Roma, Alemanno e PRG

14 Marzo 2011

riproposto il 16 Marzo 2011

Mino Mini

 

Gli Stati Generali di Roma Capitale

IL GRANDE GIOCO

 

                                                                                               

Nel 1788 Luigi XVI sovrano assoluto di Francia, mentre aveva ancora la testa sul collo, convocò gli Stati Generali rinunciando all’assolutismo. Quattro anni dopo nacque la repubblica e l’anno dopo Luigi XVI perse la tresta, in senso letterale, sotto la ghigliottina.
Duecentoventitre anni dopo Gianni Alemanno sindaco di Roma convocò per i giorni 21-22-23 febbraio 2011 gli Stati Generali della Città fiducioso circa la sorte della sua testa dal momento che il Terzo Stato, colluso con la Casta rappresentata in grande spolvero da ministri, governatori, assessori ed affini, mai si sarebbe sognato di ghigliottinare chi lo chiamava a partecipare alla realizzazione del PSS ovvero del primo Piano Strategico di Sviluppo di Roma Capitale (il profluvio di maiuscole non è di chi scrive). Mancavano i ceti medi ed il Quarto Stato, ma non si può avere tutto.
Al di là dell’ironia che il richiamo agli stati generali suscita e dando credito alle enunciazioni espresse nelle centinaia di pagine del PSS, siamo in presenza di un capovolgimento epocale nel governo della città. Non solo Roma, ma tutte le città italiane – e non solo – fino ad ora venivano “governate” dal piano urbanistico che “fissava” ope legis i diritti edificatorii del territorio comunale. Avrebbero pensato poi gli eletti e i tecno burocrati ad amminestrare (proto lascia la e) rilasciando “licenze” o concessioni alla speculazione edilizia e agli enti di edilizia economica e popolare l’una e gli altri realizzatori dell’arcipelago gulag delle periferie. Inutili furono gli sforzi di coloro che, criticando il modo di realizzazione della città, proponevano che lo sviluppo della stessa seguisse un disegno predefinito al quale tutte le forze economiche, sociali e culturali avrebbero dovuto subordinare le singole azioni settoriali. Né valsero gli esempi che venivano dalle grandi metropoli europee sin dalla seconda metà degli anni ’80 del secolo scorso.
Oggi Alemanno con un colpo da maestro, prendendo spunto dallo status istituzionale di Roma Capitale e seguendo il Documento di Programmazione Finanziaria 2009-2011 (DPF ’09-’11) è uscito dalla logica del governo della città mediante il PRG (Piano Regolatore Generale) redatto dalla giunta Veltroni elaborando il primo PSS di Roma Capitale.
Per comprendere l’importanza di questa iniziativa è bene por mente alla situazione in cui Alemanno si era venuto a trovare vincendo le elezioni. L’amministrazione uscente aveva lasciato in eredità un PRG, adottato e non ancora approvato, che avrebbe vincolato lo sviluppo futuro di Roma secondo le scelte di Veltroni. Bloccarne l’iter di approvazione per rimettervi mano avrebbe comportato tempi biblici per la redazione e la successiva istruttoria da parte della Regione che avrebbero condannato la giunta di centrodestra all’immobilismo. A meno di realizzare il programma imposto dagli avversari. Con l’ “Ordinamento transitorio di Roma Capitale ai sensi dell’art. 114 terzo comma, della Costituzione” di cui Il Borghese dette notizia ai suoi lettori nell’aprile 2009 e sull’indicazione del DPF ’09-’11 Alemanno fece fare alla sua amministrazione il salto culturale necessario ad allinearsi alle altre metropoli della UE. Non sarà più il P.R.G. di Veltroni a determinare il futuro di Roma senon per quel tanto che sarà in coerenza con le linee del piano strategico. Srà quest’ultimo che inciderà “sugli equilibri definiti dal Piano Regolatore Generale, anche superandoli e modificandoli, fermo restando il ruolo di quest’ultimo per la tutrela e la valorizzazione del territorio comunale”.
A mettere il sigillo confirmatorio alla sua iniziativa il sindaco di Roma, con la convocazione degli Stati Generali della Città, ha fatto intervenire il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, la governatrix del Lazio Renata Polverini, Gianni “Richelieu” Letta, quattro ministri, vari assessori di tutti i gradi, pezzi da novanta del mondo imprenditoriale e finanziario come la Marcegaglia, Colaninno, Abete, Moretti FF.SS., Sabelli, Della Valle etc.; persino Santa Romana Chiesa nella persona del Vicario Generale del Papa per la Diocesi di Roma e “ça va sans dire” la Comunità Ebraica (maiuscolata come si conviene) etc. etc.. Non ci sono state risparmiate neanche le archistars : L: Krier, S: Calatrava, M: Fuksas, R: Piano.
Tutti insieme, appassionatamente. Chapeau!
A questo punto, però, preso atto della brillante mossa nel grande gioco della politica e, al tempo stesso, del salto evolutivo verso la governabilità (se così si traduce il termine “governance”) Qual è il contenuto del PSS della Capitale che Alemanno propone agli italiani?
Già nell’introduzione al PSS cadiamo nell’astrazione. Affermare che “Roma ha la consapevolezza di essere Capitale di una importante nazione proiettata in uno scenario internazionale”
Avrebbe un senso se fosse riferita all’Italia che dopo centocinquanta anni dalla sua unità litiga ancora fra nord e sud minacciando di scindersi in più tronconi, sputa controvento quando parla di sé nel consesso internazionale, prende metaforici calci in bocca da parte dei suoi partners europei quando si tratta di emergenza alle frontiere come se queste non fossero anche il limes dell’Europa. Più aderente alla realtà del processo storico sarebbe la consapevolezza che se l’Italia è una nazione che ha un’importanza nel consesso internazionale, lo è per il fatto di ospitare questa capitale. Ancorchè ridotta a ricettacolo dorato di una Casta di mignatte (proto, la a mi raccomando!) che suggono costituzionalmente la linfa vitale della nazione, essa è pur sempre una Capitale Universale con un proprio ruolo nel sistema delle capitali europee e delle principali città internazionali che, secondo il PSS, deve essere consolidato e accresciuto. In questa prospettiva, come aspetto complementare, il PSS propugna il conseguimento di “grandi obiettivi di crescita civile e sviluppo sostenibile” secondo due direttrici fondamentali:
“un’offerta di grandi infrastrutture che le consentano di divenire riferimento di area vasta per flussi (di persone, merci, informazioni) in entrata e in uscita dal territorio;
una caratterizzazione culturale e produttiva (differenziazione specializzata) che la renda rara (se non unica) nel panorama globale”.
Ci rendiamo conto che, a questo stadio dell’esposizione, dovremmo – e da parte nostra vorremmo – illustrare e commentare i citati “grandi obiettivi di crescita civile e sviluppo sostenibile” ma la vastità dei temi a fronte dello spazio disponibile non ce lo consente. Stando al Sommario distribuito ai numerosi intervenuti agli Stati Generali, la multiforme identità della futura Capitale viene esplicitata in quattro obiettivi e vengono elencati, per il perseguimento degli stessi, ventisei tra temi progettuali e progetti pilota.
Limitiamoci ad enunciare i quattro obiettivi:
1. Roma città della sostenibilità ambientale;
2. Roma città policentrica e solidale;
3. Roma città della competizione globale;
4. Roma città della cultura e dell’entertainment (sic per intrattenimento).
Del primo obiettivo fa parte il piano di Rifkin che i nostri lettori già conoscono ed il recupero del Tevere come asse della città. La realizzazione del secondo obiettivo è affidata al tema delle Nuove Centralità Urbane (NCU), a quello della rigenerazione urbana delle periferie ed al progetto pilota per la ricostruzione di Tor Bella Monaca. Temi di cui Il Borghese si è già occupato e su cui ritorneremo stante il limite di concezione che è stato ravvisato negli stessi.
Ciascuno di questi obiettivi con i relativi temi progettuali merita almeno un articolo di commento per illustrarne l’importanza e contribuire a diffondere una coscienza critica circa l’avvenire della Capitale. C’è, però, un altro grande obiettivo che la giunta Alemanno persegue: riportare a Roma le Olimpiadi del 2020.
“ Il 19 maggio 2010 il CONI ha votato quasi all’unanimità, scegliendo Roma come città designata a rappresentare l’Italia nella corsa per l’assegnazione dei Giochi Olimpici del 2020, premiando un progetto solido, realistico e finanziabile, ben strutturato e volto a valorizzare a livello mondiale le straordinarie eccellenze della Città eterna”.
E’ abbastanza ovvio come l’occasione delle Olimpiadi costituisca un formidabile acceleratore del PSS e l’Unione Industriali di Roma, fiutato l’affare, ha creato il Comitato di Sostegno alla Candidatura maiuscolando non solo il nome – per l’acrostico CSC – ma anche gli aderenti data la loro caratura. A questo comitato se ne è aggiunto un altro il “Comitato per l’Accoglienza Roma Capitale (Carc) 2020” che vede coinvolti Confcommercio Roma, Federlazio, Confesercenti Roma, Main Company (?) e Roma Formula Futuro. Non bastasse la Unindustria ha promosso la costituzione della Fondazione Roma 2020 per lo sviluppo della Città Olimpica avendo stimato, tramite il proprio centro studi, che l’organizzazione delle Olimpiadi determinerebbe investimenti per 12,7 miliardi, un fatturato locale di 24 miliardi di euro e un aumento dell’occupazione pari a 109mila unità nell’arco di undici anni. Secondo gli studi condotti 2,3 miliardi, da aggiungersi ai precedenti, costituirebbe la spesa per l’organizzazione di Roma 2020 di cui l’85% andrebbe per l’organizzazione specifica dell’evento olimpico, il restante 15% comprenderebbe la sicurezza, il programma culturale, decoro urbano e altri progetti speciali. In totale un investimento di 15 miliardi che, assicura Unindustria, avrebbe ricadute per 33 miliardi, ovvero il doppio del capitale investito.
Un buon affare che spiegherebbe la buona disposizione del Terzo Stato verso il PSS, ma non conta tanto chi ci guadagnerà quanto, piuttosto, cosa resterà alla Capitale. Non preoccupa quanto si costruirà ma come. Purtroppo i nomi che circolano non inducono all’ottimismo e manca una figura di realizzatore che offra garanzie circa il dopo. Come avemmo occasione di scrivere su queste pagine manca un magister urbis, un Virgilio Testa capace di lasciarci un altro quartiere come l’EUR che, attraverso l’immagine dell’edificato lanci il messaggio del riscatto urbano “chiamando il mondo a riconsiderare il cammino della civiltà dello spirito percorso in due millenni di storia per superare le secche del pensiero moderno ed aprire la strada all’evoluzione nel terzo millennio”.