Economia nostrana. Nuovi giochi sul proscenio della finanza, con i soliti vecchi nomi

04 Marzo 2016

Fonte: Secolo d’Italia

Silvano Moffa

La prima unione civile: Elkann e De Benedetti pronunciano il fatidico sì

Si farà il matrimonio tra gli Elkann-Agnelli e De Benedetti? Secondo chi dice di saperne sempre una più del diavolo, sembra proprio di si. E sarà una unione storica, qualcosa di più profondo di un semplice contratto tra nobili famiglie del capitalismo italiano. È l’incontro che non  ti aspetti. Solo, però, se lo osservi dall’alto delle sbiadite categorie di quel capitalismo familiare che ha fatto la storia del nostro paese, tra epopee di antichi capitani d’industria, illustri biografie di nonni e bisnonni dell’era fordista, e intrighi, passioni, ambizioni ed errori dei loro figli e nipoti. La giungla degli gnomi, ricordava anni fa Giancarlo Galli, è popolata di figure discrete ed operose che, come gli gnomi appunto, si muovono nelle viscere della terra ricche di tesori e s’industriano per moltiplicarsi. Sono i sacerdoti del capitalismo. Vivono in un mondo ovattato ma animato da rivalità, scontri e guerre terrificanti. Capire cosa si celi dietro le loro partite finanziarie, le loro scalate societarie, le speculazioni in Borsa, le ardite operazioni di New Company (dietro le quali c’è sempre una Old Company che fallisce e va alla malora), non è semplice. A volte, è addirittura impossibile. Perché, in quel mondo ovattato e pure in conflitto, c’è sempre un sottile fil rouge che li tiene legati. Si odiano l’un l’altro, si fanno la guerra. Eppure, quando meno te lo aspetti, li ritrovi uniti. Stretti intorno ad un tavolo, a parlare di affari e a farsi gli affari loro. Così, ora anche  le “nobili” famiglie degli Agnelli e dei De Benedetti vengono a patti. E che patti? In gioco c’è l’allargamento di influenza e di potere nella editoria italiana. Una vecchia storia. La famiglia Elkann-Agnelli aveva tentato la scalata al Corriere, dove detiene una quota di minoranza. Ma gli è andata male. In tutti i sensi. Messa da parte la delusione, sul piatto arriva ora una pietanza per certi versi persino più prelibata: il connubio con il gruppo Espresso di Carlo De Benedetti. Come dire il diavolo e l’acqua santa. Repubblica e La Stampa. Direttori che traslocano da Torino a Roma, nel segno del cambiamento e in quello di una inedita convergenza di interessi. Nel nome di un insieme di sinergie, di una ottimizzazione dei costi, di una rinnovata strategia editoriale sta dunque partendo  la sfida alla unione tra Rizzoli e Mondadori. Tanto per affermare un duopolio nell’editoria. Che ha il sapore di una sfida. Ma porta anche il segno di una farsa tutta italiana: quella di una stampa libera, indipendente, non prona agli interessi del grande capitale. Ormai di libero e indipendente nel mondo editoriale non è rimasto quasi più nulla. Gli affari sono affari. Soprattutto per le dinastie incrociate delle grandi famiglie.