Catalogna o della scalogna. L’irruzione onirica dell’egoismo e le sue forme autodistruttive

09 Novembre 2014

Domenico Cambareri

 

 

 

 

 

Quando benessere e ricchezza sono mal metabolizzati e provocano deliri di onnipotenza.

Catalogna, il sogno dell’egoismo e dell’arroganza

 

 

 

 

 

L’impetuoso volgere degli eventi in favore di una presunta autodeterminazione degli abitanti della Catalogna dimostra come una pessima “metabolizzazione” in termini di psicologia politica di massa possa provocare guasti incedibili, sino a mandare in tilt perfino valori identitari primari quali quello della hispanidad trans-oceanica e di ciò che ne è alla base: il processo storico della formazione unitaria della Spagna, con tutto il suo bagaglio culturale e sociale e con il ruolo di grande potenza esercitato per circa tre secoli.
La ricchezza di cui oggi godono Barcellona e il suo circondario non è da riportare tutta a fenomeni esclusivamente endogeni. Investimenti internazionali, flussi turistici ad hoc ivi indirizzati, facilitazioni nazionali hanno favorito uno sviluppo tumultuoso che è stato assorbito nei modi più nefasti, ingenerando istinti egoistici ed esclusivistici e di sopraffazione interna di tale portata da avere infine prodotto l’odierno tentativo di implosione politica della Spagna. Il popolo spagnolo aveva già sventato, dopo lungi anni di sanguinosa lotta contro l’Eta, quella messa in atto dai baschi, i quali in effetti potevano e possono mettere sul tavolo delle più fondate carte di rivendicazione storica non ispanica.
Una via alla frammentazione più corriva, immotivata e inconcludente. Un pericolo folle che va sventato.
Fra gli “osservatori” presenti, vi è una promiscuità di rappresentanti paradossale: oltre a quelli gallesi e scozzesi (i secondi recentemente sconfitti dalla stessa maggioranza scozzese), ci sono gli altoatesini di lingua tedesca che si sono arricchiti enormemente alle spalle degli italiani in sessant’anni di accordi “rubati”, laddove la per quanto poco “piacevole” decisione del governo italiano del ventennio fascista continua a rappresentare la soluzione migliore storicamente adottata sino ad oggi ma purtroppo abbandonata per la sconfitta militare. Per gli italiani, non c’è forse nulla di paragonabile a quella di essere considerati stranieri in terra patria da una parte oltranzista e fanatica, mai sazia di sopraffazioni, di questa minoranza allogena garantita e protetta oltre ogni limite politicamente e giuridicamente concepibile. Ci sono anche i corsi dell’italianissima Corsica abbandonata, come Malta, da una Roma “ladrona” partitocratica adusa solo all’esaltazione delle patologiche e masochstiche fobie antinazionali e antifasciste di comodo e ai regionalismi più sconquassanti e giammai volta a recuperare e difendere i valori storici identitari dell’italianità geografico-etcnico-linguistica. Ci sono anche i sardi, che continuano a propugnare scelte innominabili sicuramente fomentate da motivi opposti a quelli che hanno mosso e movono gli egoismi estremi di Barcellona e, in casa nostra, quelli simili dei marginali terun de l’osti lombardi e “padani” e dei germanofoni dell’Alto Adige. La Sardegna, infatti, è stata tenuta sempre ai margini degli investimenti economici e dei processi di innovazione nazionali, come anche altre regioni centro-meridionali, per le scelte fortemente squilibrate adottate dai governi centrali durante tutta la storia unitaria.
L’avvio a una suicida politica della frammentazione all’interno della Spagna e dell’Unione Europea va sventato in modo fermo e anche saggio. Virtù sicuramente non facili da mettere in pratica davanti a forme così estreme di incontenibile ed esplosiva arroganza.
Si può e si deve sperare soltanto in una risposta della maggioranza degli stessi abitanti della Catalogna, che, in un referendum del tutto illegale e a similitudine di quella scozzese, sconfessi queste paradossali e inaccettabili pretese di falsa autodeterminazione e ridurre  cotale e cotanto pericolo a una bolla di sapone?