Malgieri: l’incapacità di Fini nel capire le scelte operate e nel partecipare alla guida degli eventi senza protagonismo

09 Dcembre 2010

Fonte: blitz quotidiano – l’on line che si stampa

Gennaro Malgieri

 

Crisi politica e di governo. La rivoluzione di Fini ci porterà al Berlusconi bis?

 

Tanto rumore per nulla? Se l’approdo della rivoluzione finiana dovesse davvero essere un banale “Berlusconi bis”, non si potrebbe concludere altrimenti e derubricare l’intera pochade, che ha gettato nel marasma il Paese, ad un “voglio ma non posso”; o meglio: “vorrei, ma ho paura di osare”. In ogni caso sarebbe una sconfitta per il presidente della Camera che gli brucerebbe per il resto della sua carriera politica. In queste ore nessuno può dire quale sarà l’esito della sconsiderata mozione di sfiducia sottoscritta da Fli, ma chiunque abbia appena un minimo di dimestichezza con la vita parlamentare si rende conto che l’avventata mossa costerà assai cara ai promotori.
Intanto Fini ed i suoi seguaci hanno commesso un errore di valutazione ritenendo Berlusconi intimorito al punto di dimettersi prima del voto del 14 dicembre, come loro speravano in modo da sottrarsi alle conseguenze della sfiducia stessa. Avrebbero dovuto immaginare, conoscendolo, che il Cavaliere mai e poi mai si sarebbe defilato dal confronto parlamentare che ritiene doveroso nel momento in cui alcuni parlamentari eletti nella lista del suo partito gli hanno dichiarato guerra per futili motivi.
In effetti non è ancora chiaro che cosa li abbia determinati ad assumere una decisione tanto grave come quella di promuovere una scissione, posto che non c’è stato nessun problema politico a fondamento della stessa. Dicono, sapendo quanto è risibile la motivazione, che Berlusconi li ha espulsi, insieme con il loro capo. Non è assolutamente vero. Tre di loro sono stati deferiti ai probiviri, come avviene in tutti i partiti, in ossequio allo statuto, quando vengono ravvisati dagli organismi competenti comportamenti o dissensi tali da richiedere un accertamento di compatibilità.
Per quanto riguarda Fini, il documento dell’ufficio di presidenza, al quale lui ha reagito in maniera scomposta ed evitando accuratamente di farsi porre domande dai giornalisti convocati per le sue “estreme” comunicazioni, si limitava a registrare il dissenso profondo su alcune questioni, peraltro neppure di stretta attualità politica, manifestato in maniera più che critica, dissonante al punto da determinare confusione nella coalizione e delegittimare l’azione di governo. Tanto è bastato perché la situazione precipitasse.
Adesso gli stessi finiani dicono che la crisi, le possibili conseguenze della stessa, cioè la paralisi legislativa e perfino le elezioni anticipate farebbero naufragare l’Italia in costanza della catastrofe economico-finanziaria che sta sconvolgendo l’Occidente. E per questo rifiutano la prospettiva dello scioglimento delle Camere. Ma non lo sapevano prima che i loro irresponsabili comportamenti avrebbero reso indisponibile l’ex-maggioranza a percorrere altre strade se non quella della rilegittimazione popolare attraverso il voto, posto che il responso degli italiani è stato alterato dalle loro scelte?

 

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Che poi sulla mozione di sfiducia, presentata da Fini insieme con Casini e Rutelli, convergano i voti del Pd e dell’Idv, dovrebbe essere un dettaglio trascurabile per gli “aperti” e dialoganti parlamentari di Fli ai quali non viene neppure in mente che in questo modo snaturano il risultato elettorale del 2008 e rimettono in gioco gli sconfitti di quella tornata. Cosa dovrebbe fare la coalizione di centrodestra, voltarsi dall’altra parte e ritenere che è pienamente legittimo il comportamento di chi ha preso i voti contro qualcuno e poi li utilizza per costruire scenari diversi, forse maggioranze alternative a quella uscita dalle urne? Verrebbe da chiedersi in che mondo vivono.
Fini, in particolare, in queste ore – sempre che non decida di ritirare la mozione di sfiducia – si sta assumendo la responsabilità di favorire per un periodo non certo breve l’ingovernabilità e dunque la destabilizzazione politica, economica e sociale, posto che non esiste nessuna possibilità di ribaltone, come lui stesso ha ammesso. Insomma, sta facendo il gioco delle opposizioni, di sinistra in particolare, che giustamente pretendono le dimissioni di Berlusconi e del suo governo posto che la maggioranza è venuta meno per la fuoriuscita del presidente della Camera, che ha dichiarato esaurita l’esperienza alla quale lui stesso ha contribuito a dare vita, non due anni fa, ma ben sedici anni or sono. Ha messo il Paese, dunque, nella difficile situazione di reggere malamente all’urto della inevitabile speculazione finanziaria che si abbatterà sull’Italia, senza avere un governo nella pienezza delle sue funzioni per poter operare con efficacia.
Nonostante tutto ciò, Fini si ostina a sostenere che le elezioni non servono; che il ribaltone (cioè un altro governo) sarebbe immorale; che si può dare vita ad un diverso esecutivo, ma l’agenda politica pretende di farla lui; che Berlusconi potrebbe anche restarci a Palazzo Chigi, a patto che prima si dimetta e poi venga reincaricato. Nemmeno nel mondo dei puffi si ragiona così. In Italia può accadere, come si vede.
Ma può accadere anche di peggio. E cioè che Fini, il quale da presidente della Camera ha chiesto al presidente del Consiglio di dimettersi (non si era ancora vista una cosa del genere in nessun Paese, neppure il più incivile e politicamente rozzo), resosi conto che i suoi sforzi poco o nulla produrranno in suo favore, se non le elezioni inevitabili dalle quali lui, il terzo polo (se mai si farà) e tutti gli arlecchini che gigioneggiano con le istituzioni ne uscirebbe con le ossa rotte – beninteso potrebbe anche contribuire insieme con Casini e Rutelli a farle vincere al Pd, a Vendola, a Di Pietro: sarebbe il suo capolavoro di statista, dal neofascismo al post-comunismo – si sta acconciando appunto a sperare in un Berlusconi bis, nel quale, come fa dire ai suoi pretoriani, non vuole poltrone tanto che ha fatto dimettere quei bravi ragazzi (e non lo dico assolutamente in senso ironico, ma con amicizia profonda conoscendoli da una vita) che facevano parte del governo. Sarà. Ma nessuno può credere che Fini abbia scatenato una tormenta di proporzioni apocalittiche per accontentarsi di ciò che poteva ottenere gratuitamente e prepararsi, come tutti immaginavano, all’agognata successione con la misura, il senso del tempo e della storia che un uomo politico dotato di qualche ragionevole ambizione dovrebbe avere, circondandosi di una classe dirigente capace, facendosi apprezzare e perfino amare dal partito che , bene o male, aveva contribuito a fondare.
Il tempo ormai è scaduto. Come uno yogurt avariato, la prospettiva politica finiana è inservibile. Se n’è reso conto anche il povero Casini il quale, comunque, rischia poco o nulla: potrà sempre dire di averci provato, ma se la vicenda non dovesse svilupparsi come ritiene, vale a dire con la defenestrazione del Cavaliere ed il varo di un “governo di responsabilità istituzionale” (che significa? Altri governi sono forse programmaticamente irresponsabili istituzionalmente?), potrà sempre dire che i suoi occasionali alleati non erano affidabili. E non avrebbe torto.
Chi non avrà un’altra chance è Fini che ha buttato al vento l’occasione della sua vita. Bastava che aspettasse dedicandosi, con intelligenza e pazienza, a costruire all’interno del Pdl quel partito nazionale, liberale, conservatore, solidarista a cui da quindici anni qualcuno gli ha detto di guardare affinché la “rivoluzione italiana” si compisse davvero dopo l’uscita di scena di Berlusconi, al quale tutto si potrà rimproverare tranne di non aver provato a modernizzare il sistema politico secondo la dialettica propria della democrazia dell’alternanza. Comunque la si pensi, il bipolarismo (che può anche non piacere, naturalmente) è nato con lui. Fini ci è salito sopra, ma, per nostra disgrazia, non l’ha saputo cavalcare.
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