Sincronicità et alia. Percorsi “anomali” della conoscenza e morte ignota dell’ideologia comunista

1° Giugno 2020

Domenico Cambareri

Sincronicità. Alla ricerca di una conoscenza non causale.

Fra lo sciamare delle coincidenze,  individuare quelle “significative”.

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Al di là delle credenze che si costituiscono in “verità” di fedi religiose e non, incapsulate in coriacei carapaci; al di là delle “verità” raggiunte attraverso la rigorosa applicazione del metodo sperimentale e di quelle filosofiche che pongono al centro del procedere razionale i nessi di causalità; al di là delle teorie psicoanalitiche che riposano non poco sull’interpretazione delle libere associazioni e che costituiscono in buona misura una trasposizione o un tentativo di alternativa contemporanea alle molteplici forme di interpretazione mitica e delle più differenti “-manzie” antiche dei più diversi popoli e “umanità” della Terra dalle epoche più remote fino a oggi, è possibile tentare di individuare ulteriori approcci e frormulazioni di metodi utile alla conoscenza? C. G. Jung ritenne di poterlo individuare e concettualmente abbozzare, anche se non definire come modello teorico compiuto e autonomo e metodologia operativa, quello della sincronicità.

 

Sulla linea di Jung, ovvero nell’ambito di una specifica ricerca (disgiunta dalla ricerca politologica e dall’attività d’insegnamento basate sulle metodologie razionali proprie alle scienze positive) sulle manifestazioni sincroniche, sulle coincidenze significative e dunque al di fuori della sfera d’indagine “positiva” e perciò a-causali ma altresì non meramente accidentali, si è mosso nei trascorsi decenni di fine XX secolo il prof. Giorgio Galli di Milano. Il prestigioso studioso ha inteso raccogliere i dati sincronici sia relativamente alla sua diretta esperienza quotidiana, sia, in modo precipuo, nell’ambito degli studi storici e del suo campo di studi, la politologia; ma non soltanto. Il libro di più specifico sviluppo delle sue ricerche, denso di informazioni e di riflessioni, è Le coincidenze significative (pubblicato dall’editore Sollfanelli nel 1992).

Per quanto si sappia, non molti esponenti del mondo culturale si sono cimentate in questo stimolante e problematico percorso, in cui un’ulteriore peculiarità è quella di potere cogliere queste manifestazioni sincroniche pure su di una scala temporale, senza bisticcio di parole, totalmente aperta alla diacronia.

Facendo riferimento ad alcune opere direttamente citate da Giorgio Galli, ma anche e ancor più ad altre non citate e soprattutto al di fuori dall’ambito politologico e delle scienze a esso più prossime, quanto pure e per di più non direttamente attinenti alle problematiche che concernono il percorso di definizione teorica e di ricerca,  per quanto possiamo supporre in merito alle vedute di questi autori, intendiamo facilitare la più ampia possibilità di liberi percorsi con intrecci diversi e sviluppi non prevedibili. Pertanto, ripetiamo,  ci sono presenti riferimenti autori lontani e lontanissimi da questo approccio, ma il cui pensiero e la cui opera non possono certo sfuggire, in base a tangenze e prospettive  ulteriori, alle tematiche e alle possibilità esperenziali sia individuali che collettive proprie all’ambito della sincronicità.

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Un aspetto generale delle querelle lungo l’interminabile perimetro delle coincidenze significative chissà se malevole è però da porre doverosamente in risalto. Elio Vittorini si premurò con il piglio del dovere soldatesco, o, più acconciamente, con il mistico fervore di un parabolaro non della Tebaide ma dell’immiserita Valle del Tevere, ad abbandonare la scandalosa collana viola dell’Einaudi, nata per inconsulti conati sulle rive del giovane Po (editore per di più smaccatamente dichiarato di parte, che pare, stando ai chissà se valevoli si dice del tempo, che abbia vissuto da satrapo senza pagare di talvolta in talvolta gli autori: un duplicato, però, di lunga carriera, di Giangià Feltrinelli?).

All’ordine togliattiano si obbedisce immediatamente, soprattutto se esso è diretto a combattere gli sproloqui e le diffusioni dell'”irrazionalità”. Quella irrazionalità che con ferma mistica fantasticheria di segno radicalmente diverso ha combattuto e combatte senza tregua alcuna, con le baionette innestate dei nerboruti cervelli della “filosofia” e della “scienza” marxisti. L. Geymonat esempli per tutte le innumerevoli armate.

E’ da dire, a onor del vero, anche a costo di screditare il tacito universale silenzio, che la più rilevante e prolungata e distruttiva irruzione del chiliasmo messianico israelita, ad onta dello stesso C. Marx e del suo Paolo di Tarso, Lenin, subì la sua prima e fondamentale, radicale e irreversibile metamorfosi proprio in terra di Russia. Cose su cui le schiere togliattiane nulla avrebbero potuto mai capire, né mai dopo capirono. Il mancato sacerdote e despota Stalin, pur di resistere all’invasione germanica con le bandiere naziste, non ebbe alcun dubbio sull’urgere della scelta obbligata: chinò il capo e si alleò con la vera vincitrice: Santa Madre Russia, impersonata in toto dai simboli cristiano-ortodossi. Altro che le sconclusionate e patologiche esaltazioni togliattiane del divino Lenin e, ancor più, del divino filosofo cristiano Hegel.

Presso quali spiagge sarebbe morto il comunismo sovietico e mondiale prima della sconfitta della Terza guerra mondiale, combattuta per decenni con la strategia indiretta nei più diversi teatri bellici del globo, e poi conclusasi con la disfatta totale subita dal Comintern, con l’installazione dei missili Pershing e Cruise americani armati di testate neutroniche sul territorio dell’Europa occidentale, proprio alla vigilia del definitivo attacco sovietico all’Europa? La superiorità schiacciante degli armamenti convenzionali e nucleari tattici e eurostrategici dunque a nulla valse a far piegate la testa agli europei e agli americani. L’arma rivoluzionaria, di cui era sprovvisto l’arsenale sovietico, distrusse il sogno dei meglio rossi che morti e garantì la sopravvivenza europea e l’implosione dell’impero comunista.

Dove, dunque, morì il comunismo prima della glasnost e dei suoi esiti ultimi inaugurata da Gorbaciov, e prima della cadiuta del muro di Berlino e dell’URSS?

La più sfrenata esaltazione della fantasticheria pseudorazionale e pseudofilosofica, la più aberrata degenerazione ateo-materialistica del positivismo e dell’idealismo, la più crudele prassi politica inveratesi nel suo estremo stadio, ossia quello dell’universo concentrazionario, di fronte a cui perfino le degenerate e tragiche pagine naziste legate alla soppressione fisica dei quattro milioni e quattocentomila sionisti o spesso presunti tali, (dei presunti “ebrei” anche neppure israeliti – con il gaudio del capo sionista Weizman: “sei milioni su un piatto d’argento”), e di altri europei rappresenta un particolare storico; tale sfrenata esaltazione sovietica si sarebbe suicidata sulle rive dell’irrazionale così. Sì, si suicidò su queste rive, ai piedi di Julia Vorobjova.

E, come in ogni storia importante non di illusionismo ma del presunto irrazionale (che, quanto meno, va scandito nella minima diversificazione fra subrazionale e sovrarazionale o sovrafenomenico, in relazione alle conoscenze scientifiche in fieri e del pari alle interpretazioni filosofiche), abbiamo che chi con le sue facoltà o virtù speciali (sin dalla nascita o sopraggiunte in vita) ha guarito e salvato altre persone o operato in altro modo

                                                               Julia Vorobjova, foto da La Repubblica

ancora a loro beneficio, non riesce a curare e salvare se stesso dalle condizioni di emarginazione economica, e non solo. Julia Vorobjova per l’appunto, è una conferma esemplare nell’ambito della storia della “magia” e della frequentazione dell’occulto? Forse non è esempio sufficiente? Basti allora pensare al mago John Dee, il “mistico” sovrano di Elisabetta I e dello scrittore mittleuropeo Gustav Mejirink? O al “mago” di Hittler, di cui poco si parla, Erik Jan Hanussen, nome d’arte di Herschmann Chaim Steinschneider?

Probabilmente, in tutto questo e in ciò che vi è racchiuso e in quello che ne conseguì e ne consegue, vì è materia per i multiversi aspetti della sincronicità. a cui si rivolge la ricerca di Jung, Koestler, Galli.
In ultimo, è da ricordare che di questi variegati e differenti mondi che vuole esplorare la sincronicità, da quello delle estasi come tecniche operative o come rapimenti a quello dei criteri e delle metodologie dei calcoli di Nostradamus o di Erik Jan Hanussen, fanno parte per Giorgio Galli la letteratura e la parascienza della “phantasy e della potenza ancora insondata dell’immagionario  quali aspetti cogenti di una prognostica dell’acasuale inconosciuto. – Domenico Cambareri

                                                                                                                                                                 

                                                               

                                                    Alexandra David-Neel,
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