Per l’acqua la storia passa dalla guerra alla pace?

21 Marzo 2009

Fonte: Galileoonline

Terra e ambiente | WORLD WATER DAY

L’acqua che unisce

Nello scorso mezzo secolo sono stati firmati oltre 200 accordi tra Stati per la gestione di riserve idriche condivise, a fronte di 37 conflitti. Lo ricorda l’Onu in occasione della giornata mondiale per la tutela di questa risorsa
 In tutto il mondo ci sono 263 bacini fluviali e 274 falde sotterranee che attraversano confini: oltre il 75 per cento delle nazioni, 145 in tutto, condividono riserve d’acqua e 33 paesi hanno più del 95 per cento del loro territorio che si affaccia su bacini idrici internazionali. Contando al metro quadro, oltre la  metà della superficie del pianeta è ricoperta da acqua condivisa da più di un popolo.
Dal momento che la disponibilità di acqua potabile non è affatto scontata per molti paesi, e che sta comunque diminuendo in tutto il mondo, è prevedibile che ciascun paese cercherà in ogni modo di soddisfare la propria sete. In un futuro ormai prossimo saremo quindi testimoni di conflitti generati dalla necessità di controllare questa risorsa? Contrariamente a quanto si crede, la storia dice di no.Negli ultimo 60 anni sono stati riportati soltanto 37 scontri tra nazioni confinanti a causa dell’acqua, mentre sono stati firmati oltre 200 accordi di cooperazione internazionale per lo sfruttamento delle riserve condivise. Per questo l’agenzia Onu per l’acqua (Un Water) ha deciso di dedicare la Giornata mondiale dell’acqua – il 22 marzo – alla condivisione di questa risorsa come opportunità di sviluppo e cooperazione tra nazioni piuttosto che causa di conflitti.E ne fa il suo slogan anche lo Stockholm International Water Institute (Siwi) che ha appena presentato “The Two Analysis – Introducing a Methodology for the Transboundary Waters Opportunity Analysis” (scaricabile da qui), un rapporto che vuole essere un riferimento concettuale per chiunque gestisca interessi economici basati sulle riserve di acqua che lambiscono più Stati. Il messaggio è che è possibile ottimizzare l’utilizzo della risorsa e allo stesso tempo favorire la crescita economica, la stabilità politica e l’integrazione tra i popoli.

Per Anders Jägerskog, del Siwi e coautore del rapporto, la necessità di acqua potabile – fondamentale per la sopravvivenza – è quella spinta alla cooperazione che può riuscire laddove manca dialogo politico: non devono esserci per forza vincitori e perdenti, ovvero non deve esserci per forza un conflitto. Ma perché si riesca nell’intento è importante che i “fattori” alla base dello sviluppo – la produzione di energia idroelettrica e la sua immissione sul mercato, la produzione di beni primari, lo sviluppo urbano e industriale, i servizi per la tutela dell’ambiente, l’uso efficiente della risorsa e la sua gestione –  siano valutati con indicatori quantitativi.

Il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite (Undp), attraverso progetti come il GEF International Waters portfolio o la Transboundary River Basin Initiative sta aiutando processi di cooperazione tra circa cento paesi, che condividono in tutto oltre 35 bacini idrici, con uno sforzo economico di un miliardo di dollari (qui il rapporto del 2008 “Transboundary Waters: Sharing Benefits, Sharing Responsibilities”). (t.m.)

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