Politica industriale ed energetica. Un esempio sulle assenze incredibili dell’esecutivo

19 Maggio 2012

riproposto il 21 Maggio 2012

Enea Franza

 

Energia, il costo delle scelte sbagliate.

Siamo oramai arrivati all’autolesionismo più stupido?

Ecco con quale miopia si mettono in definitiva crisi gli imprenditori di  interi comparti produttivi e come li si spingono “fuori mercato”  e a chiudere o allocare all’estero le loro industrie. – Squilibrio assoluto nelle scelte energetiche operate, che determinano il collasso produttivo di industrie ad alto consumo energetico. – Sono da attendersi a breve altri fallimenti e altri disoccupati?

 

Con la crisi i nodi di sempre vengono al pettine. Nel Paese dove la politica ha cavalcato le mode e gli istinti del momento senza imporsi per la costruzione di infrastrutture capaci di supportare adeguati livelli di sviluppo, la politica energetica costituisce uno dei nodi più delicati e fragili del sistema.
Partiamo da un assunto, sul quale sono certo in molti avranno da ridire, ma su cui nonostante tutto mi permetterò di insistere. I c.d. settori maturi costituiscono l’ossatura che ha permesso al nostro Paese di rimanere a galla, nonostante le note difficoltà della finanza pubblica. I c.d. settori maturi sono certamente quello dell’acciaio e, più in generale della siderurgia, della ceramica e della carta. E’ indubitabile che essi, pur ridimensionati nel corso degli anni e in particolare quello della siderurgia, abbiano dato, in questa fase di crisi, un alto contributo in termini di Pil e sono voci importantissime, in termini di fatturato, della nostra bilancia commerciale.
Ecco l’altra faccia della medaglia. Le attività citate sono caratterizzati da un basso tasso di crescita della domanda, una scarsa differenziazione del prodotto, e sono molto aperti alla concorrenza internazionale. La natura del loro vantaggio competitivo è legata, quindi, moltissimo ai fattori di costo. I settori maturi in altre parole (e, scusandomi per le forzature che farò per amore della sintesi), sono caratterizzati da concorrenza, specialmente quella di prezzo, molto intensa. Stabili posizioni di vantaggio competitivo sono spesso associate ai vantaggi di costo generati da economie di scala o di esperienza, mentre un vantaggio legato alla differenziazione è generalmente frutto della fedeltà al marchio.
Ciò premesso, voce di costo primario è quello dell’energia. Il problema di fondo, infatti, è che i settori maturi sono molto energivori, E qui veniamo al punto.
Nel nostro paese, negli ultimi anni, il costo dell’energia è andato per tali soggetti fortemente aumentando. Infatti, mentre il costo complessivo ha registrato un beneficio dalla scelta del solare, il costo medio per giga wattora per tali soggetti sembra essere aumentato in modo esponenziale.
Quali sono le ragioni di questo apparente paradosso?
Bene, come ho accennato, la responsabilità deve imputarsi alla politica energetica che ha spinto molto sulle energie alternative ed in particolare la scelta per il solare. Vediamo più in dettaglio. Fatto pari a cento la produzione di energia nazionale, solo fino a tre anni fa poco più del 10% della produzione nazionale veniva dal solare. Ora la produzione di energia proveniente da fonti alternative è salita al 33,3%.
Quello che è un indubbio vantaggio per il nostro Paese, ha però per i settori maturi una conseguenza a dir poco devastane. L’effetto sembra essere stato quella di un incremento molto forte del costo dell’energia durante le ore notturne, orario nel quale le industri metallurgiche assorbono gran parte del fabbisogno di energia nazionale. Il risultato complessivo, come confermano i dati che la Confindustria palesa in ogni possibile incontro sul tema dell’energia, è un aumento medio del costo dell’energia per tali imprese nell’ultimo biennio che sfiora il 15%. Una esagerazione confindustriale? Lasciamo ai tecnici del settore stabilire l’esattezza di tali calcoli, e quindi un’analisi più accurata.
A noi basti rilevare che, oltre confine, e non nel lontano Belgio, ma in Serbia, Slovenia, Romania il costo dell’energia è molto inferiore e tale fatto determina un elemento di competizione non trascurabile. Appare lecito a questo punto domandarsi quale politica industriale, in particolare nel settore energetico, stia seguendo il governo dei professori, a cui certamente, vista la loro acclamata competenza nel settore non può sfuggire il problema.
In realtà non c’è traccia di notizie che dicano che si stia intervenendo nel campo con specifiche iniziative. Se cosi è, forse si dovrà dare retta a chi, osservando quello che ne è delle Università Italiane, ritiene che il valore attuale di “professore” sia prossimo allo zero, essendo oramai quegli ambienti un luogo autoreferenziale e di pressoché nullo valore scientifico.
Siamo arrivati a rimpiangere i vecchi politici ladroni e questa è indebitamente la cosa peggiore!