“Science” ecco le più importanti novità delle nuove conoscenze

18 Dicembre 2010

Fonte: Galileo on line

Tiziana Moriconi

 

Un decennio di grande Scienza

 

Quasi terminato il 2010, la rivista Science trae un bilancio degli ultimi dieci anni e ci svela quali sono le scoperte che lasceranno il segno in questo decennio. Vediamole insieme.

 

1 – Il Genoma oscuro
Gli anni ’10 del nuovo millennio appartengono senza dubbio al genoma. Il 15 febbraio del 2001, due studi appaiono contemporaneamente sulle maggiori riviste scientifiche generaliste, Science e Nature: annunciano che il genoma umano è stato sequenziato. Una vera e propria corsa alla pubblicazione: da una parte c’é Craig Venter, il visionario scienziato-imprenditore della Celera Genomics (che farà molto parlare di sé per tutto il decennio); dall’altra c’é l’International Human Genome Mapping Consortium, un progetto finanziato con soldi pubblici (La mappa svela i suoi misteri; La sfida del genoma umano).
Non era che l’inizio. Tanto per cominciare ci si aspettava almeno 100.000 geni impacchettati in 3 miliardi di basi, e ne sono stati trovati molti meno (il conto, ad oggi, dice 21.000). Non solo: le regioni che codificano per le proteine (quello che sembrava lo scopo principe del Dna) rappresentano appena l’ 1,5%. Possibile che il restante 98,5% sia spazzatura o ridondanza? Da subito, quindi, appare chiaro che ci deve essere, da qualche parte, una “ materia genetica oscura”: un sistema di controllo molto, molto più complesso di quanto non si pensasse (Più ricerca italiana all’accademia Usa).
Edward Rubin e Len Pennacchio del Joint Genome Institute di Walnut Creek (California) avanzano l’ipotesi che questo Dna di scarto serva a regolare il funzionamento dei geni (Dna spazzatura, da buttare o no?, Altro che Dna spazzatura). Presto è chiaro che di Dna spazzatura ce n’è ancora di più, quando gli scienziati capiscono esattamente quali geni vengono trascritti in Rna (Manuale di istruzioni per Dna, Del Dna non si butta via niente). Prima di quel momento, si credeva che la maggior parte dell’Rna presente nelle cellule fosse messaggero (quello che porta l’informazione ai ribosomi, le strutture che fabbricano le proteine assemblando gli aminoacidi). La prova che non è così arriva nel 2007, dallo studio di Ewan Birney dello European Bioinformatics Institute. Altri studi mostrano, poi, che l’Rna stesso gioca un ruolo primario nella regolazione dei geni e di altri meccanismi cellulari, come anche molte proteine (effetto epigenetico) (Un microRna regola la dipendenza da cocaina). Oggi sappiamo che, con una tecnica nota come interferenza a Rna, è possibile spegnere i geni (si tratta, infatti, di un meccanismo biologico per cui, inserendo in una cellula un doppio filamento di Rna corrispondente a un dato gene, questo viene “silenziato”). La scoperta valse il Premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia a Andrew Fire e Craig Mello nel 2006 (Medicina 2006, vince l’interferenza a Rna, Rna-i dai mille volti) .
2 – Cosmologia di precisione: la ricetta per il cosmo
Da dove è venuto fuori l’universo? La risposta ha ancora basi solide, ma nei passati dieci anni gli astrofisici hanno trovato una ricetta molto precisa del cosmo, con ingredienti e quantità. Le proporzioni sembrano essere 4,56% di materia ordinaria, 22,7% di materia oscura, 72,8% di energia oscura (che non si sa bene cosa sia) (Non è oscura, non c’è; Alla ricerca della materia perduta).
Tutto è cominciato proprio nel 2000, con un esperimento noto come Boomerang (Balloon Observations of Millimetric Extragalactic Radiation and Geophysics) che ha misurato la radiazione cosmica di fondo (CMB da Cosmic Microwave Background), cioè la radiazione elettromagnetica residua prodotta dal Big Bang, che permea tutto l’Universo (Il volo di Boomerang; L’Universo fotografato da Boomerang; Un click per l’Universo neonato; Big Crunch addio; I nuovi dati di Boomerang; Il tempestoso Universo di Boomerang; Riparte Boomerang). Nel 2003, poi, il Wilkinson Microwave Anisotropy Probe (WMAP) della Nasa ha fornito una fotografia molto dettagliata: la temperatura della radiazione varia da punto a punto dell’universo; i punti caldi corrispondono a dense regioni nello spazio primordiale (All’origine dell’Universo). Le misurazioni, ovviamente, sono andate avanti e il team di WMAP ha pubblicato i suoi ultimi risultati lo scorso gennaio. La cosa più sorprendente è che il modello teorico cosmologico (quello per cui la materia avrebbe cominciato a espandersi in modo non omogeneo in seguito al Big Bang, risultando più rarefatta in alcune regioni e più densa in altre) si sposa perfettamente con i valori trovati. Non è un’approssimazione: la ricetta sembra proprio quella.
3 – Le rivelazioni del Dna antico
La genetica arriva dove la paleontologia non può. La nuova visione del mondo preistorico si basa sul fatto che biomolecole, come l’antico Dna e il collagene, possono sopravvive per decine di migliaia di anni (Look colorato per il pinguino gigante). In un decennio, questo campo di indagine ha fatto molta strada. Oggi sappiamo, per esempio, che i Neandertal avevano i capelli rossi e la pelle chiara (Il Neandertal dall’aspetto nordico), e che soltanto pochi di loro si sono incrociati con Homo sapiens (L’eredità dei Neandertal).
Possiamo poi dire con certezza che la coda pelosa del dinosauro Sinosauropteryx era bruno-rossiccia. Dal Dna del mammut sappiamo che il suo sangue conteneva una speciale emoglobina adattata alle temperature più estreme (l’emoglobina è stata anche riprodotta in alcuni batteri).
Queste biomolecole forniscono persino informazioni sulla vicinanza filogenetica degli esseri viventi. Dall’analisi del collagene, per esempio, sappiamo che i dinosauri sono più vicini agli uccelli che non ai rettili (Una proteina di 80 milioni di anni). Con le nuove tecniche, oggi è possibile sequenziare ogni piccolo frammento di Dna, anche da un campione danneggiato, e si conoscono i sistemi per non inquinare i campioni. Queste analisi hanno permesso, quest’anno, di individuare un ominide né neanderthal né sapiens: apparentemente una nuova specie di cui non avremmo sospettato l’esistenza (Il terzo ominide).
4 – Acqua su Marte
La ricerca di acqua sulla Luna o su altri pianeti è un evergreen. Oggi siamo certi che su Marte questo liquido indispensabile alla vita (almeno alla vita terrestre) c’è stato (L’acqua era quasi ovunque; Quando l’acqua zampillava su Marte). La certezza la dobbiamo ad almeno una mezza dozzina di studi che, nel passato decennio, hanno fornito indiscutibili prove. La prima è arrivata all’inizio del 2004 dal rover Opportunity (Sull’orlo del cratere Victoria), che ha trovato le tracce di veri e propri mari (o, almeno, grandi laghi). Ci sarebbe persino ghiaccio sotto la superficie del Pianeta Rosso (Zone temperate, con ghiaccio). Gli ultimi dati indicano che la presenza dell’acqua avrebbe potuto benissimo innescare lo sviluppo di forme di vita (Schiaparelli modellato da acqua e vento; Marte, un passato favorevole alla vita). Queste potrebbero addirittura essere arrivate sulla Terra con un asteroide marziano. Si specula, certo, ma secondo gli astrobiologi, c’è di che speculare.
5 – Cellule riprogrammabili
Lo sviluppo è un viaggio a senso unico? Sbagliato. Nel 2006, un ricercatore di nome Shinya Yamanaka ha trovato il modo di far tornare le cellule adulte alla loro infanzia. Non proprio a quando erano embrionali e totipotenti ma, comunque, a quando erano staminali e pluripotenti (che possono dare origine a molti tipi cellulari diversi, anche se non a tutti).
Yamanaka ha messo nelle cellule copie extra di 4 geni e ha chiamato le sue creature “ induced pluripotent stem” cells ( iPSC, cioè cellule pluripotenti indotte). Un anno dopo, lo stesso Yamanaka e James Thomson, indipendentemente, hanno creato le prime Ipsc da cellule umane. Oggi la tecnica è stata migliorata e le Ipsc sono la quotidianità in molti laboratori di ricerca di tutto il mondo. Soltanto pochi mesi fa, inoltre, a questo sistema se ne è affiancato un altro che usa Rna artificiali al posto dei geni. Le Ipsc stanno già scrivendo un nuovo capitolo della storia della biologia e della medicina.
6 – Microbioma
Negli ultimi anni si è fatta strada una consapevolezza: la definizioni di “noi” comprende anche tutti i microbi con cui conviviamo. Sono i numeri a dircelo: 9 cellule su 10 sul/nel nostro corpo non appartengono a noi in senso stretto, ma a microbi. Solamente nella gola, ci sono almeno mille specie che ci portano 100 volte i geni che si trovano nel nostro Dna.
I nostri geni insieme ai loro formano un metagenoma, che dà conto delle funzioni dell’organismo. Insomma, noi e loro, insieme, siamo un superorganismo con un vasto repertorio genetico. Lo Human Microbiome Project ha sequenziato già 500 batteri dei 3.000 ritenuti importanti. Molti di questi svolgerebbero fondamentali funzioni metaboliche.
Herbert Virgin della Washington University School of Medicine ha suggerito che anche i virus possano avere un ruolo. Ha trovato che herpesvirus dormienti nei gatti agiscono sul sistema immunitario, rendendo gli animali meno suscettibili a certe infezioni batteriche. Dieci anni fa, l’idea di un microbioma e di un viroma non esisteva.
7 – Esopianeti
Nel 2000 se ne conoscevano appena 5. Oggi siamo a 500. Ed è probabile che presto saranno anche il doppio, se i 700 pretendenti individuati dal telescopio spaziale Kepler della Nasa verranno accreditati dagli astronomi. Le scoperte avvengono ormai a ritmo così veloce che su iTunes c’è persino un’ app per iPhone e iPad che ti avvisa per ogni new entry.
Il primo esopianeta scoperto risale al 1995: 51 Pegasi b, trovato da Michel Mayor. Seguirono i 5 di Geoffrey Marcy. Ma è dal 2001 che molti altri gruppi di ricerca si sono uniti alla caccia e hanno affinato le armi: due nuove tecniche si sono aggiunte alle altre 2 già consolidate (una basata sull’ effetto Doppler e una sul passaggio del pianeta davanti alla sua stella). La meno recente è quella basata sull’ effetto microlensing (lo spazio deformato dalla gravità di un corpo massiccio fa da lente di ingrandimento), che ha portato a individuare una decina di esopianeti, il primo nel 2004; l’altra tecnica è l’unica diretta: il primo avvistamento reale di un pianeta al di fuori dal nostro sistema è stato compiuto nel 2008, grazie agli avanzamenti nelle ottiche dei telescopi. La scoperta di alcuni di questi corpi sta obbligando gli astronomi a rivedere le due principali teorie sulla formazione dei pianteti.
8 – Infiammazione: la forza oscura
Tumori, diabete, obesità, morbo di Alzheimer: da dieci anni a questa parte si è cominciato a capire che c’è una forza oscura alla base delle malattie croniche (responsabili della maggior parte dei decessi). Questa forza sarebbe l’ infiammazione. Sono moltissimi gli studi che negli ultimi 10 anni hanno provato profondi legami tra gli stati e i processi infiammatori e le malattie croniche. La mediazione dell’infiammazione nelle malattie croniche è una nuova frontiera, e il suo successo è ancora incerto.
9- Metamateriali
In dieci anni, i fisici hanno trovato nuovi modi per manipolare la luce. Per riuscirci sono diventati molto bravi a creare metamateriali: strani collage di pezzi che non c’entrano molto l’uno con l’altro, e che, una volta, messi insieme, mostrano particolari proprietà ottiche.
Nei tardi anni ’90, John Pendry, un fisico dell’Imperial College di Londra, scoprì che i nanotubi di carbonio possono assorbire le onde radio. E cominciò a pensare a come altri materiali artificiali potessero alterare il comportamento delle onde elettromagnetiche. Pendry arrivò a capire come comandare le proprietà elettriche e magnetiche dei metamateriali. Questo ha portato alla creazione di superlenti dalla risoluzione inimmaginabile, e a materiali in grado di modificare la traiettoria della luce. Ma deviare i raggi vuol dire non farli incidere, assorbire o riflettere: è il mantello dell’invisibilità. Il primo metamateriale “invisibile”, nel 2008, ha funzionato solo per le microonde. L’ultimo, nel 2010, per la lunghezza d’onda dell’arancione.
10 – Il cambiamento climatico esiste
Per 40 anni il mondo, preoccupato dagli allarmi sul riscaldamento globale, si è posto queste tre domande: il pianeta si sta veramente riscaldando? Se è così, le attività antropiche sono realmente responsabili? E se, di nuovo, è così, possiamo contenere questo aumento delle temperature? Finalmente le risposte sono arrivate grazie agli sforzi continui compiuti dai climatologi in questi ultimi dieci anni. E sono, nell’ordine: sì, sì, no.
Ciò che l’ Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) delle Nazioni Unite sosteneva da tempo ha ricevuto l’appoggio di quasi tutta la comunità scientifica nel 2007. Vista la difficoltà di raggiungere un accordo sulla diminuzione di emissione di gas serra, c’è chi comincia a considerare un possibile adattamento della popolazione mondiale alle nuove condizioni climatiche.
Fonte: Wired.it
Indice del dossierLa mappa svela i suoi misteri
18 Feb 00:00La sfida del genoma umano
05 Gen 00:00Più ricerca italiana all’accademia Usa
07 Mag 14:38“Dna spazzatura” da buttare, o no?
22 Ott 00:00Altro che Dna spazzatura
20 Ott 00:00Manuale d’istruzione per Dna
14 Giu 12:50Del Dna non si butta via niente
20 Apr 09:04Medicina 2006, vince l’interferenza a Rna
02 Ott 11:00Rna-i dai mille volti
07 Dic 16:21Non è oscura, non c’è
01 Apr 00:00Alla ricerca della materia perduta
11 Gen 17:47Il volo di “Boomerang”
13 Feb 00:00L’Universo fotografato da Boomerang
26 Apr 00:00Un click per l’universo neonato
06 Mag 00:00″Big Crunch addio”
27 Mag 00:00I nuovi dati di Boomerang
30 Apr 00:00Il tempestoso Universo di Boomerang
12 Mag 00:00Riparte Boomerang
07 Gen 00:00Leggi ancheArdi, the best of 2009
18 Dicembre 2009Più valore al merito
08 Agosto 2008Allarme frodi
20 Giugno 2008