Leggi ad personam. Ecco il retroterra politico e morale

05 Maggio 2011

Filippo Giannini

 

DE LEGIBUS.

 AD PERSONAM

 

Tra mafie resistenti e filosovietici resistenti fu tessuta la rete partitocratica che ancora ci imprigiona

 

 Silvio Berlusconi è accusato di essersi buttato in politica per guidarla e varare leggi ad personam così da salvarsi dai tanti processi che si è (e che gli hanno) tirato contro (ma non allora). Che farabutto!
Altro caso  all’ordine del giorno  sulle pagine dei  mass-media è che vi sempre un personaggio di truno che lamenta che <ci sono famiglie che non arrivano a fine mese>. Come sono premurosi! Quasi in odore di santità! Per quanto la cosa sia vera per una certa percentuale di italiani, la cosa puzza proprio in quanto sono normalmente dei santi poco santi, i santi della sinistra a monopolizzare strumentalmente un tema così delicato. Solo dopo aver approfondito la conoscenza di alcuni   questi quasi santi, siamo rimasti sconvolti da notizie, sino a poco prima, impensabili. I quasi santi sono, in realtà, dei paraculi; sì, perché solo i paracieli possono escogitare queste paraculatine (scusate la volgarità dell’espressione).
Solo in un secondo tempo abbiamo recepito che le leggi ad personam sono una prassi comune in questo Paese dei Diritti e delle libertà, espressione di Luciano Violante, usata per festeggiare una delle tante giornate inutili, oltre che vergognose, come quella del 25 aprile, giorno della riconquistata libertà. Quale libertà? Suvvia, non continuiamo a fare i bischeri: i paraculetti avevano bisogno di abbattere il truce tiranno per re-instaurare il Paese dei paraculetti. Sono anni ormai che si parla delle leggi ad personam concepite da Berlusconi. Allora osserviamo: ci dovrebbe essere una legge che vieta il cumulo delle pensioni, allora ci domandiamo: come mai i vari Prodi, Scalfaro, Amato (da quello che sappiamo, il cumulo delle pensioni di questo parlamentare supera i 20 mila Euro al mese), Ciampi e chissà quanti altri godono di simili privilegi. Le prebende dei parlamentari e dei senatori, con relativi benefici (diritto alla pensione dopo pochi mesi di attività parlamentare, telefono, viaggi ecc. ecc. tutto gratis), non sono leggi ad personam che si sono auto-concesse? In altre parole, per essere più chiari, questi privilegi che i soliti noti si sono attribuiti, sarebbero stati impensabili se non si fosse riconquistata quel certo tipo di libertà a cui pensavano e di cui tutti siamo rimasti vittime in questi quasi 70 anni di democrazia appena appena formale.
Come è accaduto tutto questo? Un semplice esempio.Volgiamo lo sguardo a quanto accadde nel luglio del 1943, quando i liberatori sbarcarono in Sicilia. È noto che il regime fascista sgominò la mafia la quale, per sopravvivere, dovette fuggire negli Stati Uniti dove trovò un ambiente favorevole alla propria sopravvivenza. Quando gli strateghi americani concepirono lo sbarco in Sicilia, contattarono alcuni importanti boss mafiosi siculo-americani, tra i quali Lucky Luciano, proponendo loro un cospicuo patto: la libertà e la ricchezza in cambio di un sostanzioso appoggio al momento dello sbarco. Per la riconquista della Sicilia verranno mobilitate le famiglie più prestigiose della mafia americana: gli Adonis, i Costello, gli Anastasia, i Profaci. Circa tremila gli uomini d’onore che furono utilizzati dall’esercito a stelle e strisce, per la loro guerra di liberazione della roccaforte europea. Cioè era stata concepita una guerra ad personam grazie alla mafia statunitense. Andiamo avanti. Gli eroi sbarcano e gli invasori vengono ovunque accolti con fiori, reverenze, applausi e offerte di segnorine. Ma il bello venne dopo: con l’appoggio di questo formidabile esercito subentra una nuova battaglia, quella delle cariche. Con l’arrivo della libertà e dei liberatori e con il rientro dei mafiosi aventi diritto alla ricompensa, ebbe inizio la spartizione, come dagli accordi, delle prebende; e su questo argomento i liberatori furono larghi di maniche. Alcuni esempi: Genco Russo diviene sindaco di Mussomeli, Calogero Vizzini (un super assassino colpevole di una cinquantina di omicidi) fu nominato sindaco di Villalba. Questo personaggio al momento dell’insediamento fu salutato dalla folla al grido di Viva la mafia.
Cinquecento uomini di cosa nostra, confinati dal regime fascista ad Ustica, furono immediatamente liberati, tornarono a casa per prendere possesso dei posti vacanti di sindaco e di funzionari nelle amministrazioni. Lo stesso governo civile alleato, che era guidato da Charles Poletti, completerà il proprio organico pescando nel ricco serbatoio mafioso: Damiano Lumia, nipote di Calogero Vizzini, divenne interprete del Civil Affair; a Vincenzo di Carlo, capo della mafia di Raffadali, venne affidata la responsabilità dell’ufficio requisizioni del grano. Il capo mafia di Corleone, Michele Navarra, fu incaricato di raccogliere gli automezzi militari abbandonati.
Grazie alla democrazia statunitense, la Sicilia, e in pectore l’Italia, è ora saldamente in pugno a cosa nostra, la quale, costituita una struttura politico-militare, quella separatista, fu in grado di assicurare il controllo del territorio e delle rotte marittime agli States. Mentre negli altri territori sotto controllo dei vincitori era vietata qualsiasi attività politica, i separatisti organizzano pubbliche riunioni, cui prendevano parte ufficiali americani in divisa. Il separatismo siciliano godeva di ampi appoggi nei più importanti complessi industriali, finanziari e politici americani, per esempio la signora Eleonora Roosevelt (moglie del Presidente) scrisse: <Saremo lieti e orgogliosi se la Sicilia potrà essere la nostra longa manus degli Stati Uniti in Europa>. Materiale bellico verrà fatto pervenire a nuclei dell’esercito separatista a cura di Salvatore Sciortino.
Ed ora, concludendo, è d’obbligo chiedere: <O italiani, da queste radici quale altra Italia vi sareste aspettati?>
Cosa avveniva nell’altra parte?
Finora abbiamo esaminato solo alcune delle nobili persone che hanno condannato il male assoluto ed ora, quale persona informata dai fatti (mi sembra che oggi si dica così!), diamo uno sguardo alle malefatte compiute dal male assoluto (solo questo termine caratterizza la capacità intellettuale dei sionisti e di coloro i quali li scimmiottarono, ultimo il ben noto rinnegatore della destra italiana. Ma andiamo avanti).
Vogliamo iniziare sul modo come l’essere demoniaco concepiva le leggi ad personam? Tutti sanno, o dovrebbero sapere, dato che ci sono in giro tanti capiscioni, che, a guerra terminata, Donna Rachele, quando si accinse a chiedere la pensione del marito, sorsero mille difficoltà, in quanto Benito Mussolini aveva sempre rifiutato ogni compenso. Esattamente come agiscono le anime candide citate all’inizio di questo scritto.
Anche durante la Repubblica Sociale Italiana, anche qui il mostro in assoluto, mettendo in atto la sua legge ad personam, rifiutò ogni emolumento, sino a quando Giovanni Dolfin, capo della Segreteria particolare, si trovò in difficoltà per espletare le esigenze degli uffici. Il Ministro Pellegrini-Giampietro, in una memoria pubblicata su Il Candido del 1958, ha scritto: <Nel novembre era stato preparato un decreto, da me controfirmato, con il quale si assegnava al capo della RSI, l’appannaggio mensile di 120 mila lire. Il decreto, però, che doveva essere sottoposto alla firma del Capo dello Stato, fu da lui violentemente respinto una prima volta. Alla presentazione, effettuata dal Sottosegretario di Stato, Medaglia d’Oro Barracu, seguì una seconda del suo Segretario particolare Dolfin. A me, che, sollecitato da Dolfin e dall’economo, ripresentai per la terza volta il decreto, Mussolini disse: “Sentite Pellegrini, noi siamo in quattro: io, Rachele, Romano e Annamaria. Mille lire ciascuno sono sufficienti”. Dovetti insistere per fargli notare che, a parte l’insufficienza della cifra indicata, in relazione al costo della vita, occorreva tener conto delle spese della sua casa e degli uffici. Dopo vive sollecitazioni finì per accettare, essendo egli anche Ministro degli Esteri, solo l’indennità mensile di 12.500 lire assegnata ad ogni ministro. Nel dicembre 1944, però mi inviò una lettera che pubblicò, rinunciando ad ogni e qualsiasi emolumento, ritenendo sufficienti alle sue necessità i diritti d’autore>. Amici lettori, non vi pare di vedere le stesse azioni di quei passerotti, sopra ricordati, che rifiutano ostinatamente ogni aggiunta di pensione a quelle già ricchissime che si sono autoconcessi, con furbatine, (neanche a dirlo!) assolutamente democratiche ?
Qualcuno potrebbe osservare: sì, Lui, ma i fascisti… ammazzali loro!
Beh! Giudicate voi. A guerra terminata, nel bel mezzo della caccia al fascista e delle inquisizioni cui erano sottoposti, lo Stato democratico e finalmente libero (di rubare!) aprì un’inchiesta a carico di 5005 (cinquemila e cinque) gerarchi e alti funzionari del mai sufficientemente deprecabile infausto Ventennio, inchiesta tendente ad accertare quanto i fascisti avessero rubato. L’operazione di indagine andò avanti per un paio di anni. Ma a farsa si somma farsa. Come scritto, non si trovò nulla di illegale; un bel giorno apparve su tutti i giornali (politicamente corretti) la notizia: <Trovato il tesoro di Italo Balbo; è nascosto in una cassetta di sicurezza in una banca>. Il giorno deciso dagli inquirenti per aprire la cassetta inquisita furono convocati operatori, giornalisti, il fior fiore dei politici e, con gran pompa, la famigerata cassetta fu aperta; obbrobrio, il tesoro era una sciarpa: la sciarpa Littorio.
Dopo di che, dato che c’è un limite per il ridicolo anche per la Repubblica nata dalla Resistenza, l’inchiesta sui 5005 (cinquemila e cinque) indagati, zitti, zitti, gli inquisitori chiusero le indagini e accantonarono l’inchiesta.
La rabbia degli ometti, dovendo competere contro un siffatto uomo, si esplica armando l’informazione di cui sono padroni, cosa garantita dai paesi plutocratici che vedono ancora, come allora, il terrore che le idee lasciate nel Ventennio possano rimettere radici. Allora ecco il motivo, ripetiamo essendo padroni dell’informazione, di falsare fatti realmente accaduti sostituendoli con fantasie e pure menzogne. Ma qui si erge la voce del più grande giornalista svizzero, anche scrittore e storico, Paul Gentizon: <Se v’è un nome che nel dramma resterà puro ed immacolato, sarà quello di Mussolini. In tutte le circostanze ed anche dinanzi alla più atroce avversità. Egli è rimasto di una fermezza incrollabile; sino alla morte è rimasto fedele all’onore, e non ha capitolato. I suoi avversari, senza parlare dei suoi fedeli, non possono che inchinarsi sulla sua tomba in rispetto e ammirazione>. Per ottemperare a questo civile dovere, gli avversari dovrebbero essere UOMINI e non omuncoli; da qui la necessità di tentare di uccidere quell’uomo giorno dopo giorno, anzi, ora dopo ora. Ma egli, la sua opera, la sua missione non muoiono. Questo è e sarà (ce l’auguriamo) la loro tragedia senza fine.
Ecco come Mussolini vedeva l’avvenire della sua tanto amata Italia, nei decenni che seguiranno la fine del Secondo conflitto mondiale: <Con l’8 settembre si è perduto qualcosa di molto prezioso, che l’Italia faticherà duramente a riconquistare: l’onore nazionale e il rispetto che sino a ieri essa aveva in tutto il mondo. Un popolo senza rispetto e senza onore diventa un giocattolo nelle spire degli interessi politici dei vincitori. Non sarà difficile all’ipocrisia del tradizionalismo britannico trovare dei pretesti con cui mascherare i suoi sentimenti di vendetta e tutto sarà fatto nel nome della democrazia, della giustizia e della libertà: un paravento dietro il quale si nascondono gli interessi del più sudicio capitalismo, venga questo da Londra, da New York o da Mosca. IL POPOLO ITALIANO VIVRA’ UN PERIODO AMARISSIMO, CHE VEDRA’ SCREDITATI E TRAVOLTI TUTTI I PRINCIPI DELL’ONESTA’ E DELLA MORALE. Probabilmente nei paesi vinti si provvederà immediatamente a imporre una così detta costituzione democratica: ne seguiranno liti parlamentari, scandali politici e turpitudini morali senza fine, da cui ci si potrà attendere di tutto eccetto che qualcosa di buono e di costruttivo> (Mussolini si confessa, di Georg Zachariae, pag.192)
In altre parole: l’attuale espressione del dolce giocare, il bunga bunga, per lenire i dolori delle lotte feroci e senza esclusioni di colpi e scandali di ogni tipo e di ogni latitudine politica che ci investono dalla nascita della Repubblica che purtroppo per propilei ha avuto mafiosi e comunisti “resistenti”.