Cosa si scrive sul “Lessico inattuale” di Gennaro Malgieri

 12 Gennaio 2014

FontI: Blitz.it, ILTEMPO.it

 

 

Redazione di Blitz

Gennaro Malgieri: “Lessico inattuale. Un conservatore davanti al pensiero unico”

Il saggio, che è un piccolo dizionario “antimoderno”, scandaglia la crisi del nostro tempo riferendosi all’uso distorto delle parole usate più di frequente. È un testo scopertamente polemico nei confronti del cosiddetto “politicamente corretto”

 

Gennaro Malgieri, “Lessico inattuale. Un conservatore davanti al pensiero unico” (Minerva edizioni).
Il saggio, che è un piccolo dizionario “antimoderno”, scandaglia la crisi del nostro tempo riferendosi all’uso distorto delle parole usate più di frequente. È un testo scopertamente polemico nei confronti del cosiddetto “politicamente corretto“.
Qui di seguito proponiamo la “voce” “Conservatore” che nell’uso corrente ha assunto valenze prevalentemente negative.
Conservatore
“Conservare è istintivo. Connesso alla natura umana. Fa parte del codice genetico della persona. Non si dissipa ciò che si ama. A cominciare dalla vita. E poi si continua con gli affetti, le passioni, le memorie. Tutto questo, e altro ancora, può essere codificato in una dottrina? Credo di sì. E penso che il conservatorismo nasca in questo modo: come dottrina che cerca di sistematizzare il tentativo di non perdere nulla d’essenziale e tradurlo in una politica dello spirito. La consapevolezza di vivere per lasciarsi qualche cosa dietro, formare un’eredità riconoscendo, al tempo stesso, di essere eredi, è un modo di guardare alla vita in una forma che la trascende e contemporaneamente la rinnova.
«Chi non pensa che lo scopo dell’esistenza si realizzi nel breve istante, nel momento, nel tempo dell’esistenza stessa è un conservatore», scriveva Arthur Moeller van den Bruck. E, lucidamente, avvertiva che il conservatore, al di là delle definizioni politiche più o meno resistenti all’usura del tempo, «sa che la nostra vita non è sufficiente a creare quel che si propone lo spirito, la volontà, la forza decisionale di un essere umano. Egli vede che in quanto uomini nati in un momento determinato sempre e soltanto portiamo avanti quell’opera che altri hanno intrapreso, e che lì dove noi interrompiamo la nostra opera altri, a loro volta, la porteranno avanti. Egli vede il singolo uomo passare, ma vede permanere l’insieme del nostro operato. Egli vede l’attività fruttuosa di generazioni nelle applicazioni di una sola idea. Ed egli vede nazioni adoperarsi nella costruzione della loro storia».
Si può dire che, da questo punto di vista, il conservatore possiede il senso della storia a differenza del progressista che lo nega o del reazionario che neppure si pone il problema di salvaguardare ciò che merita di essere salvaguardato, ma si limita a reagire, con un moto contrario, a eventi che tendono a modificare l’ordine costituito quale esso sia. Se il progressista nega la continuità alla storia perché convinto che soltanto da un certo momento in poi è sorto ciò che merita di essere preservato e considera sostanzialmente tutto ciò che c’è stato in precedenza come avvolto nelle tenebre, il conservatore, ammoniva sempre Moeller van den Bruck, «distingue tutto quel che è avventizio, casuale e privo di consistenza, da quel che bisogna conservare in quanto valore. Egli riconosce quel che permane. Egli riconosce quello che dura. E antepone la sua prospettiva, che abbraccia un lungo tempo in un vasto spazio, a ogni prospettiva di scarso respiro e limitata nel tempo».
Ma c’è dell’altro che qualifica il conservatorismo ed è la visione di un «eterno ritorno» in tutte le vicende umane. Perciò si può parlare di «conservatorismo creativo» perché capace di rinnovare i valori della persona e del popolo nelle istituzioni politiche e sociali. In questo senso esso si distingue dal tradizionalismo sterile. In quanto nel conservatorismo domina la componente dinamica, mentre nel secondo prevale l’atteggiamento puramente reattivo o di rifiuto che lo condanna all’impotenza.
Ciò non vuol dire che la difesa della Trazione non sia uno degli elementi qualificanti il conservatorismo; essa però non lo esaurisce. In relazione al rifiuto della staticità, il conservatorismo assume le fattezze politiche a cui si è naturalmente portati a ricondurlo anche perché, come ha scritto Karl Mannheim, esso implica «un’omogeneità inerente più generalmente alla visione del mondo e ai sentimenti, che può spingersi fino alla costituzione di una determinata forma di pensiero». Da qui l’irriducibilità del conservatorismo al tradizionalismo e la differenza tra l’agire dell’uno rispetto all’altro che si estrinseca nell’importanza che il primo dà all’impianto istituzionale delle società ben ordinate, mentre il secondo si attesta sulla difesa di valori primari non ponendosi il problema di dare consistenza agli stessi nelle forme giuridiche e sociali.
In questo senso, un grande conservatore tedesco, prematuramente scomparso, Gerd-Klaus Kaltenbrunner sosteneva che «il conservatore ha tenuto fede alla sua vocazione se non intende ciò che solo egli può realizzare come una mera conservazione dei fragili resti di ordinamenti passati, ma come un originale contributo a un nuovo ordine che non solo non è distrutto ma connesso con la vita. Pronto a conservare fedelmente ciò che la storia ha tramandato e a tener testa senza panico alle novità, egli può essere visto come il vero rivoluzionario d’oggi, a differenza dei sedicenti tali. La tetraggine che si rimprovera al conservatore non è presente nella sua natura, poiché questa è portata a interpretare le più gravi distruzioni della storia come ritmi stagionali di un più grande ciclo di rinascite e di rinnovamenti, e a prendere dal passato non la cenere, ma il fuoco».
Il conservatorismo, come si vede, viene declinato in forme e modi diversi. Ma ha una indubbia ispirazione unitaria di fondo. Ispirazione che non può prescindere dall’occuparsi delle nuove tematiche politico-culturali rispetto alle quali sarebbe sciocco considerare il conservatorismo inadeguato. Al contrario, è proprio su temi come l’etica pubblica, la sovranità dei popoli, la salvaguardia delle identità culturali che un moderno conservatorismo può giocare un ruolo decisivo nel contribuire ad affrontarli con il realismo che fa parte del suo codice genetico. Nonostante l’avversione dei “fabbricanti di opinioni”, infatti, è di questo che la dottrina che ha avuto come padre Edmund Burke, è chiamata a occuparsi se vuole dare un senso a se stessa e una prospettiva al suo avvenire, magari incarnandosi in un grande movimento politico che spazzi via le piccole ambizioni storicamente superate. All’insegna, sperabilmente, di quel che diceva Paul Claudel: «Prima che si modifichi il mondo, sarebbe forse più importante non distruggerlo».
Un conservatorismo creativo, ma anche “ecologico” si profila sullo stanco orizzonte delle idee come elemento di innovazione? Bisogna crederci. Diversamente quel sentimento della vita che va preservato attraverso le istituzioni pubbliche potrebbe affievolirsi fino a venire meno. Con tutte le conseguenze prevedibili”.

 

 

Il Tempo.it

Veronica Meddi

Austerità, autorità, bellezza I termini che sfidano il tempo

«Nel tempo dell’inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario», George Orwell. Il senso di «Lessico inattuale» è proprio questo, e in tempi di stravolgimenti…

«Nel tempo dell’inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario», George Orwell. Il senso di «Lessico inattuale» è proprio questo, e in tempi di stravolgimenti concettuali e lessicali, Malgieri lo dice fin dalle prime righe in modo diretto e chiaro, provando a mettere alcune idee a posto grazie alla rivisitazione proprio delle parole.
La novità del libro di Malgieri è la vita. Come un calciatore gioca la sua partita in prima persona, e non potrebbe fare altrimenti, da uomo attento osserva ciò che gli appare, ciò che scompare, ciò che resiste. «Lessico inattuale. Un conservatore davanti al pensiero unico» (Minerva Edizioni, pag. 200 euro 15) di Gennaro Malgieri è un piccolo dizionario «antimodern»o che scandaglia la crisi del nostro tempo riferendosi all’uso distorto delle parole che con frequenza vengono usate in un quotidiano altrettanto fuori tempo.
Le voci su cui il giornalista sofferma la sua attenzione sono: Austerità, Avidità, Bellezza, Calcio, Cibo, Conservatore, Corpo, Crisi, Declino, Depressione, Deserto, Emergenza, Estrema Europa, Europa, Fame, Giornali, Gossip, Indignazione, Internet, Istituzioni, Libri, Medio Oriente, Mediterraneo, Memoria, Mezzogiorno, Migrante, Monachesimo, Muro, Musica, Pandemia, Parlamento, Partiti, Partitocrazia, Patriottismo, Paura, Rabbia, Riservatezza, Scuola, Sobrietà, Solitudine, Violenza, Zapping. Volendo, ognuno, potrebbe soffermarsi su un singolo termine, anche se l’impressione è che con queste poche parole si possa invece formulare un concetto potente sul «tutto». Ma gli uomini sono diventati vittime delle loro stesse illusioni presuntuose, la tecnologia non potrà, e non può, risolvere ogni problema. Gli uomini del nostro tempo devono essere responsabili del pensiero e dell’azione: solo così si potrà accedere a una vita nazionale più decente, più normale. Parole che presentano una visione del mondo in contrapposizione al sistema della menzogna che delle parole si serve per nascondere la verità di pensieri usati in maniera impropria. Il suo intento è provocatoriamente ideologico. Irrita la verità, e chi la dice, soprattutto in questo tempo storico, non si fa certo amare. Lui sceglie di cantare fuori dal coro, lo fa con onestà, scomoda come solo un pensiero vero può essere, per sua stessa essenza. Del conformismo che ha finito per negare l’evidenza di idee che si ritenevano immodificabili attraverso parole che invece ne hanno mutato l’essenza, Malgieri non sa proprio cosa farsene.
Bisogna mettere le idee a posto. Bisogna ri-mettere le parole a posto. La politica, il giornalismo, la sociologia le usano ormai ben al di là del loro significato originario, le stravolgono fino a renderle incomprensibili. Soprattutto i termini di uso corrente vengono maneggiati per uno scoperto fine di parte ingannando il fruitore. Le «parole chiave» che Malgieri prende in considerazione sono certamente quelle tra le più abusate dal cosiddetto «pensiero unico» contro il quale, l’autore, muove il suo tentativo di sottrarle alla sua egemonia stabilita con l’ausilio della cultura televisiva e del Web impostasi in forme che definire totalitarie non è affatto esagerato. Ogni voce che Malgieri prende in considerazione, non è soltanto ideologicamente «ispirata», ma è anche frutto di esperienze individuali che hanno contribuito a formare il suo pensiero.
Incontri, viaggi, letture, emozioni e passioni privatissime, tutto concorre alla formazione di una sua concezione di vita, spiritualmente orientata in aperta opposizione al relativismo e al determinismo. Lo fa con poesia, non estranea alla sua scrittura, pur non essendo questo un libro di poesia, ma di pensiero e riflessioni. Le parole, nostri anticorpi, e il loro significato, nostra forza, non devono essere tradite. Parole dure come pietre non possono essere mutate in comodo e plasmabile polistirolo.
È una biografia interiore, è la rivoluzione del suo spirito, che l’autore non vuole perdere. Anche in questo senso è conservatore. Parla con se stesso dandosi del «tu». Tutto ciò che è passato non è destinato a morire, quella piccola scintilla può vivere, può continuare a conservarsi. Conservare è tutto ciò che non merita di essere buttato, e non è un caso che le grandi culture politiche occidentali sono state modellate su i due schemi del conservatorismo e del progressismo.
«Conservare è istintivo. Connesso alla natura umana. Fa parte del codice genetico della persona. Non si dissipa ciò che si ama. A cominciare dalla vita. E poi si continua con gli affetti, le passioni, le memorie». Gennaro Malgieri, determinato a fare goal, tira con forza il suo calcio d’accusa al pallone.