Quirinale, fuori dai partiti. Ecco i nomi

13 Gennaio Autore: Domenico Cambareri

Quirinale: ecco nomi validi

Da parte di ciascuno di costoro, non potremo aspettarci fatti miracolosi, quanto sicuramente una condotta di maggiore autonomia dai partiti e una convinta e decisa sobrietà nei possibili futuri messaggi alle Camere per richiamarle ad ottemperare all’adempimento della Costituzione su natura, finalità, trasparenza etc. di partiti, sindacati, magistrati quali funzionari pubblici della giustizia dello Stato

Riteniamo cosa di estrema importanza che le dannosissime pagliacciate partitocratiche vengano bloccate dai clan che hanno reso da più lustri commissariata la vita istituzionale nazionale.                                                     I loro protagonisti (e i loro rari non subornati mentori, per quel che ne è rimasto) sanno benissimo che sono attori non di vita democratica ma corruttori/concussori e sicari di lungo corso a tempo pieno e al tempo stesso della vita democratica stessa e della Costituzione.

In tutto ciò, in tutta questa infernale ressa, non minori sono le responsabilità del Partito popolare europeo e del Partito socialista europeo e delle altre organizzazioni minori presenti a Bruxelles. L’ampio credito che hanno continuato a concedere come organizzazioni transnazionali e come gruppi politici dei rappresentanti eletti che siedono al Parlamento europeo, da tempo non può essere inteso come bendisposta, amicale temporanea concessione. Ormai è persino da porsi la domanda se e fino a che punto il loro appoggio sia andato oltre e vada oltre la mera corresponsabilità morale. Corresponsabilità politica, dunque, che ha reso e rende l’Italia il Paese più crivellato e vulnerato dalle nefandezze sistemiche della corruttela partitocratica.

In Italia, più e più che altrove in tutta Europa, i maggiorenti dei partiti sin dall’inizio della vita repubblicana non vollero e non hanno mai voluto fatto tesoro, con disincantata raggiunta maturità politica, dell’esperienza drammatica degli eventi occorsi fra i primi due decenni del secolo scorso. Si sono sempre rinchiusi in un’ottusa e perfino estremamente fanatica strumentalizzazione e falsificazione, a pro della fazione, bloccando quasi in toto perfino nelle sedi accademiche ogni possibile e distaccata analisi e comprensione delle vicende politiche, partitiche e istituzionali del Paese. Rendendoci così ancora più subalterni ricattati e condizionati dai vincitori diventati amici e alleati, i quali mai ebbero a far decadere i contenuti del cinquantennale ‘trattato di pace’, e i chissà quanti occulti protocolli aggiuntivi e clausole segrete, che hanno particolarmente operato nei settori della logistica strategica e dell’intelligence.

Gli ininterrotti e aspri declivi in cui ci hanno obbligati a percorrere fino ad oggi la vita quotidiana hanno solo rafforzato e generalizzato e perpetuato disfunzioni, inadeguatezza, incapacità della macchina pubblica e ramificato e permeato la società di comportamenti egotistici, criminosi, elusivi e pure paurosi e omertosi. Hanno soprattutto statuito il rafforzarsi, in maniera stabile e incrollabile, del ruolo dei detentori del reale potere ‘istituzionale’: i brulicanti gruppi d’interesse egoistico e spicciolo rappresentati dai partiti.

I partiti, in Italia, oltre la mera patina, sin dalla nascita della Repubblica, non sono stati mai mezzi attraverso cui si organizza e agisce la pluralità delle idee e delle proposte e perfino degli interessi dei cittadini all’interno della cosa pubblica. Essi sono stati sempre le organizzazioni che, esercitando il monopolio d’immagine della referenza ideologica, hanno realizzato la loro assoluta preminenza (sotto qualsiasi forma e azione) sulle volontà dei cittadini. Hanno realizzato tutto questo sia tramite la radicale distorsione fattuale del principio della ‘rappresentanza politica’ fruita tramite l’iscrizione in queste ‘associazioni a carattere privato’, sia soprattutto per mezzo della vera e propria appropriazione per espropriazione  del mandato elettorale ricevuto dai candidati eletti (incondizionata assolutizzazione del dogmatismo della inconculcabilità della rappresentanza indiretta ottenuta per mezzo del voto, che non obbliga il parlamentare a rispondere ai propri ‘incogniti’ elettori) e gli attribuisce piena libertà di condotta e di voto).

In ultimo, in questa istantanea dell’anatomia e della fisiologia del sistema partitocratico, vi è da aggiungere il generale ribaltamento dei ruoli in tal fatta realizzato: la pervasività delle dialettiche partitiche e del potere esercitato dalle segreterie dei partiti sul parlamento, sul governo, sulla burocrazia pubblica ha annullato ogni grado di distinzione, di autonomia, di terzietà delle istituzioni sino a realizzare condizioni di ricatto e di interdizioni continue, paralizzanti in merito all’esercizio della potestà autoritativa, a sua volta divorata all’interno della fisiologia istituzionale dai tanti e anarchici poteri  non solo fattualmente concorrenti del governo centrale, creati dai parlamenti (autolesionisti) partitocratici con il mostro del regionalismo e del federalismo.

Cosa che da alcuni decenni in qua, anziché portarci alla concordata rivisitazione della Costituzione, onde superare non la crisi nelle istituzioni ma la crisi delle istituzioni, per superare dunque l’età del regime dell’esproprio partitocratico, ci fece precipitare nella più sfrenata frammentazione nella moltiplicazione sterminata dei costi dell’inventata, totalmente inventata e eversiva nuova dirigenza pubblica, basata esclusivamente sul ‘prezzo’ delle presunte alte competenze, in cui veniva ancor di più ricicciata la burocrazia dei partiti. Macchina divoratrice infernale.

Davanti a tutto ciò, oggi, ci sembra a dir poco scellerata la rivendicazione dei partiti di arrivare a indicare un nome per nominare un presidente non della Repubblica ma un volgarissimo, il più volgare dei più volgari sensali della partitocrazia con i suoi pendant: magistrati, sindacalisti, burosauri di ogni risma.

Riteniamo cosa essenziale, non solo e non tanto come augurio di future svolte del Paese verso mete nazionali ben più confacentisi mete di vera e propria ricostruzione morale, sociale, pubblica, in cui al primo posto non vi sia più la giustizia (ingiusta, inefficiente, corrotta, corporazione guasta che annega nei privilegi), l’apologia del crimini con la excusatio della benevolenza volta al ‘recupero’  del criminale (non il povero cristo dei suburbi ma il colletto bianco a suon di banconote senza più alcuna funzione di utile e doveroso servizio pubblico), non vi siano i partiti e le loro giungle, ma innanzitutto la scuola con la formazione del cittadino ancorché del futuro lavoratore, la difesa degli interessi fondamentali nazionali e dei popoli euro-mediterranei, la ricerca e lo sviluppo e l’autonomia della produzione energetica e economica entro l’orizzonte della salvaguardia della natura e della salute umana e animale, il ripristino di percorsi ‘equi’ retributivi tramite il recupero di parametri e rapporti proporzionali armonici, senza conflittualità permanenti o opposte frammentazioni estreme, quali sono quelle da ben trent’anni maledettamente in auge, per di più realizzate dagli ‘innamorati’ laici e clericali della ‘giustizia sociale’ e della cura dei deboli e degli … emarginati. Piaccia o non piaccia, alla Mattarella e alla Sassoli. Alla D’Alema e alla Bersani. Quanto pure alla Berlusca o alla Brunetta. Nomi, sul piano politico, nefasti.

E’ bene che si ci volga a scegliere il prossimo Presidente della Repubblica tra gli italiani che hanno dimostrato di avere raggiunto elevati livelli professionali.

Cittadini, purché non magistrati e avvocati, che certamente hanno avuto, hanno simpatie e forse anche vicinanze ‘ideali’ con questa o quella sigla politica di oggi o di ieri, ma che hanno vissuto e vivono in una condizione di autonomia esistenziale e professionale rispetto ai partiti e in generale ala vita politica. Cittadini che allo stesso tempo, a causa delle responsabilità e dei ruoli ricoperti, hanno avuto e hanno a rapporti con le alte cariche istituzionali italiane e straniere, per cui non sono affatto a digiuno sulle modalità del come relazionarsi con i palazzi del poter. Anzi, sono ben provvisti di esperienze tali da confermarne capacità di autonomia valutativa e decisionale e di affrancamento dai condizionamenti da parte degli altri palazzi della politica.

Quanto qui è stato sottolineato è cosa della massima importanza, pure alla luce del fatto che il Presidente della Repubblica, alla luce della Convenzione europea, esercita di fatto e di diritto maggiori poteri rispetto a quelli di già notevoli (ma disconosciuti apertis verbis per decenni da molti prestigiosi capi partiti, da capi della partitocrazia criminosa e criminale). E’ bene che a esercitarli sia una persona fornita della maggiore autorevolezza di terzietà possibile.

                                                                     Oggi più che mai, nessun esponente del mondo politico può presentare credenziali minimamente … credibili.                                                                                                              Silvio e i suoi innumerevoli fan, che ben attendono come torme d’impenitenti il loro fortunoso agognato evento per trarne ulteriori e ben più lucrosi benefici di esercizio di potere, lo sanno benissimo. Pronti ad accamparsi perfino nei giardini del Quirinale. Giacché, senza Silvio, entro i prossimi sette anni … chissà dove potrà trovarsi a giacere un buon numero di costoro, al di fuori dei palazzi.

Ecco i nomi che ci pregiamo di indicare. Da parte di ciascuno di costoro, non potremo aspettarci fatti miracolosi, quanto sicuramente una condotta di maggiore autonomia dai partiti e una convinta e decisa sobrietà nei possibili futuri messaggi alle Camere per richiamarle ad ottemperare all’adempimento della Costituzione su natura, finalità, trasparenza etc. di partiti, sindacati, magistrati quali funzionari pubblici della giustizia dello Stato:

Dr.ssa Fabiola Gianotti, Direttore generale del CERN;

Ing. Pier Francesco Guarguaglini, ex Presidente e A.D. di Finmeccanica;

Amm. (r) Giuseppe De Giorgi, ex Capo di S.M. della Marina Militare;

Prof. Enzo Siviero, Rettore, Ingegnere progettista di grandi infrastrutture;

Dr. Marina Salamon, impreditrice.