Sui magistrati. Rileggiamo e riconfermiamo

Nota di Domenico Cambareri

Da decenni, il “percorso eversivo” dell’associazionismo dei funzionari pubblici che indossano la toga di procuratori, sostituti procuratori, giudici è diventato un fenomeno macroscopico che ha condizionato e condiziona nei modi sempre più vistosi e, ancor più, occulti la vita della Nazione.


Fra i tanti, già molti anni addietro, l’ex ministro G. Preti focalizzava il fondamentale concetto sull’autonomia del potere giudiziario: il potere giudiziario è autonomo e distinto dal potere legislativo e da quello dell’esecutivo, ma non è sovrano, in quanto esso opera esclusivamente al servizio della sovranità della Costituzione. E che i magistrati che lo esercitano non detengono tale potere, quanto lo rappresentano e lo esprimono in qualità di funzionari dello Stato. Come non ricordare il tentativo estremo di porre un freno a questa deriva antidemocratica che ha vulnerato profondamente la sovranità della Costituzione, il tentativo posto in essere dall’allora Presidente della Repubblica Cossiga? Purtroppo, egli fu clamorosamente “tradito” dal vicepresidente del CSM, che lo rappresentava.

Il patto scellerato o congiura e connivenza politica o sodale complicità eversiva da allora saldatosi molto, molto più dei decenni precedenti fra le componenti più attive e ultra politicizzate della magistratura e i comunisti e i cattocomunisti in modo palese e indissolubile, ha ancora di più in modo incontrovertibile portato a compimento la radicale trasformazione della Repubblica fondata sulla Costituzione in un regime partitocratico mafioso supportato e coperto dai magistrati politicizzati e dall’attività occulta del loro “parlamentino”.

PARENTESI APERTE

Oggi, in un contesto giudiziario, politico, istituzionale e costituzionale già da moltissimi anni letteralmente imploso, in un contesto in cui l’eversione costituzionale è allignata nel Parlamento, nei Governi e nel CSM e attraverso essi si è ramificata ovunque,

come possiamo mai pensare che l’attuale presidente della Repubblica,

con il suo curriculo di parlamentare e vicepresidente della Commissione bicamerale per le Riforme istituzionali della XI legislatura, di componente della Commissione bicamerale per le Riforme istituzionali dell‘XIII legislatura, di componente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo e le stragi, della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla mafia, di presidente della Commissione Giurisdizionale della Camera dei Deputati , di vicepresidente del consiglio dei ministri, di presidente della Presidente della Commissione Giurisdizionale della Camera dei Deputati, nella XV legislatura, di ministro per i rapporti con il Parlamento e ministro – minestra della Pubblica (dis)truzione, vicepresidente del Consiglio dei ministri e ministro della difesa (!!!), di eletto dal Parlamento europeo al Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa, di cui è stato Vice Presidente, di eletto dal Parlamento italiano giudice costituzionale e quindi a conoscenza di quasi tutte le più “segrete” cose e degli ingranaggi non palesi della macchina del potere e dei suoi spregevoli commerci;

come possiamo mai pensare che questa persona con l’aria della massima noncuranza e del massimo distacco ostentati possa esercitare condizioni credibili di terzietà?

E’ Mattarella stesso che ci scolpise nella mente l’assoluta necessità di dovere nutrire riserve e dubbi molteplici e di assoluta rilevanza sulla sua persona. Questo Mattarella che, a quanto si constata, ha preso sempre parte alla realizzazione dello stravolgimento normativo dell’apparato pubblico e della struttura sociale del Paese con vere e proprie aggressioni ai contenuti nitidissimi di articoli della Costituzione? Oppure no? – Domenico Cambareri

***

Magistrati. L’ultracasta

 Stefano Livadiotti

Secondo l’autore, quella dei giudici e dei pubblici ministeri è la madre di tutte le caste. Uno stato nello stato, governato da fazioni che si spartiscono le poltrone in base a una ferrea logica lottizzatoria e riescono a dettare l’agenda alla politica. Un formidabile apparato di potere che, sventolando spesso a sproposito il sacrosanto vessillo dell’indipendenza, e facendo leva sull’immagine dei tanti magistrati-eroi, è riuscito a blindare la cittadella della giustizia, bandendo ogni forma di meritocrazia e conquistando per i propri associati un carnevale di privilegi. Per la prima volta, cifra per cifra, tutta la scomoda verità sui 9.116 uomini che controllano l’Italia: gli scandalosi meccanismi di carriera, gli stipendi fino all’ultimo centesimo, i ricchi incarichi extragiudiziari, le pensioni d’oro, la scala mobile su misura, gli orari di lavoro, l’incredibile monte-ferie, i benefit dei consiglieri del Csm. E, parola per parola, le segretissime sentenze-burla della Sezione disciplinare, capace di assolvere perfino una toga pedofila.

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  • EAN: 9788858704769

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Andrea macchiarelli

24/02/2012 21:08:22

Tanti i racconti sulle malefatte dei giudici, pochi i riscontri certi ed oggettivi. Per avere credibilità, il giornalismo di inchiesta, ben fatto, deve riportare fatti precisi, citare la fonte e valutarne l’affidabilità. In questo caso, a volte, a conferma si cita il titolo di prima pagina di un quotidiano o l’affermazione del politico, quasi mai l’estremo di un documento ufficiale. In verità, mi aspettavo una analisi approfondita sulle leggi e regolamenti che privilegiano i magistrati, sui dati aggregati a diversi livelli che facciano comprendere quanto diffuso è il malcostume e dove si concentra. Queste informazioni ci sono solo in parte, riportate però, in modo disorganico ed incompleto, in un caso poi le valutazioni aritmetiche sono clamorosamente sbagliate (cap. 1 “prendi i soldi e piangi” pag 62). In sintesi un pessimo esempio di giornalismo d’inchiesta. Ciò nonostante, nel complesso, emerge una magistratura in cui alcuni elementi sono fannulloni, indegni di giudicare l’operato altrui, impuniti e impunibili grazie anche alla legge Vassalli, che non consente di valutare interpretazioni temerarie o singolari delle leggi da parte del giudice. A ciò si aggiunge, l’inefficienza della stessa magistratura nel giudicare i propri appartenenti, creando situazioni paradossali: i ritardi, nei procedimenti avviati per punire altri ritardi, generano ancora procedimenti per punire i ritardi delle azioni giudiziarie avviate per sanzionare i ritardi: comico a dirsi, desolante nella sostanza. Tra tutti emerge un dato assurdo: da una parte i giudici lamentano una carenza negli organici, dall’altra, un numero esagerato di giudici sono posti fuori ruolo o autorizzati dal CSM ad eseguire incarichi extragiudiziari ed i costi dell’apparato sono complessivamente spesso superiori a quelli di altri paesi con una giustizia più efficiente. Nel complesso un libro che, a mio avviso, non raggiunge la sufficienza. Peccato!

09/03/2019 11:34:58

Una lettura interessante ma non sempre agevole

Ila

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