NESSUNA DEROGA PER FINI, CARO ITALO

11 Agosto 2010

 

Riproponiamo ai lettori un articolo di Domenico Cambareri pubblicato lo scorso anno su Parvapolis, relativo ai misfatti politici di Gianfranco Fini, oggi di grande attualità. Fini deve lasciare la carica che ricopre, lo avrebbe già dovuto fare da tempo. Sta offrendo alla gente uno spettacolo davvero misero di ciò che significa la partitocrazia e un esempio din assoluta immoralità politica ai giovani. L’ultimo fatto, cronaca dei nostri giorni, l’appartamento di Montecarlo su cui indaga la magistratura, è qualcosa di marginale, ma di non meno grave perché non può esere minimamente appannata l’immagine di un presidente delle due camere. Mal ne duole a Silvo Berlusconi l’aver proposto con il suo ministro della giustizia l’improcedibilità giudiziaria per i presidenti delle camere e… poi addirittuta dei ministri. Ciò avrebbe dovuto riguardare e dovrebbe esclusivamente riguardare il Capo dello Satto e il capo del governo. Oggi, poiché Sivo Berlusconi è stato sempre pavido, abbiamo un quadro politico assolutamente degenerato. Non si può continuare a parlare a questo punto dell’esistenza di una maggioranza, anche perché moli elettori e molti soggetti politici “minori”  non sono affatto d’accordo con uno dei punti prioritari: il federalismo fiscale, su cui si batte in maniera assai studipa la leadership dei terun leghisti.

02 Settembre 2009

Fonte: Parvapolis

Domenico Cambareri

 

Fini, stai al tuo posto o lascia lo scranno!

 

Sbaglia Italo Bocchino a vedere in lui un ruolo da leader politico. Per carità, ognuno si sceglie i riferimenti che crede. Ma ci sono da fare per tutti, liberali e non, degli opportuni distinguo.
Sbaglia, e di grosso, e sa di sbagliare, Italo Bocchino, nel rivendicare a Giancarlo Fini un ruolo di leader politico il quale, in qualità di guida e di punto di riferimento dei “suoi”, ha possibilità, se non “diritto” di esternare. Sbaglia, e sa di sbagliare, Italo Bocchino, non tanto perché individua, continua ad individuare in Fini il suo punto di riferimento, giacché ognuno è libero di scegliere le frequentazioni, le amicizie e i punti di riferimento che vuole. Anche di chi è fotocopia e registrazione di quello che dicono gli altri, che riprende a suo piacimento in base alle singole opportunità strumentali. Un uomo senza un volto e senza un’anima, insuperabile per interpretare qualsiasi ruolo sotto i ceroni degli studi hollywoodiani. Bocchino sbaglia e si diverte a sbagliare nel ritenere di potere rivendicare un infondato diritto che non appartiene, non può appartenere e non è mai appartenuto a chi va a ricoprire la presidenza sia dell’una che dell’altra camera. Lo insegnò il faziosissimo antifascista Pertini, il quale ricevette dai rappresentanti missini sempre riconoscimento di onestà e imparzialità nell’esercizio delle funzioni di presidente della camera dei deputati. Eppure, visto che questo è nell’abc della politica, perché Bocchino lo ha formulato con così sconsiderata platealità? Ritiene Bocchino che ciò possa camuffare l’humus di arroganza e di presunta intoccabilità del suo leader, assieme ai velleitari progetti politici di cui è espressione? Sbaglia, e sbaglia di grosso. Torni allora Fini a guidare quell’ex partito senz’anima che oggi in maniera anomala fa parte della cronaca politica odierna del Paese e di parte del PdL, perché in tanti suoi amici il sentimento di non accettazione del rinnegamento della ricerca della giustizia postuma e della conclusione dei “conti della storia” oltre ogni nostalgismo si confonde e s’impasta nella necessità del carpe diem politico per ben sopravvivere con le rendite della politica a cui non si vuole rinunciare. Da qui l’apparente plebiscitarismo verso il becchino delle ragioni degli altri, come, ad esempio, il riconoscimento della continuità storica nazionale anche attraverso la disfatta e la guerra civile, senza espunzione alcuna di uomini, scelte e azioni. Ad iniziare dalla RSI. Chiudiamo la parentesi relativa a chi rinnega tutto, anche la propria persona e la propria storia e vive nel diapason negativo compreso tra le frustrazioni e ciò che spinge l’osservatore a farsi considerare come puro e semplice, cinico opportunismo: il che significa, se non sbaglio, anche sciacallismo politico. Sbaglia e sa di sbagliare Bocchino perché il ruolo di presidente della camera dei deputati presuppone e comporta un rigoroso ruolo di terzietà, un ruolo di super partes e non di cronica interferenza, che non deve mai venir meno. Gli scivoloni, sicuramente voluti, di Casini e, soprattutto, di Bertinotti, non costituiscono dei precedenti della prassi ma una violazione della regola. Fini anche in questo non è originale, quale stereotipo scialbo di Bertinotti. Se Fini vuole un balcone o, meglio, una terrazza per essere sempre al centro della scena politica, è bene che lasci. E la smetta di continuare a tirare la corda, sempre in maniera strumentale, come anche nel caso di Eluana. La sua logica a schiena d’asino mena sempre sia lo studio del passato sia gli interessi nazionali odierni per vicoli ciechi Dico tutto ciò in maniera spassionata in quanto non mi scompongono minimamente le coincidenze di giudizio e di opinione espresse da Fini con quelle formulate da me e dagli amici de L’Europa della Libertà: le sue, non le ricerco, non le cito, le ignoro. Giacché i nostri sono convincimenti veri, i suoi sono espressioni di scarsa credibilità in quanto frutto di calcolo dettato dall’apparire e dal conseguire finalità per le quali, come ha ben illustrato sinora a iosa, è pronto sempre a rimestare, rinnegare, riconfezionare versioni e ravvedimenti pur… di galleggiare nelle putride acque dell’ “oasi” del potere. Un persona simile quali particolari e speciali diritti, anche attraverso i suoi amici, può rivendicare? Un coltello puntato alla schiena di Berlusconi a cosa serve alla coalizione o al nuovo Pdl e, soprattutto, al Paese? E’ saggio dunque chiedere a questo Gianfranco che lasci la carica di presidente della camera dei deputati. Ed è nell’interesse di tutti.