Alberto Savastano. Le regole dell’economia reale.

 Alberto Savastano
Zagarolo, novembre 2008

Precisa, motivata, impietosa analisi del sistema economico italiano nel contesto dell’odierna crisi planetaria e delle responsabilità e delle colpe di natura tecnica e politica

 

 ABSTRACT
L’esplosione della crisi dei mercati finanziari ha messo in allarme tutti i Paesi del mondo non solo per le
conseguenze sugli equilibri di liquidità dei Sistemi bancari e finanziari a livello nazionale e internazionale
ma anche e soprattutto per le ripercussioni già in atto sull’Economia reale: recessione, disoccupazione,
ridotto potere d’acquisto ecc.
Il fenomeno, preoccupante per gli USA, per il Giappone, altri Paesi asiatici ed Europei, si presenta molto
grave per l’Italia perché la sua Economia, già avvicinatasi da tempo, ha raggiunto, ormai, la soglia della
“Crescita 0”.
Per scongiurare il pericolo di una dilagante crisi dell’Economia reale, tutti invocano l’applicazione urgente
e tassativa delle Regole dell’Economia reale; però che cosa siano ed in che cosa consistano tali Regole
nessuno ne parla e, soprattutto in Italia, non tutti le conoscono perché l’Italia non le ha mai seriamente
applicate.
Questo documento:

1. Presenta un quadro organico di livello internazionale dell’origine e dello sviluppo delle
metodologie espressione delle Regole dell’Economia reale;

2. Stigmatizza la rinuncia ad oltranza da parte dell’ Italia al recepimento e all’applicazione
generalizzata delle Regole dell’Economia reale;

3. Auspica l’insorgere di una decisa volontà politica che consenta l’attuazione di un ampio
Programma di sensibilizzazione, introduzione e soprattutto applicazione generalizzata delle
Metodologie di standard tecnico internazionale e di elevata attendibilità scientifica, genuina
espressione delle Regole dell’Economia reale.

SOMMARIO
Premessa 4
1. L’Analisi delle Politiche pubbliche o “POLITICS” 5
1.1. Gli indirizzi socio-politici 5
1.2. Gli strumenti tecnico-metodologici 6
2. L’Analisi Razionale delle Politiche Pubbliche – ARP” (POLICY) 6
2.1. Gli indirizzi socio-politici 6
2.2. Gli strumenti metodologici 7
2.2.1. Percorso di Pianificazione dello Sviluppo 8
2.2.2. Percorso di Programmazione dello Sviluppo 8
2.2.3. Percorso della Progettualità 9
2.2.3.1. L’Analisi Costi/Benefici 9
2.2.3.2. La Programmazione per progetti 10
2.3 Il Processo di Sviluppo in Italia 11
2.3.1 A livello di Pianificazione 11
2.3.2 A livello di Programmazione 11
2.3.3 A livello di Progettualità 12
3 Considerazioni 13
3.1 Riflessioni di natura metodologica 13
3.2 Riflessioni di natura storica 14
4. Conclusioni 15

Premessa
Di fronte ad una crisi dei mercati finanziari inaspettata e virulenta come quella che si è abbattuta sul
mondo intero, per la prima volta nella Storia la reazione del Governo italiano è stata esemplare: ha
operato bene, con consapevolezza e senso di responsabilità.
E’ intervenuto, infatti, con tempestività, anzi in anticipo rispetto agli altri Paesi europei, con
determinazione e soprattutto con idee chiare, sostenendo la necessità di rifinanziare i sistemi bancari
nazionali per impedire che, a causa degli effetti negativi prodotti dalla crisi dei mercati finanziari, il
circuito Banca-Impresa entrasse in crisi con gravi ripercussioni sul sistema produttivo e, quindi,
sull’Economia reale”.
Mentre per i mercati finanziari la linea comportamentale del Governo è già stata precisata (Nessuna
banca fallirà, nessun risparmiatore perderà un euro), nei confronti dell’Economia reale c’è ancora tutto da
fare. Non è il momento di indugiare, è necessario operare con urgenza e non solo con interventi
“tampone” ma, soprattutto, con l’introduzione di quelle “Regole” che, in questi giorni di grande
fibrillazione dei mercati, da tutti sono evocate e da nessuno ancora chiarite.
D’altra parte, rifinanziare il settore bancario ha un senso solo se esiste una volontà politica decisa nel
voler supportare realmente la crescita dell’economia reale sulla base di regole metodologiche oggettive
perché scientificamente attendibili.
In questo documento desideriamo soffermarci proprio sulle Regole dell’Economia reale ossia su quel
sistema di “Indirizzi socio-politici” e di “Strumenti tecnico-metodologici” che consentono di pilotare la
crescita economica e sociale (lo Sviluppo) delle Collettività.

Stiamo parlando delle Politiche pubbliche e, più precisamente, dell’Analisi delle Politiche pubbliche: di
quel “campo di studi multidisciplinari sviluppatosi all’interno della scienza politica e fortemente
“contaminato” da altre discipline come l’economia, la sociologia, la statistica. Ciò che distingue questa
disciplina dalla scienza politica intesa in senso classico è il focus dell’analisi, che è spostata dallo studio del
potere e delle istituzioni (approccio istituzionalista) allo studio dei comportamenti dei soggetti operanti
nell’arena pubblica (approccio comportamentale.)1”.
Le Politiche pubbliche, pertanto, non si manifestano come un fenomeno oggettivo a sé stante, ma sono
costituite da un insieme di collegamenti – tra loro eterogenei – di eventi che, per affrontare uno stesso
problema di rilevanza collettiva, può variare secondo le logiche seguite e i metodi adottati.

1 «Studiare le politiche pubbliche significa porre al centro della ricerca le specifiche azioni intraprese dalle autorità pubbliche per
affrontare, rinviare o eludere i problemi sorti in un determinato ambito»
(Capano-Giuliani, Dizionario di politiche pubbliche) (Wikipedia)

2 Questa diversa concezione deriva dagli Stati Uniti dove fin dagli anni 1920 dominava l’idea che la classe politica fosse
tendenzialmente corrotta rispetto ai valori e agli ideali che i politici si proponevano di perseguire. Per questo motivo il
pragmatismo trovò larga diffusione e si identificò nella parola Policy e cioè nella Politica reale o razionale (studio dei necessari
provvedimenti che un’amministrazione pubblica deve attuare per il bene della collettività), in contrasto con la parola Politics che

Esiste una differenziazione lessicale del termine Politica2 dalla quale scaturisce una diversa
interpretazione delle modalità attuative delle Politiche pubbliche:
sta ad indicare meri rapporti di forza, di partiti e di politici per cui le decisioni derivano da quello scontro di interessi spesso non
basato su dati reali quanto su ideologie e valori. (Wikipedia)
3 Wikipedia: Analisi delle politiche pubbliche: www.wikipedia.org/wiki/Analisi_delle_politiche_pubbliche.

. Politica intesa come Politics si estrinseca nell’Analisi delle politiche pubbliche;
. Politica intesa come Policy si estrinseca nell’Analisi razionale delle politiche pubbliche.
Nel contesto anglosassone i due termini conoscono una differenza non solo lessicale ma anche
sostanziale. Negli Stati Uniti le due aree scivolano addirittura in una’aperta contrapposizione. In Europa,
solo la Gran Bretagna ha direttamente conosciuto la differenza tra Politics e Policy grazie all’uniformità
della lingua e al tradizionale scambio culturale con gli USA. Per gli altri paesi europei, invece, si tratta di
materia essenzialmente d’importazione e la differenziazione tra i due termini è oggi ancora in fase di
attuazione.
In Italia, dove è molto diffusa l’idea che il termine Politica, nel senso di Politics e Policy, rappresenti due
aspetti di uno stesso fenomeno, è, comunque, storicamente dominante la logica Politics.
Ci siamo proposti, pertanto, in questo documento, di soffermarci brevemente sull’Analisi Politics e di
presentare, invece, con dovizia di particolari l’Analisi delle Politiche pubbliche basata sulla logica Policy
secondo la quale le decisioni devono fondarsi su una razionale analisi pragmatica di dati reali.
1. L’Analisi delle Politiche pubbliche o “POLITICS”

1.1. Gli indirizzi socio-politici

Per l’Analisi delle politiche pubbliche, il processo decisionale dello Sviluppo costituisce il risultato dello
scontro d’interessi tra le parti politiche, basato prevalentemente su principi ideologici e valori piuttosto
che su dati reali.

“E’ il binomio partito-potere che sta alla base delle politiche pubbliche perché è dominante l’idea che le
politiche siano talmente condizionate dai giochi politici che non avrebbe senso farne un campo di ricerca
autonomo. In Italia d’altronde abbiamo una tradizione politologica, che annovera contributi di
Machiavelli, Mosca, Michels e Pareto tutti incentrati sulla preminenza del potere decisionale. Più
specificatamente, a oggi, in Italia, lo studio delle politiche pubbliche rientra in diversi curricula formativi
nelle facoltà di Scienze politiche e Sociologia. A livello post-universitario dal 1997 è attivo il Master in
Analisi delle Politiche Pubbliche, presso il Corep di Torino. Presso alcune facoltà di Scienze Politiche
(Torino, Firenze, Milano, Bologna) sono attivati dei dottorati di ricerca in Scienza politica con
specializzazione in Analisi delle Politiche Pubbliche. L’analista di politiche pubbliche è un professionista
(en: practitioner) che mette a disposizione delle autorità pubbliche la propria formazione nel campo delle
politiche pubbliche. Il lavoro dell’analista delle politiche pubbliche si colloca quindi a mezza strada tra un
lavoro di ricerca applicata e un lavoro di consulenza.”.3

1.2. Gli strumenti tecnico-metodologici

In virtù della solidità di fede nel binomio partito-potere non è avvertita la necessità di dotarsi di particolari
strumenti metodologici sia per le attività di Pianificazione e Programmazione dello Sviluppo sia della
Progettualità.
L’idea consolidata che la volontà politica sovrasta qualsiasi altro tipo di giudizio e/o di valutazione tecnica
fa sì che la stessa convergenza ideologica tra idea e finalità di Piano e/o di Progetto sia di per sé
autoreferenziale per l’accertamento della validità delle azioni di piano e/o di progetto d’investimento in
esame.
2. L’Analisi Razionale delle Politiche Pubbliche – ARP” (POLICY)

2.1. Gli indirizzi socio-politici

Per la Policy, il processo decisionale dello Sviluppo deriva da una razionale analisi pragmatica di dati reali
e le metodologie che ne interpretano al meglio i principi sono l’Analisi Costi Benefici e la Programmazione
per progetti.
L’intervento dell’Economia per il decollo della Policy Analysis è fondamentale perché è la prima scienza
sociale che si pone di trovare risposte rigorose ai propri interrogativi. L’ARP mutua dall’economia due
concetti fondamentali: la scarsità delle risorse e la necessità della scelta. Il problema della razionalità
economica è quindi sostanzialmente interpretato come il “criterio della scelta”.

I contributi che l’ARP offre all’Analisi delle Politiche Pubbliche sono4:

4 Tratto da Wikipedia

. Un arricchimento del dibattito verso l’obiettivo della soluzione migliore;
. L’Individuazione delle fasi e delle procedure attraverso cui deve essere affrontato un problema di
policy;
. Comprensione del problema (qual è? Com’è? Chi manifesta il problema?);
. Raccolta delle informazioni (Se non si fa nulla? Variabili principali? Tempistica?);
. Individuazione delle finalità, degli obiettivi e delle alternative (finalità generali? Obiettivi specifici?
Alternative realistiche?);
. Valutazione ex ante (vantaggi e svantaggi delle alternative?);
. Monitoraggio e valutazione in itinere (procede come previsto?);
. Valutazione ex-post (cosa si può dire col senno di poi?);
. Chiusura del ciclo (dunque che fare?)!
“I principi della logica Policy iniziano a svilupparsi, in Italia, nelle Università solo negli anni 1980 tuttavia
restando ignorate dal mondo della scienza politica nostrana. In ogni caso non sono mancati numerosi
studi italiani di una certa rilevanza, ma hanno spesso avuto il difetto di rimanere chiusi in determinati
settori: ricerche economiche, pedagogiche, sociali, ecc.”.5
Sul piano operativo, i tentativi – purtroppo senza successo – di introdurre le metodologie della Policy
Analysis sono stati effettuati:

5 Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Analisi_razionale_delle_politiche_pubbliche.
6 Ho vissuto di persona e intensamente questo tentativo di introdurre in Italia l’“Analisi razionale delle Politiche pubbliche”:

. Nel 1982, perché cooptato tra gli esperti artefici della creazione del Nucleo di Valutazione degli investimenti pubblici
presso il Ministero del Bilancio e della Programmazione economica per la predisposizione delle regole pubblicate nella
prima edizione del Manuale degli investimenti pubblici stampato dal Ministero stesso nel 1983 che contiene anche un
mio personale contributo “Il Quaderno di analisi finanziaria ed economica dei Progetti d’investimento”);
. Nel 1984, quale membro della Commissione tecnico-scientifica del Ministero dell’Ambiente dove ho contribuito a
introdurre in quel Dicastero l’ analisi costi benefici per i Piani e Progetti dell’Ambiente;
. Successivamente, quale libero professionista, nell’ambito di iniziative di sensibilizzazione, formazione, divulgazione,
realizzate in collaborazione di istituzioni pubbliche e private e nell’ambito di progetti UE. (sul sito in allestimento
www.modellosavastano.com ci sarà una rubrica interamente dedicata alla esperienza vissuta presso il Ministero del
Bilancio che riporterà tutta la rassega stampa relativa alle clamorose dimissioni, nel 1984, della quasi totalità dei
membri del Nucleo di Valutazione degli investimenti pubblici a causa del purtroppo prevedibile conflitto tra logica
Politics e logica Policy!
. alla fine degli anni ’50 inizio 60’, dalla Cassa per il Mezzogiorno per il finanziamento di progetti
riguardanti schemi idrici;
. nel 1982, con la costituzione, ex articolo 4 della legge finanziaria 182 che prevedeva la creazione
del Fondo Investimenti Occupazione (FIO), del Nucleo di valutazione degli investimenti pubblici6 ;
. nel 1999, con la cosiddetta “nuova programmazione” che prevedeva la costituzione dei Nuclei
regionali di valutazione degli investimenti (legge 144);
. nel 2001, con la Legge Obiettivo per conseguire il finanziamento per i cosiddetti Grandi Progetti in
ottemperanza all’Art. 39 dei Regolamenti dei Fondi strutturali (obbligo di fornire alla
Commissione le informazioni relative all’analisi Costi/benefici ecc. – Art.40 sub e).
Sostanzialmente, le metodologie dell’Analisi razionale delle politiche pubbliche – e in particolare l’Analisi
costi/benefici e la Programmazione per progetti – non hanno mai avuto fortuna nel nostro Paese. A ogni
tentativo di introdurle o di rilanciarle, la logica Politics si è sistematicamente imposta riconfermando con
forza il suo tradizionale autoritarismo.

2.2. Gli strumenti metodologici

Il processo di sviluppo si realizza attraverso tre percorsi: la Pianificazione, la Programmazione e la
Progettualità; essi hanno in comune la convergenza, sotto l’egida dello Sviluppo, di due sue funzioni
complementari:

. La “Pianificazione ” che ottempera al processo d’identificazione e qualificazione degli elementi
economici dello Sviluppo;
. Le “Statistiche” che ottemperano al processo di quantificazione e temporizzazione degli elementi
economici dello Sviluppo.

. L’introduzione del “numerario”, la riconduzione, cioè,di tutti gli input ed output di Piani e Progetti
di Sviluppo a valori numerari ivi compresi i benefici sociali che, per il loro carattere astratto, sono
di più complessa quantificazione.
. La pubblicazione dei costi dei fattori produttivi
. L’impiego della previsione macroeconomica per le analisi di Piano (di solito di durata ventennale)
e delle Proiezioni per l’analisi di Progetto sul suo intero arco temporale di vita;
. L’impiego di strumenti di quantificazione dinamica e temporale, come, ad esempio le Tavole di
Leontief, le tavole di attualizzazione, diversi modelli statistico-matematici ecc.;
. L’assunzione di responsabilità da parte dell’Organo tecnico e dell’Organo politico in merito agli
adempimenti di rispettiva competenza.

2.2.1. Percorso di Pianificazione dello Sviluppo

Per l’attuazione di questo percorso interagiscono due funzioni specifiche dello Sviluppo: la funzione
d’identificazione e qualificazione – propria della Pianificazione economica – e quella di quantificazione e
temporizzazione propria delle Statistiche.
“Pianificazione” e “Statistiche” rappresentano, dunque, le due gambe dello Sviluppo che consentono allo
stesso di poter avanzare e progredire. Per queste ragioni, nella logica Policy, le due funzioni sono
strutturalmente complementari e convergenti in nome di un’unica missione da compiere: la crescita
economica e sociale (crescita del P.I.L.) della Società civile.
L’obiettivo di questo percorso consiste nel disegnare qualitativamente e quantitativamente, attraverso
l’impiego di una funzione statistica specifica: la “Previsione macroeconomica”, il cosiddetto “Piano di
Sviluppo” o (Piano generale) e, cioè, la proiezione a lungo termine (venti/trent’anni) delle prospettive di
crescita annuale dei fattori produttivi (Capitale, Natura e Lavoro) afferenti a tutti i settori economici e
sociali (Piani settoriali) e ai diversi territori (Piani territoriali) sui quali il Soggetto istituzionale di
riferimento (Stato, Regione, Ente locale) esercita la propria Sovranità.
Così concepito il Piano di Sviluppo funge da:

. Strumento tecnico quantificato rappresentativo delle naturali potenzialità di crescita
economica e sociale del Paese, della Regione o dell’Ente locale di riferimento;
. Strumento di riferimento cui tutti gli operatori pubblici e privati s’ispirano per elaborare e
quantificare i rispettivi Piani, Programmi e Progetti di Sviluppo.

2.2.2. Percorso di Programmazione dello Sviluppo

Questo percorso consiste nella definizione degli interventi finanziari che il Governo propone a modifica
del “Piano di Sviluppo” per perseguire Obiettivi, Priorità e Opzioni previsti nel suo Programma politico.
La loro realizzazione (preventivamente simulata sui dati del Piano di Sviluppo) determina una
perturbazione dell’equilibrio del preesistente Piano dando luogo a modifiche qualitative e quantitative le
cui ricadute positive e/o negative sulle originali previsioni di crescita economica e sociale, misureranno la
validità o meno dell’azione di Governo.
2.2.3. Percorso della Progettualità

Il percorso della Progettualità è costituito dall’insieme delle azioni di identificazione, preparazione,
valutazione, finanziamento, realizzazione e monitoraggio dei progetti d’investimento pubblici e privati:
produttivi, infrastrutturali e sociali.
Nello specifico, la Progettualità si estrinseca nella capacità professionale di mobilitare al meglio i fattori
produttivi (capitale, natura e lavoro) dei Progetti d’investimento – elementi cardine dell’Economia reale –
al fine di accertare ex ante la loro idoneità a produrre o no un “surplus di valore” ossia un “Valore
aggiunto” o “Redditività” che, se positivo, contribuirà a favorire la crescita economica e sociale della
collettività di riferimento.
Le metodologie utilizzate sono l’Analisi Costi/Benefici (ACB) e la Programmazione per progetti; i processi
della gestione democratica dello sviluppo e il crescente ruolo dei meccanismi decisionali sempre più
decentrati, rendono, oggi, più che mai attuali tali metodologie.

2.2.3.1. L’Analisi Costi/Benefici

L’Analisi Costi/Benefici7 rappresenta l’espressione principale dell’Analisi razionale delle Politiche
pubbliche, e consente di stimare preventivamente l’entità del “valore aggiunto” che un progetto
d’investimento è capace di produrre.

7 L’idea di questa metodologia è nata da Jules Dupuit, un ingegnere francese il cui articolo del 1848 è ancora degno di lettura.
Successivamente, l’economista britannico Alfred Marshall enunciò alcuni dei concetti convenzionali che sono alla base dell’ACB.
Ma lo sviluppo pratico è stato conseguenza dello slancio impresso dal Federal Navigation Act del 1936 allorché il Corpo degli
Ingegneri degli Stati Uniti fu incaricato di realizzare progetti per migliorare il sistema del canale navigabile soltanto se i benefici
totali fossero superiori al costo del progetto. Gli Ingegneri operarono con l’assistenza di economisti.
A partire dagli anni cinquanta, Centri di ricerca, Organizzazioni ed Organismi finanziari internazionali elaborarono un insieme
rigoroso e concreto di metodi per misurare la redditività finanziaria ed economica dei progetti d’investimento.
Da allora l’analisi costi-benefici è stata progressivamente adottata anche dagli Organismi internazionali e ha trovato applicazione
in campi disparati, dalla valutazione dei progetti di salvaguardia dell’ambiente e di assistenza sanitaria ai progetti di sviluppo
economico nei Paesi sottosviluppati, incontrando numerosi sostenitori ma anche alcuni detrattori.
8 “Un Progetto “redditivo”, anche se gestito da imprenditori e manager mediocri, è sempre in grado di produrre valore
aggiunto mentre un progetto “non redditivo”, gestito dai più brillanti imprenditori e manager, non sarà mai in grado di
produrre valore aggiunto”. (Alberto Savastano)

Essa ha il merito, dunque, di aver riconosciuto al progetto un ruolo decisivo nel processo di sviluppo quale
figura autonoma rispetto all’Azienda e all’Imprenditore cui, tuttavia, è collegato da un rapporto di stretta
complementarità e non di sudditanza8.
Per effetto di tale innovazione, il progetto diventa la parte essenziale del processo decisionale, elemento
centrale di riferimento, forza centripeta e unificante dei piani di sviluppo settoriali e territoriali (nazionali,
regionali e locali) e lo strumento d’intervento, verifica e controllo delle diverse istanze dello Sviluppo.
La ricerca preventiva della redditività del progetto è, inoltre, fondamentale anche perché non tutti i
progetti sono redditivi, anzi, vi sono progetti “condannati” a priori perché “fisiologicamente non redditivi”
a fronte dei quali ogni azione di supporto attivata in fase di realizzazione, si rivela inesorabilmente vana.

Questa vera e propria rivoluzione culturale del concetto di progetto, ha dato luogo, in materia di analisi
progettuale, a una serie d’innovazioni procedurali di cui si segnalano di seguito quelle più significative.
a) La capacità progettuale.
Poiché non tutte le combinazioni dei fattori produttivi danno luogo spontaneamente alla creazione di
“valore aggiunto”, è necessario possedere un’idonea capacità progettuale, in altre parole una
professionalità tecnicamente adeguata, per ricercare, tra le innumerevoli combinazioni possibili, quella
realmente in grado di produrre valore aggiunto;
b) La redditività del progetto
Il “surplus di valore” (valore aggiunto) generato dalla corretta mobilitazione dei fattori produttivi – ossia
dal Progetto – ha una duplice valenza: esso può essere costituito dal surplus monetario derivante dalla
produzione di beni e/o servizi destinati al mercato “redditività finanziaria” o dai benefici sociali destinati
alla collettività “redditività sociale”.
Entrambe sono espresse sotto forma di tasso denominato:

. TIRF ovvero Tasso Interno di Redditività Finanziaria, che misura l’entità della
remunerazione netta del capitale investito in un progetto (rientri finanziari meno costi
d’investimento);
. TIRE ovvero Tasso Interno di Redditività Economica e/o sociale, che misura l’entità dei
benefici sociali che un capitale investito in un progetto è in grado di produrre (benefici
meno costi d’investimento).

L’ACB presenta il più elevato grado di attendibilità scientifica – e quindi di “validità oggettiva” – perché
consente di poter quantificare e ricondurre a un valore “numerario” tutti gli input e output del progetto,
ivi compresi quelli di difficile misurazione quali i benefici sociali.
D’altra parte, la ricerca economica non ha ottenuto, a oggi, risultati scientifici che superino o modifichino
il contributo offerto da tali metodologie, anzi, innovazioni recenti quali l’introduzione delle “opzioni reali”
ne hanno recuperato e potenziato l’essenza.

2.2.3.2. La Programmazione per progetti

Mentre l’Analisi Costi/Benefici consente la qualificazione dei progetti d’investimento (pubblici e privati,
produttivi, infrastrutturali e sociali) sulla base della loro redditività finanziaria e sociale, la
Programmazione per progetti completa l’azione posta in essere dall’ACB in favore della razionalizzazione
del processo di sviluppo attraverso un’allocazione scientifica delle risorse finanziarie pubbliche e private.
La funzione della Programmazione per progetti consiste nell’assoggettare a una particolare procedura
tecnico-economica i progetti d’investimento preventivamente quali-quantificati al fine di perseguire:

. L’ottimizzazione dell’impiego delle risorse finanziarie pubbliche e private che, in tal modo,
sarebbero allocate soltanto ai progetti dai tassi di redditività più elevati;
. La massimizzazione della crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL) grazie al cumulo dei
valori aggiunti finanziari e sociali prodotti dai singoli progetti d’investimento redditivi.

Questi risultati si ottengono attraverso:

. La separazione dei progetti redditivi da quelli non redditivi;
. L’organizzazione di graduatorie dei progetti redditivi, ordinati per settore e territorio, in
base all’entità dei rispettivi tassi di redditività finanziaria e sociale;
. La selezione intersettoriale dei progetti redditivi grazie all’impiego di modelli matematici
di ponderazione del contributo offerto dai singoli progetti alla crescita del Prodotto
Interno Lordo (PIL) nei singoli territori di riferimento;
. La formulazione agli Organi deliberanti di proposte tecniche trasparenti, cioè
oggettivamente valide, perché sottoposte a metodi di analisi scientificamente attendibili;
. L’approvazione, da parte degli Organi deliberanti, dei soli progetti redditivi e, in
particolare, di quelli a tasso di redditività più elevato e quindi capace di offrire maggiori
contributi alla crescita del PIL.

2.3 Il Processo di Sviluppo in Italia

2.3.1 A livello di Pianificazione

Essendo dominante la vocazione Politics, nel nostro Paese non si è avvertita la necessità di creare e
organizzare i Servizi tecnici della Programmazione economica e delle Statistiche come due funzioni
specialistiche, espressioni complementari di una stessa missione istituzionale: quella dello Sviluppo.
Nella preoccupazione di assicurare piena obiettività e trasparenza all’informazione statistica, è attribuita
alle Scienze Statistiche una funzione istituzionale propria che è svolta dall’ISTAT.
Essa elabora le statistiche nazionali e regionali in uno spirito di piena autonomia e indipendenza – sia dal
punto di vista finalistico sia, soprattutto, dal punto di vista degli schemi per la raccolta e il trattamento dei
dati – rispetto alle esigenze della Pianificazione e della Programmazione dello Sviluppo.
In pratica Statistiche e Programmazione non sono in Italia le facce di una stessa medaglia ma due facce
distinte di due distinte missioni.
Per queste ragioni, non esiste in Italia un Piano di sviluppo inteso come radiografia organica e
prospetticamente quantificata dei fattori produttivi in una logica dinamica della previsione
macroeconomica di lungo periodo. Quest’assenza impedisce agli operatori pubblici e privati di potersi
avvalere, a livello nazionale, regionale e locale, di uno strumento pubblico di riferimento per misurare la
compatibilità, la coerenza e l’efficacia dei propri piani e progetti di sviluppo.

2.3.2. A livello di Programmazione

Come abbiamo detto, nella logica Policy, con l’aiuto di simulazioni preventive effettuate servendosi dei
dati del Piano di Sviluppo, il Governo traduce gli Obiettivi, le Priorità e le Opzioni del suo Programma
politico in interventi finanziari che ne modificano la struttura e di cui il Governo si assume la piena
responsabilità nei confronti della collettività.
Nella logica Politics, dominante in Italia, non è necessaria, in materia di Programmazione economica, la
correlazione Piano/Programma.
Conseguentemente, tutti i Programmi di Governo non hanno mai riflesso il carattere razionale,
trasparente e oggettivo proprio della logica Policy ma sono stati, di fatto, espressione della logica Politics,
ossia delle sole idee soggettive e discrezionali degli Organi decisionali.
Un ultimo tentativo di introdurre la logica Policy nella Programmazione, che purtroppo si è tradotto in un
ennesimo mero adempimento amministrativo-burocratico, è rappresentato dalla “Nuova
programmazione” (1999) che potremmo definire Programmazione dei “Tavoli”.
Essa consiste nel porre all’attenzione dei cosiddetti Stakeholder, ossia dei rappresentanti dei gruppi
sociali settorialmente e territorialmente coinvolti nel processo di sviluppo, i temi della programmazione e
della progettualità. Per questo motivo gli Stakehlder sono democraticamente titolati a far parte dei
cosiddetti “Tavoli di discussione” e, in questa sede, dibattono e decidono a livello centrale, regionale o
misto in merito ai problemi che riguardano la macchina amministrativa dello Stato, delle Regioni e/o degli
Enti locali.
Gli strumenti metodologici utilizzati sono il “Partenariato” e la “Concertazione” dove per “Partenariato”
s’intende il gruppo di soggetti deputati ai “Tavoli di discussione” e per “Concertazione” l’approccio
seguito nella gestione delle tematiche del dibattito oggetto dei“Tavoli di discussione”.

2.3.3. A livello di Progettualità

Non è seguita la logica Politics in senso stretto perché, seppure in modi differenti, i progetti sono
sottoposti a procedure di analisi tecnica ed economica di volta in volta sancite da direttive ad hoc,
espressione pertanto del potere politico in carica pro tempore. Per queste ragioni è avvenuto che:

. 1. Per i progetti delle piccole e medie imprese:
. A valere sul credito bancario, si applica l’analisi dei Bilanci aziendali sviluppata
comparativamente sui primi 3/5 di annualità antecedenti e successivi alla proposta progettuale
. A valere sulla Legge 488, si applicano criteri differenziati in funzione degli importi: semplice
descrittivo dell’ investimento e Business Plan per investimenti superiori a 1.00.00 euro.

. 2. Per i progetti delle grandi imprese:
. Lo strumento di analisi ritenuto è il Business Plan o il “Piano industriale”.

. 3. Per le Opere pubbliche:
. Progetti ex legge Obiettivo: Analisi costi/benefici
. Progetti ex legge 99 Analisi costi benefici
. Progetti ex art. 39 e segg. del Regolamento dei Fondi
Strutturali (Grandi progetti) Analisi costi/benefici

Conclusivamente, l’Italia si presenta, nei confronti delle due logiche di Analisi delle Politiche pubbliche,
come un Paese “ibrido”. Pur avendo, infatti, spiccata vocazione Politics ha comunque tentato, invano, di
adottare alcuni criteri di Policy. In realtà, non ha seguito né i principi di Pianificazione e di Progettualità
suggeriti dall’Analisi razionale delle Politiche pubbliche né, integralmente, quelli dell’Analisi delle Politiche
pubbliche.
3 Considerazioni
Riguardo alla logica Politics tradizionalmente seguita nel nostro Paese in materia di Sviluppo, s’impongono
le seguenti riflessioni di natura metodologica e storica.

3.1 Riflessioni di natura metodologica

I “Tavoli”, se avulsi dal rigore proprio dei processi di Pianificazione e Programmazione economica, anche
non necessariamente coincidenti con quelli proposti dall’Analisi razionale delle Politiche pubbliche ma,
comunque, basati su metodologie scientifiche e razionali, esprimono, inesorabilmente, delle “parole in
libertà”.
Il Partenariato e la Concertazione, se si basano su piani e progetti d’investimento dei quali non siano
state accertate, preventivamente, con rigore e chiarezza, la dimensione quantitativa (Piani) e la redditività
finanziaria e sociale (Progetto), il Partenariato tende a scadere nel Consociativismo e la Concertazione
nella Discrezionalità.
I Bilanci e le altre metodologie proprie della “cultura aziendalista” (Business Plan, Piano industriale, ecc.),
anche se particolarmente idonei per le analisi gestionali, si rivelano del tutto inadeguati per l’analisi
progettuale, ossia, per la preparazione e/o valutazione economico-finanziaria e sociale dei Progetti
d’investimento pubblici e privati: produttivi, infrastrutturali e sociali.
Un uso improprio delle metodologie aziendaliste e della progettualità si rivela, ai fini dello Sviluppo,
contradditorio e inefficace.
Infatti, l’Utile di bilancio, che è l’obiettivo dell’analisi aziendale, rappresenta, in realtà, l’utile
dell’imprenditore; la Redditività, che è l’obiettivo dell’analisi progettuale, rappresenta l’entità del “Valore
aggiunto” prodotto dal Progetto.
Non è l’Utile di bilancio ma la Redditività che, nella sua duplice valenza di redditività finanziaria e sociale,
concorre alla crescita del P. I. L. e, quindi, a creare Sviluppo.
Le discipline progettuali prescindono, infatti, dagli arricchimenti personali nel senso che, rispetto a questi
ultimi, è prioritaria la redditività finanziaria e sociale che il progetto è in grado di esprimere, la sola che
può consentire nello stesso tempo l’arricchimento personale e la crescita economica e sociale della
collettività; diversamente, si avrebbe crescita senza sviluppo: l’ arricchimento dei pochi a detrimento dei
più.

L’Analisi Costi/Benefici (metodologia d’eccellenza della cultura progettuale), se applicata
sommariamente e/o parzialmente, diventa insufficiente e inadeguata ai fini di una corretta edificazione
dello sviluppo. Anche se alcune leggi ne prevedono espressamente l’impiego, spesso non è utilizzata per
carenza di “capacità progettuale” o, se debitamente preparata (come avviene per i “Grandi Progetti”
presentati all’UE per il finanziamento) finisce con l’assolvere a una mera funzione decorativa.
Il Project financing, che dovrebbe avere come presupposto fondamentale l’accertamento preventivo
della redditività finanziaria e sociale dell’investimento per consentire a entrambe le parti (pubblico e
privato) di decidere su dati certi e scientificamente attendibili, è posto in essere con lo strumento
insignificante dell’“Asseverazione” bancaria.

3.2 Riflessioni di natura storica

L’ingrato destino dell’On. Ugo La Malfa
L’On. Ugo la Malfa, grande statista italiano, Padre della Programmazione e tenace assertore
dell’importanza delle Regole dell’Economia reale per lo Sviluppo, ha dovuto subire penose mortificazioni
da parte di veri e propri incompetenti della materia: i Politics che, per faziosità politica, hanno apostrofato
– con manifesto disprezzo e fino allo stillicidio – il disegno di “Programmazione “ sempre tenacemente
sostenuto dall’On. Ugo La Malfa, come il “Libro dei sogni”.
Paradossalmente, il vero “Libro dei sogni”, non era di certo la programmazione di Ugo La Malfa,
supportata (com’era e come oggettivamente dovrebbe essere sempre) da una base tecnica di elevata
valenza scientifica, razionale, trasparente e asettica; il vero “Libro dei sogni” è stato sempre quello dei
suoi delatori, i Politics, i cui Programmi privi, per definizione, del fondamento tecnico derivante
dall’apporto delle metodologie della Policy Analysis, hanno rappresentato soltanto veri e propri sogni,
espressione di vagheggiamenti puramente soggettivi e di contagiosa emotività.
Politiche di sviluppo scellerate
A parte alcuni tentativi d’introduzione delle Metodologie dell’Analisi razionale delle politiche pubbliche”
segnalati in precedenza e peraltro abortiti o trasformati in ricercati quanto sterili adempimenti
amministrativi, in materia di sviluppo, l’Italia ha da sempre chiaramente seguito la logica “Politics”:
approvazione dei progetti sulla base della mera convergenza tra finalità ideologica e tipologia degli stessi.
E’ stato così per il Piano verde, per la Cassa per il Mezzogiorno (tranne alcuni primi tentativi operati con la
logica Policy), per il Piano della chimica ecc. Alla base dell’approvazione e del finanziamento di un
progetto vi era la mera appartenenza dello stesso al settore eletto come prioritario e non la sua
redditività.
Di qui alcune inquietanti domande:

. Quante imprese grandi, medie e piccole hanno operato, in tutti questi anni, su progetti
redditivi e quante su progetti non redditivi?
. Quanti Progetti non redditivi sono stati inutilmente realizzati per mancanza di un
doveroso accertamento preventivo della loro redditività?
. Quanti progetti non redditivi sono riusciti temporaneamente a sopravvivere grazie agli
inutili “aiutini” di Stato, incentivi, finanziamenti bancari ecc.?

. Quanti progetti valutati con le metodologie aziendo-gestionali hanno prodotto utili agli
imprenditori ma non hanno contribuito a incrementare il P.I.L.?

Si è trattato, certamente, di politiche scellerate dello Sviluppo perché le Regole dell’Economia reale che
da molto tempo esistono non sono state applicate.
I guasti prodotti sono stati enormi. Rinunciando alle regole dell’Economia reale abbiamo favorito veri e
propri sconvolgimenti economici, finanziari e sociali con i quali abbiamo convissuto per decenni e di cui
sono ben visibili le macerie finanziarie ed economiche.
E’ stato troppo comodo in passato e lo sarebbe ancor di più oggi e in futuro, soprattutto alla luce
dell’epocale crisi finanziaria che si sta ripercuotendo anche sull’economia reale, continuare a finanziare lo
sviluppo con logica Politics; cioè, dare soldi alle imprese snobbando apertamente la redditività degli
investimenti e sentirsi totalmente tranquilli perché si è data risposta a un imperativo contingente o,
peggio ancora, a una mera finalità politica. In questo modo si tamponano emergenze ma non si dà
impulso allo sviluppo e fatalmente si continuano a sprecare risorse finanziarie preziose perché sempre più
scarse.
L’elusione delle responsabilità dell’Organo tecnico e politico.
Una conseguenza gravissima della logica Politics è la mancanza dell’assunzione di responsabilità
dell’Organo tecnico e dell’Organo decisionale.
Il Governo, infatti, non elabora, come nella logica “policy”, il suo Programma sulla base delle risultanze
tecniche del Piano di sviluppo, bensì solo in relazione al proprio orientamento politico.
Lo stesso avviene per l’Organo tecnico: non esistono regole metodologiche certe e scientificamente
attendibili cui conformare la responsabilità dell’operato dell’organo tecnico.
A fronte di questa situazione, non è facile identificare responsabilità e colpe per cui dominano sovrani
l’ingiustizia e l’impunità.
5. Conclusioni
Bisogna voltare pagina!
Consapevole della portata del cambiamento che si dovrebbe attuare in Italia, in materia di Sviluppo e di
Progettualità, il 31/5/2007 ho depositato presso la SIAE un “Programma Internazionale di Promozione
dello Sviluppo” (P.I.P.S.), di cui questo documento è un’espressione significativa.
In tale “Programma” ho definito una personale strategia di “riorientamento” della sensibilità, della
cultura e della professionalità verso la logica “Policy”di tutti coloro che a diverso titolo sono coinvolti nel
processo di Sviluppo al fine di favorire la realizzare di quel salto di qualità indispensabile per l’attuazione
di una vera e propria “rigenerazione” della Società civile.
Le soluzioni proposte dal mio documento è stato semplice indicarle, ma è obiettivamente complesso
realizzarle perché richiedono un’inequivocabile volontà politica.
Se il Governo italiano, però, è intervenuto con intima convinzione e decisa determinazione nella crisi dei
mercati finanziari al fine precipuo di salvaguardare l’Economia reale, è auspicabile che , con la stessa
determinazione, sosterrà, assumendosene oneri e onori, l’introduzione, la diffusione e, soprattutto,
l’applicazione generalizzata delle Regole dell’Economia reale, espressione delle metodologie dell’Analisi
razionale delle politiche pubbliche: l’Analisi Costi/Benefici e la Programmazione per progetti.
Tali Regole sono le sole che possano consentire, con obiettività e trasparenza, la razionalizzazione della
spesa in conto capitale pubblica e privata, la qualificazione degli investimenti e la riduzione, se non
addirittura l’eliminazione, degli sprechi di risorse finanziarie, nazionali e comunitarie destinate allo
Sviluppo.
Zagarolo, il 4/11/2008 Alberto Savastano
Nota Bene
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