I pro e i contro di quanto accade nell’UE. Alcuni esempi

28 Ottobre 2012

Fonte: On. Niccolò Giannini

 

 Informazione Europea

Premio Nobel – Acaa e i vantaggi per Israele – Cambogia – Commercio internazionale – Made in & acciaierie di terni Fondi ue & multe europee – Trasparenza dei partiti – Senza fissa dimora – Europa & politica.

Supponiamo che l’Europa formasse un solo Stato: chi mai penserebbe di disturbarla in casa sua? E in tale supposizione non più eserciti, non più flotte, e gli immensi capitali strappati ai bisogni e alla miseria dei popoli per essere prodigati in servizi di sterminio, sarebbero convertiti a vantaggio del popolo. (Giuseppe Garibaldi, 1860)

 

1. Oslo meglio di Bruxelles Sul Nobel all’Unione Europea ne leggo di tutte: “Si chieda ai libici”, “La pace dell’Europa è stata quella delle tasche dei funzionari europei”, “Sarajevo ringrazia”. È un gioco semplice, potrei accodarmi facile. Intanto grazie all’Unione Europea si sono interrotti i duemila anni di guerra civile europea e di dominazione degli uni sugli altri, un fiore non irreversibile ma che sta mettendo radici profonde. Ci voleva un generale come Garibaldi per averne preveggenza. Oggi, che non è più tempo di profezie, almeno non sputiamo su un passato che sarebbe potuto essere molto diverso (comunicato). Ma facciamo presto a rovinarci la festa: chi andrà a ritirarlo? Barroso o Van Rompoy (che noia)? Il Presidente del Parlamento Europeo, l’unico eletto democraticamente? Un gruppo di ragazzi vincitori delle borse Erasmus? Almeno, sarebbe bello che in tutta Europa, in modo decentrato e spontaneo, in contemporanea alla cerimonia di Oslo si organizzassero iniziative, anche critiche purché vive, perché il premio a cerimonia sia atto di consapevolezza su un passato recente con le sue luci, e un presente e un futuro molto meno all’altezza dell’auspicio di Garibaldi. 2. Niente premio per la politica estera UE Il Nobel per la pace vale per quanto di buono fatto dentro l’Europa, ma dai Balcani al Mediterraneo le credenziali UE sono poche. Un caso controverso è stato l’upgrading delle relazioni commerciali con Israele per i prodotti farmaceutici, l’ACAA – di per sé ottimo accordo che evita inutili doppie certificazioni. A beneficiarne sarà soprattutto una multinazionale israeliana, con un accesso immediato a un mercato di 500 milioni di consumatori europei. Ma non è la stagione per dare il nostro “premio” al governo di Nethanyau: nessuna delle richieste di vecchia data dell’UE è stata mai accolta, anzi continua l’annessione di Gerusalemme Est, il mantenimento delle colonie, il blocco di Gaza da dove proprio in queste ore piovono su Israele razzi criminali (e il blocco non aiuta a sconfiggere il terrorismo). Molti cittadini, anche israeliani, mi hanno scritto per chiedere di votare contro l’accordo – ma massiccia è stata la lobby a favore. Avrei preferito non esprimermi contro un accordo di per sé giusto, ma rinviare il voto legandolo al rilancio del processo di pace. Di fatto, un passo indietro per la coerenza della politica estera UE (intervento in plenaria e comunicato). Non c’è solo il Medio Oriente: dopo i vari interventi per il Tibet, ho ottenuto un dibattito anche sulla situazione in Cambogia, dove l’Europa non fa bella figura, appoggiando un regime corrotto che ha messo al bando il capo dell’opposizione (intervento in plenaria). 3. Pasticci italiani ed europei: Made in, Terni Ottobre è il mese del Nobel, e della Sorveglianza Bancaria e dei primi passi per la tassa sulle transazioni finanziarie (della prima ne ho parlato a Radio Anch’io, della seconda a Radio Uno), ma anche di vicende emblematiche. Con la complicità del governo italiano, la Commissione ha ritirato il Regolamento sul Made in (comunicato), un provvedimento di sostegno agli imprenditori che non hanno delocalizzato. Al Parlamento avevamo lavorato sodo ottenendo due anni fa una larga maggioranza, ma poi tutto si è bloccato per le resistenze dei paesi del nord e l’inerzia del governo italiano (tanto Berlusconi che poi Monti). Tutti i capidelegazione italiani al PE hanno annullato gli incontri con i Ministri italiani fin quando Passera non spiegherà questa sua assurda scelta “antipatriottica”. Una protesta forte contro la cifra di un governo indifferente agli interessi dell’economia reale. In modo bipartisan avevamo chiesto a Passera di darsi da fare, sollevando il tema sia nei bilaterali con la Germania che con Bruxelles. A fronte di tanti sacrifici, il Made in sarebbe una piccola contropartita europea e a beneficio di ogni consumatore UE, finalmente informato sulla provenienza del prodotto. Oggi ci sono “Murano Glasses” o vestiti dal marchio italiano allegramente fatti in Cina, senza quell’etichetta “made in” obbligatoria invece negli USA, in India, Giappone, Australia o Cina. La Commissione evoca problemi di compatibilità in sede di OMC, ma non ci credo, conoscendo quell’organizzazione dove sono parte dello Steering Committee. La verità è che per due anni il Consiglio, e i rappresentanti italiani in suo seno, hanno rinviato l’approvazione, cedendo anche per l’opposizione di chi preferisce delocalizzare e vende marchi europei senza dover scrivere “Made in Vietnam” (ma Confindustria ha sempre difeso il provvedimento). Ora si potrebbe ripartire da un regolamento limitato solo a settori dove vi siano meno resistenze – ceramica, coltelleria, gioielleria. Magra consolazione, e la lezione è di un’Europa e di un’Italia incapaci di fare il proprio interesse. Anziché esitare a giocare a viso aperto e con attenzione la partita globale (in plenaria ho svolto due interventi sul Giappone e la Russia), sarebbe meglio attrezzarci per tutelare e non smantellare il sistema produttivo europeo. Idem per le Acciaierie di Terni, la cui partita seguo da tempo. Il salvataggio di questo polo industriale di qualità da parte dei finlandesi dell’Outokumpu è ormai a rischio per la procedura avviata dalla Commissione per possibile posizione dominante: norme per la concorrenza sacrosante in tempi e settori normali, ma un po’ meno in periodo di crisi e per un settore che richiede grandi investimenti e filiera integrata. Il 16 novembre ci sarà il verdetto UE, ma ufficiosamente l’orientamento è di chiedere all’Outokumpu la cessione di qualche quota produttiva. Le Acciaierie di Terni finirebbero nella migliore delle ipotesi nelle mani di un concorrente asiatico o di un fondo d’investimento che poco sa di politica industriale, nella peggiore in uno spezzatino con rischio di chiusura. Dunque una follia di politica industriale: Bruxelles che disfa la soluzione che permetterebbe il rilancio di un polo di eccellenza in mani europee, e il tutto per un’applicazione fiscale delle norme sulla concorrenza. Anche in questo caso, in modo bipartisan abbiamo preso varie azioni – Terni sarà discussa in plenaria, incontro con il commissario Tajani, richiesta di ripristinare l’abolito Consiglio dei Ministri Industria, e attività mediatica (comunicato stampa, e ne ho parlato a Rai Tre su Regione Europa). A volte, al cospetto di tanta irrazionalità, penso che il Parlamento Europeo sia attualmente l’unico luogo pensante tra le Istituzioni europee. 4. L’Europa e i soldi (nostri) Sarà ancora il Parlamento a salvare l’Erasmus, il programma UE di maggior successo, minacciato dai tagli del Consiglio? È possibile. Intanto si sono messe al riparo le borse di fine 2012, per il 2013 la partita è aperta, ma la mobilitazione istituzionale c’è. L’autunno è infatti anche il periodo del bilancio. Ci presentiamo male, con una capacità di spesa dei circa 29 miliardi europei disponibili per l’Italia nel periodo 2007-2013 è nuovamente al palo, con appena il 26% rispetto al 25% di maggio. Una credenziale disastrosa per negoziare alcunché in futuro. È un tema su cui batto da quando sono stato eletto, e adesso regioni e governo stanno aprendo gli occhi sul ritardo immane accumulato. Al non utilizzo dei fondi a disposizione si aggiunge la beffa delle multe. Per la cattiva gestione dei rifiuti questa settimana la Commissione ha chiesto una multa di 56 milioni, oltre ad altri 256.000 al giorno dalla pronuncia di un’eventuale seconda condanna fino al rispetto effettivo delle norme UE (comunicato). Non è una sorpresa, da tempo mi sgolo perché la legalità ambientale sia una priorità per il territorio (solo nel Lazio, l’Europa calcola 32 discariche abusive). Ne va di salute, ambiente e soldi pubblici. Ma chi parla oggi di questo nel dibattito politico italiano? Non meriterebbe che del trattamento dei rifiuti si esprimessero i candidati delle primarie, ad esempio? (E qua, al mio amico Matteo, ricordo che Firenze è al palo con un scarso 45% di differenziata, ben lontano dall’obiettivo del 65% da raggiungere a fine anno, bell’esempio). 5. La politica e i soldi (nostri) Io non vedo un grande scarto qualitativo tra procurare con la propria cattiva amministrazione multe europee, non saper utilizzare fondi UE disponibili, o mettersi in tasca risorse pubbliche. In ogni caso si sottraggono al cittadino risorse che sono per lui. Non so come finirà la vicenda processuale del caso Maruccio. Ma le lezioni da trarre sono tantissime, e tra le macerie della perdita di consensi sarà bene farne tesoro rapidamente. Sono contento che la nuova capogruppo Annamaria Tedeschi abbia deciso di mettere tutto in rete – bilanci e singole fatture – e ho già proposto (comunicato) all’IdV di seguire la strada della trasparenza in modo sistematico: finanziamenti disponibili e spese, ma anche curricula, attività politica, assunzioni, interessi finanziari personali (sul mio sito si trova tutto questo). 6. La strada e i soldi A un’ultima riunione con presente Vincenzo Maruccio, avevo proposto che non tanto per dare un segnale pubblico, ma per trovare nuova ispirazione nel proprio lavoro politico, il gruppo consiliare laziale consacrasse con l’arrivo dell’inverno del tempo per svolgere attività insieme ai volontari che assistono i senza fissa dimora. Non so come sia stato interioremente recepito il suggerimento, ma due giorni dopo abbiamo tutti appreso dell’indagine, e da allora ripenso a quella proposta con un certo disagio… Nel frattempo però l’emergenza senza tetto va oltre gli scandali. A Bruxelles ho presentato il rapporto ISTAT/Caritas/Fiopsd (comunicato), prima mappatura della situazione italiana. Il fenomeno è in aumento, tocca anche pezzi di ex-ceto medio, mentre l’assistenza è sulle spalle del volontariato. E anche qui fondi europei che non sono utilizzati (scusate, è una mia fissazione). Alla fine del mio mandato, almeno avrò la soddisfazione di aver portato dentro questa istituzione un tema fino a ieri bandito. Ne va dell’identità morale dell’Europa – tra indifferenza o organizzazione della solidarietà. Già mettere in campo le buone pratiche di varie parti d’Europa è un primo passo. Ma lo è anche mettere in relazione le malversazioni della politica, i costi stratosferici delle primarie e delle campagne elettorali, al vero mondo della strada.