Convegno alla SIOI sul 40° del Trattato di Osimo. Un trattato infame, una storia infame

07 Gennaio 2016

Fonte: SIOI

Nota di Domenico Cambareri

 

 

 

 

 
In più momenti, nel corso di nostre note e editoriali, abbiamo espresso il nostro giudizio sull’ orrida operazione di infame autolesionismo operata dal governo italiano di allora (uno dei tanti insignificanti, ricattati, triviali governi balneari espressi dalla corriva, corrosiva e onnivora partitocrazia ciellenista di allora, pure nel contesto di una premessa dello strappo elastico del PCI da Mosca) e del parlamento di cui era degna espressione. Governo e parlamento che già avevano trasformato la Nazione in lungo e in largo in un campo aperto in cui spavaldamente operavano le più diverse, ininterrotte, sfacciate “infiltrazioni”  dei servizi segreti del Patto di Varsavia, della Nato, dei sionisti, dei Paesi arabi: avversari e potenziali nemici, amici e alleati, “intelligence” note e meno note … indefinibili e indefinite … come il GRU. Sono i cosiddetti anni del terrorismo: ovvero, la cupa realtà di una Nazione totalmente allo sbando perché malgovernata da una classe politica estremamente corrotta e selvaggia e ricattata e minacciata quasi da ogni dove, quasi da chiunque. Ad iniziare del primo nemico interno, il filosovietico PCI.
Orrida operazione che abbiamo giudicato e continuiamo a giudicare carta straccia sul piano politico e su quello storico. Non di meno, incostituzionale. Senza nessuna punta nazionalistica o di camuffato sciovinismo. 
Queste nostre espressioni non sono il repentino e tumultuoso affiorare di sentimenti tenuti repressi per forza maggiore, quanto spassionata e fondata manifestazione dell’impotenza delle denunce politiche e storiche davanti a un così adulterato, contraffatto, falsificato quadro storico perpetrato dal regime ciellenista e partitocratico – il primo grande sequestratore pubblico della Costituzione scritta da suoi componenti e ratificata e inattuata da legislature parlamentari espressione ininterrotta del suo corrivo e nichilista spirito anarcoide e sopraffattore.
Il misfatto, a distanza del tempo trascorso, lo si può cogliere in tutte le sue ricadute, in tutte le sue crude dimensioni, a prescindere da quanto e su quanto nell’importante convegno in programma relatori e autori di interventi dovessero convenire. 
Dannosissima, infame, infamante carta straccia.
I becchini del Paese preferivamo con assurdo e irricevibile cinismo “rinunciare” alla fine dell’occupazione jugoslava e all’inizio dell’esercizio dell’amministrazione della zona italiana e consegnare invece la sovranità nazionale – il territorio nazionale è inviolabile e “sacro” in tutte le sue parti – sulla  piccola zona al regime comunista di Tito. Questa ignominia veniva a conculcare un principio costituzionale inviolabile e a vulnerare in modo irrimediabile i diritti dei cittadini italiani che ivi erano nati e risiedevano e che per decenni avevano dovuto subire le violenze delle guardie confinarie e le vessazioni più inaudite del regime di un’entità statuale artificiale che si reggeva soltanto sulla brutale forza delle armi e che poi si sarebbe sciolto nei modi in cui sappiamo. Quei cittadini italiani che non avevano voluto abbandonare la loro terra, nell’inesausta attesa del ritorno alla Madrepatria, così vilmente tradita. Paesini e borghi che erano rimasti divisi in due. E non di meno di quei cittadini, di quei tantissimi profughi e esuli – fiumi e fiumi –  nelle più diverse nazioni del mondo intero, che aspettavano con mai sopito ardente amore questo irrinunciabile, simbolico traguardo, quale parziale riscatto delle immani perdite umane, di sentimenti e culturali e economiche subite lungo il confine orientale. E delle orribili stragi di civili perpetrate durante le fasi finali della guerra e nel dopoguerra  maldestramente e pervicacemente  “nascoste” per decenni dai governi italiani e dal partito comunista. Degli strazi lungamente patiti nella Madrepatria per colpa di quegli italiani che rimasero con l’animo inchiodato nel più cieco e fanatico furore scatenato dall’odio ideologico, con il complice silenzio della remissiva canaglia ciellenisti che militava nel campo del “mondo libero” da perfetta lacchè, priva di dignità nazionale, coraggio ideale o coraggio inteso come residuale conato di sopravvivenza, iniziativa politica, amor proprio. Salvo poche eccezioni.
Questo “trattato” inoltre rendeva ancora più vulnerabili i tracciati della “nuova” frontiera” e di fatto soccombenti a livello territoriale i centri abitati ad iniziare da Trieste, che diventavano letteralmente inchiodati lungo la strettissima striscia costiera, per di più strozzata all’ingresso delle acque del porto triestino. Vie di comunicazione, aree di stoccaggio, sviluppo industriale e urbano e di smaltimenti vari, cimiteri … 
L’orrida operazione in fin dei conti non avrebbe apportato e non apportò alcun beneficio oggettivo indiretto neppure allo schieramento della NATO e neppure al regime titino, salvo le enormi gratifiche economiche di cui venivano a godere i lavoratori jugoslavi e le minoranze linguistiche, a scapito dei cittadini italiani. Il non allineato e terzomondista Tito, a pro del quale continuavano a sbavare spesso importanti settori della diplomazia americana, francese, inglese che cos’ tanto lo avevano foraggiato e continuavano a foraggiarlo, Italia compresa ( i suoi soldati, ancora in quegli anni, utilizzavano proiettili di cannone prodotti in Jugoslavia). Essa avrebbe semmai continuato a produrre nel mondo del lavoro e delle pensioni discriminazioni etniche senza pari, salvo quelle che si consumavano già da tempo in Alto Adige. E avrebbe continuato a fornire giustificazioni a pro delle ulteriori strumentali campagne anti-italiane del regime titino e “legittimazioni” delle pretese jugoslave. – Domenico Cambareri

 

A QUARANT’ANNI DA OSIMO 

Il trattato Italo-Jugoslavo del 10 novembre 1975

SIOI – Salone delle conferenze 11 gennaio 2016 -ore 15.00 

Organizzato da Coordinamento Adriatico con il sostegno della SIOI

 

 

 

Comitato scientifico: Giuseppe de Vergottini – Davide Rossi
11 gennaio 2016
ore 15.00
Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale (SIOI)
Piazza di S. Marco, 51
Roma
Indirizzo di saluto
On. Franco Frattini
Presidente SIOI

 

Prof. Giuseppe Parlato
Università degli Studi Internazionali di Roma
Prof. Umberto Leanza
Università degli Studi di Roma Tor Vergata
Prof.ssa Ida Caracciolo
Seconda Università degli Studi Internazionali di Napoli
Prof. Giuseppe de Vergottini
Alma Mater Studiorum Università degli Studi di Bologna
Dibattito a cura di Davide Rossi
con i Rappresentanti delle Istituzioni
Modera Davide Lo Presti
Coordinamento Adriatico
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Informazioni: info@coordinamentoadriatico.itdavide.lopresti@yahoo.it