Manovra. Il perché no de L’Europa della Libertà

31 Maggio 2010

riproposto in data 21 Giugno 2010

Fonte: Comunicato Eulà

 

Motivazioni reali nacoste. Bugie e perfidia di un governo in mano a Bossi

 

Nel pieno rispetto delle prerogative del Presidente della Repubblica, on. Giorgio Napolitano, e nella condivisione generale e puntuale del messaggio da lui rivolto nei giorni scorsi agli italiani in relazione alle urgenze determinatisi in ambito strettamente economico – finanziario; in base a quanto finora hanno avuto a dichiarare pubblicamente più ministri ed esponenti parlamentari della maggioranza, soprattutto il ministro dell’economia Tremonti, L’Europa della Libertà dichiara quanto segue:
– Le motivazioni ufficiali addotte dal governo risultano infondate e in assoluto contrasto con quanta da sempre dichiarato, fino a qualche settimana addietro. Per di più, L’Unione Europea e il FMI internazionale non hanno alcunché a che vedere in relazione alle cause della manovra approntata così repentinamente dal governo. Le cause risultano essere invece di origine esclusivamente endogena, e in particolare sono da addurre ai costi ulteriori enormi che la nuova fase del “federalismo” impone e imporrà per lunghi anni, in assenza di riscontri positivi nel breve, nel medio e nel medio – lungo periodo. L’accentuazione della discrasia burocratico – dirigenziale e partitocratica ne è perciò una causa primaria e macroscopica, paradossalmente sottaciuta in tutte le sedi.
– Salvo le misure di contrasto all’elusione e all’evasione fiscale, il disegno della manovra delineato dal ministro competente e dal presidente del consiglio, on. Silvio Berlusconi, non è per nulla condivisibile in quanto colpisce in maniera reiterata e squilibrata soltanto una parte ridotta della platea dei cittadini, laddove invece le misure dovrebbero coinvolgere in maniera concorsuale tutti i cittadini in base alle loro possibilità di reddito.
– In particolare, solo marginalmente sono coinvolti i cittadini che percepiscono retribuzioni superiori a 50.000 € e in misura ancora più marginale sono coinvolti i cittadini che superano 100.000 € e così in maniera progressiva; questa platea di soggetti riguarda per di più soltanto quelli che afferiscono al pubblico impiego, magistratura compresa, e non la restante e stragrande maggioranza dei cittadini;
– L’ambito che per primo doveva essere coinvolto in queste misura, non solo sul piano dell’esempio e come simbolo, ma anche e soprattutto perché impone al Paese spese per la vita istituzionale elevatissime che non hanno riscontro al mondo è quello dei parlamentari, ma finora i presidenti delle due camere hanno taciuto e tacciono. Questo costituisce qualcosa di scandaloso che non può avere giustificazione alcuna, soprattutto perché la nostra è una Repubblica democratica e il “parlamentare” è solo una sua modalità attuativo-organizzativa.
– Le retribuzioni dei consiglieri regionali costituiscono una giungla selvaggia assurda e un costo “istituzionale”  scriteriato e demenziale. Tali oneri non vengono scalfiti dalla manovra., laddove andrebbero ridimensionati in maniera macroscopica
–  Il governo avrebbe dovuto perciò indicare la strada maestra dell’imposizione doppiamente progressiva in base alle categorie che hanno percepito e percepiscono emolumenti parlamentari e di consiglieri regionali o a coloro  i quali vi sono normativamente collegati.
– Vengono colpiti in maniera pesantemente vessatoria gruppi marginali e deboli della P.A. e del mondo del lavoro in generale quali gli invalidi. Elevare la soglia del riconoscimento della invalidità all’80%  costituisce  qualcosa di  pesantemente e immotivatamente punitivo, di grottesco e incivile, di sadico.
– E’ irricevibile perché apertamente prevaricatore e violento il repentino irrompere nel sequestro delle liquidazioni dei lavoratori pubblici e nel quadro normativo che regola i fondi previdenziali. E’ la più patente violazione del principio e  di quel che rimane del declamato welfare. E’ l’appropriazione indebita, anche se temporanea, di “salario differito” che non appartiene al datore di lavoro pubblico.
– Colpire esclusivamente le retribuzioni dei dipendenti pubblici, alla cieca, costituisce un modo di agire improntato ad abnorme cecità e iniquità politica. Ciò a nostro avviso rasenta e supera i limiti della costituzionalità della decisione, in quanto impone una oggettiva diminuzione reddituale solo ad alcuni cittadini, visto che i cosiddetti rinnovi contrattuali in primis e quanto meno devono garantire il recupero “depurato” dell’inflazione.
– Colpire le retribuzioni dei dipendenti pubblici senza considerare neppure in subordine l’evoluzione retributiva di comparti e specifiche figure, costituisce un modo di agire improntato a semplicioneria e rozzezza inauditi, sicché lavoratori già fortemente penalizzati negli ultimi dieci – venti anni continueranno a subire aggravi e vessazioni ulteriormente sproporzionati a confronto con altri lavoratori pubblici e privati.
– Sopprimere o colpire in maniera indiscriminata le esigenze delle istituzioni scolastiche, di istituti, enti e fondazioni attinenti alla ricerca scientifica, agli studi e alla preservazione della storia patria e delle arti significa arrecare un’ulteriore ferita a un patrimonio che dovrebbe risultare in generale assolutamente custodito, preservato e rafforzato.
– Non sono neppure abbozzate linee di riforme strutturali progettate e realizzate secondo criteri non dis-economici e di armonizzazione degli equilibri socio-economici.