SCURATOscurati. Tenebroso antifa col ridicolo nel cerebro e il nero che edulcora

Cultura, politica, media. L’antinferno di Purgatori & purganti nelle valli della verità vo’ cercando

27 Aprile 2020 Domenico Cambareri

ripubblicato in data 21 Aprile 2024

L’antinferno di Purgatori & purganti nelle valli della verità vo’ cercando.

Fra storia, estetica e linguaggio. La sublimizzazione del nero e il suasivo adescamento

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Cultura, politica, media. L’antinferno di Purgatori & purganti …

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Oh, che diamine! Il nero fascio sempre svetta                                                                                                         sulla patologica paralessia per la paralipomeni mnemonica d’un oscurato ectoplasma in maglione nero. Recessisaturidodio dentro lo scoordinato oblio della teatrale e scura messinscena del tetroscurati con scialbo e adontante arzigogolare e cincischiare. Furbastrocrittore paragnostasocialista di fede paradisiacobolscevica, epifenomeno leninista machomasochista, consunto istrione in scorribande d’esibizione di diacromia monocromatica in cui   il nero fascio sempre svetta e riluce.                                                                     Altrochemanipoliocenturie: sarebbero legioni plaudenti di sicuriscuriscuratiletterati, come lo furono nel ventennio i loro compagnicameratidolatri di BenBenito. Il forsennospocchia Scurati oscura e infetta pure la feccia, e qual fumo in fumo si rispecchia. Catacresi estrema su BenBenito e del fascio e del nero. A nulla servono gli oscurantiscuridiScurati angosciantiscritti perché il nerofascio che lui non soggioga sempre traluce e saetta il suo ghignoistorico. Scuratianimanera con conscio e inconscio traboccanti di torbidi inganni.

C’È chi si picca e si ripicca, in seriosa gag di brand con tanto d’altero naso adunco che svetta sul viso incorniciato da canuta barba per immagine a sé piacente, per come a noi dà a intendere, come in su la fronte i fondi solchi delle insavie rughe.                                                        Paludato speakerconduttore amplificatoresplicatore di suadenteapparentebonomia con non raro ma splendido sportwere fasciovogue dai brividi nerofreak, senza giacca e senza piega netta dei calzoni mod. pensosiprof privi di bianchi colli inamidati e con maglia a girocollo, o pur pure con camicia: qui in intramontabile interno e intero neroenigma.

                                                                                                                                      Colpo di stile, insuperabile e intramontabile, in impeccabile camicia nera. Gli orditi del lavorio febbrile nei loro recessi han sempre e così intramato le plastiche ombre, alla ricerca del vaneggiato incanto in fasulla veglia su fatti e fatti. Intramature d’ombre: di berlinguerianvernissage con cammeiverasquarcialupi ammazzalotteproletaria e visoni e cagnolini e sprianeeinsolenzedeifatti, sprianeedissolvenzeistoriche, e i loro tardi e ancora tardoscurati dalemianrigurgiti e ventriloqui di veltronianepigoni e petrinpetroselli vie.                                                                 Ahi, ahi, ahi, come Roma per tal sprofondo ancor si duole!                                                                                                                                Fino all’ultimo sussulto del politburo e alla subitanea novella folgorazione: fedepregna non popolare non proletaria non pleonastica, la democratica del petrodollaro yankee. Questo è il bello della feccia che sempre galleggia e sempre si trastulla e flagella. La pelle di chi flagella?

Non mi parrebbe vero, mi direi: ma a cuor pesante ne devo prendere atto.

Pure di questo devo prender atto.                                                                                    Dell’adunco naso così drappeggiato, e di tutti i simil casi, con vere selve fra sprizzanti rossi quasi nascosti.                                                                                                                             

Il fascino del fascio e dei gagliardetti e labari neri                                                                 carpiti                                                                                                                                            fra i labirinti della memoria e nel muto silenzio                                                                                  e invisibili                                                                                                                                            sono il procedere di colonne ai trionfi a cui fanno ala le plaudenti moltitudini proletarie raggirate plagiate galvanizzate con falce e martello: cornici, scene e profani altari che esternano quanto nei loro in- e sub- permea tutti i nascosti antri di senso sentimento e pensiero: li lievita concresce e favilla. Sempre nel concupire nascosto di in- e di sub-. Povero, povero il patito, frustato non conscio così in toto dissociato!  Asintomatica attrattiva, perniciosa. Altro che gioco di specchi. E sol del conscio cosa mai poter dire? Rimanere allibiti.

C’è altro plastico campione in quanto a siffatte immagini: lo ‘stridentecontrasto’ a Elly Schelin di Stefano Bonaccini con tette torri e tortellini. Ovvero, il romantico stileNémésis d’un qualche capo di Ordine Nuovo anni ’70 oggidì sotto mendaci spoglie proletarborghesi. L’emiliano Stebonac, ‘vogue’ di virilimagoinnigrocandordivesti, non potrà mai vantare però un diritto d’autore o di marca su se medesimo. Semmai, chissà, d’indegno e accidentale soggetto fruitore di modello, nell’erompere dei suoi in- e sub-.                                              Saprebbe mai seguire Stebonac qualche intrepido itinerario, pur accompagnato dall’Andreuccioinpurgo in veste di Virgilloguida, nelle foreste dei simboli e nell’ancor più ardua faglia degli archetipi junghiani (per carità, non fra le faglie platoniche)?

Solo imitatore or dunque, per il resto avvolto fra le spire di Ellycartello vulvaphallusincussi pasticherotico QQLGBTQQIA, deambulante sessuale parapiglia intrapsichico in cui la Q è quiquiqui ripetuta, ribadita per im-porre in risalto l’ardimento del querulo chiedersi di qual tipo di sessuale amore mai terminare di praticare e d’appagarsi. Giacché la condizione di maschio e femmina è diventata l’eccezione fastidiosa dell’esistenzialità comune, non conturbante, non torbida, noiosa fonte di mortaltediodeisensi, a fronte dell’adescante, fascinoso turbinio prodotto dallo stridio delle dissonanti fusioni di corpi e psiche e dal tramestio dei loro antiproletari arnesi ‘producipiaceri’.

E se nella ‘macchia mitologica’ da smontare viene assorbita pure la nigredo della trasmutazione alchemica, per sfortunata e incolpevole analogia, quale più arduo compito oggi si troverebbe a dovere affrontare il defunto compagno Furo Jesi? Infatti, ancora una volta, per l’ennesima volta, alle esultanti masse in sciopero fanno trovare intelligenza eletta nei meandri del sindacato. Intelligenza proletaria amante non di meccanica o cipputipininbull ma di archelogia, estetica, esoterismo, religioni, ideologie, decadentismo letterario, fascismo. Un insuperabile decifratore subitamente installato in cattedra. Universitaria.

Nell’inarrestabile fluire dei fiumi in e sub, v’ è perciò l’affiorare della lama affilata del fascio che traluce sempre ovunque, come nelle brume dell’Averno, nella mistica tenebra bizantina del mistero divino o davanti alle braci del feroce dì dell’Invitto. Altro che nero Illy o Segafredo. Siamo davanti alle più intense vibrazioni della luce attorno all’ammaliante, irresistibile e odiato nero. A cui pagano il loro tributo, i tardi sclerotici epigoni dell’ossessionato Luchino ‘acchiappauccelli’. Si picca e si ripicca or dunque, nel placido fluire della suasione del suo dire, che si diffonde oltre lo schermo. Si picca e si ripicca, senza enfasi e manifesto vezzo ma….

(fine della prima parte, nella seconda ne vedremo delle belle davvero clamorose)

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