum parallelo e indirettamente
alternativo alle istituzioni multilaterali, il G7 servirebbe a moltiplicare l’influenza dei
paesi membri nelle varie sedi internazionali, in particolare l’Onu, così come il G7 esercita
una forte influenza sulle istituzioni finanziarie internazionali. Costituendosi come ‘caucus
occidentale’, il G7 avrebbe dunque anche meno occasione di entrare in competizione con
le organizzazioni internazionali.
Le probabilità che il G8 ritorni al G7 sono però minime. Espellere la Russia equivarrebbe
ad una grave provocazione le cui conseguenze negative molto probabilmente
supererebbero i presunti effetti benefici. La tesi secondo la quale l’inclusione della Russia
avrebbe ridotto le capacità di iniziativa del G8 è difficile da dimostrare. L’impressione è
che i vecchi membri del G7 non ne abbiano risentito in modo particolare.
È vero che la partecipazione della Russia, soprattutto dopo la stretta autoritaria degli
ultimi anni, toglie credibilità alla pretesa che il G8 sia legittimato in virtù del carattere
democratico dei suoi membri. Ma già in passato il fatto che i paesi del G7 fossero
democrazie liberali era un criterio di appartenenza accessorio più che fondamentale.
Influenza politica, risorse economiche e circostanze storiche contingenti hanno avuto
un ruolo importante nel delineare la composizione del G8 così com’è adesso. Se il fatto
di essere una democrazia liberale dovesse davvero valere come principale criterio di
selezione, sarebbe più difficile giustificare l’esclusione di grandi democrazie emergenti
come il Brasile, l’India o il Sudafrica.

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