Sicilia. Il mondo contadino e quel legame con la terra oggi scomparsi

8 Giugno 2010

Fonte: Arianna Editrice – www.edizioniarianna.it

Pietro Attanasi

 

A tocco d’alba

Romanzo di Sicilia,

di SALVATORE RIBAUDO

 

… da ogni strada uscivano muli e parole…

La forza che trasmette questa opera di Salvatore Ribaudo consiste nella eleganza della scrittura, dove la paratassi regna alta e la ripetizione continua dei nomi dei personaggi rende loro meritato onore e dignità. Non si tratta qui infatti di big, né di conti, marchesi o baroni, ma di contadini, artigiani, suonatori, donne e bambini: donne legate agli uomini, e bambini che seguono le orme dei padri e delle madri. Famiglie genuine cioè.
Il testo poi contiene infiniti rimandi poetici dettati dai ritmi, dalle corde dell’epos e dell’elegia, e si presenta sempre accattivante, oltre che per la sua snellezza, agilità e leggiadria, anche per i valori contenuti.
Ma perché dovremmo leggerlo? La risposta è semplice: il libro è come il resoconto del viaggio su questa terra di una comunità siciliana del secondo dopoguerra, che vive in collegamento materiale e spirituale con l’America, assunta dai protagonisti e dallo stesso autore come luogo-parabola dello starbene, mitica meta geografica e culturale, guida e ispirazione anche per quei paesani che restano legati alla terra natia, e non se allontanano, pur se intendono imitare chi è più avanti di loro nella via del progresso e del benessere. Per costoro essere felici può significare anche solo riuscire a sapere suonare uno strumento per ballare o per accompagnare serenate d’amore, le quali si intrecciano, accadendo, con i ritmi del lavoro contadino: fatica, ieri. Accettata sì, ma fatica.
E Ribaudo, in questo suo narrare, ha proprio il merito di rendere magica la sofferenza antica: egli ci dice una verità che potrebbe sembrare banalissima ma che invece è grandissima, e cioè che il dolore comunque poi passa, venendo sublimato nell’attaccamento ai beni anche minuscoli, ma soprattutto nella gioia derivante dalla coralità con cui si vivono a livello di comunità locale gli eventi della vita. È un ottimo romanzo, poetico, questo A tocco d’alba! È un canto, una magica fiaba, che fa dell’aurora una fata che convince ad accogliere quel che arriva sulla terra, e tocca ricevere e fare, agli esseri umani. Non escluso il commiato: “La nonna diceva che c’era stata la mano del diavolo; dovevano lasciare la terra, ce li avevano rubati”. Ma “Ora ho due figli,” disse Giovannino. “Il tempo passa.” “Sono diventato grande anch’io”.
La Madre gli sorrise. Giovannino si mise pronto per suonare. Incominciò. Era una musica che la madre conosceva.
Dal male al bene, dunque, dal dolore alla gioia. Questa la sorte universale. Ma questa universalità, rende, nella più vera sostanza, l’antica Ciminna, dove un tempo da ogni strada uscivano muli e parole, per niente diversa, allora come ora, da qualsiasi megalopoli. Ribaudo ci conferma insomma che il villaggio è globale. E che può e deve dare i comandi al Pianeta, se questi comandi sono meritevoli di ubbidienza, così come pare che siano, avvicinandosi a quelli che
trapelano da quest’ultima citazione dal testo:
Arrivati al terreno era già l’alba. Sbardarono i muli e, canne pronte, gli uomini, salirono sugli alberi. “Papà,” disse Giovannino, “voglio iniziare a bacchiare.” Tutti gli zii si fermarono ad ascoltare.