Modelli di riferimento del mondo naturale. Le formiche

27 Ottobre 2011

Fonte: Adelphi

 

Il Superorganismo

 

L’idea di una società coesa e solidale, retta da regole inflessibili, dove ciascuno ha un compito ben definito e nulla è lasciato al caso – simile dunque a un meccanismo perfetto che si muova sulla scena globale come un tutt’uno –, ha sempre affascinato i filosofi, e spesso gli insetti sociali sono stati assunti come modello anche per gli umani. Saggiamente, nel celebrare «la bellezza, l’eleganza e la stranezza delle società degli insetti», Hölldobler e Wilson si astengono da arbitrarie, quanto scontate, estrapolazioni sociopolitiche e restano saldamente ancorati all’ambito che è loro più congeniale, quello della natural history, la biologia sul campo. A differenza dei biologi di orientamento teorico-sperimentale, condividono infatti il gusto per l’os­servazione della natura e la minuziosa raccolta di dettagli, unicamente motivati dalla passione per il proprio soggetto. E di questa indagine è frutto Il superorganismo, destinato a modificare radicalmente il nostro modo di guardare le società degli insetti. Protagoniste sono, ancora una volta, le formiche. Presso questi animali prodigiosi – come presso gli altri insetti «eusociali», api e termiti – la divisione del lavoro è così rigorosa da non risparmiare neppure i neonati o la funzione riproduttiva: da un lato la regina madre e gli inoffensivi maschi addetti al­l’insemina­zione, dall’altro la casta delle ope­raie sterili dedite alla cura della prole regale o impiegate in missioni ad alto rischio. Per spiegare forme tanto estreme di cooperazione, sostengono Hölldobler e Wilson, è necessario ipotizzare una selezione fra gruppi il cui effetto coesivo riesca a superare gli effetti dissolutivi della concomitante selezione individuale all’interno del gruppo. Una colonia è dunque, a un livello più alto, un organismo. E misteriosamente il superorganismo è privo di testa. Nella immensa società degli insetti, poche semplici regole («algoritmi»), eseguite ripetitivamente da esseri dal cervello grande quanto un granello di sale, danno luogo, per un fenomeno di organizzazione spontanea, a quello che appare un miracolo di intelligenza – una «civiltà», in assenza completa di coscienza e ragione.
Gli autori
Bert Hölldobler
Berthold K. Hölldobler è titolare della cattedra di Sociobiologia e Fisiologia del comportamento all’Istituto Theodor Boveri dell’Università di Würzburg. Fino al 1990 è stato professore di Zoologia alla Harvard University. Edward O. Wilson è titolare della cattedra di Scienze alla Harvard University, dove è anche curatore della sezione Entomologia presso il Museum of Comparative Zoology. Oltre a numerosi riconoscimenti scientifici, ha ricevuto due premi Pulitzer (uno insieme a Hölldobler) per le sue opere divulgative. Di lui sono stati tradotti in italiano: La società degli insetti (1976), Sociobiologia. Una nuova sintesi (1979), Sulla natura umana (1980) e Biofilia (1985).
Bert Hölldobler, Edward O. Wilson: Il superorganismo,Traduzione di Isabella C. Blum, Biblioteca Scientifica 2011, pp. 602, isbn: 9788845925603, Etologia, € 49,00.

 

La creazione

 

Il ruolo delle formiche nella biosfera – ci dice Edward Wilson – è così importante che l’umanità forse non potrebbe sopravvivere senza di esse. E di certo non potrebbe sopravvivere senza batteri e archei, l’invisibile e onnipresente «materia oscura» dell’universo vivente della Terra. Ma l’umanità, prigioniera della propria strategia arcaica della sopravvivenza a breve termine, è ancora troppo concentrata su se stessa e sui propri bisogni, e sta distruggendo la natura con la forza di un meteorite. Entro la fine del secolo, metà di tutte le specie potrebbero essere definitivamente uscite di scena. Avrà allora inizio quella che potrebbe venire ricordata un giorno come l’Era eremozoica – l’Età della Solitudine. I costi materiali e spirituali per le generazioni future rischierebbero di essere sbalorditivi, ma a scongiurare tutto questo non bastano mere considerazioni utilitaristiche. Per risultare realmente efficace, la strategia di conservazione deve tentare di collegare l’approccio razionale tipico della scienza con quello più emotivo e spirituale offerto dalla nostra innata «biofilia», tendenza che permane, seppure atrofizzata, persino nei bozzoli artificiali in cui scorre la nostra esistenza urbana e che potrebbe diventare il fondamento di una nuova etica. La battaglia ecologista è spesso poco più di un kit ideologico; ma qui a condurla è uno scienziato della statura di Wilson, capace di inesorabili affondi e di analisi precise: la messa a fuoco del rapporto tra natura selvatica e psiche; l’individuazione di specie invasive come una delle principali cause di estinzione e l’estensione del concetto di «alieno» alla stessa attività umana; l’affermazione della discrasia adattativa fra Homo sapiens e un ambiente che muta troppo rapidamente. Uno scienziato, per di più, che per la sua appassionata perorazione ha scelto la singolare forma di una lettera indirizzata a un immaginario uomo di chiesa, nella speranza che religione e scienza, «le forze più potenti nel mondo di oggi», possano incontrarsi «al di qua della metafisica» per salvare il futuro della vita sulla Terra. Come ha scritto Oliver Sacks a proposito di questo libro, non potremo allora «non sentirci tutti coinvolti».
Edward O. Wilson: La creazione,Traduzione di Giuseppe Barbiero, La collana dei casi, 2008, pp. 198, isbn: 9788845923241, Filosofia, Biologia, € 19,00.