Quirinale. Renzi va per la tangente. A quando il “tutti a casa” per il vecchio apparato di regime?

31 Gennaio 2015

Domenico Cambareri

La designazione e l’elezione di Mattarella.

Matteo e il parlamento dei complici

Sinistra DC e PCI in controluce da ieri ad oggi: l’opulenza partitocratica e i poveri cristi del proletariato.

A ben riflettere, tuttavia, Matteo ha perso un’opportunità politica e d’immagine formidabile, eccezionale e probabilmente irripetibile per rompere con il passato. Un’opportunità in grado di metterlo alla grande sotto la luce dei riflettori italiani, europei e mondiali. Un’opportunità atta a garantirgli un alone di elevata credibilità politica e di sicura apertura da parte degli analisti stranieri di politica italiana e dei circoli più attenti ed esigenti. Un’opportunità in grado di coagulargli attorno una più convinta, più robusta e più ampia area di consensi sia all’interno del PD sia all’esterno, un’estesa e non remunerata claque catturata dal carisma ed espressione di più durevoli e ragionate simpatie. Un’opportunità storica, visti lo squallore e l’inettitudine della scena politica italiana di tutti questi interminabili decenni.
La designazione di Sergio Mattarella quale unico nome da parte del segretario del PD Matteo Renzi per la carica di presidente della Repubblica lascia  ancora davvero di stucco.
Possiamo ben comprendere come Renzi con questa mossa abbia voluto mirare a ricompattare all’interno il partito, cogliendo nell’aria una proposta in pectore del plurisconfitto Bersani, che sta ancora a capo, come mera facciata, della fronda interna. Possiamo anche ben capire che in questo modo egli ha indicato un non renziano e al tempo stesso un esponente della sinistra cattolica, così da salvare capre e cavoli in riferimento all’alternanza al Quirinale (ma dove sta scritto che debba essere fra un clericale e un laico? il concetto di alternanza attiene esclusivamente alla sfera civile e quindi all’espressione delle forze politiche in campo, non nella specifica declinazione confessionale / non confessionale, e alle personalità che possono essere trascelte e indicate nell’ambito della società).
Possiamo ben capire che Matteo sia stato contento pure per avere aperto le porte all’apporto dell’estrema sinistra con cui il plurisconfitto e plurifallito Bersani (quante nostre speranze mal riposte su questo personaggio!) si era alleato in modo scellerato portando alla presidenza della Camera dapprima Bertinotti e poi l’attuale Boldrini; e all’apporto facile e scontato dei tanti democristiani sparsi nei diversi partiti, che , persa per persa la possibilità di avere qualche altra chance, avranno accettato di buon cuore di avere comunque un esponente militante della propria confessione. E che lo sia stato in riferimento a se stesso anche perché lui è in prima persona espressione di quel mondo clericale che vive ( e vegeta) in politica.
Possiamo anche ben capire che il segretario del PD abbia voluto perfino confermare ai suoi oppositori interni che il suo cipiglio decisionista valeva anche per gli interlocutori di coalizione di governo, di coalizione per le riforme istituzionali e costituzionali, di opposizione. E che ciò valesse sin dagli incontri della prima coalizione che dell’ora del tè e dell’ora delle cene popolari o milionarie o riservate.
A ben riflettere, tuttavia, Matteo ha perso un’opportunità politica e d’immagine formidabile, eccezionale e probabilmente irripetibile per rompere con il passato . Un’opportunità in grado di metterlo alla grande sotto la luce dei riflettori italiani, europei e mondiali. Un’opportunità atta a garantirgli un alone di elevata credibilità politica e di sicura apertura da parte degli analisti stranieri di politica italiana e dei circoli più attenti ed esigenti. Un’opportunità in grado di coagulargli attorno una più convinta, più robusta e più ampia area di consensi sia all’interno del PD sia all’esterno, un’estesa e non remunerata claque catturata dal carisma ed espressione di più durevoli e ragionate simpatie. Un’opportunità storica, visti lo squallore e l’inettitudine della scena politica italiana di tutti questi decenni.
Eppure, le particolari e oggettive condizioni in suo favore, che lo hanno portato in modo così inusitato alla segreteria del PD e alla guida del governo, sono perdurate e sono perduranti. Perché allora sprecare la ricchezza di queste condizioni? Perché inutilizzarle e farle scemare?
Matteo con il vento in poppa invece ha preferito traccheggiare con la buona fortuna che lo sospinge e con se stesso, evitando di mirare più in alto (a buon pro del Paese e di se stesso ) e si è lasciato adescare dal balzano ma pervasivo e stantio stereotipo della partitocrazia. Si è semplicemente adeguato. Si è adeguato alla ritrita, mortificante e triste convenzione di scegliere un nome dell’apparato, di scegliere un nome del sistema. Dell’apparato e del sistema, funzionale all’apparato e al sistema.
 
 
 
Perché mai questo?
Perché Sergio Mattarella è un esponente politico che in nulla pare che si sia distinto in qualità di ministro della difesa e dell’istruzione, e non solo e anzi! Un ministro assolutamente anonimo. Perché è stato esponente di quella sinistra DC che prometteva mari e monti di lotte contro la conservazione e che in realtà si è risolta in una forza che ha portato allo schiacciamento totale e definitivo dei ceti medi, e del piccolo ceto medio in particolare, e al collasso professionale ed economico i docenti e la scuola e l’università ( poi da altri riscattata e inserita nel collante dei privilegi partitocratico-mafioso ) e la ricerca e il ruolo italiano nel contesto internazionale … da tutta questa classe di ingenerosi e biliosi politicanti ridotto a quello di “media potenza regionale “… (in assoluto contrasto con gli indici geoeconomici e con la il suo far parte del G7, del G8, del G20).
Quella sinistra DC che ha colpito in modo impietoso i ceti produttivi e dato stura all’evasione fiscale, che ha esaltato l’esosità della fiscalità in favore dei “più deboli” e che  ha portato alla completa degenerazione e implosione il rapporto di collusione rapace e distruttiva tra politica e sindacato. Ha ramificato oltre ogni dire la giungla delle clientele in alto e in basso e in ogni direzione. Ha sventrato letteralmente l’apparato pubblico ed ha mortificato senza tregua le risorse umane più indispensabili per la società e il Paese. Quella sinistra DC che dello Stato ne ha fatto una marionetta inutile e per di più nemica. Quella sinistra DC che così ha operato in stretta connessione e complice concorrenza con la politica del PCI.
Non solo. Mattarella ha percorso tutti i gradi del sistema sino all’avvenuta elezione in qualità di giudice della corte costituzionale. Quella Corte, che, pur nella sua elevata funzione di supremo organo deputato a garantire il rispetto del dettato costituzionale, dagli italiani non a torto è vista come espressione palpitante del feroce esercizio di godimento di privilegi da parte delle grandi baronie del regime.
Non ci risulta che Mattarella nel corso della sua lunga carriere politica e professionale abbia parlato e lottato a chiare lettere contro lo smantellamento del sistema partitocratico – e non di quello democratico quale è rappresentato nella costituzione . Se stiamo sbagliando nell’esprimere questo giudizio per inadeguata conoscenza, saremo ben lieti di prenderne atto e di porgere le nostre pubbliche scuse.
 
 
In tal modo, Matteo ha offuscato alla grande la sua immagine di convinto, perseverante e operoso innovatore, ed ha anzi scioccamente favorito il coriaceo e non battuto esercito della conservazione partitocratica. Un coriaceo e non battuto esercito della conservazione partitocratica che già gli è immensamente riconoscente di questo pregevole, prezioso posto di preminenza fatto avere a un suo uomo. Quanto ancora gliene sarà in futuro?
In tal modo, Matteo ha imposto la nascita di forti dubbi circa le sue reali capacità di analisi e di comprensione della realtà storica tuttora agente e delle prossime prospettive politiche e di capacità di assumere le più valide determinazioni in favore di una stabilizzazione del quadro politico interno all’insegna di una profonda, radicale e soprattutto valida trasformazione. Una tale miopia è giustificabile? Lo sarà? E per quanto?
A voler essere più che comprensivi e a volere tutto concedere a Renzi, e innanzitutto nel voler accettare che lui abbia preliminarmente già sviluppato e valutato con crudezza le diverse e anzi ormai molteplici ipotesi dell’evoluzione del quadro politico prossimo e a medio termine che sono scaturite dalla sua (incauta) decisione, come non considerare che con siffatta scelta egli ha suggellato – in plateale contraddizione con le sue promesse e i suoi obiettivi – le più alte garanzie di intangibilità del sistema che è da combattere senza tregua e che è da distruggere. Il sistema della democrazia virtuale e della partitocraiza reale. Il sistema della partitocrazia onnivora e mafiosa. Il sistema che si pone a garante della costituzione per vanificarne lo spirito e la feconda azione (nei limiti dell’impianto che va innovato), il sistema che al di sopra di essa pone appunto i partiti e i sindacati – soggetti non tenuti ad adempiere il pacta sunt servanda ma a godere del legibus soluti. Il sistema che nelle aule parlamentari e nelle segreterie dei partiti ha realizzato la più codificata e duratura complicità dell’elettorato passivo nell’espropriare dei concreti diritti l’elettorato attivo con il creare la più numerosa, inefficiente, costosa, parassitaria,  corrotta e spregevole casta che esista in tutto il pianeta. Un apparato gigantesco che divora e disossa le ricchezze prodotte e realizza il più codificato e mafioso intrigo di collusioni a largo raggio.
Di quali spazi d’azione potrà godere dunque la tattica renziana e in funzione di quali strategie e i quali obiettivi? Su cosa potrà ancora rassicurare e convincere, e soprattutto su cos’altro?  Di quali baldanzosi messaggi potrà inondare ancora la rete? Quanto ancora la sua giovane squadra potrà rimanere galvanizzata in presenza di conseguenze viva via più pruriginose? O sono forse scese, indefettibili e invisibili, in toto le virtù dello spirito Santo sul suo capo? E, qualora così si dicesse, sarebbe da prestarci credito?