Pensioni e non solo pensioni. Contro il regime dei magnaccia tagliagole

08 Dicembre 2021 Autore: Domenico Cambareri

Qualcosa su di tutto e di più. Con al centro le pensioni e i partitibanditi. E con tanti si ‘deve’ e non si ‘dovrebbe’.

Bisogna riportare per un quinquennio l’uscita lavorativa a 58 anni con almeno 35 anni di servizio, non applicando penalità alcuna, visto che questi lavoratori, in generale, hanno subito già un quindicennio di penalizzazioni. Solo alle categorie che non ricadono entro queste condizioni vanno applicate trattenute superiori al 5%

Premessa indispensabile per spazzolare un poco memoria e stato di veglia. Chi desidera passare subito al contesto di questi giorni, la può leggere come una postfazione.

Sono passati orami gli anni in cui si riteneva la salvaguardia delle pensioni l’unico principio, se non intoccabile, quantomeno di sicura garanzia di salvaguardia. Sono passati, e non sappiamo più se siano molti o pochi. Il finimondo delle frequenti se non permanenti trasformazioni della palla pazza della cosa pubblica spesso fa perdere la bussola e rende spesso smemorati.

Or son ben vent’anni, mese e anno più o meno, quando non pochi dei protagonisti, rimasti ancora in scena con cinica baldanza, avevano varato norme atte a incentivare l’uscita dal lavoro dalle industrie a partecipazione pubblica e da amministrazioni pubbliche quali quelle regionali elargendo congrui benefici economici. Sono gli anni un cui, pure, venivano smantellati o compressi zitto tu zitto io diversi ‘pezzettini’ delle strutture pubbliche tenute fino ad allora oleate e cadute repentinamente in disgrazia per dare l’immagine ai partner europei della decisa volontà politica di attuare rigorose misure di contenimento della spesa e di equità retributiva.

Tralasciamo gli attacchi e i riferimenti espliciti e reiterati da noi fatti allora per diversi anni all’infernale macchina, alla sterminata gola profonda della sventrata sanità nazionale dal cannibalico partitismo regionalistico. Le più grandi cuccagne di un regime infausto, criminale fino all’ultimo neurone, che aveva portato le spese della sanità pubblica quasi al doppio aritmetico di quelle della Francia: eravamo arrivati a sfiorare i 200.000 miliardi di lire, denaro quasi totalmente destinato alle ruberie, e al contemporaneo si assisteva al definitivo crollo di quelle destinate alla scuola.     

Erano anni in cui si ‘stra’ assicurava sulla forte tenuta delle casse pensionistiche interessate. Erano gli anni in cui continuava in modo sfrenato pure a ignorare una politica di sostegno in favore delle famiglie e in particolare di salvaguardia, se non un incremento, degli indici di natalità. Sciagura in assoluto la maggiore fra tutte, per le nefaste conseguenze di tracollo sociale.

Erano gli anni dell’appena rodata mappa del nuovo potere partitocratico dello scellerato DABABE (dalemabassaniniberlinguer) + il terun del l’osti con la canna dello schioppo piena di grappa + Silviotrambusto e il pinocchiettofiniano + casincasotto leccapiediUS+ cloache sindacali di avita supplenza politica.

Erano gli anni del nuovo consociativismo dei partitibanditi che avevano inaugurato la nuova stagione del regime elargitore e creatore di un nuovo ceto sociale  buro-stipendiale e sociale, ossia della robusta e claque della moltitudine di vecchi e nuovissimi dirigenti trasformati d’un tocco in dirigenti dal doblon d’oro, a iniziare da quelli delle ventuplicazioni o quarantuplicazioni delle posizioni apicali civili e militari in grazia della trasformazione del Paese in abietto bordello confederale dei magnaccia tagliagole degli italiani, interessati e ‘lesti’ complici del bossolofuso.

Nuovo, acceleratissimo corso dell’impazzimento mafioso dei partiti e di parlamenti e governi sordidi in cui l’aumento stipendiale base dei ‘dirigenti’ rispetto ai funzionari e ai dirigenti declassati non iniziava più con un quattro, cinque … toh! dieci per cento ma direttamente da oltre il 100% in più. Era infatti stata creata la dirigenza, compresa quella onoraria del falso spoiling system tramite assunzione su indicazione politica, che avrebbe portato alla generale disfatta delle forze armate, della burocrazia, di scuola e università.  Il baratro. L’antimondo della legge dei parametri, che ormai lavoratori e sindacalisti nemmeno conoscono. Altro che memoria storica.

Una faglia non geologica ma socioeconomica era stata prodotta dal regime politico mafioso. Un’altra ne sarebbe contestualmente aggiunta: quella creata dalle norme sovranazionali e dalle nuove nazionali  in merito alle immigrazioni interne europee attuate senza strategie preventive, di concreta accoglienza repressive e, poi, con lo stravolgimento dei diritti civili della proprietà per fini di eversione ‘umanitaria’ e con l’immigrazione extracomunitaria, volutamente canalizzata quasi esclusivamente tramite le vie illegali.

Era iniziata e santificata l’età del ‘tutti comprati’ da un lato, del ‘tutti al macello’ dall’altro. Cosa forse giusta. Infatti, perché dovevano essere ‘subornati’ solo i magistrati?

Tutto questo aveva altresì goduto di un passante ‘amplificatore’ strategico di distruttiva e demoniaca importanza: l’estensione della fruizione da parte del parlamento, della sconosciuta ‘autodichia’, di cui esso godeva e gode costituzionalmente, agli organi elettivi amministrativi periferici (regioni e province autonome): partitocrazia e peculiarità e degenerazioni esclusive del regime partitocratico italiano.

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Oggi, continuiamo ad assistere alle solite sceneggiate, pur entro un quadro generale completamente cambiato dalle forze sopraelencate. Quadro generale in cui il ceto medio pubblico, e non solo, è stato definitivamente e irremediabilmente sottoproletarizzato nell’età del comunismo liberista o del liberismo comunista italiano che dir si voglia: due facce della stessa origine di problemi, mali e disastri sociali e politici. Tragica realtà politica generale, tragico sfacelo di un Paese rimasto in mano a masnade e congreghe partitico-sindacali e camarille di sottogoverno espressione del grande sconfitto della storia contemporanea: il comunismo sovietico e il pendant del comunismo italiano in toto filosovietico, fino al midollo (attendiamo di conoscere ancor a quanto  ammontarono le eccezioni).

Lo sconfitto comunista che sgoverna a suo piacimento, paludandosi da liberista ‘di necessità’, acceso europeista, convinto e gaudente lacché del tossico capitalismo e della politica imperialista statunitense.

I giochi dei cervellotici espedienti di riforma delle pensioni si sono succeduti con una notevole frequenza e il loro apice si è avuto sotto il governo Monti.

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Dunque, le controparti ‘pubbliche’ e ‘sindacali’ sono tornate a incontrarsi per ‘trattare’ sulle pensioni.  Sull’ennesima riforma o miniriforma o riforma-tampone delle pensioni.

Sotto lo sguardo e il ghigno minacciosi di una tal lugubre Fornero, di un algido chirurgo-aziendalista ‘amputatore’ folle (a cui avevamo riservato all’inizio una buona disponibilità d’animo, inconsapevoli di cosa serbasse già nel suo animo e quanto di trame già ordite) e di un dragondrago tenutario di un governo alla mercé degli ordini di quella strada d’oltreoceano. Ordini che, quando non arrivano, forse vengono richiesti, come accadde con il precedente governo Conte e dei 5stalle antiamericani.  

Nulla di più ridicolo e grottesco. I sindacati non contano, non hanno contato nulla da anni, a far data dalla nascita della Repubblica sequestrata dai partiti, quindi non contano nulla dal ventennio fascista in qua. Anche quando spargevano violenza con le mani che imbracciavano enormi chiavi inglesi: essi non sono stati altro che l’espressione delle volontà più corrive e virulente che si manifestavano all’interno dei partiti di riferimento, in particolare delle correnti più violentemente demagogiche, ammantandosi di essere portatrici di affrancatrici e radicali riforme socioeconomiche: uguaglianze comuniste, socialiste radicali, cattoegualitarie e cattocomuniste. Uguaglianze proclamate, oceani di slogan di uguaglianze, uguaglianze dell’impero delle disuguaglianze che hanno prodotto la più abissale divisione retributiva della realtà nazionale.

Non soltanto l’Italia dei pensionati Monti, Fornero, Draghi e dei birboncelli saltatori di vicoli e di ostacoli come il peperoncinotramatore Renzi e di pensose teste sbarellate come Letta il giovin Procuste continuò nelle furfantesche escogitazioni quali APE e Opzione Donna, ma volle battere con gran botto il primato europeo, affiancandosi alla Danimarca, sul prolungamento della  permanenza al lavoro fino al 67.o anno e, con scala di crescita, fino ai 70 compiuti, in base alla balla balla balla della crescita dell’indice …medio … della vita.                                                                                                                                     Insulsa ridicolaggine che voleva e vuole ancora scremare con tavole standard i lavori in usuranti e non usuranti. Discoscendo il prioritario diritto del lavoratore di decidere quando andare in pensione al raggiungimento del 38.o anno di vita lavorativa. E, nel contesto di tal precipitosa e precipitata condizione d’urgenza nazionale del trio TREBRUSAC BrunettaSacconiTremonti per salvarci dal disastro e dal fallimento del Paese …,  con cieca brutalità disconoscendo in pari tempo ogni fattore e parametro ulteriormente individuabile in riferimento ai singoli lavoratori e ai loro dati genetici, medici ( e delle malattie rare, gagliardamente relegate in un inindividuabile limbo), psicologici, familiari, ambientali, etc.

Volgare, inaudita violenza di un’oligarchia partitica trasversale in cui ogni nomenclatore risulta superfluo, non solo parassitaria ma nella sua quasi interezza inetta, incapace e soprattutto ladra ladrona. Basi che pensare che i parlamentari, mentre aumentavano le loro gratifiche, già 13 anni addietro – per dovere di risparmio e oculatezza (!) – azzerarono tutti i dispositivi di legge a tutela dei dipendenti pubblici (tranne i dipendenti militari e delle forze di polizia) messi a riposo per malattie dovute a causa di servizio. Bestialmente bestiale. Bestiale raschiare. Bestialmente bestiale agire di partiti e parlamenti operatori di faglie non geologiche ma socioeconomiche.

E dunque nel contesto dei contesti, sono tornati a DISQUISIRE nel velocissimo scorrere delle ore per il varo della finanziaria e dopo la ridicola e penalizzante riforma Irpef che inchioda al perpetuo declassamento quelle categorie di lavoratori che furono sottoproletarizzate dalla scellerata infernale creazione del DABABBE della pseudo  dirigenza al soldo dei partiti, SULLE QUOTE 102 o 104. Assurdità delle assurdità.

I beceri e micidiali trucchi escogitati negli scorsi anni dal regime partitocratico e dal suo collante sindacale per scuoiare chi va in pensione anni prima dei 67 fatidici anni statuiti dall’esperta del lavoro piagnucolona falsocontrita, sono davvero di una sopraffine intelligenza bestiale, sadica, alla BrunettaSacconiTremonti, alla TREBRUSAC. Trucchi quali imporre decurtazioni enormi nel calcolo pensionistico e ritardare il pagamento delle rate della pensione di mesi e ‘spalmare’ la liquidazione nel corso di anni e nell’imporre l’abbattimento del calcolo misto TFS-TFR.

Bene. Le risorse sì che ci sono.

Bisogna abbattere il regime mafioso: il PARLAMENTO, se non vuole continuare a esser MAFIOSO, DEVE LICENZIARE CON URGENZA UNA LEGGE ATTUATIVA DELL’ARTICOLO COSTITUZIONALE SUI PARTITI, con trasparenti precise e dirimenti regole atte a salvaguardare la Costituzione e gli interessi vitali della Nazione dai veti incrociati, ripetuti e dalle paralisi provocate dai PARTITIBANDITI, quale è il caso del blocco della revisione costituzionale (tranne quella della farsa del prePD-bossiniano …), ferma da sempre, ossia da 50 anni, e porre termine con leggi urgenti e coraggiose alle sterminate giungle di beneficiari impropri, dalla RAI alla magistratura. Deve incidere in profondità sui ‘piccoli’ ma portentosi numeri e lasciare tranquilli i grandi numeri dei malpagati                                                                                   

Bisogna abbattere l’infame DABABE/TREBRUSAC e che il PARLAMENTO LIMITI in senso auto-restrittivo e esclusivo, con esplicito divieto di poter estendere questa prerogativa ‘sovrana’ dei rappresentanti del popolo alle massime cariche elettive ad altri, minori organi elettivi, LA SPECIALE, PARTICOLARISSIMA FRUIZIONE DELL’AUTODICHIA.  

Bisogna riportare per un quinquennio l’uscita lavorativa a 58 anni con almeno 35 anni di servizio, non applicando penalità alcuna, visto che questi lavoratori, in generale, hanno subito già un quindicennio di penalizzazioni. Solo alle categorie che non ricadono entro queste condizioni vanno applicate trattenute superiori al 5%.

Bisogna subito procedere all’indizione di altri concorsi per assumere il maggior numero possibile di giovani nella pubblica amministrazione e di almeno 300.000 nuovi docenti.

Il Consiglio Supremo di Difesa, luogo di quisquilie e di fregnacce partitocratiche, deve indicare l’esigenza di: – innalzare a 200.000 unità l’organico delle tre Forze Armate, riportare l’Arma a tale sua natura e non più a forza armata e metterla alle dirette dipendenze del Capo d S.M. della Difesa, così pure la Guardia di Finanza; – smantellare le strutture di vertice regionalistico della sanità, delle singole forze armate e corpi di polizia, della burocrazia. Vanno ripristinate le sedi dei tribunali minori e le seconde sedi dei Tar nelle regioni maggiori. La pianta organica delle regioni, anche delle regioni a ‘statuto speciale’, e delle due province autonome va fortemente ridimensionata e quella dei comuni deve subire accorpamenti urgenti, con la soppressione dei comuni al di sotto dei seimila abitanti e con la conurbazione o consorzialità obbligatoria fra comuni inferiori a 15000 abitanti.