Mario Cervi e la deriva di un insignificante antifascismo da strapazzo

06 Luglio 2011

Filippo Giannini

 

MARIO CERVI, IL SUPER-CAPISCIONE

 

La lupa dantesca, che mai non empie sua bramosa voglia e si marita con ogni sorta d’animali, non sia, non già l’avarizia, come comunemente ci fa credere il Sommo Poeta, bensì la Menzogna, artatamente montata, nel qual caso sarebbe vano sperare in un Veltro capace di ricacciarla nell’inferno, là onde invidia dipartilla. Per questo mio saggio di erudizione chiedo venia prima a Dante Alighieri per lo scempio arrecato alla Sua Commedia (davvero) Divina, poi ai miei amici lettori, ma non a Mario Cervi verso il quale questo mio saggio è rivolto. E mi spiego.
Ho scritto più volte che l’itaglia (sì, sì, ho scritto bene: itaglia, perché l’Italia era una cosa diversa) è divisa fra capiscioni e non capiscioni; i primi erano coloro che dopo la guerra avevano capito tutto. I secondi appartengono alla categoria opposta.
Mario Cervi, come Giorgio Bocca e, purtroppo, tanti altri sono i super capiscioni, coloro cioè che si adoperano in ogni modo per dimostrare che il fascismo e il regime fascista erano l’aberrazione criminale d’una masnada di avventurieri. Capito? Il Fascismo, non l’attuale sistema democratico!
Su Il Giornale del 21 giugno scorso, il nostro super capiscione, rispondendo ad una lettera di un lettore che aveva citato un saggio di Eugenio Di Rienzo (Storia in Rete del mese di maggio), fra l’altro ha scritto: <L’ostinata intransigenza francese vanificò l’azione diplomatica italiana, rendendo inefficaci le manovre di Mussolini per agire in senso moderato nei confronti di Hitler>. Eugenio Di Rienzo ha scritto il vero, scientificamente dimostrabile, perché la Francia ci è stata sempre, ripeto sempre, ostile, anche oggi( vedere l’azione criminale di Sarkozy con il gangsteristico attacco alla Libia, attacco tendente a sottrarre contratti stipulati a nostro favore con il governo libico).
Stavo per scrivere: allora dedico quanto segue a Mario Cervi. Ma mi correggo: di Mario Cervi me ne frego altamente, non gode della mia stima in quanto ritengo poco credibile che non conosca quanto sostengo, e cioè che l’Italia fu costretta alla guerra, guerra voluta e ottenuta dalle potenze capitaliste, e cioè per essere chiari, dalla Gran Bretagna, dalla Francia e, soprattutto dagli Stati Uniti. Mi rivolgo invece ai miei lettori che anche troppo sono stati ingannati dai capiscioni di turno. Capiscioni che tali vogliono essere perché Mussolini aveva introdotto un sistema di governo onesto, giusto e, soprattutto di valori squisitamente sociali, valori che stavano danneggiando i possessori delle grandi banche e dell’oro. Valori che potrebbero, ancora oggi, essere riproposti e che, ancora oggi se presentati, danneggerebbero i grandi finanzieri e i supercapitalisti. E allora: guerra!!! Il Duce, rispondendo ad una lettera di Roosevelt, uno fra i più scellerati tiranni che la storia ricordi, così scrisse: <Ci sono Paesi che provocano le guerre e Paesi che le subiscono> e l’Italia si trovò nella seconda situazione. In merito, ecco quanto ha scritto lo storico americano George N. Crocker (Lo stalinista Roosevelt, pag. IV): <Poiché ci troviamo su dimensioni fuori del comune diremo che nessun popolo fu ingannato così magistralmente, così preso in giro e beffato, come il popolo americano dal Presidente Roosevelt e dalla sua corte>. Oppure, ancora (pag. I): <Pochi uomini hanno mai continuato a pesare con la loro opera, sugli affari del mondo, oltre la propria tomba, quanto questo Presidente degli Stati Uniti>.
<L’attacco alla Francia, VOLUTO DAL DUCE ecc.> ha scritto il super capiscione, ma è proprio così? Per sostenere questa tesi antistorica e antiscientifica, cita anche Pietro Badoglio. E allora, citiamo Badoglio. <(Mussolini) era dotato di un intuito politico notevole e di una straordinaria prontezza nel percepire i problemi più disparati (…). Non era un sanguinario e non voleva la guerra>.
Scrive Roberto Festolazzi (Laval-Mussolini, la storia dello statista francese che volle l’intesa con l’Italia): <Nel 1935 l’Italia e la Francia furono a un passo dal realizzare un nuovo ordine europeo che isolasse Hitler. Artefice di questo progetto fu Pierre Laval>. Non furono le forze antifasciste europee che inficiarono questa iniziativa?
Non fu Mussolini a cercare la strada affinché in Europa permanesse uno stato di equilibrio, senza dominatori assoluti? Non fu il Duce che incaricò Balbo e Grandi di presentare nella Conferenza Locarno (1925) un progetto di disarmo pressoché totale? Da chi fu sabotata anche questa proposta?
Piero Operti era un antifascista liberale, una persona che avrei avuto piacere di incontrare, purtroppo è venuto a mancare anni or sono. Piero Operti è autore di un volume: Lettere Aperte, dal quale propongo alcuni concetti. Prima di iniziare desidero rimarcare l’assoluta onestà intellettuale dell’Autore, ricordando di nuovo la sua idea liberale e antifascista. A pag. 33, possiamo leggere: <Anche senza Mussolini non avremmo evitato la guerra e le relative rovine>. Pag. 34: <Dal 1925 al 1939 la quotazione nazionale e internazionale del regime fu in continuo aumento (…). I più notevoli di questi aspetti fu il grande aumento di prestigio acquistato dall’Italia all’estero (…). Nel ’34 Churchill dichiarava ai nostri giornalisti: “Se io fossi italiano sarei fascista”. Non bisogna dimenticare che per parecchi anni a Roma fu un andirivieni dei capi di governo i quali venivano a prendere l’imbeccata del nostro Primo Ministro, né che in quel tempo una pleiade di scrittori stranieri, a cominciare da Ludwig, andavano a gara nel comporre monografie apologetiche su Mussolini e sul fascismo, né che le più alte personalità della cultura internazionale affluivano annualmente a Roma, felici di farsi fotografare a fianco del Duce e tornando in Patria dicevano meraviglie dell’Italia fascista (…). Numerose volte mi accadde di sentir stranieri invidiarci Mussolini (…)>. E a proposito di quanto ricordato da Operti, aggiugo che il grande banchiere americano John Pierpont Morgan osservò, nel pieno della crisi congiunturale: <In America i nostri uomini politici non si curano se non di un problema, quello della loro rielezione. Tutto il resto non li interessa che mediocremente. Felici voi, italiani, che grazie a Mussolini, avete in questo periodo così difficile il senso della sicurezza e della fiducia in voi stessi. Ci vorrebbe anche per l’America un Mussolini>. Con tutti i successi che Mussolini stava ottenendo con la sua politica di pace, poteva voler una guerra? Ed ecco, di nuovo in merito altre osservazioni di Piero Operti:, pag. 40 <(…). Mussolini che non temeva nulla più di una guerra europea e che fece quanto era in suo potere per scongiurarla (…). L’Italia poteva forse procrastinare il flagello, scongiurarlo non poteva: unica nostra scelta era di ricevere in prevalenza le bombe inglesi o quelle tedesche o, restando neutrali, le bombe degli uni e degli altri, e in ogni caso eravamo il vaso di coccio costretto a viaggiare coi vasi di ferro>. Ma il super capiscine sostiene il contrario. E allora ricordiamo come era conciata l’Europa nel 1939-1940: in 15 giorni i tedeschi liquidarono la Polonia (1-15 settembre 1939), in 21 giorni la Norvegia e le forze anglo-framcesi accorse in suo aiuto (9-30 aprile 1940, in 5 giorni l’Olanda (10-15 maggio 1940), in 17 giorni il Belgio e le forze anglo-francesi accorse in suo aiuto (10-27 maggio), in 12 giorni la Francia (5-17 giugno). Inoltre: fu una pugnalata alla schiena? Perché, tutto il mondo non era a conoscenza che l’Italia era alleata della Germania? E cosa dire dell’attacco dell’Urss al Giappone dopo che questo aveva ricevuto la bomba atomica? Eppure fra Urss e Giappone c’era un Trattato di amicizia.
A dispetto dei vari super capiscioni espongo i veri motivi (fra i tanti altri) per cui l’Italia fu COSTRETTA alla guerra: Roosevelt aveva impostato la campagna elettorale del 1933, per la sua rielezione, all’insegna del New Deal, cioè un vasto intervento statale in campo economico, ossia proponendo un’alternativa al liberismo capitalista. Una volta eletto Roosevelt (e questo nel dopoguerra venne accuratamente nascosto) inviò nel 1934, in Italia Rexford Tugwell e Raymond Moley, due fra i suoi più preparati uomini del Brain Trust, per studiare il miracolo italiano. Lucio Villari così commenta l’avvenimento: <Tugwell e Moley, incaricati alla ricerca di un metodo di intervento pubblico e di diretto impegno dello Stato che, senza distruggere il carattere privato del capitalismo, ne colpisse la degenerazione e trasformasse il mercato capitalistico anarchico, asociale e incontrollato, in un sistema sottoposto alle leggi e ai principi di giustizia sociale e insieme di efficienza produttiva>. L’Economia Italiana fra le due Guerre, pag. 123, così riporta uno stralcio del Diario di Rexford Tugwell, in data 22 ottobre 1934: <Mi dicono che dovrò incontrarmi con il Duce questo pomeriggio (…). La sua forza e intelligenza sono evidenti come anche l’efficienza dell’amministrazione italiana, è il più pulito, il più lineare, il più efficiente campione di macchina sociale che abbia mai visto. Mi rende invidioso (…).
Bernard Shaw scrisse: <Lo Stato Corporativo fascista rappresenta il grande avvenimento del secolo (…). Le cose da Mussolini già fatte (e siamo nel 1937, nda) lo condurranno prima o poi in un serio conflitto con il capitalismo>. Ecco il vero motivo della guerra, checché ne dicano i vari super capiscioni. A conferma di ciò, ecco quanto ha scritto Winston Churchill nella sua La Seconda Guerra Mondiale, 1° Volume, pag. 209: <Adesso che la politica inglese aveva forzato Mussolini a schierarsi dall’altra parte, la Germania non era più sola>. Ora pongo di nuovo una domanda semplice semplice, domanda che ho posto ripetutamente ai vari capiscioni e super capiscioni: ricordando come poco sopra citato, e cioè le travolgenti vittorie tedesche e ricordando che le sue truppe, intatte e armatissime erano accampate al Brennero, quale delle tre soluzioni avreste consigliato a Mussolini quel fatidico 10 giugno 1940: 1) guerra alla Germania; 2) neutralità; 3) guerra a fianco della Germania? Nonostante che questo quesito lo abbia posto ripetutamente, mai ho ricevuto una risposta.
Termino con una serie di citazioni di personalità non davvero fasciste.
<Se il fascismo era davvero, come gli Alleati avevano sostenuto per meglio vincere la guerra, una sorta di incarnazione satanica, un “male” generato dal male, nessuna potenza vincitrice era tenuta a interrogarsi sulle cause della seconda guerra mondiale e sulle proprie responsabilità dopo la fine della prima. Promuovendo il fascismo al rango di “male assoluto” gli Alleati permisero agli italiani di sbarazzarsi del loro passato con una menzogna e di mettere la guerra sulle spalle di un uomo: Mussolini>. (Sergio Romano, tratto da Finis Italiae).
Paul Gentizon, il più noto giornalista svizzero, così inizia il suo saggio (Difesa dell’Italia, pag. IX): <Riascoltiamo con reverenza il grido di Peguy. “Bisogna gridare forte una verità conquistata se non si vuole allinearsi coi mentitori e coi falsari”>. Così Paul Gentizon conclude: <Tutto ciò che ha fatto il Fascismo è consegnato alla Storia. Ma c’è un nome che, in tutto questo dramma, resterà puro e immacolato, sarà quello di Mussolini>.
E allora, signor Mario Cervi…?