Umberto Veronesi. Energia nucleare e vulnerabilità italiana

04 Marzo 2011

Fonte: La Stampa.it

Luca Baldeschi a colloquio con Umberto Veronesi

 

 

 

 

 

 

 

Mentre il fluoro delle centrali nucleari ci sbianca i denti, ancora una volta si all’energia nucleare in Italia, subito

 

 

 

 

 

 

 

Il parlare del sen. prof. Umberto Veronesi, nominato dal governo presidente dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, è un parlare asciutto e immediato, senza retorica e senza mezzi termini. Lo pubblichiamo con piacere, ripreso dal quotidiano torinese La Stampa, sia per questo sia perché tratta uno dei problemi più drammatici della dipendenza dell’Italia dalle fonti energetiche sino a livelli di comprommissione totale della sua autonomia e sopravvivvenza come Nazione industrializzata. Problema dagli italiani ancora preso sottogamba a causa della cronica, semplicistica e demagogica campagna degli antinucleari verdepetrolio a cui sono sottoposti da trent’anni. Pensiamo subito di quanta ricchezza non prodotta, di quanta perdita di lavoro e di quanti debiti ci siamo fatti carico  con la chiusura delle centrali nucleari. L’Europa della Libertà si è dichiarata sin dalla sua nascita a favore del ritorno dell’Italia alla produzione di energia nucleare senza se e  senza, sfruttando al meglio tutte le innovazioni e tutti i perfezionamenti introdotti nel campo della costruzione e della gestione delle centrali nucleari. E di ciò torna frequentemente a parlare. Bisogna ridurre quanto prima la soglia della dipendenza e della ricattabilità energetica e bisogna informare e al tempo stesso educare la popolazione sul fatto che il ritorno al nucleare non signifca e non potrà significae mai ricorrere ad una scelta unilaterale. Ciò significa e deve significare che il ventaglio della produzione energetica viene definitivamente allargato e non compromesso in alcun modo. Significa, cioé, che bisogna non di meno dare un fortissimo impulso alla produzione di energia eolica, di energia solare e di altre fonti rinnovabili quali quelle geotermiche (fonti, tutte messe insieme, che possono soddisfare solo in  misura del tutto marginale esigenze e consumi reali degli apparati produttivi). Le recenti decisioni adottate dal consiglio dei ministri si muovono correttamente in questa direzione, finalmente in maniera più chiara e determinata di prima. In modo lungimirante, anzi, bisognerà alzare entro un decennio la soglia della produzione energetica per le esigenze familiari ad almeno il 75% per l’ediliza nuova e ristrutturata. La cosa più importante, dunque, è  e rimane adesso e per l’immediato futuro, ridurre la drastica dipendenza dal petrolio. Il petrolio non dimentichiamo che inquina da subito, in maniera distruttiva tutta la biosfera, ad inizare dal produrre tassi d’inquinamento micidiali in tutte le dimensioni  della vita umana, con il carburante e l’asfalto … gli pneumatici … i prodotti per l’igiene e la cosmesi con incidenze patologiche che si riveleranno sempre più disastrose. E’ incomparabile il danno arrecato agli uomini, agli animali, all’ambiente tutto sin da subito dall’utilizzazione del petrolio e dei suo derivati, a 360°, rispetto a quello assolutamente potenziale e marginale dell’utilizzazione dell’energia nucleare. L’Unione Europea si aspetta in pochi anni ondate di ammalati di patologie ancora oggi pressocché sconosciute alla gran parte della stessa platea dei medici, come la sensibilità chimica multipla, soprattutto tra i ragazzi di oggi, determinate dall’avvelenamento della biosfera in cui vive l’uomo, ad iniziare dalle città e dai centri produttivi e … dalle aule scolastiche e dalle abitazioni private (le casalinghe avvelenate dai detersivi). Gel, lacche, vernici, profumi, eteri e non solo polveri sottili, dunque! Analogamente, i tumori con esiti mortali non potranno che accrescere l’incidenza nella popolazione. Esistono circa 500 centrali nucleari al mondo e Paesi ricchissimi di energia idrica e ricchissimi a livello socioeconomico come Svezia Finlandia non vi hanno mai rinunciato, anzi! Svezia e USA hano appena ripreso la costruzione di nuove centrali nucleari. Su questo aspetto centrale della questione, la demagogia degli antinucleari di carriera, i “verdepetrolio”, e del codazzo che disordinatamente li segue o cerca di strumentalizzarli ancora di più, come sta accadendo in Italia – purtroppo – con la campagna politica di un’opposizione assolutamente incosciente, ad inziare da quella del PD, è inconsistente e falsa in quanto vuole continuare ad imporre improponibil raffronti: i danni che sulla scala cronologica sono immediati e generalizzati, quelli arrecati deal petrolo (ma anche dal carbone, problema che per fortuna ci riguada in misura marginale) con i pericoli potenziali legati all’immediato e soprattutto alla conservazione delle scorie  del nucleare, il cui arco di tempo riguarda condizioni quasi del tutto inincidenti con il presente e con il futuro medio e lontano dell’umanità; aspetti su cui è più che presumibile che lo sviluppo della scienza e della tecnica fornirà nel tempo risposte sempre più adeguate alla soluzione dei problemi. E’ non di meno grave constatare come i verdipetrolio siano così accaniti qui in Italia, dove tutti i fattori “contro” giocano contro il nostro Paese in maniera esponenziale, ad iniziare dall’intreccio congiunto costituito dal più grande debito pubblico esistente in tutto l’Occidente allargato, dalla quasi totale dipendenza dal petrolio, dall’impatto distruttivo sempre maggiore che la sua utilizzazione produce nella nostra biosfera e, quindi, dall’aumento delle spese sanitarie per affrontare la maggiore incidenza di patologie gravi sin dalla tenera età… e in casi sempre meno infrequenti sin dalla vita prenatale

E’ un dato d’onore che va riconosciuto a quanti, come Umberto Veronesi, hanno avuto hanno ed avranno il coraggio di rompere con il  mondo politico in cui hanno militato o ancora militano, senza rinnegare al tempo stesso le loro matrici ideologiche e culturli, e denunciare quindi come una posizione politica, in questo delicatissimo tema della sopravvivenza sia economica sia in termini di salute delle generazioni presenti e future, venga ipotecata nei modi più cinici e strumentali da leadership assolutamente non in grado di poter rappresentare e guidare le sorti della Nazione e la nascita di un nuovo governo. Non ci stanchiamo e non ci stancheremo di ripetere che la questione energetica, senza enfasi alcuna, è questione di vita o di morte. I radicali e sempre più accentuati cambiamenti sia climatici sia dello scenario mondiale e del controllo e dell’utilizzazione futura delle risorse energetiche proprio in queste settimane stanno a dimostrarlo in maniera cruciale. Ricordiamo ancora che i maggiori produttori di petrolio ad iniziare, dall’Iran, hanno intrapreso una corsa per appropriarsi delle tecnologie per la produzione di energia nuclerae e che … se anche per i materiali radiotattivi si parla di un futuro esaurimento delle risorse, non bisogna dimenticare che la quantità di energia prodotta da pochi chili di uranio è assolutamente non paragonabile alle enormi quantità di petrolio occorrenti e che per di più l’uranio esaurito viene  trattato, rifertilizzato e riutilizzato da decenni. Cosa ancora dire di più, contro la sciagura dei verdepetrolio? Che aspettiamo che un minimo di senno e di lungimiranza possa prevalere nell’animo di chi guida le tante anime dell’opposizione.  Domenico Cambareri per Eulà

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Veronesi: “Senza nucleare l’Italia è un Paese morto”

 «Spiegherò ai cittadini che si può fare in sicurezza e che non è giusto avere paura»

 

 

 

 

 

 

 
Vista con gli occhi di Umberto Veronesi, la questione del ritorno all’atomo è estremamente semplice. «Senza il nucleare l’Italiamuore. Tra 50 anni finirà il petrolio, tra 80-100 il carbone, seguito poi dal gas. Altre fonti non saranno sufficienti a fornire l’energia di cui abbiamo bisogno. Il risultato? Non avremo la luce, non potremo far funzionare i computer o i frigoriferi e neppure far viaggiare i treni. Se lo immagina?». Se questa è la (apocalittica) premessa, non è difficile capire perché il medico più famoso d’Italia, a 85 anni, abbia deciso di abbandonare il Senato e accettare la presidenza dell’Agenzia per la sicurezza nucleare. L’incarico – c’è da scommetterci – porterà con sé una cospicua dote di polemiche, ma Veronesi non ha dubbi che il piano possa realizzarsi senza pericoli per le persone e l’ambiente.
Professore, recenti sondaggi dicono che la maggioranza degli italiani è contraria al nucleare. Non la preoccupa andare controcorrente?
«No, anzi, la conflittualità mi stimola. Sono abituato ad affrontare problemi scabrosi. L’importante è essere sicuro che la scelta che faccio sia moralmente corretta».
E in questo caso lo è?
«Assolutamente sì. Come oncologo conosco molto bene le radiazioni e i modi per proteggere i pazienti.Voglio dedicare i prossimi anni ad assicurare i cittadini che non corrono rischi».
Conoscerà altrettanto bene le contestazioni mosse dal fronte degli oppositori, vero? «Guardi, ci sono essenzialmente tre problemi per quanto riguarda un reattore nucleare. Primo, garantire la sicurezza nel funzionamento ordinario, obiettivo non difficile. Poi c’è la questione delle scorie e mi creda, nessunomai almondo èmorto per inquinamento da scorie. Infine c’è il fattore umano, la possibilità di poter disporre di personale qualificato è fondamentale. Basta pensare che i due grandi incidenti nelle centrali nucleari hanno avuto una caratteristica comune: sono dipesi da errori umani. E’ stato così a Three Mile Island, negliUsa, come a Cernobil».
Quel nome, Cernobil, a distanza di 25 anni agita ancora negli italiani incubi difficili da scacciare.
«Lo so, ma so anche che Cernobil è qualcosa che non potrà più accadere. Là era tutto sbagliato. C’era una macchina vecchia, pensata per usi militari, non civili. Si decise di fare un esperimento, vera follia in una centrale. E il direttore dell’impianto non era un esperto di nucleare».
Con questo che cosa vuol dire?
«Che poiché il fattore umano è cruciale, la mia attenzione maggiore sarà formare personale adeguato dal punto di vista tecnico, scientifico,ma anche psicologico, perché sappia far fronte alla pressione».
Ma dopo un quarto di secolo lontano dal nucleare, l’Italia ha il bagaglio di conoscenze necessarie?
«Due aspettimi confortano. In primo luogo che abbiamomantenuto viva la ricerca e centri come quello di Casaccia, vicino a Frosinone, sono all’avanguardia. Poi il fatto che partire da zero ci consente di usare le tecnologie più moderne e il tempo necessario a impiantarle ci daràmodo di creare le competenze per usarle almeglio».
C’è chi sostiene che le tecnologie scelte dall’Italia per le nuove centrali rischino di risultare superate una volta che gli impianti entreranno in funzione. Come risponde? «Ma noi non abbiamo ancora fatto una scelta definitiva, per cui l’obiezione non è fondata. E poi, una centrale è studiata per durare da 60 a 100 anni. Se anche ne trascorrono 10 per averla operativa, certo non potrà essere considerata vecchia».
Torniamo al primo problema che lei ha sollevato, il funzionamento del reattore. Gli ambientalisti ripetono che, pure in condizioni di normalità di un impianto, ci sono piccole dispersioni che creano conseguenzeper la salute. E’ vero?
«E’ un’invenzione assoluta. Non esce nulla. Meglio, esce dell’acqua, che può avere minime quantità di radiazioni, ma molto inferiori anche rispetto al livello di legge. Non crea problemi».
Resta la delicatissima questione delle scorie e di come smaltirle. Quando nel 2003 il governo individuò Scanzano Jonico come sede del deposito nazionale, ci fu una sollevazione popolare. Come pensa di affrontare questo aspetto?
«Il discorso è complesso, provo a ridurlo all’essenziale. Solo una piccola parte delle scorie richiede millenni per depotenziarsi completamente. Vanno messe in sicurezza, e ci sono le soluzioni per farlo, dentro una montagna o a grandi profondità. Al tempo stesso, si stanno affinando tecniche per renderle innocue più in fretta. Soprattutto, l’Italia potrà non avere depositi di scorie pericolose».
In che senso?
«Si tende a individuare un unico sito per Continente. In Europa ci sono tre soluzioni allo studio, tutte fuori dai nostri confini. Ma il punto vero è che le scorie sono sì un problema serio e costoso, ma non devono spaventare. Non si sorprenda se dico che c’è più radioattività in un ospedale. O ancora, lo sa che c’è uranio anche in un bicchier d’acqua? ».
Ma tra un bicchier d’acqua e una centrale esiste una bella differenza. La realtà è che c’è ancora paura fra la gente. Questo non conta?
«Ho trascorso lamia vita a combattere le paure ingiustificate. Soltanto 40 anni fa in Italia c’era ancora il timore a usare il forno amicroonde, per non dire di quando cominciò a girare la storia che il pane congelato in freezer fosse cancerogeno. Assurdità, lo sappiamo. Ma voglio dire che spesso la paura è frutto di ignoranza. Sono timori vaghi, confusi, sui quali giocano alcuni movimenti politici. Il risultato? Non si possono usare gli Ogm, non si fa la Tav, si bloccano i termovalorizzatori… ».
Mentre lei non ha dubbi che la soluzione del nucleare sia sicura.
«Certo.Guardiamo che cosa succede nel mondo. Tutti i Paesi puntano sul nucleare. La Cina ha previsto 120 centrali, l’India 60, la Francia ne ha 62, il programma svizzero ne contempla 8 per 8milioni di abitanti. Capisce? E ancora: scommettono sul nucleare Paesi di cui si parla meno, la Lituania, la Slovacchia, l’Armenia. Ma lo sa che anche inMedio Oriente, nella culla del petrolio, hanno imboccato questa strada? Gli Emirati Arabi hanno ordinato 4 reattori, tanti quanti è previsto ne abbia l’Italia. Possibile che siamo noi i più intelligenti a opporci?».
Le fonti rinnovabili non possono essere un’alternativa?
«Sarebbe bellissimo, ma dobbiamo intenderci. Dalle biomasse può arrivare l’1-2% del fabbisogno italiano, così come dalla geotermica. L’idroelettrica è praticamente già al massimo. L’eolica? Procede, ma abbiamo poco vento e bisogna pensare anche al paesaggio e al turismo. E se comunque, per assurdo, riempissimo la penisola di pale, arriveremmo a coprire il 10-15%. Resta il solare, io sto giusto mettendo un impianto nella mia casa in campagna. Ma è questa la dimensione, va bene per le famiglie, non per una grande fabbrica».
Il nucleare evoca anche scenarimilitari. Lei, che da anni si batte per il disarmo, non si sente un po’ al centro di una contraddizione?
«Per nulla. Lavoro per usare l’atomo a fini di pace. Nel mondo ci sono già oggi 30 mila testate nucleari, non c’entrano con la scelta di realizzare un impianto per produrre energia».
Una centrale agita anche il rischioterrorismo. E’ d’accordo?
«E’ chiaro che servono contromisure, ma non credo sia un pericolo reale pensare a qualcuno che si impossessa di materiale nucleare per costruire una bomba.Troppo difficile».
Lei, pur non essendo iscritto, è stato eletto nelle fila del Pd, un partito contrario al nucleare. Ha provato imbarazzo per questa diversità d’opinione?
«Difendo le mie posizioni di uomo di scienza. So che nel Pd c’è chi ha idee diverse, lo rispetto, ma restiamo distanti. Comunque, non è per questo che mi sono dimesso da senatore».
Così come nel 1987, c’è ancora un referendum che può bloccare il nucleare in Italia. Teme il voto?
«Le rispondo con una battuta. Se dovessero prevalere i contrari, io avrei più tempo libero per dedicarmi alla famiglia e ai miei interessi. Peccato che a rimetterci sarebbe il Paese».