“Recuperare” il futuro: riscoprire l’equilibrio tra uomo società e natura

12 Aprile 2010

Mino Mini

Uscire dal deserto 5

ROVESCIARE I VALORI

Mutare servando: focalizzare di volta in volta criticamente i valori fondanti dell’Illuminismo al di là delle vulgate  e delle generalizzanti e fuorvianti utilizzazioni fatte da tanti, da troppi gruppi ideologici culturali e religiosi interessati  all’uso strumentale

Con questo quinto ed ultimo articolo su come uscire dal deserto della modernità, dopo che per quattro mesi abbiamo messo a dura prova la pazienza dei lettori che ci hanno seguito sin qui, occorre spiegare il senso del nostro dissertare.

Posto che il nostro obiettivo, come ogni volta dichiarato, è di oltrepassare la crisi delle scienze e della ragione filosofica, perseguirlo presuppone superare, innanzitutto, il metodo cartesiano che sta all’origine della crisi e in secondo luogo rovesciare i principi sui quali si fonda lo sviluppo del pensiero illuminista.
Detta così, la questione sembra porsi in termini filosofici mentre, in realtà, si tratta di adottare un metodo nuovo di svolgere l’attività intellettuale e l’operatività pratica prendendo le mosse da una più matura concezione della realtà intesa come unità simbiotica di uomo e natura. In sostanza si tratta di vedere la realtà con occhi diversi considerandola un organismo vivente dotato della vita organica dei suoi simbionti. Come si vede, una visione che supera quella meccanicistica della modernità concepita come mera somma delle sue componenti materiali con la res cogitans, cioè l’uomo, esterna al reale. Quanto abbiamo scritto e quanto diremo in quest’ultimo articolo è stato e sarà, appunto, una esemplificazione di questo modo diverso di esaminare la realtà, ma non ha la pretesa di essere un’illustrazione del metodo. Non è impresa che possa essere affrontata con degli articoli mensili.
Seguendo questa strada siamo giunti, infine, alla terza grande categoria della coscienza, l’etica, che verrà trattata per ultima avendo iniziato il ciclo con l’estetica in DIVINA BELLEZZA. Nell’ambito del metodo l’etica corrisponde all’organicità cioè al momento della coscienza in cui i concetti formulati nel momento della logica ed elaborati in più strutture articolate nel momento dell’economia e della tecnica in funzione di un certo impiego, danno luogo – appunto – ad organismi.
In questo articolo il mondo dell’etica è il mondo dei valori e quindi, nel caso che ci interessa trattare, si identifica con la politica che, per dirla con Saverio Muratori “ ha un corpo, quello della società stessa, con una sua precisa organicità di struttura e funzionamento, ma un corpo divenuto improvvisamente estraneo come il corpo di una città di cui si sia perduto il senso dell’orientamento, in cui non si sappia più circolare, come il corpo di un paralitico o di un demente che non sappia più servirsi delle proprie membra nelle quali fisicamente ancora vive.” (Architettura e civiltà in crisi).
L’obiettivo che ci siamo proposti impone, allora, di ritrovare il senso dei valori il che significa verificare che le istituzioni, ovvero le leggi, che sugli stessi si fondano rispecchino la realtà organica in continuo mutamento. Quando le leggi, come nel momento attuale, non esprimono più il mondo organico dell’uomo, ma si trasformano in istituzioni di garanzia per il mondo dei principi astratti imposti alla società, come nel caso denunciato del totalitarismo economicista, si intuisce il limite concettuale e pratico dell’attuale modo di concepire la politica e si avverte l’esigenza di un rovesciamento dei valori per ridare certezza di valutazione del mondo reale: quello dell’uomo e della natura.
Ma come si può pervenire ad un rovesciamento dei valori?
Superando l’essenza della modernità rappresentata dai quattro principi basilari del pensiero illuminista che andiamo ad esporre.
1) Il concetto di verità scientifica ; molto autoreferenziale ed equivoco. Ha molti meriti in campi settoriali, ma grandi responsabilità nel campo organico. Ad esempio: ha generato l’industria moderna con la sua positività, ma ha anche generato il totalitarismo economicista con la perfezione della tecnica e la reificazione dell’uomo ridotto alla dimensione del cyborg privo di identità. Si supera contrapponendogli il concetto di organicità che vede l’organismo, non solo come sistema di componenti di cui assomma le proprietà in un processo di sintesi, ma in quanto ente unitario di scala superiore a quella delle sue parti acquisisce proprietà proprie che quelle non posseggono. Questo principio fondamentale, valido in natura, si conferma tale anche negli organismi politici come mostra la vicenda dell’impero romano le cui proprietà peculiari non si riscontravano nei singoli stati che lo componevano. La validità del principio è tale per ogni organismo politico, quale che sia la sua scala. Ad esempio : uno Stato nazionale, sintesi di diverse realtà regionali, non trae le sue proprietà dalla sommatoria delle sue particolarità logiche ed economiche locali, ma dall’essere sistema delle stesse a scala superiore. Ed è a livello di sistema che lo Stato diventa unico garante dei valori su cui si fonde la convivenza civile di entità regionali diverse. Non è il minimo comune denominatore dell’insieme di tali entità, ma un organismo di grado più elevato dove ogni regione componente svolge un ruolo specifico necessario per dare allo Stato l’identità indispensabile ad esprimersi ed a relazionarsi con entità simili di pari grado. Se il cieco egoismo di una componente porta alla sua scissione dall’organismo civile, questo lentamente decade e le parti costituenti ritornano allo stato primitivo mancando loro i termini di misura di scala superiore – i valori – necessari a stabilire relazioni con organismi di livello più elevato in grado.
2) Il concetto di progresso: altro equivoco ormai superato anche all’interno della stessa cultura post-illuminista. La concezione della storia universale intesa come percorso lineare e continuo, in cui le acquisizioni si accumulano e concorrono al miglioramento delle condizioni materiali e morali del genere umano, si è dimostrata fallace sin dalla sua formulazione iniziale. Si supera questo concetto assumendo come processo di formazione della realtà il principio del “ mutare servando” che, per esprimere la compresenza di stabilità e mutamento la definisce come processo ciclico. Lo stesso di cui si è già detto nei precedenti articoli a proposito della metafora della vite con geometria particolare.
3) Il concetto di eguaglianza fra gli uomini: il più equivoco dei concetti illuministi che occorre avere il coraggio di rigettare. Gli uomini non sono uguali, ma tutti devono godere di pari opportunità e dell’eguaglianza di responsabilità nei confronti dell’organismo di cui fanno parte.
4) Il concetto di libertà. Altro equivoco. Non siamo liberi, ma siamo autonomi dal termine greco “autonomos” che significa “si governa da sé”. Kant l’aveva definita la capacità della ragione umana di darsi da se stessa la legge morale senza derivarla da alcunché né d’inferiore né di superiore. Vivendo in una società sempre più affollata, l’indipendenza totale ci è preclusa, ma entro determinati limiti abbiamo un certo grado di orientamento. “Entro quei limiti” non dobbiamo rinunciare all’autonomia né permettere che ci venga concussa perché significherebbe rinunciare all’unica sovranità che possiamo esercitare. Rientrano “entro quei limiti”, ad esempio, il diritto a non essere spiati e a non veder violata la vita privata; il diritto a non essere calunniati né perseguiti per le proprie idee. Da qui l’esigenza di uno Stato organico che si fondi sull’autonoma sovranità dei cittadini e la garantisca nell’esercizio individuale. Diversamente, mancando il garante, l’individuo è moralmente tenuto a difendere il principio fondante della società.
Ma chi, oggi, può attuare il rovesciamento dei valori per dar vita ad una politica organica; chi può attaccare, con speranza di successo questo regime totalitario dell’economismo che pilota palesemente le sorti dell’Italia e del mondo occidentale e non solo? La sinistra o la destra?
Né l’una né l’altra.
“L’economismo, cioè il livellamento dei valori, che si traduce nel materialismo egoistico ed astraente, il settorialismo e il tecnicismo nella cultura e nei programmi, il contingentismo e il meccanicismo nell’applicazione” (1) erano un tempo le attitudini particolaristiche della sinistra, ma che venivano applicate dalla destra economica. Oggi esse sono patrimonio di entrambi gli schieramenti. Viceversa attitudini come “ l’accentramento, la visione unitaria e omogenea dei diversi settori dello scibile, la continuità, le coerenze dei programmi, il rigore e la costanza del metodo” (1) che erano patrimonio della destra, ma venivano applicate nella prassi della sinistra senza che apparissero nel dibattito pubblico, oggi sono neglette da entrambi gli schieramenti. A questo punto occorrerebbe che la politica fosse in grado di assumersi il compito centrale e più alto: quello dell’educazione della coscienza pubblica. Non lo è la politica attuale con un sistema scolastico ormai in mano a coloro che si formarono nel ’68 e negli allievi di questi ultimi. Non è un caso se, sul piano qualitativo, tale sistema, dalla qualità elevata del dopoguerra, è calato ai livelli di quello che fu il terzo mondo. Se vogliamo il superamento occorrerà orientarsi diversamente. Ciò che avvelena può anche curare e questo ci porta a considerare l’opportunità di ricorrere alle possibilità che la stessa modernità ci mette a disposizione. Esistono mezzi di diffusione potentissimi di cui giovarsi; mezzi che in qualche misura sfuggono al boicottaggio che la cultura egemone ha esercitato nei confronti di quella a lei alternativa. Ebbene, quella potrebbe essere la porta da varcare per uscire dal deserto.
Diversamente non resta che il passaggio al bosco di jungheriana concezione.
(1) S. Muratori: Architettura e civiltà in crisi