Giannini: corruzione è il dna del regime

25 Ottobre 2020 ripubblichiamo un articolo di Filippo Giannini

      22 Marzo 2015 Fonti: Google,  Il Giornale d’Italia, Fiamma Tricolore, Unione per il Socialismo Nazionale – Sito ufficiale dell’organizzazione politica U.S.N. – R.S.I.,  blog Dissonanze     

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La dipartita di Filippo Giannini risale a inizio marzo.  Ci…

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Solo per ricordare …

SI’ SOLO PER RICORDARE E … NE GODO

O italiani, quale Stato vi aspettavate da una Repubblica nata dagli scenari di Piazzale Loreto?

Stato corrotto, Nazione appestata, Magistratura allineata. E non poteva che essere così.

E’ certo che i nostri legislatori (o “Padri della Patria”) non  hanno perso tempo. Gli scandali (che parola strana) sono iniziati con la nascita – sarebbe meglio dire “aborto” –  dell’Italia “liberata”.

Quanti italiani oggi ricordano il caso del principe Don Giulio Pacelli (nipote di Pio XII) e del conte Stanislao Pecci  (pronipote di Papa Leone XIII)? E siamo appena al 1947, due anni dalla tanto desiderata cacciata della “cupa tirannia”. Erano personaggi al centro di uno scandalo finanziario, risolto poi a favore dei due nobili signori – neanche a dirlo – dal giovane Giulio Andreotti.

Quanti ricordano il “Progetto Fiumicino” (primi anni 1960)? Fu un classico esempio di sperpero del denaro pubblico e di incapacità tecnica; uno dei tanti casi di lotta di potere fra uomini della Democrazia Cristiana.

Il “caso Fiumicino” era ancora all’attenzione del “Popolo sovrano” quando ecco scoppiare un nuovo scandaletto. L’ordinario di Economia Agraria di Napoli, professor Manlio Rossi Doria, denunciava un gigantesco fenomeno di “clientelismo di Stato” a favore della DC: la “Federconsorzi” aveva indebitamente incassato 1.064 miliardi (al valore di allora). L’onorevole Paolo Bonomi, presidente della “Coldiretti”, organizzazione democristiana committente della “Federconsorzi”, rimase coinvolto nella faccenda. E’ superfluo sottolineare che non solo tutto fu impantanato, ma, grazie al clima politico instaurato dagli uomini che si avvicendarono dal 1948 al Ministero dell’Agricoltura, questi riuscirono addirittura a realizzare che ulteriori svolgessero al riparo da ogni controllo sia del Parlamento, sia del Governo, ma anche della Corte dei Conti.

Siamo ancora nel 1963, e quasi a gemellaggio degli scandali precedenti, venne alla luce lo “scandalo delle banane”. Era il momento della famiglia Caltagirone e del suo amico il Ministro Franco Evangelisti. Fu solo per un caso che questo scandalo si ampliò; infatti Caltagirone aveva organizzato un sontuoso banchetto nel ristorante più alla moda di Palermo, il “Charleston”; a capotavola sedeva l’onorevole Giacomo Mancini, il quale, forse per l’eccessivo appetito (ricordiamolo era un socialista, si sentì male tanto da essere trasportato in ospedale. Fu a causa di questo malore che la notizia si divulgò in tutta Italia.

 Vi ricordate – siamo nel 1976 – lo scandalo degli aerei “Hercules”? L’entità del furto di pubblico denaro, operato a favore dei soliti noti, può trovare le sue dimensioni secondo quanto ebbe a dire il presidente della “Lockheed”, società costruttrice degli “Hercules”: <Dal  ’70 al ’74 abbiamo speso tre miliardi per corrompere politici e funzionari pubblici italiani, per convincerli adaccettare gli “Hercules>. Da questa dichiarazione venne fuori, su indicazioni dell’avvocato della “Lockheed”, l’”Antelope Cobbler”, nome in codice di uno dei politici italiani corrotti. Fra gli altri nomi vennero indicati anche quelli di Luigi Gui e Mario Tanassi, che ritengo siano stati i capri espiatori di nomi ben più illustri. Rinviati in giudizio davanti alla Corte Costituzionale, il primo (Gui) fu assolto, il secondo (Tanassi) condannato. Durante il processo vennero coinvolti personaggi di primissimo piano, quali l’allora Presidente della Repubblica, Giovanni Leone e i fratelli Antonio e Ovidio Lefebvre.

Fu Mino Pecorelli a denunciare sul suo giornale “OP” la “supertruffa dei petroli”. Voglio ricordare che questi fu assassinato dai “soliti ignoti” nel 1979. Le vicende che riguardano il povero Pecorelli sono cose normali tanto che vide l’assoluzione di Giulio Andreotti indagato quale mandante dell’omicidio. In merito a questa truffa, il petroliere Silvio Brunelli rese questa testimonianza ai giudici di Treviso: <Affidavamo a un nostro collaboratore fidatissimo un compito particolare. Ogni mese doveva andare a Roma portandosi delle borse piene di milioni. Circa 200 milioni al mese. Questi soldi servivano infatti a pagare i vertici della Finanza che sapevano della truffa dei petroli e dovevano continuare a chiudere un occhio. I finanzieri non erano i soli ad esser pagati>. Un danno per lo Stato ancora oggi non ben definito,  ma, si dice, tra i duemila e i quattromila miliardi. I nomi dei politici coinvolti: il democristiano Sereno Freato, consigliere di Aldo Moro, i socialisti sottosegretari Giuseppe Di Vagno e Maria Magnani Noya. Fu in questa circostanza che il senatore missino Giorgio Pisanò accusò il Ministro democristiano dell’Industria Toni Bisaglia, che querelò il suo collega senatore. Nel giro di assegni fraudolentirisultarono coinvolti, Liliana Fantasio, anch’essa collaboratrice di Aldo Moro; e Giuseppe Di Vagno, socialista, questi giustificò il possesso di assegni sospetti sostenendo che erano “consulenze particolari”: consulenze che, tuttavia, non vennero denunciate nella sua dichiarazione dei redditi. Anche il “golden boy” del calcio italiano, Gianni Rivera, figurò fra gli imputati per un assegno, intestato a suo nome, di 50 milioni di lire.

Vi ricordate Michele Sindona? Questo finanziere  (siamo a metà degli anni ’70) fu l’intestatario di uno “scandalo da insalata all’italiana” che vide coinvolti politici, logge massoniche, alta finanza, mafia. Ricorderete certamente la fine dell’uomo di Patti: avvelenato (misteriosamente) in carcere, secondo lo stile dei Borgia .

E vogliamo tralasciare il “suicidato” Roberto Calvi, trovato impiccato sotto il ponte dei “Black Friars” a Londra? Calvi si portò dietro oscuri intrecci con la P2 e con uomini politici “d’onore”. Adriano Zampini, un faccendiere torinese, rivelò nel 1983 di aver corrotto rappresentanti della Giunta rossa di Torino guidata da Diego Novelli e dal vicesindaco Enzo Biffi Gentili.

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Un’istruttoria aperta dal magistrato russo Stepankov avrebbe accertato che solo dal 1971 al 1990 il Partito Comunista Italiano avrebbe ricevuto oltre 47 milioni di dollari da Mosca (valore dell’epoca). E i magistrati italiani che hanno indagato su questo scandalo hanno dovuto chiudere l’inchiesta <pur sussistendo concludenti e persuasivi elementi sulla rilevantissima ed operante invocata contribuzione del Pcus al Pci, ecc. ecc.>. Come dire: una mano lava l’altra ed entrambe fregano il popolo italiano.

Quanto ci costa questo paradiso di libertà e di democrazia nel quale abbiamo la fortuna di vivere? Cifre da pazzi, che sarebbe veramente interessante confrontarle con quelle dell’”infame Regime”.

E qui mi fermo, perché siamo arrivati a giorni più recenti, giorni che hanno visto il rapimento di Aldo Moro e l’uccisione degli uomini della sua scorta. Un mistero che rivela, però, la demoniaca capacità di uomini maestri di intrighi, di corruzione, di spietata determinazione, il cui unico scopo è il mantenimento del potere: quel potere che è stato loro affidato dai “liberatori”. Questo è stato possibile grazie all’eliminazione di quell’apparato che per almeno vent’anni li aveva allontanati dalle leve di gestione.

 Qualche lettore, che ha avuto la cortesia di leggermi sino ad ora, potrebbe essere tentato di chiedermi se “in quel periodo” ci furono scandali simili. Senz’altro no! Il più noto vide primo attore  (erano gli anni 1928-1929) l’allora Podestà di Milano, il fascista Belloni che, approfittando della sua carica, fece approvare un piano regolatore edilizio che prevedeva la demolizione di alcuni edifici nella zona intorno al Duomo. In combutta con alcuni amici e parenti, fece acquistare, a prezzi stracciati, quelle proprietà “condannate”. Come seconda operazione il Belloni fece modificare il precedente piano così da salvare quegli edifici da lui e dagli amici acquistati. Se la truffa fosse andata in porto i “malandrini” avrebbero potuto godere di grandi ricchezze immobiliari. Fu Farinacci che denunciò il losco affare direttamente a Mussolini, il quale – è noto  aveva, fra gli altri, il grave difetto caratteriale quasi maniacale di rispettare il pubblico denaro – denunciò i truffatori alla magistratura. Belloni e gli altri furono condannati a pene carcerarie pesantissime, pene tutte interamente scontate in carcere.

Esattamente come oggi…  Vero?

Tornerò sull’argomento, perché c’è tanto, ma tanto da aggiungere.

Prima di terminare; vedo che debbo dare una spiegazione al … ne godo, come dal titolo. Debbo fare una premessa: sono per carattere un tantinello cattivo e vendicativo. La Provvidenza ci aveva mandato un uomo onesto e costruttivo. Gli italiani lo hanno assassinato e il suo corpo appeso per i piedi e, ancora oggi, vilipeso. Ecco perché quando assisto a ruberie e furbetteie da parte dei politici ne godo. E pensate che ancora oggi c’è gente che festeggia la data della liberazione.

E per spiegarmi meglio voglio ricordare quanto ebbe a dire il deux ex machina della mascalzonata dei Trattati di Versailles, il Presidente venuto da Oltre Oceano Thomas Woodrow Wilson nel corso di una serie di lezioni ai ragazzi americani  alla Columbia University:

<Dal momento che il commercio ignora i confini nazionali e il produttore preme per avere il mondo come mercato, la bandiera della sua nazione deve seguirlo e le porte delle nazioni chiuse devono essere abbattute. Le concessioni ottenute dai finanzieri devono essere salvaguardate dai ministri dello stato, anche se in questo venisse violata la sovranità delle nazioni recalcitranti… Vanno conquistate o impiantate colonie, affinché al mondo non resti un solo angolo utile trascurato o inutilizzato>.

Molto esplicito, è vero?

Avrei tanto altro da aggiungere, lo farò prossimamente.

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Filippo Giannini una collana dedicata a “Benito Mussolini.

www.filippogiannini.com

  1. Eccomi, sono io, Filippo Giannini, l’Autore di questo lavoro. Sono nato a Roma, in famiglia si sosteneva che “eravamo …

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