Italia e UE tra collasso migratorio, visonarismi parasionisti e imperialismo neo-con

 02 Gennaio 2015 Mino Mini                                                                                                                        

Nota di Domenico Cambareri

 
Mino Mini mette il dito su alcune delle piaghe della contemporaneità ultima, cercando di individuarne le cause.
I fenomeni che appaiono manifestarsi in superficie e che vengono a coinvolgere la “vita vissuta” di interi popoli e di centinaia di milioni di persone in realtà sono non di rado il risultato di proposte, strategie, scelte e decisioni assunte dietro le quinte, se non del tutto in sordina da teorici e visionari delle più diverse estrazioni.
E’ non meno vero però che la storia del pensiero e dei modelli geopolitici fra fine ‘800 e primi ‘900, ad esempio, presenta un interessante spaccato sulla divaricazione anche assoluta attuatasi tra diverse teorie proposte e reale svolgimento degli avvenimenti geopolitici e susseguente trasformazioni delle carte geografiche. La futurologia, insomma, in quest’ambito, è ricca soprattutto di enormi aspettative che interagiscono e condizionano potentemente le analisi e le formulazioni dei modelli di cui il successivo reale corso degli eventi internazionali e mondiali ha dimostrato sovente la scarsa predittibilità se non la completa fallacia, lasciando cadere su di esse la taccia della mera proiezione visionaria (a rileggerle ad alcuni decenni di distanza, alcune teorie sembrano frutto della più stravagante e incontenibile fantasia).
D’altronde, il mondo venuto fuori dalla prima guerra mondiale e poi dalla seconda guerra mondiale lo testimonia con una sovrabbondanza di dati reali assolutamente non scalfibili. Basti pensare ad esempio all’assoluta bestialità espressa con incontenibile enfasi e tracotanza  da Wiston Churchill, il quale dichiarò che la vittoria sulla Germania avrebbe segnato il nuovo corso millenario (pari pari le parole di Hitler) del commonwealth britannico.
Le epocali trasformazioni avvenute nel corso dell’età moderna, a partire dalla scoperte geografiche, sono diventate scaturigini dell’evoluzione politica ed economica di gran parte dei popoli e dei loro destini nel corso degli ultimi cinque secoli. Le trasformazioni tecnologiche altresì avvenute in questa lunga età d cui ciò che definiamo contemporanea rappresenta solo la sua superficie, hanno impresso nel suo sempre più accelerato corso una sconvolgente ridefinizione dei rapporti tra tempo e spazio. La ridefinizione di questa fondamentale dicotomia è stata determinata dall’affrancamento raggiunto dell’uomo, con la sua sempre più evoluta e sofisticata tecnologia, nei confronti dello spazio. La velocità, l’autonomia e la potenza dei vettori terrestri, navali (subacquei compresi) e soprattutto aerei e missilistici ha riplasmato in toto i rapporti dell’uomo con lo spazio, e quindi ha consentito il nascere delle nuove peculiari caratteristiche operative dell’esercizio del potere politico, con i susseguenti e correlativi bilanciamenti dell’esercizio nella sua peculiarità “bellica” tra le diverse potenze, compresa la fase del potere nucleare e della peculiarità delle sue strategie.
I non minori contrasti e conflitti che hanno costellato e costellano tutta questa storia sino a i nostri giorni, soprattutto gli anni dal ‘900 ad oggi, hanno non di meno dimostrato come fosse nell’ordine naturale delle cose umane cercare di indirizzare le molteplici entità statuali verso forme di organizzazione planetaria più consona al raggiungimento di importanti finalità, ad iniziare da quella di una minore conflittualità e di una maggiore coesistenza e reciproca comprensione, Questi e altri positivi obiettivi tuttavia non collimavano ma si scontravano più o meno apertamente con quelli di natura politica ed economica, ideologica, religiosa. Lo sciovinismo più marcato ha contrassegnato, fra l’altro i nostri giorni, e gli esiti estremi degli ultimi sei decenni li vediamo esemplati nella politica dell’imperialismo cinocomunista, non meno di quanto avvenne con il comunismo patriottico stalinista, con il revanscismo hitleriano, con l’implacabile e terribile diktat  di Ferdinand Foch. Egemonia e supremazia non sono state solo connotati delle vecchie potenze e di quelle borghesi”, ma sono diventate il blasone distintivo di quelle comuniste nel viale di un quasi interminabile tramonto.
Proprio per tutto questo, dunque e perciò, non è sempre da prendere alla lettera e tanto meno come reale, incombente pericolo l’esistenza di un “piano”, di un “progetto”, come quello del mutante Kalerge o di qualche ufficio dell’ONU. Non si tratta di sottovalutare, ma di considerare e ponderare in modo non emozionale.
Ad esempio, fra quanto ci capita di leggere, quasi mai si trovano riferimenti ai molteplici fattori che costellano le attuali dinamiche internazionali, rendendo il reticolo della lettura per quel che è. La strumentale difensiva assunta in Italia e in Europa da circoli populistici e di demagogica e volgare “destra”  non ne fa quasi mai cenno e ciò dimostra come essi si muovano con estrema difficoltà nella comprensione di queste dinamiche globali. Cina (innanzitutto e in misura iperbolica), Giappone, Corea del Sud, India, Iran, Arabia Saudita hanno acquistato estensioni di terreni enormi nei Paesi africani, ad iniziare dal Magadascar, per assicurarsi la base delle future fonti agricole, e non solo. Si parla di dinamiche migratorie asiatiche verso il continente africano e già decine di nazioni africane preferiscono importare tecnologia e armi dalla Cina, dall’India, dalla Turchia, dal Brasile. E da Israele, che vende nei quattro quinti del globo. Quanto è accaduto nel novembre scorso sul rifiuto del governo sudafricano di concedere il visto d’ingresso al Dalai Lama per recarsi al convegno dei Premi Nobel per la pace (poi svoltosi a Roma) per non fare “irritare” il regime comunista cinese, è un preciso segnale di un’evoluzione dei rapporti internazionali  verso acque non tranquille.  Queste nazioni oggi sono le nuove potenze coloniali in Africa, ma agiscono in modo diverso rispetto ai vecchi colonialisti europei. Cina, India, Giappone, Corea del Sud, Turchia, Brasile entro il prossimo quindicennio saranno potenze marittime fornite di squadre navali  di tutto rispetto: le prime quattro di esse le avranno fra le prime dodici marine da guerra mondiali. Visto che tutto ciò ha diretta relazione con le tematiche delle migrazioni epocali, le loro tessere sono presenti, sono state anticipate, sono state prefigurate nei mosaici dei visionari?
Il progetto “imperiale” statunitense dovuto alle teste d’uovo “neo-con” legato a quintuplo filo alle strategie criminali del sionismo, Kissinger e la trilaterale, Bildenberg e altri nomi meno noti o affatto sconosciuti dimostrano come si sia in presenza di una “multipolarità” non solo relativa alla corretta percezione delle potenze politico-economico-tecnologico-militari (dopo la fine del bipolarismo e poi del tripolarismo) ma anche e soprattutto dei centri di elaborazione che vogliono indirizzare in questo o in quel senso le future sorti dei popoli e del mondo.
In merito all’Europa, già un decenni addietro i demografi predicevano una fase di declino demografico rispetto all’incremento statunitense prospettando delle curve di decrescita e di sviluppo diametralmente opposte. Più o meno ironicamente, se alcune teste d’uovo vogliono sopperire a ciò con dei loro bizzarri piano, facciano pure. Le declarazioni accompagnate da tanto di considerazioni pararazziste e “panpazziste” sul crollo delle peculiarità “etniche” dei popoli europei che sono da incrociare con sangue meno capace possono fare soltanto sorridere: menti strampalate producono frutti strampalati. Il guaio è un altro, e cioè se esse trovano un uditorio credulone o, per motivi opposti, degli pseudo interlocutori pronti a strumentalizzare per gridare al lupo al lupo.
Il pendolo della storia fa capire un dato quanto mai semplice, che tanti continuano neghittosamente a non volere capire. Esso, in questo campo, fu mosso dalla nascita delle già richiamate scoperte geografiche e il suo avanzamento sino al punto estremo è avvenuto con la conclusone e il disfacimento degli imperi coloniali, ovvero con quello che gli euro-“americani” hanno determinato. La fase di ritorno implica che siano oggi questi popoli a ricevere nelle loro terre genti provenienti da quelle in cui i loro nonni e antenati erano andati, spesso per depredare nei modi meno emendabili, a voler essere edulcorati nell’espressione. Per di più, il prolungato e persistente neo-colonialismo, definibile oramai nella sua ulteriore fase come neo-neo-colonialismo, fa intravvedere come sia di non facile lettura per tanta gente la decodificazione degli avvenimenti internazionali odierni, in cui siamo così acriticamente immersi.
Ci sono altri fattori collaterali e subordinati che in questo contesto cercano di emergere. Fra di essi, in negativo, vi è quello svolto da centri occidentali eredi dell’ideologia comunista e della consolidata prassi delle loro organizzazioni umanitarie, culturali, sindacali e di vero e proprio esercizio del potere politico-clientelare, quanto quello, importantissimo, dell’inserimento di loro esponenti nei vertici e nelle commissioni di elaborazione organizzativa, operativa e di controllo e di giudizio nelle organizzazioni internazionali. Un solo esempio: questo mondo ha proceduto e procede in modo implacabile nell’attuare in concreto (con proprie finalità “rivoluzionarie”) delle fondamentali petizioni di principio universali che, però, se attuate in concreto e acriticamente nelle realtà statuali, possono provocare soltanto patenti ingiustizie e ulteriori guasti.
Ciò mira a conseguire l’abbattimento del concetto di nazionalità, di appartenenza. Le frontiere aperte, in questa ottica eversiva e distruttiva, significano che chiunque arriva da una qualsiasi altra parte del mondo ha diritti in Italia e nel’Unione Europea pari a quello dei cittadini di queste nazionalità. Volendo utilizzare la terminologia del governo Renzi in merito al lavoro, non si parla di tutele crescenti con la permanenza in questi Paesi nel corso degli anni, ma di avere tutto o quasi e subito.
Sicché, il pari diritto di accesso nelle diverse graduatorie per le più disparate domande comporta che cittadini italiani e dell’UE possano essere tranquillamente scavalcati. Ciò ha determinato e determina condizioni di grave frustrazione e scoramento, di rabbia, di spirito di rivalsa in tanti cittadini che si vedono ancor più emarginati e ghettizzati dalle istituzioni a pro di una “filantropia” criminal rivoluzionaria di stravaccati borghesi comunisti. E’ chiaro che il concetto di giustizia e la fruizione concreta di condizioni di maggiore equità e giustizia in tal modo vengono annichiliti e non rafforzati. E’ da chiedersi o no a quali obiettivi a medio e lungo termine miri questa strategia, e come potervi porre rimedio?
Inseguire, però, obiettivi politici di breve durata e di breve respiro speculando su questo sfascio politico-sociale serve davvero a poco, anzi a nulla.
In riferimento alle dinamiche e ai contesti e alle organizzazioni internazionali, tanta gente non incolta neppure conosce i percorsi più avanzati nel mondo del pensiero di ciò che chiamiamo destra e che pare essere ancora meno di una remota nebulosa. Su ciò si soffermò lungamente, in modo mirabile, negli ultimi decenni della sua lunga vita e lunga e copiosa opera, Ernst Jünger, Perfino la stampa quotidiana italiana a larga diffusione, anche dichiaratamente di sinistra, vi si soffermò e pubblicò interviste al grande pensatore. Ernst Jünger indicò come inevadibile problema e soluzione l’organizzazione degli Stati entro nuove grandi entità sovranazionali di dimensioni continentali o quasi.
E’ un questa direzione che noi ci siamo mossi e ci muoviamo, pure nel recupero delle indistruttibili coordinate culturali dell’impero romano. E’ per questo che non abbiamo timore del multiculturalismo e che anzi lo promuoviamo, senza fare di esso uno strumento extra etnologico per utilizzarlo per scopi del tutto diversi. La ricchezza dei popoli e delle loro culture amplia l’orizzonte delle conoscenze, delle energie creative artistiche e delle riflessioni spirituali. Le fasi più alte delle civiltà sono nate sotto questo segno, anche quelle classiche, che seppero assimilare e tradurre in forme spesso originalissime influssi e sincrestismi; e seppero perfino potenziare la maturazione di concetti basilari già a loro propri. E’ per questo che la grandezza di un’Unione Europea aperta alla Turchia e alla Russia non ci fa paura alcuna, anzi. E’ per questo che l’Italia di oggi, assaltata dai fuochi accesi dalle destabilizzazioni operate dagli scellerati neo-con e dai loro accoliti sionisti, ha motivo di prestare completa solidarietà e accoglienza ai profughi e al contempo di alzare la voce nei consessi internazionali, additando colpe e rivendicando riconoscimenti e diritto a svolgere ruoli comprimari.

Non più, dunque, una potenza nel ruolo della perpetua sconfitta autodefinitasi “potenza media regionale”, autocastratasi e autoghettizatasi per troppo, troppo lungo tempo, ma voce di un soggetto in grado di aggregare in seno all’UE le volontà degli interlocutori più importanti e di farsi ascoltare nei fori mondiali, ponendo un chiaro limite alle prevaricazioni subite dalle amministrazioni americane e non dal popolo americano.

In merito alla veloce e erronea indicazione data da Mino Mini sul B’nai B’rith o Bené Berith (i “figli dell’alleanza”), in tempi non lontani abbiamo avuto motivo di dare delle essenziali esplicitazioni. Questa potente organizzazione sicuramente pervasiva nel mondo delle comunità “ebraiche”, non ha alcunché di massonico in senso proprio, anzi. Essa fu fondata a metà ottocento negli USA da quattro ebrei israeliti membri della Massoneria, ma tutto non può che finire qui. E’ semmai importante sapere che questa organizzazione “filantropica” ebraica, che preferisce molto agire non alla luce del sole e intercettare personaggi e organizzazioni di rilievo, per quanto definibile sionista nello spirito e nelle opere, nacque in realtà prima del sionismo storico europeo. L’una e l’alto non sono altro che frutto della cultura europea e americana, romantica e erede degli ideali più alti dell’illuminismo ma a digiuno della storia delle “vicissitudini” tra israeliti e cristiani. Da Napoleone … a Mazzini, tutto il credito dato agli “ebrei” per trarli fuori dai ghetti in cui avevano voluto vivere e in cui in pari tempo erano stati costretti a vivere dalla chiese e dai regni cristiani, ebbe il ben servito proprio dai circoli intransigenti ed esclusivisti degli israeliti che ivi volevano continuare a vivere per sfuggire all’omologazione e conservare la loro irriducibile specificità. Per gli israeliti, il peggiore nemico non era più dunque solo il cristiano o lo Stato laico, bensì anche l’ebreo che si affrancava dalla comunità religiosa giudea e dal ghetto.
Da tutto questo all’invenzione dell’esplosiva miscela del sionismo, la strada fu molto breve. A distanza oramai debita, è oggi facile capire come il creatore dei famosi Protocolli dei Savi di Sion ebbe poco da farneticare nel trovare in abbondanza materiale spurio e non per confezionare il suo esplosivo mini romanzo sotto forma di rapporto segreto. – Domenico Cambareri

Medioevo e dintorni – 2

KALERGI: IL SOGNO NEGROEURASIATICO

Benvenuti nel Mondo Nuovo del Medioevo e dintorni.

Con questo ironico saluto fu chiuso l’articolo di gennaio. Lo rinnoviamo per mostrare quale sia il futuro che si prospetta per l’Europa alla luce dell’invasione di immigrati.
Nell’ ultimo ventennio, secondo il XX Rapporto sulle migrazioni della Fondazione Ismu, abbiamo cumulato un’ondata di 5,5 milioni di persone di cui 500.000 solo nell’ultimo anno e il fenomeno non accenna a diminuire.
Anzi: a dar credito alle notizie riportate dagli ultimi arrivati, milioni di persone si sono ammassate sulle coste libiche in attesa di compiere, con il bel tempo, la traversata fino alle coste italiane.
Davanti alle caratteristiche ed alle dimensioni di tale fenomeno torna al pensiero l’interrogativo circa l’esistenza del piano Kalergi per l’Europa. Debolmente smentito da pochi con la accusa di star montando un caso analogo a quello dei Protocolli dei Savi di Sion è, invece, insistentemente denunciato da molti con l’esibizione di prove indiziarie ancorché “gravi, precise e concordanti” alimentando la reazione degli euroscettici contro la UE . Ma andiamo per ordine
Chi fu il conte Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi, aristocratico austriaco di madre giapponese, è un’informazione che può essere reperita tranquillamente su Wikipedia. Sempre nella stessa enciclopedia informatica può reperirsi l’informazione circa la sua opera di ideatore e promotore di Paneuropa, un progetto di costituzione di una federazione di Stati europei elaborato e pubblicato nel 1923 all’età di 29 anni con il titolo Das Pan-Europäische Manifest.
Non era un’idea nuova. Già dal 1462 Enea Silvio Piccolomini, divenuto papa Pio II ne aveva concepito l’embrione innescando un processo interrotto dalla Riforma in odio alla chiesa cattolica.
Fu ripreso dalla stessa per opera del quacchero William Penn (1693) e l’idea di una unione degli stati europei viaggiò nel tempo fino a Napoleone con il suo “sistema dell’Impero” e, ovviamente, alla Santa Alleanza che lo sconfisse. Si riaffermò in periodo romantico con Victor Hugo e con il nostro Mazzini, ma è senz’altro merito dell’intelligenza e dell’attivismo di Coudenhove-Kalergi se l’idea trovò una sua formulazione sistematica in nove punti nell’ambito di una visione planetaria.
Infatti Paneuropa, nel periodo tra le due guerre, si collocava nella sfera della neonata Società delle Nazioni (1920) a guida americana bilanciando le tendenze panamericane e panasiatiche foriere di minaccia per la civiltà europea ed il suo primato nel mondo. La stessa minaccia che generò una contrapposta visione paneuropea da parte delle potenze dell’Asse avendo individuato nelle proposta Kalergi, veicolata da Aristide Briand nel settembre del 1929 presso la Società delle nazioni, la longa manu della finanza internazionale ( Max Warburg ) insieme a quella della massoneria – in specie la misteriosa loggia B’nai B’rith – e degli ottusi ideatori ed esattori del trattato di Versailles
Nel secondo dopoguerra, informato alla logica bipolare di Yalta, l’attivismo di Coudenhove-Kalergi e dei suoi sostenitori si rivolse a ricercare l’approvazione dell’America subordinando alla ideologia mondialista del Nuovo Ordine Mondiale (NWO) la nascita della sua creatura che nel frattempo aveva cambiato nome.
Fin quì, senza dilungarci oltre, la storia della nascita dell’Unione Europea figlia nominale di tanti “padri”, ma in realtà con un unico padre dalla duplice natura : Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi.
Un Messia per il riscatto dell’Europa, dunque? Beh! Non proprio. Semmai una replica dello ” Strano caso del dott. Jekill e di mister Hyde.” Il dott.Jekill dell’utopia paneuropea ed il mister Hyde della distopia del piano Kalergi.
Perché utopia quando la UE è una realtà approvata da un trattato internazionale? Perché nasce da un “errore di fondo” che supera il limite prospettico dell’ideologia mondialista che ne subordina l’esistenza.
L’ “errore di fondo” sta nella incapacità di comprendere che un’Europa, per avere un senso ed una possibilità di tradursi in qualcosa di reale avrebbe dovuto essere un organismo. E’, questo, un concetto che abbiamo più volte espresso su queste pagine e che, brevemente, ribadiamo: un organismo è un TUTTO di cui ogni componente – nel nostro caso i diversi stati componenti – è parte integrante e indiscindibile.
Perché il TUTTO – ovvero l’Europa – possa formarsi occorre che ogni componente – ogni singolo Stato – abbia raggiunto la sua completa individualità. I greci antichi l’avrebbero chiamata “entelechia” ovvero lo stato di perfezione di un ente che ha raggiunto il suo fine (telos) attuando il suo essere in potenza. Solo allora, in ragione di questa legge organica, reale e non astratta, ogni Stato nazionale può diventare, a sua volta, componente di un organismo a scala ancora superiore come l’Europa che acquista – così potenziata – proprietà che i singoli Stati non posseggono né possono acquisire.
L’utopia di Kalergi-Jekill, invece, nonostante quanto espresso nei nove punti di Paneuropa, mira solo ad una aggregazione, una sommatoria di Stati la cui interrelazione risulta di tipo puramente economico e, in quanto tale, incapace di governare le diversità individuali a meno di livellarle ad un minimo comune denominatore o … applicando quello che, per alcune affermazioni di Kalergi-Hyde, viene chiamato Piano Kalergi
Chiariamo. Due anni dopo avere compilato il Manifesto di Pan-Europa Kalergi scrisse un secondo libro di cui la biografia wikipediana non fa cenno e di cui non è possibile trovare copia né è possibile ristamparlo. Il libro porta il titolo di Praktischer Idealismus e le affermazioni ivi contenute stravolgono l’utopia di Paneuropa in distopia, ovvero una società indesiderabile sotto tutti i punti di vista. In una visione multiculturalista e multietnicista – ad essere gentili – vi si afferma, secondo la traduzione di Gerd Honsik , che gli abitanti dei futuri “Stati Uniti d’Europa non saranno i popoli originali del Vecchio continente, bensì una sorta di subumanità resa bestiale dalla mescolanza razziale…[ affermando altresì che] è necessario incrociare i popoli europei con razze asiatiche e di colore, per creare un gregge multietnico senza qualità e facilmente dominabile dall’elite al potere. L’uomo del futuro sarà di sangue misto. La razza futura eurasiatica-negroide, estremamente simile agli antichi egiziani, sostituirà la molteplicità dei popoli, con una molteplicità di personalità”
Quale fosse l’elite al potere nella sua concezione, Kalergi lo aveva detto espressamente in Paneuropa per la soddisfazione dei suoi finanziatori e della B’nai B’rith:
“Il giudaismo è il seno dal quale sorge una nuova aristocrazia europea. Il nucleo attorno al quale si raggruppa l’aristocrazia dell’intelligenza”.
Trattandosi di una traduzione elaborata da un noto esponente della esecrata subcultura negazionista, per di più arrestato per tale reato e quindi bollato come nazista è d’obbligo rifiutare l’idea che esista un piano Kalergi così profondamente razzista da prospettare la creazione di una nuova razza subumana mediante un genocidio dei popoli europei da attuarsi con il ricorso al meticciato. I razzisti, come è sancito, stanno solo nelle fogne.
Ma dal momento che un piano c’è, allora chiamiamolo Karolina. Karolina nasce all’ONU, New York, nel gennaio 2000 dalle pagine del rapporto “Population division” (Divisione per la popolazione) intitolato “Migrazioni di ricambio: una soluzione per le popolazioni in declino e invecchiamento. Ebbene non appena vede la luce Karolina valuta che l’Europa avrebbe bisogno, entro il 2025 di 159 milioni di immigrati. Ma – pensano le anime belle – chi dice che questa immigrazione abbia lo scopo di creare una razza subumana? L’ONU, naturalmente, e sin dai tempi di Kalergi. Infatti la Ue non era ancora nata che su Usa Magazine del 12 agosto 1955 George Brock Chisholm, allora direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), se ne uscì con l’affermazione
“Ciò che in tutti i luoghi la gente deve fare è praticare la limitazione delle nascite e i matrimoni misti (tra razze differenti), e ciò in vista di creare una sola razza in un mondo unico dipendente da un’autorità centrale”
Oddio, il meno che si può dire del canadese Chisholm Direttore delle Nazioni Unite nel periodo 1948-53 è che non ci andava davvero leggero. Infatti, a proposito del governo mondiale è celebre un’altra sua esternazione nel “Discorso alla Conferenza sull’Educazione” ad Asilomar, California nel settembre 1954:
“Per raggiungere un governo mondiale è necessario rimuovere dalle menti degli uomini il loro individualismo, la fedeltà alle tradizioni familiari, il patriottismo nazionale e i dogmi religiosi”
Se questo non è un nuovo e più terrificante medioevo …..
Ma se Karolina deve portare, con tale viatico, 159 milioni di immigrati in Europa, la “nuova aristocrazia europea” auspicata da Kalergi mira, invece a salvaguardare le proprie radici. Già dal 1974 una pubblicità a piena pagina sul New York Times, a cura del << National Commitee for Furtherance to Jewish Education >> (Comitato nazionale per la promozione dell’istruzione ebraica) indirizzata alla gioventù israelita,stigmatizzava i matrimoni interrazziali:
I matrimoni misti sono un suicidio nazionale e personale.
Il mezzo più sicuro per distruggere un popolo è farlo sposare al di fuori della sua fede…Uomini e donne hanno la certezza di perdervi la loro identità. I valori e i principi che tanto hanno contribuito alla cultura e alla civiltà contemporanea scompariranno dalla faccia della terra. L’esperienza accumulata in tremila anni, il ricco retaggio di un popolo, tutto ciò che è assolutamente vostro sarà indegnamente annientato.”
In altre parole: salvaguardate la purezza della razza! La loro, ovviamente, la salvaguardia di quella degli altri è puro razzismo.
Torniamo a Karolina e svolgiamo alcune considerazioni numeri alla mano. L’Europa UE ha una densità media di 113 abitanti per Kmq (ab/kmq) laddove il pianeta ne ha per 46,6 ab/kmq secondo chi scrive e 48 ab/kmq secondo la solita ONU.   Proiezioni statistiche per difetto prevedono per il 2025 un accrescimento della densità planetaria fino a 53 ab/kmq.
Secondo Karolina, in Europa si dovrebbe registrare, per immigrazione, un aumento della popolazione del 32,67% con un “picco” di 645.642.177 abitanti ed una densità media di 149,28 ab/kmq mentre – tanto per fare un paragone – l’ America del NWO e della criptopolitica finanziaria spazierebbe in un territorio con appena 31 ab/kmq. Noi stretti stretti, pressocchè congestionati, e loro con una disponibilità di territorio pro-capite maggiore persino della più parte dell’Africa. Veniamo, in particolare, all’Italia che oggi ha una densità abitativa di 203 ab/kmq. Secondo Karolina dovrebbe incrementare la sua densità fino a raggiungere, nel 2025, i 269 ab/kmq. Cosa significa? Significa che immigrati africani abitanti di Stati con densità generalmente inferiore ai 100 ab/kmq dovrebbero spopolare i loro territori per venire a congestionare il già affollatissimo e delicatissimo territorio italiano.
In grazia di quale logica la sovrappopolata Europa e la disastrata Italia dovrebbero accogliere un numero così elevato di immigrati provenienti da paesi più spopolati e più ricchi di materie prime? Lasciamo a chi ci legge l’onere di rispondere a questo quesito secondo il loro buonsenso e le loro convinzioni.
Chi scrive si pone, invece, un altro quesito: posto che questo Piano Karolina non si può chiamare Kalergi ma sta attuando,nei fatti, le finalità attribuite a quest’ultimo; posto che invece di proiettare l’Europa nell’equilibrio geopolitico come risposta alle tendenze panamericane e panasiatiche opera per distruggere il “pensiero forte” europeo soprattutto in odio all’odiato cattolicesimo e, per estensione, a chi allo stesso per continuità culturale fa riferimento che sia credente o meno; posto tutto questo ha un senso rimanere nell’Europa e, soprattutto, nell’euro?
A questa domanda si dovrebbe, però, rispondere: ha senso uscire dall’Europa per ritrovarsi con la stessa Italia, la stessa gente incapace di prendere in mano il proprio destino?
L’Europa è una necessità, ma certo NON questa Europa e NON questo euro. Nel male e nel bene (pochissimo, quest’ultimo) il processo è avviato, occorre reimmetterlo nell’orbita dell’organicità, ma per farlo occorre, come da tempo affermiamo, compiere una grande rivoluzione culturale che crei nuovi valori su cui rimodellare la nostra esistenza. Una rivoluzione prima di tutto antropologica che operi per ricacciare indietro il medioevo veniente, coscienti che, ancora una volta, è in gioco ” la salvezza e il dominio dell’Europa o il rischio del suo definitivo tramonto”. Mino Mini