Difesa europea, al via l’esercito integrato?

16 Settembre 2017

Fonte:  eunews

  eunews l'europa in italiano

    Elisabetta Braw

Nota di Domenico Cambareri

 

    DIFESA EUROPEA, SIAMO AL PRIMO PASSO?

Avevamo selezionato questo importante articolo informativo, che non ha perso affatto di attualità, per rilanciarlo appositamente dopo il peridio estivo al fine di riproporlo all’attenzione dei cittadini e dello (scadentissimo) mondo politico nazionale con la ripresa delle attività parlamentari. Esso indica che qualcosa di nuovo e di importante, per quanto in apparenza di soppiatto, è stato messo in moto nella geografia politica europea.
Altra informazione, relativa al clamoroso caso della nave per operazioni anfibie italiana, di cui è stata finalmente avviata la costruzione, sarà presentato nei prossimi giorni. Caso che riguarda scelte prioritarie, di altissimo profilo tecnologico e operativo in tema di adeguatezza e qualità dei mezzi davanti agli scenari attuali e futuri della difesa e sicurezza nazionale e europea – fattori indisgiungibili. Sarà da noi presentato per rimarcare la valida conclusione delle alterne  vicissitudini che l’hanno caratterizzata .In particolare, dopo i nostri  lucidi, incisivi e determinati interventi degli scorsi anni, specie quelli presentati nell’ampia articolazione informativa e nel correlativo sviluppo concettuale, contenuti nell’articolo del 2014, “Vecchie navi e soldi al vento”, al fine di denunciare senza mezzi termini la palude parlamentare, la pericolosa inadeguatezza dei partiti della sinistra al governo e della cosiddetta destra all’opposizione (o viceversa) nell’affrontare con il minimo di serietà, maturità e adeguatezza i delicatissimi temi della politica estera e della difesa e sicurezza nazionale e europea, con il correlativo e inseparabile aspetto dello sviluppo dell’industria e della r&s  nel campo dell’alta tecnologia.
Quanto rappresentato più in avanti dall’autrice, in  merito a ciò che hanno messo in atto alcuni partner dell’Unione Europea guidati dalla Germania, trova più della nostra condivisione. Questi passi si muovono in direzione da quanto noi auspicato da tempo, in maniera nitida.
Essi tendono a superare definitivamente la lotta feroce che Regno Unito e Francia hanno mosso al progetto di difesa europea comune. Lo sciovinismo di queste due potenze ha bloccato, inchiodato il processo unitario dalla fine della seconda guerra in poi e ha irretito la dialettica politica europeista entro uno stato di cronica catalessi indotta.
La fuoruscita del Regno Unito rende più semplici le cose all’interno dell’UE. Bisogna però piegare la Francia alla consapevole ACCETTAZIONE di questa logica di interesse collettivo, quale è la difesa europea non cooperante ma INTEGRATA, ovvero inserirla nella fascia più esterna dell’Europa della difesa a più velocità. In ogni caso, non bisogna dimenticare che la fuoruscita del Regno Unito dall’Unione Europea a breve e medio termine potrà innescare frizioni fra interessi non convergenti ma confliggenti in aree non solo grigie e opache delle relazioni internazionali in tema di risorse energetiche e di concorrenze industriali. Ricordiamo che il Regno Unito investe nella difesa cifre superiori al 300% di quanto stanzia l’Italia e la Francia più del 200%. Queste cifre sono cruda espressione di proiezione di potenza, e, diciamolo pure brutalmente, di interesse a operare interferenze e intromissioni, azioni turbative, condizionamenti pure nella aree vitali interne e in quelle dei loro partner esterni, geopoliticamente  determinanti per la sicurezza dell’Europa, quali il Mediterraneo allargato (dall’Africa atlantico-sahariana  all’Oceano indiano centro-occidentale, della regione caspico- transcaucasica) e dall’Europa orientale non UE a tutta l’Asia centralo-orientale. Ciò vale pure per la Francia, e solo per l’area della sua Francafrique. Al contempo, per dovere di corretta informazione, non possiamo non sottolineare come l’industria della difesa britannica rimane saldamente ancorata a quella dei Paesi UE, oltre che a quella U.S.A. Il raffronto fra le spese di Italia, Francia, Germania, non rappresenta un avallo delle perduranti, autolesive scelte italiane, quanto indicare crudamente i rapporti e fare rilevare che UK e Italia rappresentano le estremità opposte del mondo europeo. In particolare, l’Italia mette in luce in quale considerazione i suoi governi abbiano tenuto e tengano la sicurezza e lo sviluppo tecnologico della Nazione. 
In merito alla nascita delle prime forze integrate della difesa europea, è bene che nascano almeno i primi due corpi d’armata (per l’Europa  centrale e nord-orientale  e l’Europa centrale  sudorientale) e le prime due divisioni navali integrate (Atlantico  e Mare del Nord, Mediterraneo e Oceano Indiano). Lo strumento aereo dovrebbe essere idoneo a integrare totalmente queste direttrici di fondo, ma soprattutto di realizzare la difesa aerea integrata e avanzata, superando quanto prima l’inconcludente vncolo dello spazio aereo delle singole nazioni. Le risorse da destinare ai compiti aeroterrestri e aeronavali indicati dovebbero essere totalmente distinte da quelle assegnate alla NATO, così l’organizzazione e i compiti operativi. La difesa aerea del territorio e dei mari europei potrebbe invece usufruire di una piattaforma operativa “duale”, ossia distinta e al contempo integrata con quella della NATO. (D.C.)

 

Per maggiore e circostanziata informazione e per la relativa documentazione fotografica, aprire:
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Politica, industria e difesa. F35 si, F 35 no. La guerra … www.europadellaliberta.it/…/politica-industria-e-difesa-f35sif-35no-la-… Copia cache30 giu 2013 – Politica, industria e difesa. F35 si, F 35 no. La guerra nascosta e gli interessi bruciati. Seconda parte.  Domenico Cambareri • …

 

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La Germania sta costruendo un esercito europeo sotto il suo comando

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(Elisabetta Braw)

La Germania sta silenziosamente costruendo il potenziale nucleo di una futura forza armata dell’Unione Europea, ovviamente sotto il suo comando.

 

Ogni pochi anni, l’idea di un esercito dell’UE torna a farsi strada tra le notizie, facendo molto rumore. Per alcuni è un’idea fantastica,

per altri un incubo: per ogni federalista di Bruxelles convinto che una forza di difesa comune sia ciò che serve all’Europa per rilanciare la sua posizione nel mondo, ci sono quelli, a Londra e altrove, che inorridiscono all’idea di un potenziale rivale della NATO.
Ma quest’anno, lontano dall’attenzione dei media, la Germania e due dei suoi alleati europei, la Repubblica Ceca e la Romania, hanno silenziosamente fatto un passo avanti radicale verso un qualcosa che assomiglia ad un esercito UE, evitando le complicazioni politiche che questo passo comporta: hanno annunciato l’integrazione delle loro forze armate.
L’intero esercito della Romania non si unirà alla Bundeswehr, né le forze armate ceche diventeranno una semplice divisione tedesca. Ma nei prossimi mesi, ciascun paese integrerà una brigata nelle forze armate tedesche: l’81esima Brigata meccanizzata della Romania si unirà alla Divisione delle forze di risposta rapida della Bundeswehr, mentre la 4a Brigata di dispiegamento rapido della Repubblica Ceca, che ha servito in Afghanistan e in Kosovo ed è considerata la punta di lancia dell’esercito ceco, diventerà parte della Decima divisione blindata tedesca. Così facendo, seguiranno le orme di due brigate olandesi, una delle quali è già entrata a far parte della Divisione delle forze di risposta rapida, mentre l’altra è stata integrata nella Prima divisione blindata della Bundeswehr.
Secondo Carlo Masala, professore di politica internazionale presso l’Università della Bundeswehr a Monaco di Baviera, “il governo tedesco si sta dimostrando disposto a procedere verso l’integrazione militare europea” – anche se altri paesi del continente ancora non lo sono.
Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha ripetutamente ventilato l’idea di un esercito dell’Unione europea, solo per ricevere in risposta derisione o un imbarazzato silenzio. È così anche adesso che l’UK, eterno nemico dell’idea, sta uscendo dall’unione. C’è poco accordo tra i rimanenti Stati membri su come dovrebbe essere organizzata esattamente una simile forza ed a quali competenze le forze armate nazionali dovrebbero conseguentemente rinunciare. E così il progresso è stato lento.
A marzo di quest’anno, l’Unione europea ha creato un quartier generale militare congiunto – ma ha soltanto la responsabilità dell’addestramento delle missioni in Somalia, Mali e Repubblica Centrafricana e ha un magro personale di 30 unità. Sono state progettate anche altre forze multinazionali, come il Gruppo da battaglia del nord, una piccola forza di reazione rapida di 2.400 militari formata dagli Stati baltici, da diversi paesi nordici e dai Paesi Bassi, e la Forza Congiunta di Spedizione della Gran Bretagna, una “mini NATO” i cui membri includono gli Stati baltici, la Svezia e la Finlandia. Ma in assenza di adeguate opportunità di schieramento, questi gruppi operativi potrebbero anche non esistere.
Tuttavia sotto la blanda etichetta del Framework Nations Concept, la Germania ha lavorato a qualcosa di molto più ambizioso: la creazione di quella che sostanzialmente è una rete di mini-eserciti europei, guidata dalla Bundeswehr. “L’iniziativa è scaturita dalla debolezza della Bundeswehr”, ha dichiarato Justyna Gotkowska, analista di sicurezza dell’Europa settentrionale presso il think tank polacco Centro per gli studi orientali. “I tedeschi hanno capito che la Bundeswehr doveva colmare le lacune delle sue forze terrestri… per guadagnare influenza politica e militare all’interno della NATO”. Un aiuto da parte dei partner potrebbe essere la carta migliore a disposizione della Germania per rinforzare rapidamente il suo esercito – e i mini-eserciti a guida tedesca potrebbero essere l’opzione più realistica per l’Europa, se deve considerare seriamente la sicurezza comune. “È un tentativo per impedire che la sicurezza comune europea fallisca completamente”, ha detto Masala.
“Lacune” della Bundeswehr è un eufemismo. Nel 1989, il governo della Germania Occidentale spendeva il 2,7% del PIL per la difesa, ma nel 2000 questa spesa era scesa all’1,4%, dove è rimasta per anni. Infatti, tra il 2013 e il 2016, la spesa per la difesa è rimasta bloccata all’1,2% – lontano dal livello di riferimento del 2% della NATO. In un rapporto del 2014 al Bundestag, il Parlamento tedesco, gli ispettori generali della Bundeswehr hanno presentato un quadro imbarazzante: la maggior parte degli elicotteri della Marina non funzionava e dei 64 elicotteri dell’esercito solo 18 erano utilizzabili. E mentre la Bundeswehr della guerra fredda era composta da 370.000 soldati, la scorsa estate era forte soltanto di 176.015 tra uomini e donne.
Da allora la Bundeswehr è cresciuta a più di 178.000 soldati attivi; l’anno scorso il governo ha aumentato i finanziamenti del 4,2%, e quest’anno la spesa per la difesa crescerà dell’8%. Ma la Germania è ancora molto lontana dalla Francia e dall’UK come forza militare. E l’aumento della spesa per la difesa non è immune da polemiche in Germania, dato che il paese è consapevole della propria storia come potenza militare. Il ministro degli esteri Sigmar Gabriel ha recentemente affermato che è “completamente irrealistico” pensare che la Germania raggiunga il riferimento di spesa per la difesa della NATO del 2% del PIL – anche se quasi tutti gli alleati della Germania, dai più piccoli paesi  europei agli Stati Uniti, la stanno sollecitando ad avere un ruolo militare più importante nel mondo.
La Germania può non avere ancora la volontà politica di espandere le sue forze militari alle dimensioni che molti sperano – ma ciò che ha avuto dal 2013 è il Framework Nations Concept. Per la Germania, l’idea è di condividere le sue risorse con i paesi più piccoli in cambio dell’uso delle loro truppe. Per questi paesi più piccoli, l’iniziativa è un modo per far sì che la Germania sia più coinvolta nella sicurezza europea, evitando la difficile politica dell’espansione militare tedesca. “È un passo verso una maggiore indipendenza militare europea”, ha detto Masala. “L’UK e la Francia non sono disposte a prendere la guida della sicurezza europea”l’UK è in via di collisione con i suoi alleati dell’UE, mentre la Francia, un peso massimo militare, ha spesso mostrato riluttanza verso le operazioni multinazionali della NATO. “Resta solo la Germana”, ha detto. Operativamente, le risultanti unità bi-nazionali sono maggiormente dispiegabili perché sono permanenti (la maggior parte delle unità multinazionali fino ad ora sono state temporanee). Questo amplifica in modo determinante il potere militare dei paesi partner. E se la Germania decidesse di schierare un’unità integrata, potrebbe farlo solo con il consenso del partner minoritario.
Naturalmente, dal 1945 la Germania è stata straordinariamente riluttante a dispiegare il suo esercito all’estero, addirittura fino al 1990 ha vietato alla Bundeswehr di schierarsi fuori dai confini. In effetti, i partner minoritari – e quelli potenziali – sperano che il Framework Nations Concept farà assumere alla Germania più responsabilità nella sicurezza europea. Finora, la Germania e i suoi mini-eserciti multinazionali non sono altro che delle iniziative su piccola scala, ben lontane da un vero esercito europeo. Ma è probabile che l’iniziativa cresca. I partner della Germania hanno sfruttato i vantaggi pratici dell’integrazione: per la Romania e la Repubblica Ceca, significa portare le proprie truppe allo stesso livello di addestramento delle forze tedesche; per i Paesi Bassi, ha significato riconquistare competenze coi carri armati (gli olandesi avevano venduto l’ultimo dei loro carri armati nel 2011, ma le truppe della 43esima Brigata meccanizzata, che sono in parte acquartierate con la Prima divisione blindata nella città tedesca occidentale di Oldenburg, ora guidano i carri armati tedeschi e potrebbero utilizzarli se schierati con il resto dell’esercito olandese).
Il colonnello Anthony Leuvering, comandante della 43esima Meccanizzata di base a Oldenburg, mi ha detto che l’integrazione ha avuto veramente pochi intoppi: “La Bundeswehr ha circa 180.000 unità, ma i tedeschi non ci trattano come l’ultima ruota del carro”. Si aspetta che altri paesi si uniscano all’iniziativa: Molti, molti paesi vogliono collaborare con la Bundeswehr. La Bundeswehr, a sua volta, ha in mente un elenco di partner secondari, ha dichiarato Robin Allers, un professore tedesco, associato presso l’Istituto norvegese per gli studi sulla difesa, che ha visto l’elenco dell’esercito tedesco. Secondo Masala, i paesi scandinavi, che già utilizzano una grande quantità di apparecchiature tedesche, sarebbero i migliori candidati per il prossimo ciclo di integrazione nella Bundeswehr.
Finora, l’approccio empirico di basso profilo del Framework Nations Concept è andato a vantaggio delle Germania; poche persone in Europa hanno obiettato all’integrazione di unità olandesi o rumene con le divisioni tedesche, in parte perché potrebbero non averla notata. È meno chiaro se ci saranno ripercussioni politiche nel caso in cui  più nazioni dovessero unirsi all’iniziativa.
Al di fuori della politica, il vero test sul valore del Framework Nations Concept sarà il successo in combattimento delle unità integrate. Ma la parte più complessa dell’integrazione, sul campo di battaglia e fuori, potrebbe rivelarsi la ricerca di una lingua franca. Le truppe dovrebbero imparare le lingue gli uni degli altri? O il partner minoritario dovrebbe parlare tedesco? Il Colonello Leuvering, olandese di lingua tedesca, riferisce che la divisione bi-nazionale di Oldenburg si sta orientando verso l’uso dell’inglese.
Pubblicato su Foreign Policy il 22 maggio 2017. Traduzione di Voci dall’Estero.