Coprifuoco autunno 2020 – primavera 2021

28 Novembre 2020 Enea Franza

Nuovo lockdown quanto ci costerà tutto questo?  2.

Con l’Italia divisa in tre diverse aree, ha preso forma la “strategia” messa in campo dal governo, attraverso il Dpcm del 3 novembre, per provare a contenere il contagio da Covid-19. Con gli ulteriori e ormai serial DPCM, si è infine provveduto a dare l’avvio alla ’ristorazione’ degli esclusi: l’esercito delle partite IVA. Primi passi. Vedremo quanto saranno significativi.

Nella sostanza, per tutte le regioni, si attua un livello d’intervento minimale a cui (al superamento di livelli prestabiliti) si aggiungono decisioni di ulteriore salvaguardia, con un appesantimento delle restrizioni. Si tratta, a ben vedere, di un provvedimento di chiusura generalizzata delle attività commerciali. Infine, le novità ultime sul passaggio fra l’altro di Lombardia, Piemonte e Calabria alla zona arancione e della Sicilia a quella gialla e quelle sulle sterili e stupidissime polemiche sull’ora in cui celebrare la messa notturna di Natale. L’importante è che ci sia, e anzi l’anticiparla a prima di mezzanotte potrà soltanto fare partecipare alle celebrazioni più persone. Poi, l’allegerimento deìi apertura e chiusura di alcune attività della ristorazione ecommerciali, trova un forte e forse eccessivo bilanciamento nel divieto di viaggi oltre i confini regionali. Una quantità marginale di italiani sarà forse immotivatamente e letteralmente inchiodata, così treni, navi e aerei. Lo sci lo si vedrà in tlevisione.

Ci sentiamo in obbligo d tornare a richiamare l’attenzione della classe politica e di ogni potenziale lettore su quanto abbiamo avuto già modo di analizzare e verificare. Quindi ripetiamo la doverosa domanda:

Chi ne farà le spese e quanto ci costerà tutto?   Rivediamolo insieme.                                                                               

Considerato il contenuto se non modesto apporto che potranno arrecare in positivo, in siffatto contesto generale, le spese dei dipendenti retribuiti dalla pubblica amministrazione e dal settore privato, in assenza dei fondamentali apporti pubblici e delle grandi e medie aziende quali clienti diretti e patron e sponsor di molti eventi e attività e quelli non meno fondamentali costituiti dalla venuta molto meno massiccia se non minima del turismo internazionale culturale, escursionistico e sportivo, cosa accadrà? Buio oltre la siepe.

I settori colpiti saranno sempre gli stessi: ristorazione (bar e ristoranti in primo luogo), tutta la filiera industriale di banqueting e catering  legati rispettivamente alla produzione e distribuzione di pasti pronti ed alla distribuzione automatica (vending); musei con guide turistiche (fra l’altro: blocco dellevisite e gite scolastiche) e indotto e settori ricreativo, dell’intrattenimento (cinema, teatri e concertistica), dell’organizzazione di feste e cerimonie e quello fieristico, convegnistico e della moda in tutti i gradi delle loro articolazioni per importanza e complessità logistica e organizzativa. Quindi i trasporti: treni ed aeri, prima di tutto, ma anche quelli del servizio locale. Parallelamente il grande bacino turistico ed alberghiero, il cui danno, oltre alla perdita immediata connessa all’emergenza, dovrà fare i conti con il continuo deterioramento d’immagine internazionale, atteso che, da tempo, per il nostro Paese gli stranieri rappresentano più del 50% delle presenze totali.

Quanto alle categorie sociali colpite, saranno ancora drammaticamente colpiti i lavoratori autonomi ed i professionisti. E’ superfluo e demagogico, oltre che dannoso e ingiusto, parlare con voce sommessa, fra componenti della maggioranza che sorregge il governo, che costoro rappresentano lo zoccolo duro dell’evasione fiscale. Siamo arrivati a un periodo temporale enorme di blocco imposto dell’attività lavorativa, e la gran parte degli operatori del settore è costituita da piccoli imprenditori che nascosto sotto il mattone non hanno più nulla o qualche residua e insignificante cifra. Gli evasori che hanno ancora molta disponibilità di liquidità sono percentualmente pochi e il molto modesto contributo pubblico di ristoro, che a loro non toccherebbe in presenza di un fisco efficiente, costituirà si una percezione indebita, ma per questo non può e non deve essere penalizzata la stragrande maggioranza degli operatori colpiti. Sarebbe un disastro sociale e un’ingiustizia enorme e ingiustificabile anche sul piano politico. Ad essi si aggiungono le piccole e medie imprese manufatturiere e meccaniche in generale.           

Una forma di resilienza maggiore potrebbero avere ancora le grandi imprese, in particolare quelle collegate alle commesse pubbliche e d‘interesse strategico della produzione industriale e per l’export tecnologico (per infrastrutture, trasporti, cantieri navali, energetico e estrattivo / offshore, elettronica e aro-spazio). Le quali hanno però subito perdite non sottacibili e finora non recuperate, per cui è da presumere che le tagliole delle clausole contrattuali peseranno non poco nel caso della richiesta di indennizzi e penalità da parte degli acquirenti (pubblici e aziende e grossisti stranieri). In questi ambiti delicatissimi, la concorrenza cinese in questi mesi è diventata spietata e sempre più pericolosa a livello planetario nei confronti di tutti i Paesi produttori del primo e del secondo mondo, che si dibattono nella profonda e perdurante crisi causata dalle misure di contenimento e di lotta alla diffusione del coronavirus 19. Un contesto perciò di accentuate destabilizzazioni dei mercati mondiali.

Riconfermiamo quanto abbiamo avuto già motivo di citare: lo studio condotto dal Centro Einaudi sulle conseguenze economiche dei giorni di chiusura nella prima crisi pandemica – dal 9 marzo ed il 18 maggio 2020– indica che i costi minimi del confinamento generale ammonterebbero a poco meno di un miliardo di euro al giorno.

La stima tiene conto però solo delle perdite di reddito direttamente connesse al fatturato perso e, dunque, il conto in perdita sarebbe molto più cospicuo. Questo perché in effetti occorre tenere conto di almeno due ulteriori elementi: il non decrimento delle scorte per i beni non venduti, che comportano il persistere della capacità produttiva inutilizzata. Dunque, aggiustamenti in riduzione nella mano d’opera impiegata e connesso utilizzo della cassa integrazione, ed, in secondo luogo, la riduzione della domanda d’investimenti.

Dovremo perciò ulteriormente aggiornare la crescita del costo del mancato sviluppo rispetto alle attese, che determina un ulteriore effetto di riduzione della domanda.  Se l il lockdown  di primavera è costato oltre 53 miliardi di perdita “viva”, in base agli effetti indotti per un multiplo di oltre 4, per cui la perdita definitiva supererebbe i 200 Miliardi di Euro, cosa sta accadendo in questi mesi e cosa succederà nei prossimi?

 Se poi dovessimo considerare la possibile fine della cassa integrazione speciale e la possibile fine del blocco dei licenziamenti ad aprile prossimo, questo sintetico quadro generale verrebbe ad avere un’ulteriore profonda trasformazione, soprattutto sul piano dell’impatto sociale e della forte contrazione delle vendite.

Siamo in presenza di scenari davvero cupi.

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