Fra verità e falsità storiche. Come e cosa distinguere, mentre il giro di boa è iniziato

 

14 Aprile 2019

Domenico Cambareri

 

 

 

 

 

In modo crudamente realistico, per decenni abbiamo constatato e constatiamo, e ci siamo sconsolati e ci sconsoliamo, come le folle degli adulatori e degli arrivisti siano state e siano oceani e quelle dei qualunquisti interminati pelaghi dai bassi fondali. Nel libro di cui proponiamo separatamente con articolo a parte la lettura, “Gino, mio padre” (Elle Due – Editore, Ragusa), di Tuccio Battaglia, questi scorci della più fluttuante, instabile natura delle passioni umane, vera cifra e costante sotto tutti i cieli della natura dicotomica, bipolare dell’uomo, che in un baleno può trasformarsi nel suo più esatto contrario, aleggiano di pagina in pagina.
Come quelle che, sotto la costellazione di qualsiasi regime, le sopraffazioni piccole e grandi accompagnano le azioni di tutt’altra natura e rilievo. E ancora, sempre lungo il cammino storico e pure politologico e antropologico constatare come sia stata e sia ancora cosa accertata che la maggioranza delle persone sia una maggioranza fondamentalmente e tendenzialmente atipica e neutra, in cui le scariche elettriche della sfera volitiva possono agire con risultati molti difformi.
Certo è che, sotto il profilo dei valori, gli istogrammi relativi ai comportamenti delle cosiddette élite (da intendersi esse pure in modo neutro) e quelli delle masse delle maggioranze verrebbero a rappresentarci spesso atteggiamenti e comportamenti anomali, insinceri e ributtanti, in cui i travolgimenti dell’ira e dell’irrazionale e la pregnanza su di essi di fattori esacerbanti come delusioni e disillusioni e quanto insinuato dalla disinformazione tanto del potere quanto e con rilevanza maggiore (nei momenti del suo tracollo) dal nemico, tutto ciò venne e verrà a trovarsi su di un terreno vulcanico.
Quanto è accaduto richiede spesso stagioni molto lunghe per giungere a un acquietamento del tellurismo che nel frattempo viene spesso non smorzato ma, con interessati artifici, ulteriormente accentuato, determinando ondate di manipolazioni profonde e accentuate nuove e rinnovellantesi sotto aggiuntive mentite spoglie. Avvitamenti in un cul de sac che ottenebrano la ricerca storica mentre a parole gli artefici esaltano la trasparenza della ricerca e il fascinoso valore di ciò che spesso si risolve in meri slogan, come libertà e democrazia. Senza menda del ferocissimo manicheismo etico e storico che con cinismo strumentale insuperabile continuano a imporre. Sicché la comprensione dei fatti accaduti risulterà sempre più difficile poterla portare a compimento e diffonderla al di fuori dei circoli specialistici, accademici e dei cultori.
Un discrimine di speciale e assoluta rilevanza, in tutti questi contesti, con diretto riferimento agli avvenimenti italiani soprattutto a partire dal luglio 1943, è stato costituito ed è ancora costituito dal più pericoloso cuneo eversivo della disinformazione sistematica da raggiungere e realizzare facendo ricorso a qualsiasi strategia, tattica e mezzo, messa in opera dalla “tecnica” psicologica del leninismo.
In relazione alla materia qui di più diretta attinenza, sono da indicare quanto e cosa con questa manipolazione si sono alleate e hanno interagito, sia pure con intenti e fini antitetici:
le nemiche e subalterne e ulteriormente sconfitte (dal leninismo comunista) fazioni politiche monarchica, liberale, cattolica, repubblicana e azionista, socialdemocratica; le avversarie, che qui indichiamo sommariamente come socialiste, anarchiche e comuniste non staliniste e non leniniste. Tutte quante riconducibili al banditesco clni, che operava al di fuori dei trattati internazionali di guerra.                                                                                                                          
Le azioni del legittimo governo del re, con Badoglio presidente del consiglio, a partire dal tradimento e dalla resa senza condizioni al nemico, che però sono cronologicamente delimitate fino alla luogotenenza del regno. In particolare, oltre quelle di propaganda e disinformazione, quelle che portarono, da Nazione sconfitta e priva di sovranità, a dichiararsi cobelligerante con il nemico vincitore e invasore, cosa assurda in base ai trattati internazionali, e dichiarare quindi guerra all’ex alleato.
Ciò determinò l’invio in prima linea dei nostri soldati, che si trovarono a combattere contro gli altri soldati italiani sotto insegna tedesca per il rifiuto del tradimento, e della Repubblica Sociale Italiana, l’altra entità statuale che veniva ad opporsi a ciò che era diventato il regno in fuga.
Pagina obnubilata dalla disinformazione e dalla storia “ufficiale” dei continuatori del banditesco clni, senza che questa azione scellerata sempre in fieri possa trovare sostegno e legittimazione ( e varrebbe?) nella Costituzione redatta dalla commissione creata ad hoc e ratificata dal nuovo parlamento repubblicano, in cui i partiti costituenti il clni erano maggioranza assoluta.
Cosa fece d’altro il regno in fuga che viene sottaciuto sistematicamente dagli storici? Procedette alla fucilazione degli italiani che rifiutarono di andare a combattere contro gli italiani della RSI.

Nella pagine di questo libro, l’autore informa gli italiani di quanto accadde nella neonata provincia di Ragusa. L’opposizione popolare portò alla proclamazione delle “repubbliche” dei NON SI PARTE con le rivolte di Vittoria, Comiso, Ragusa, Gerratana. Il regio esercito sabaudo del Sud ripristinò dopo diversi scontri a fuoco l’ordine dei traditori, mentre quasi tutti questi centri sarebbero diventati roccaforti comuniste nell’Italia repubblicana. Qui le fucilazioni dei renitenti non avvennero, per timore che la reazione popolare esplodesse in modo incontenibile.

Quanti italiani lo hanno mai saputo e lo sanno? Ce lo diranno le bocche della verità alla Mattarella e alla Bodrato? Viva l’informazione e la storia della “repubblica” antifascista. Clni e “antifascisti” che hanno sequestrato la costituzione non a buon pro del loro forsennato regime partitocratico e delle ruberie sistematiche, ma a buon pro del regime di libertà, democrazia, emancipazione sociale e culturale, giustizia? E a buon pro del non far mai conoscere chi essi erano stati, uno per uno, durante il regime fascista: quali ruoli avessero ricoperto e cosa avessero fatto? Non ultime, soprusi e violenze, manomissioni e sabotaggi delle armi che venivano inviate al fronte?
Pure infamie.
Inemendabili furono e rimangono le colpe degli esponenti delle forze politiche che agirono con così esecrabile miopia, con odio personale infame e con finalità malvagie così faziose, così come li rappresenta ancora il nome che liberamente scelsero: partigiani. Questo giudizio non ha bisogno di trovare obiettiva fondatezza o mera plausibilità nel rifarsi alla specifica valutazione di uomini e partiti che tutto ciò esprimevano e non già ricorrere all’estremo esempio dei perversi cattocomunisti ante litteram alla Mino Martinazzoli, il quale, per sua stessa apologetica rivendicazione, esaltava il ruolo di guerra rivoluzionaria che intesero condurre con le loro attività di agguati e assassinii, miranti, assieme ai leninisti, a far ricadere sempre e esclusivamente sulla popolazione civile le rappresaglie messe in atto in risposta ai loro crimini. Crimini perpetrati al di fuori e contro lo spirito e la lettera dei trattati internazionali di guerra. “Eroi” per mezzo di agguati e per mezzo dell’uccisione di innocenti al fine di scatenarne la rivolta.
Avranno sempre un bel da fare i novelli Pavone nell’emularlo nello scrivere ponderosi volumi alla ricerca della giustificazione etica della “resistenza”.
E che dire dei nulladibuono? Lasciamo cadere ogni commento sui Matteralla. Le nullità politiche e storiche qui e adesso non vanno considerate.
I vincitori americani e inglesi, con i loro contorni. Gli americani: una Nazione che era profondamente razzista quasi ovunque e che tale rimarrà per ulteriori tre decenni. Una Nazione in cui il diritto dei lavoratori era in realtà nelle mani degli industriali e le protezioni pubbliche dei senza lavoro e dei poveri pressoché inesistenti. Come oggi. Una Nazione che aveva bisogno estremo di immigrati per popolare un’estensione più che doppia dell’Europa. Una Nazione che in virtù della sua speciale condizione geografica, sfruttando ciò con la più assoluta spregiudicatezza, aveva tutto l’interesse a entrare in guerra per espandere in via definitiva il suo potere economico, militare e politico sul resto del pianeta. Potere economico perseguito già da anni, e continuato fino a oggi, con il più criminale uso dell’’imposizione o del veto ai commerci, in virtù di definire un avversario “nemico” degli interessi americani. Una Nazione che già allora aveva realizzato questa strategia di globalizzazione dell’impero grazie al potere aeronavale, che si rivelerà incontrastato e incontrastabile fino ai nostri giorni.
Gli inglesi. I primi a condurre i bombardamenti intensivi sulle città nella seconda guerra mondiale. Il grandi crimine di Churchill: avere voluto fino in fondo la guerra, come e più di Hitler, il quale immaginava di condividere il potere mondiale con i cugini inglesi. Un fanatico senza tema e senza confronto. Perfino pronto a ricorrere alla guerra biologica. E un narratore di fregnacce incredibili nella sua storia della guerra. L’assertore dell’impero millenario britannico, concorrente del millenarismo hitleriano e del suo spazio vitale. Il diretto conoscitore dei grandi massacri, degli inauditi massacri imperiali, dal Sud Africa all’India, dove quaranta milioni di persone erano morte per fame. A loro era stato sottratto il pur minimo sostentamento dei cereali, per importarlo nel cuore europeo dell’impero. Lo scrivono da non molto tempo gli storici inglesi che hanno squarciato il velo di tenebre. Churchill, l’infame che volle la morte di Mussolini, assieme ai comunisti, affinché il suo popolo e gli americani non venissero a conoscenza di ciò che non dovevano assolutamente sapere sui contenuti segreti del suo legame, dei suoi accordi con Mussolini.
La logica della loro propaganda, come nemici, era giustificabile. Quella che hanno continuata a condurre, da molto tempo non più.
Ma da quando esiste l’Unione Europea, la posizione inglese è da valutare in modo ancor più separato da quella statunitense. Una cosa doppiamente imperdonabile rimane il non avere ridato all’Italia le sue isole meridionali, l’arcipelago maltese, fondando una repubblica delle banane, e l’avere instaurato una monarchia fantoccio in Libia, terra che era diventata nazionale a tutti gli effetti.
L’avere reso i libici cittadini italiani è stata la più magnifica azione di progresso civile a livello mondiale creata dall’Italia di quegli anni, che nelle prospettive lusinghiere, che per un brevissimo periodo sembrarono tramutarsi in realtà, avrebbero potuto coinvolgere la Tunisia.
Assolutamente atto inconsulto e smacco ingiustificabile è stato l’avere celebrato la riunione dei leader del Commonwealth nel 2015 a La Valletta. Terra e popolo italiani trattati come colonia per oltre un secolo e mezzo.
Oggi i legami nell’ambito dell’industria strategica fra Regno Unito e Italia sono strettissimi e tali rimarranno pure a fine o a fallimento Brexit e a prescindere dalle impostazioni e conduzioni delle politiche estere, molto differenti sotto diversi rilevanti aspetti.
Una profonda revisione, unilaterale e senza sollecitazioni italiane e spontanea, in riferimento a quanto qui appena abbiano scritto, sarebbe quanto di più auspicabile possa avvenire.
Il passo italiano era già allora in grado di fare da detonatore di tutto il quadro mediterraneo e mondiale del colonialismo euro-statunitense. Per questo è stato nascosto nei più profondi recessi della divulgazione storica.
Oggi, pure su questo, nonostante la debolezza politica e diplomatica italiana dovuta esclusivamente a fattori interni, è iniziato il giro di boa. E a Parigi ben intendano anche sul popolo corso, popolo italiano, ancora considerato a mo’ di colonia.
Tutto questo non nuoce e non potrà nuocere all’Unione Europea, giacché verrà a eliminare in maniera definitiva crimini contro l’umanità, quali sono stati l’avere proibito con la forza di leggi infami e della violenza poliziesca ai corsi e ai maltesi di studiare la lingua madre a scuola.