Piattaforme e referendum. Andare a votare per il si è una grande svolta euromediterranea. Ecco il perché

15 Aprile 2015

Comunicato Eulà

 

 

 

 

 

 

Il Perché si in sintesi

 

 

 

 

 

 

Il referendum per la chiusura delle piattaforme di estrazione di petrolio e gas entro le 12 miglia marine rappresenta un’occasione propizia per iniziare una concreta svolta politica dell’Italia. L’importanza di questo appuntamento non può non essere di risonanza euro-mediterranea. Esso, per quanto gramo e circoscritto, è un primo importante passo in direzione di una nuova presa di coscienza civile e delle classi dirigenti e industriali. Non si possono chiudere gli occhi sulle prospettive negative che possono incombere in qualsiasi momento con dei disastri eco ambientali nel Mediterraneo e in particolare lungo le nostre coste.
Questo referendum non può avere nessuna colorazione politica in senso partitico ed è stato un grave errore politico e d’immagine quello commesso da Renzi per essere sceso in campo a testa bassa. Non di meno, hanno sbagliato e sbagliano coloro i quali lo vogliono trasformare in un referendum pro o contro il governo. Qui sono in ballo non i pochi posti di lavoro dei lavoratori del settore ma molti, molti più posti d lavoro in diversi ambiti delle attività lavorative. E non soltanto. Non soltanto!
Come abbiamo sempre affermato, è preferibile il ricorso allo sfruttamento dell’energia nucleare rispetto allo sfruttamento del petrolio. La crescita vertiginosa delle tecnologie alternative e della produzione da fonti naturali e rinnovabili promette maggiore autonomia e consente di ridurre le quantità di petrolio e gas da importare e consente altresì di poterlo fare per il prossimo futuro a costi molto più bassi.
Inoltre, la sempre più ricca e sempre meno cara disponibilità di petrolio nei mercati mondiali rende l’acquisto lo strumento preferibile anche per la piccola quantità di gas e di petrolio pompati dai giacimenti sottomarini lungo le nostre coste, rispetto ai potenziali e multiformi pericoli rappresentati dalle piattaforme sul mare, non ultimo l’ecoterrorismo.

 

 

 

Le NON cospicue ma limitate risorse energetiche sottomarine di cui già disponiamo entro le 12 miglia marine sono da considerare riserva strategica intoccabile da utilizzare in situazioni di grave deterioramento degli scenari internazionali, di forte rallentamento o di blocco dei rifornimenti energetici e in altri casi di imprevedibile e estrema necessità politica e di sopravvivenza delle strutture produttive.
Le nuove prospezioni petrolifere sottomarine dovrebbero avvenire il più lontano possibile dalle coste, cioè in senso proprio nell’alto mare definito Zona Economica Esclusiva. A più ampia protezione della biofauna e della bioflora marine che sono e ancor più saranno indispensabili nel prossimo futuro, e dell’ecosistema antropico nazionale e delle attività lavorative che si svolgono lungo le coste, ad iniziare da quelle agricole, di pesca, del turismo.
Ridurre le fonti di cronico “microinquinamento” marino e di gravissimo inquinamento e di disastro eco-ambientale e economico in caso di imprevisti ma verificabilissimi incidenti diventa un imperativo di fronte a cui il guadagno conseguito rappresenta un gramo profitto.
L’ESEMPIO ITALIANO dovrebbe essere al più presto seguito da tutte le Nazioni dell’Unione Europea e del Mediterraneo e da quante con essa intrattengono rapporti di partenariato politico, culturale, commerciale.